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Amo riflettere e ragionare su quanto vedo e sento.

Benvenuto nel mio blog

Dedicato a quei pochi che non hanno perso, nella babele generale, la capacità e la voglia di riflettere e ragionare.
Consiglio, pertanto, di stare alla larga a quanti hanno la testa imbottita di frasi fatte e di pensieri preconfezionati; costoro cerchino altri lidi, altre fonti cui abbeverarsi.

Se vuoi scrivermi, usa il seguente indirizzo: mieidee@gmail.com

28 febbraio 2011

Appassionarmi, "senza perdere salute e tempo con gente che ho volentieri lasciato sul molo"

Non riesco più ad appassionarmi alle solite esternazioni di un premier fuori di testa, tipo: potere educare i figli liberamente e liberamente vuol dire di non essere costretto a mandarli a scuola in una scuola di stato dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare dei principi che sono il contrario di quelli che i genitori vogliono inculcare ai loro figli educandoli nell'ambito della loro famiglia; né alle reazioni più o meno piccate delle categorie di volta in volta prese di mira (giornalisti, giudici, comunisti, gay, insegnanti, oppositori ecc.) e neanche alle smentite o, più frequentemente, alle accuse di travisamento, tipo: Come al solito anche le parole che ho pronunciato sulla scuola pubblica sono state travisate e rovesciate da una sinistra alla ricerca, pressoché ogni giorno e su ogni questione possibile, di polemiche infondate, strumentali e pretestuose.

Basta!!! Lasciamolo parlare in libertà: prima o poi i cittadini capiranno come le sue parole siano solo strumentali all'obiettivo che intende raggiungere e, soprattutto, quanto le stesse siano distanti dall'azione in oltre 10 (dico dieci) anni di governo. 
Ci sono gli strumenti per liberarsene: 
1. un'opposizione seria, propositiva e progettuale;
2. le manifestazioni di piazza;
3. il voto da parte di cittadini-elettori consapevoli e informati. 
E, in ultima istanza, quello che i giovani maghrebini, che stanno dando un nuovo volto agli stati nordafricani, ci stanno dimostrando come possibile.

Oggi anch'io, come tanti insegnanti, genitori, politici, avrei voluto commentare l'ultima sparata del nostro sulla scuola di stato, sui comunisti, sulla famiglia, sui valori della tradizione cristiana, sul valore irrinunciabile della vita ma presto mi sono reso conto che non serve a niente. 
La sua vita pubblica e privata, le sue azioni come cittadino, imprenditore e politico screditano, demoliscono, smantellano il suo bla bla bla.
Leggi Anche noi abbiamo un sogno!



Voglio, piuttosto, nella Giornata Mondiale della Lentezza riportare la riflessione di Simone Perotti Vivere con lentezza  (da www.cadoinpiedi.it)
L'altro giorno i giornali titolavano scandalizzati: "Siamo tornati ai livelli del 1999!". Cioè siamo andati indietro invece che crescere. Io mi sono spaventato. Poi però ci ho ragionato su. Non sono riuscito a capire l'allarme. Perché, nel '99 stavamo male? Non mi ricordo tutto sto malessere.
Mi viene una domanda: ma dove dobbiamo andare? E perché dobbiamo andarci di fretta? Qual è la ragione di questa corsa verso la crescita?
Domani si celebra la Giornata Mondiale della Lentezza. Non so che celebrazione sia. Non vedo niente da celebrare. È un richiamo, forse, un remind, come certi appuntamenti che mettiamo in agenda a lungo termine: "Ricordati di pagare il bollo che scade". Cioè ricordiamoci di non correre sempre. Mah!
Io ho lasciato lavoro, carriera, biglietto da visita, ruolo sociale, metropoli, appartamento fighetto in centro, e l'ho fatto per scrivere, per avere tempo. Scrivere un romanzo richiede tempo per pensare, per studiare, per sedimentare emozioni e intuizioni, per cancellare, per tornare indietro, per correre avanti, per fermarsi. Cioè tempo asincrono, non sempre uguale, aritmico, cioè che batte in modo sincopato, o non batte, per poi riprendere e fermarsi ancora.
Ci sono giorni in cui mi perdo nel silenzio, che seguo un pensiero fin dove mi porta, o in cui parlo con una persona incontrata per caso, poi ci ripenso. Le giornate hanno smesso di volare via. Hanno smesso di essere tempo, e sono diventate vita.
Eppure in questo cambiamento non sono morto, non sono diventato infelice, non mi sono neanche auto emarginato. Al contrario. Il tempo liberato ha portato aria nelle vele. Ero un uomo senza vento. Oggi la mia barca ha preso un passo suo, lento come ogni barca a vela, ma che porta per la mia rotta, senza consumo inutile di energia, senza motore, senza inquinare (per quel che riesco), senza perdere salute e tempo con gente che ho volentieri lasciato sul molo. Guardavano troppo l'orologio, per i miei gusti.
Un'altra vita, non solo un tempo più lento. Il tempo non guida le cose, le segue. È quello che facciamo che conta, non tanto il tempo che corre. Solo che in queste poche righe sembra che ci sia una rivoluzione, un messaggio così eversivo da far arricciare il naso a sociologi e politici. Sono tutti così presi dalla lotta per il lavoro, dalla battaglia politica, da dimenticare che ciò per cui combattono è un mondo sbagliato, e anche se vincessero, l'errore sarebbe il loro premio. Io al mondo per cui tutti sembrano combattere rinuncio volentieri. Meglio a rischio nel bosco, che al sicuro in gabbia. Non ho mai amato i canarini. Troppo poco coraggiosi. (Simone Perott)

27 febbraio 2011

Il nostro NO CHIARO E FORTE a Ferrara su RAI1

                                                                                     Giuliano Ferrara è stato tutto e il contrario di tutto ed ha un passato, un presente ed un futuro complementari ed interscambiabili. L'unica cosa che non cambia è la fedeltà ad un padrone finchè gli conviene.

No, caro Mazzetti. Noi non assisteremo alla vergogna. Noi che abbiamo amato Enzo Biagi e il suo Fatto e abbiamo abbandonato da un pezzo il TG targato Minzolini, non assisteremo alla sconcezza che ci viene ammannita. 
Anche se siamo cittadini paganti regolarmente il canone. 
A furia di insulti, Ferrara si è preso il posto di Biagi - di Loris Mazzetti
Accostare Giuliano Ferrara a Enzo Biagi è un’eresia. Il Fatto nacque (presidente Rai Letizia Moratti), per un’esigenza di palinsesto: creare un break pubblicitario in più nella fascia di maggior ascolto, quella dopo il Tg1. Fu realizzato uno studio con tanto di sondaggio da cui risultò che il giornalista, che per credibilità professionale e per statura morale, in grado di andare in onda per pochi minuti tra due spazi pubblicitari, senza far perdere ascolto a Rai 1, era Enzo Biagi (secondo risultò Piero Angela, non ricordo di aver letto il nome di Ferrara già allora sulla breccia).
Il Fatto di Enzo Biagi (il vero titolo della trasmissione) andò in onda per 8 edizioni con una media di ascolto del 24% di share con oltre 6 milioni di telespettatori a puntata, con punte addirittura di 11 milioni. Il Fatto è stato premiato nel 2004 come il miglior programma dei primi cinquant’anni della Rai. La trasmissione approfondiva l’avvenimento del giorno partendo da un punto di vista, quello di Biagi, dando la parola a tutti i protagonisti, nessuno escluso. Al di là dell’editto bulgaro (la puntata di Benigni, durante la campagna elettorale del 2001 fu una scusa, a B. dava fastidio l’indipendenza di Biagi e la goccia che fece traboccare il vaso fu l’intervista a Indro Montanelli di qualche mese prima).
Il Fatto è sempre stato citato come esempio di tv di servizio pubblico. Lo stesso B. intervenne diverse volte.
Ferrara, mi auguro che non si offenda se lo definisco il vero fazioso, lui stesso si è dichiarato: “Un maestro di partigianeria”, arriva in Rai solo per “ragioni politiche” e non professionali.
Credo che nessuno si sia accorto della sua assenza, ormai triennale, dal video. Lilli Gruber lo ha sostituito più che degnamente a 8 1/2, triplicandone gli ascolti. Il direttore, ex comunista, ex socialista, ex parlamentare europeo, ex ministro, torna in Rai solo perché B. è un bulimico: non si accontenta di avere a disposizione tutto lo spazio mediatico, vuole di più: si è reso conto che i suoi “addetti” (i Sallusti, i Belpietro, le Santanchè, le Bernini, ecc.), non bucano il video, anzi alla lunga la loro arrogante antipatia diventa controproducente alla causa. Ferrara, invece, è capace di stare davanti ad una telecamera, anche se il guizzo di Radio Londra è lontano e lo stesso giornale da lui fondato, Il Foglio, non fa più opinione ed è in profonda crisi. Non si può fare il giornalista e il politico allo stesso tempo.
Della sua discesa in politica alle elezioni del 2008, con la lista Aborto?
No grazie, ci si ricorda per il suo spiritoso commento al risultato: “Più che una sconfitta, una catastrofe: io ho lanciato un grido di dolore per un dramma e gli elettori mi hanno risposto con un pernacchio”. Ferrara per anni ha scritto male di Biagi, spacciandosi come il Robin Hood di B. Con il distacco che il tempo inevitabilmente porta, penso che quel suo modo di fare più che dettato dall’essere un dipendente di B. era la conseguenza di una profonda umiliazione che Biagi e il suo amico Montanelli gli avevano dato. Quando Ferrara andò a dirigere Panorama, Biagi e Montanelli si dimisero dal settimanale.
Ricordo le sue telefonate per convincere Biagi a rimanere. L’ultima volta che i due si parlarono, Biagi gli disse che la sua presenza sarebbe stata di intralcio al suo lavoro .
Sia Biagi che Montanelli avevano capito la vera intenzione di Ferrara: quella di trasformare lo storico giornale, che era stato diretto da due grandi: Lamberto Sechi e Claudio Rinaldi, in house organ di Forza Italia.
Cosa che avvenne regolarmente. Il punto più basso Ferrara lo toccò l’anno dopo durante la direzione di Rossella. Dedicò la sua rubrica, l’Arcitaliano, ai due grandi giornalisti, ricoprendoli di insulti. Il vero inizio della macchina del fango. Ottanta colleghi di Panorama mandarono una lettera, a difesa di Biagi e Montanelli, al direttore per dissociarsi da quell’articolo.
Se, nonostante i tanti cloni che sostituirono Il Fatto (Battista, Giannino, Berti, Mimun, i conduttori), durati il tempo di un sospiro, si continua a parlare solo della trasmissione di Biagi, una ragione ci sarà.
Sempre su Panorama nel 2001 Ferrara scrisse: “Mi sono chiesto se avrei mai fatto contro un D’Alema ciò che ha fatto Enzo Biagi in tv contro Berlusconi. In quel caso, sarei andato in camerino, e mi sarei sputato in faccia”. Rimango in attesa di vederlo in onda il 14 marzo dopo il tg. (da Il Fatto Quotidiano)
No, caro Mazzetti. Noi non assisteremo alla vergogna. Noi che abbiamo amato Enzo Biagi e il suo Fatto e abbiamo abbandonato da un pezzo il TG targato Minzolini, non assisteremo alla sconcezza che ci viene ammannita. 
Anche se siamo cittadini paganti regolarmente il canone. 
Firma anche tu la petizione No a Ferrara in prima serata su RAI 1

26 febbraio 2011

Come sul Titanic...



"Anche la sinistra è stata conquistata dalla mia visione della vita e oggi mi ha accolto al grido di bunga bunga... Vogliono farlo anche loro. Vogliono divertirsi e ballare"
(Silvio Berlusconi, ieri durante una conferenza stampa)

"Lotteremo fino alla morte, la rivoluzione ha reso la Libia il leader del terzo mondo, vi chiedo di cantare, ballare e gioire" (Gheddafi ieri ai suoi sostenitori)

Dividendi e lifting
Nel bellissimo ritratto di Gheddafi scritto da Robert Fisk, un ritratto comprensivo delle figure di contorno - i leader occidentali che negli anni sono stati a genuflettersi da lui - c’è un capoverso apparentemente di dettaglio, una di quelle pennellate di colore che illuminano il quadro. Riferisce un episodio di cronaca recentissimo, la Libia già in macerie. “Qualche giorno fa mentre faceva i conti con la collera della sua gente il colonnello Gheddafi ha incontrato una sua vecchia conoscenza. Il colloquio è durato quattro ore. Venti minuti li ha dedicati a chiedergli se conosceva un bravo chirurgo plastico perché voleva farsi un lifting al viso. Questo è l’uomo. C’è altro da aggiungere? Il giovincello ormai invecchiato aveva l’aria stanca, la faccia ingiallita e gonfia, un comico costretto a recitare una tragedia, un vecchio guitto che mentre il sipario sta per calare aspetta ancora la truccatrice”. Bisogna immaginare la scena, il Colonnello nella tenda che ordina di sterminare i “ratti drogati” che manifestano per strada - una guerra di tribù, ci spiega bene oggi Umberto De Giovannangeli - e intanto si tocca con la mano la guancia flaccida, domanda al suo illustre interlocutore se per caso conosca il più bravo, il migliore del mondo in grado di far risalire lo zigomo, dare un colpo di bisturi al contorno viso. Costi quel che costi, il mio regno per un lifting.
Un perfetto esempio dello spirito del tempo che, ad ogni latitudine, risulta subordinare l’etica del potere ad una perpetua battaglia contro le flaccidità nella supremazia dell’estetica.
In origine fu il denaro, certamente. Motore e conseguenza delle cose. L’amico italiano, oggi in leggerissimo fastidioso imbarazzo rispetto all’alleato libico ( “abbiamo scelto il gasdotto del Sud perchè quello del Nord attraversava paesi instabili”, ha spiegato a suo tempo. Un investimento sulla stabilità libica non proprio lungimirante) ha altri motivi di soddisfazione. Nell’anno peggiore della crisi - i cassintegrati della Vinyls un simbolo per tutti, da 12 mesi barricati nell’isola - Silvio Berlusconi e i suoi cinque figli incassano 165 milioni di euro di dividendi. 544 milioni di liquidi solo nelle casse delle holding del capofamiglia. La crisi non è uguale per tutti, con fragorosa evidenza. Le aziende del capo del governo rifioriscono mentre l’economia crolla tutto attorno. Domande? Nessuno ha quesiti da porre? Gli italiani in maggioranza sono convinti che questo sia il frutto delle abilità imprenditoriali di famiglia? Vediamo. Le rendite finanziarie sono tassate al 12.5 per cento. La prima aliquota sul lavoro dipendente è al 23. La cedolare secca sugli affitti al 21. Tre metri e tre misure, per così dire. Volendo fare politica nel segno dell’equità ecco un dettaglio da cui si potrebbe cominciare. Se l’opinione pubblica non è avvertita dei dettagli delle cose servirà una buona informazione in proposito. Quindi ecco che dopo il tg di Minzolini avremo Sgarbi e Giuliano Ferrara. Tutto torna, basta pagare. Concita De Gregorio su l'Unità

Berlusconi: "La sinistra conquistata dal bunga bunga"



Annozero 2011 - INTERVISTA INTEGRALE A FINI

25 febbraio 2011

Il senso della vita

Mentre tutto un popolo lotta e muore per cacciare un tiranno sanguinario che, impossessatosi del potere 42 anni fa con un colpo di stato, sembra ormai destinato a cadere sotto l'urto deciso della rivolta popolare, introducendo un brano di Paola Mauri, voglio citare le parole di un grande intellettuale ceco, Václav Havel, sostenitore della Primavera di Praga e promotore del manifesto Charta 77 - (...) la salvezza di questo mondo non risiede altrove se non nel cuore dell'uomo, nel suo potere di riflettere, nella sua gentilezza e nella sua responsabilità.




Che cos’è la vita? di Paola Mauri
Un venire al mondo. Uno starci nel mondo. Ma il come ci si sta è quello che è importante e determinante. Non per raccontarlo, ma per vivere il momento, i momenti, gli anni. E forse, il mistero dei giorni nostri, di tanta scontentezza, di un malessere profondo che avvolge in molti, è il non capire appieno, il "come" starci in questo mondo. 
Con le lotte di rivendicazione sociale, molto si è ottenuto e l’asticella della misurazione del benessere è stata più benevola per tutti. Tante illusioni e veri e propri affari, in particolare per chi si occupava di mattone. Poi, con il tempo diluito negli anni, questo benessere del boom economico si è ridimensionato anche se per alcuni, tutto è rimasto invariato e più o meno affidato ad un credito illimitato dovuto ai fasti del passato "illustre", del vivere di rendita.
Ciò che rimane è l’oggi che ha assaporato promesse come fossero aromi, da consumare in virtù di una tradizione antica, e che difficilmente possono o potranno riprodursi. Ci sono messaggi, tanti, e altrettanti diktat della felicità, ma alle fondamenta c’è un punto di partenza che non parte mai e un "vedrai", "avrai", trasformato in prendi, e ottieni. Forse, il modo non è appropriato. 
Una volta le magliette avevano la targhetta all’interno, ora la stessa targhetta è all’esterno, in bella vista. Quello che una volta non andava esibito, ora è il messaggio costante del logo che dice del “ceto”. Tutto in bella vista. Apparenza.
E se il panorama è invece "così, così", che si fa?
Non c’è una ricetta e lo sciroppo è scaduto.

24 febbraio 2011

Non avrò imparato l'arte della politica politicante ma sarebbe il colmo che ...

... dopo l'accoglienza-farsa in Italia dell'amico Gheddafi - i baciamano - gli onori spropositati - le parole in libertà, lo sfacelo macabro prodotto dal tiranno di Tripoli permettesse a Berlusconi di rialzare la cresta e di ottenere il sostegno delle opposizioni nella gestione della crisi umanitaria che si prevede inquietante.
Non avrò imparato l'arte della politica (e forse è un bene) ma un'opposizione che per anni è stata sbeffeggiata da un premier incurante dei reali problemi del Paese - dedito quasi esclusivamente a risolvere i propri di problemi e tuttora in questo impegnato più che mai - non può e non deve fargli da sponda in nome di superiori interessi dell'Italia. 
 
Quando un capo di governo si accinge a ridimensionare il potere della Corte costituzionale, continua in tutti i programmi radio e TV a lanciare maledizioni contro i giudici, torna a chiedere il bavaglio contro la libera stampa che fa il suo mestiere e usa quella in suo possesso per denigrare quanti non stanno al suo gioco, si impegna a fare leggi che introducano la censura e limitino le intercettazioni, strumento indispensabile alla magistratura per perseguire i reati; quando un personaggio di tal fatta chiede collaborazione all'opposizione per far fronte alle nuove difficoltà incombenti, la risposta chiara dovrebbe essere: NO, MAI.

Anzi, preso atto che questa maggioranza di governo è irredimibile, tutti i membri delle opposizioni dovrebbero lasciare, con un'intesa unanime, gli scranni che occupano nel parlamento e nelle commissioni e costituire, casomai, un governo-ombra che si attivi a portare con urgenza il Paese alle elezioni.

In attesa di queste, a noi cittadini preoccupati del futuro del nostro Paese non rimane altro che far sentire la nostra voce partecipando in massa a tutte le manifestazioni che invocano la salvaguardia della Costituzione e delle istituzioni e il rispetto dei diritti.

NEI GIORNI 8, 12, 17 MARZO L’ITALIA CIVILE TORNA IN PIAZZA 
PER I DIRITTI, PER LE DIMISSIONI DEL GOVERNO, PER NUOVE ELEZIONI

23 febbraio 2011

La maschera sociale, di Paola Mauri


Non ci si indigna quasi più, ma ci si meraviglia con cautela, questo sì, con bon ton, come si fosse a tavola, attenti alla posateria da usare.
La maschera sociale si deve, appena, appena, in qualche modo, animare per mostrare un lievissimo segno di disappunto. Dopo, il nulla.
La meraviglia dura quell’attimo tanto per dire che c’è ancora senso civico.
Il “non senso” di oggi è forse questa solitudine immensa che si prova, in definitiva, stando con gli altri.
Ma forse l’uomo è più infelice di sempre in questo giardino in cui tutto all’apparenza gli è permesso, concesso con illusoria gratuità, ed in cui non trova un limite, una inibizione, uno stop, qualcosa che gli suggerisca di fermarsi in tempo.
Si è disinibiti come fosse una seconda pelle.
Così prodighi e compiacenti con se stessi e così distanti, o forse orgogliosamente diversi, dagli altri.
In questa autostrada dell’eterna promessa, della felicità annunciata, in cui i perfetti sono ancor più perfettibili, i capitomboli dei più “tenerelli” sono all’ordine del giorno perchè il vivere bello spensierato, al di sopra di ogni velocità, è, in definitiva, solo un brivido momentaneo che, a volte, ci fa ritrovare il nostro vero volto e la nostra umanità.
Insomma la cesta dei giocattoli si è rovesciata e c’è tanta confusione in giro… I sogni, come le magliette firmate con il logo bene in vista, oggi sono esigenze imposte, elargite gratis, per avere nelle disponibilità di ognuno quello che tutti hanno e che, come un’equazione, si deve possedere.

Ruby, ovvero Karima, andrà a Vienna, per accompagnare un ricco signore al ballo delle debuttanti …

Altra storia, quella di Angelica Sedara che balla con Don Fabrizio Principe di Salina, il famoso valzer, immortalato da Visconti …

Altro stile, ben altri fermenti storici.

Ma la tristezza di Fabrizio Principe di Salina, protagonista de “Il Gattopardo”, di Giuseppe Tomasi Di Lampedusa, è un po’ quella di chi oggi assiste impotente al susseguirsi degli avvenimenti, e cede il passo a Don Calogero Sedara.

Tutto cambia perché tutto deve rimanere uguale. (Paola Mauri)
Leggi Il Gattopardo in Google

Il Gattopardo in Vikipedia


Io sono convinto che la storia non si ripeta mai, che tutto ciò che succede e viviamo sia il prodotto e il risultato di quanto prima è accaduto. Non credo neanche che il destino, una sorta di fato, ci cristallizzi in una situazione immodificabile. Riconosco, tuttavia, che non tutto ciò che viene dopo debba essere migliore del precedente. Si possono vivere momenti di grande involuzione, tutti, però, funzionali a portare nel tempo l'asticella della storia dell'uomo nella società, sempre più avanti. Quanto di buono acquisito nell'esperienza e nella memoria del passato non può venire cancellato con un colpo di spugna. I valori, i principi, la coscienza del bene e del male non possono essere eliminati, nenache negli individui più turpi. È proprio questo che ci fa essere uomini e ci fa sperare e agire per un mondo migliore!  (Victor)

Gheddafi secondo Berlusconi, Frattini e ... Ruby

Qual è il senso di questo baciamano? Potrei ancora capire un classico bacio sulle guance tra amici ma un atto così smaccato di devozione da parte di un presidente del consiglio italiano per Gheddafi lascia veramente sconcertati. Tra l'altro il raìs libico sembra alla fine pulirsi la mano sulla tunica, come nauseato. (Guarda il video)
  • Ho avuto modo di incontrare più volte il leader Gheddafi e di legarmi a lui da una vera e profonda e profonda amicizia. Al leader riconosco una grande saggezza e riconosco che tutto ciò che lui è venuto dicendomi nelle crisi internazionali che si sono verificate in questi ultimi quindici anni sono sempre state delle posizioni che fotografavano esattamente la realtà e che prevedevano con altrettanta esattezza lo sviluppo che poi si sarebbe determinato» (Berlusconi, 11 giugno 2009).
  • Gheddafi è una persona intelligentissima, altrimenti non sarebbe al potere da 40 anni (Berlusconi,12 giugno 2009).
  • Chi critica Gheddafi è prigioniero del passato. Noi guardiamo al futuro (Berlusconi, 30 agosto 2010).
  • Dobbiamo ancora terminare la cena, stiamo ancora qui insieme a festeggiare questa bella festa dell'amicizia, se fate i bravi vi canto anche una canzone» (Berlusconi, 31 agosto 2011, durante la cena offerta al Colonnello).
  • Quella sera Berlusconi mi raccontò che il bunga bunga consisteva in un harem che aveva copiato dal suo amico Gheddafi nel quale le ragazze si spogliano e devono fargli provare piaceri corporei (Ruby, 3 agosto 2010).
  • Non ho sentito Gheddafi. La situazione è in evoluzione e quindi non mi permetto di disturbare nessuno (Berlusconi, 19 febbraio 2011).
  • Gheddafi ha realizzato una riforma che chiama dei Congressi provinciali del popolo: si riuniscono (Franco Frattini, 17 gennaio 2010). 
  • Non dobbiamo dare l'impressione sbagliata di volere interferire, non sarebbe rispettoso della sovranità e dell'indipendenza dei popoli (Frattini, 21 febbraio 2011).

Berlusconi: Gheddafi è un leader di grande saggezza



22 febbraio 2011

UOMINI, DONNE E POTERE DEL BELLO di Paola Mauri

Da qualche tempo questo blog si ingentilisce col contributo gradito di una voce femminile, quella di Paola Mauri. Essa ha il grande merito di cogliere spunti diversi dalla realtà e di farci riflettere su temi di vera attualità ma con il distacco di chi guarda ad essi come da un altro mondo o da un'epoca lontana. L'effetto che si ottiene è di apparente straniamento ma la messa a fuoco che ne consegue aiuta a riconsiderare i fatti di cronaca affrancati dall'urgenza del quotidiano, collocati in una prospettiva di più ampio respiro. Il mio blog, spesso politicamente scorretto, ne ricava una qualità  nuova e un equilibrio più armonico. 
Oggi la riflessione di Paola trae lo spunto dalla dura presa di posizione delle donne contro un potere che le usa in modo strumentale e poi, spesso, le getta dopo averle spremute. Ma è solo il potere ad usarle? O sono anche le donne, quando ne hanno la possibilità a servirsene?

Abbiamo capito forte e chiaro che la bellezza è un potere da usare. E per essere netti e senza fronzoli non è che ciò non fosse noto da tempo immemore. Mi viene proprio da dire che messa così piatta, senza un briciolo di ghirigori, viene un coccolone.
Contrapporsi non è esatto, non va bene; vorrei essere in grado di trovare parole misurate, e mi sfugge continuamente il filo, perché non provo meraviglia ma disagio, per quella parte di universo mondo che viene esclusa d’ufficio da chi ingordo, come davanti ad un babà, decide di prendersi l’oggetto più raro, più rispondente a canoni precisi, più …
Questa leggenda metropolitana, spacciata per verità assoluta, non è più concepibile e ognuno è padrone di sostenerla, ma credo in separata sede, e non facendone una filosofia da imporsi più o meno a tutti i costi.
Il cervello va esercitato e l’esercizio ne facilita la funzione. E allora è tutto vero o meglio tutto può essere vero e i gusti sono gusti, ma lasciamo a tutti uno spazio e la possibilità di arrivare dove chi bella come il sole ambisce di arrivare, perché destinata, dalla nascita, ad essere l’ape regina.
È vero che non si può cambiare il mondo che per secoli è stato dominato dall’uomo che disponeva a suo piacimento delle donne, ma di fattori “ci”, “di”, “e”, “effe”, “gi”, ormai ce ne sono tanti in giro, peraltro tutti uguali, ben fatti, ben messi, che la monotonia è in agguato e un po’ di sano difetto andrebbe a ristabilire l’armonia. E l’armonia è un insieme di fattori che con l’omogeneità non ha nulla a che fare. Forse bisognerebbe rieducare “lo sguardo” di chi appunto guarda, per fargli scoprire “il bello”.
Guardare è saper cogliere, saper vedere, saper interpretare, andare oltre.
Il brutto non sarà mai tale agli occhi di chi sa guardare. Il bello non sarà mai bello se quell’oltre è tenebroso, mistificato.
Con le parole si può giocare, con il cuore no. E allora tutto quel che si dice, che si spaccia, che si mercifica con un pacco dono ben confezionato, è l’apparenza di una realtà che tutti vogliono copiare ma che dura per il tempo di un gioco, con un giocattolo che, alla fine, non regge perché quando è smontato, poi non si ricompone più. E da bambini di questi giochi, ne abbiamo fatti tanti. Abbiamo copiato i giochi degli altri e abbiamo voluto i giochi degli altri. Credo sia l’odierno  principio del marketing e della pubblicità.
È stato applicato agli esseri umani ed è comprensibile che la perfezione sia ammiccante e ancor più desiderabile, ma c’è un meccanismo che prima o poi si inceppa in questa meravigliosa panoramica. Buon pro gli faccia quindi, a tutti quelli che ne escono soddisfatti e rifocillati. Tanto per chi la pensa diversamente è sempre buono l’argomento “invidia”. 
Le “cozze”, per intendere, con tale termine, donne brutte, si sprecano pure in una pubblicità, secondo me vergognosa, di una macchina di produzione italiana, il cui spot viene trasmesso in questi giorni. Alla fine, quindi, tutto rimarrà uguale o tutto cambierà per rimanere immobile nei secoli. Il potere sarà sempre associato al bello ed il brutto al brutto, cioè al nulla.
Anche se il brutto anatroccolo può riservarci ancora delle sorprese. Ed è bello crederci. PAOLA MAURI

Altri contributi di Paola Mauri possono essere rintracciati ai seguenti indirizzi:

Ricordo quando a scuola ci facevano cantare l’Inno di Mameli


Riprendo la mia capretta e vado per i monti


Haiu ragiuni e m'a mangiu squarata

 

P.S.: approfitto per invitare altre amiche e amici che volessero esprimere il loro punto di vista a commentare i post con i loro messaggi o inviando i loro testi e chiedendo che vengano pubblicati.
Mi rivolgo, come scritto in sommario, a quei pochi che non hanno perso, nella babele generale, la capacità e la voglia di riflettere e ragionare.

L'Italia: con un occhio guarda al Maghreb e con l'altro osserva incerta le cose di casa

 Mentre si estende l'incendio in tutto il Maghreb con la rivolta popolare che ha abbattuto i regimi di Ben Alì e Mubarak, e si accinge a farlo con quello più violento di Gheddafi (grande alleato tanto apprezzato dal raìs nostrano), l'Italia vive una condizione di stallo incomprensibile.

Il Paese è fermo e sembra non vedere, trattenendo il fiato in attesa che accada quel che deve accadere.

Il nostro, a differenza dei regimi nordafricani, è un governo legittimato dal voto popolare ma profondamente screditato per non avere realizzato quanto promesso; compromesso dagli scandali e dalla corruzione in cui sono coinvolti parecchi suoi membri; fortemente colluso con i regimi di cui sopra a causa di una politica estera disastrosamente miope.
Il parlamento assomiglia a una ciurma impazzita che, mentre la nave affonda, si mostra impegnata a mettere al riparo le proprie scorte nella stiva.  
Il presidente del consiglio resiste credendo di potere, finalmente, portare a termine vittoriosamente il suo ventennale, cruento duello con la magistratura, per guadagnare l'impunità piena per sè e per i suoi sodali.
Il Presidente della Repubblica ammonisce e invita alla moderazione, impegnato a evitare che gli facciano naufragare le celebrazioni dell'Unità, a lui tanto care ma sempre più anacronistiche alla luce della drammatica attualità. 
E molti Italiani osservano allibiti le cose di casa mentre seguono quello che accade a un tiro di schioppo da noi e solidarizzano, solo nel chiuso del loro ambiente domestico, con quelle popolazioni che si stanno liberando dei loro tiranni abbattendone i monumenti. 

Di fronte alla catastrofe incombente, un gruppo di intellettuali propone ai parlamentari delle opposizioni un nuovo Cln per liberare l'Italia dal berlusconismo.
Mentre Libertà e Giustizia invita i cittadini italiani a far sentire la loro voce e chiedere che il governo e il parlamento rifiutino di farsi asservire all’utilità e al potere di un singolo imputato, i più tra noi rimangono inebetiti e paralizzati ad assistere ai sommovimenti epocali di un mondo in profonda trasformazione. Il nostro destino sembra quello di rimanere a guardare come spettatori impotenti l'irreversibile moto della storia che ci passa accanto senza coinvolgerci. 

Leggi anche Ft: Italia paese arabo d'Europa

Berlusconi: Gheddafi è un leader di grande saggezza



Berlusconi bacia la mano di Gheddafi

20 febbraio 2011

Ricordo quando a scuola ci facevano cantare l’Inno di Mameli

Sulle ali della memoria con questa rievocazione personale di Paola Mauri     
Essere Italiani, oggi, è una missione quasi impossibile, di Paola Mauri  
Da un po’ di tempo, ti svegli la mattina e riattacca il ronzio che tutt’intorno avvolge la Penisola. Ricordo quando a scuola ci facevano cantare l’Inno di Mameli. Aleggiava il rispetto e la gioia di cantarlo. Ho uno strano flashback pure de “La spigolatrice di Sapri” autore Mercantini “… eran trecento, eran giovani e forti e sono morti…”. Quanto era bella questa poesia, …venivano i brividi.
Bambini eravamo, ma non so come dire, le cose erano diverse. Quando si vedeva la bandiera si era felici, significava festa. Sono contenta e grata di portare ancora questo sentimento dentro di me.
Ricordo pure delle bombe in Tirolo, ma vagamente. Sapevo ma ancora non comprendevo bene. Poi con il tempo il racconto di questa nostra storia gloriosa e bellissima si è riempito di tanti altri racconti, più o meno belli, più o meno brutti: l’ultimo questore di Fiume Giovanni Palatucci, le Foibe, e quanto ci appartiene, o appartiene a questo nostro meraviglioso Paese… 
Sentire “Le ragazze di Trieste” è un sussulto, una gioia. E’ come se i sentimenti, allora, avessero un’altra valenza, un altro peso: “…oh Italia, oh Italia del mio cuore…”.
Tutto o quasi è stato cancellato da un benessere fasullo e da chissà cosa d’altro. Per cui Benigni ha ritenuto di dover spiegare, su un palco nazional popolare, l’inno di Mameli.
Televisione, reality, pupe e secchioni, isole dei famosi…
La festa per l’Unità d’Italia si farà … ma sarà vera festa?
Il morbo infuria, il pan ci manca, sul ponte sventola bandiera bianca…
Ma per me Viva l’Italia, sempre! 
La Corale Città di Genova canta Fratelli d'Italia


La Campana di San Giusto - Coro alpino "Alte Cime"


Vince al festival Roberto Vecchioni, celebreremo il 150° dell'Unità, ma questa rimane ancora un'Italia di m....

Non sono mai stato un nazionalista patriottardo, non ho mai avuto la pretesa di essere nato nel Paese più bello del mondo
Pur essendo consapevole della grandezza del nostro patrimonio culturale (artistico e scientifico, meno della nostra complessiva vicenda storica), della bellezza del nostro paesaggio, degli esempi dei grandi che, fulgidi, costellano il nostro passato, ho sempre pensato che da ogni cultura ci fosse sempre qualcosa da imparare. E mi sono, perciò, considerato cittadino del mondo, aperto e disponibile verso quanto di buono veniva da fuori. E più volte nella mia vita ho criticato l'italietta in cui vivevo, sbiadita immagine di un passato glorioso.

Ma di fronte al presente di un'Italia infognata negli scandali di chi la governa; di un presidente del consiglio che, pur di continuare a fuggire dai giudici, si dice deciso a riformare la Consulta e il Csm, che dopo aver baciato la mano del dittatore libico, dichiara di non volerlo disturbare nel momento della disgrazia; di un drappello di ministri leghisti che vota contro l'istituzione della giornata celebrativa del 150° dell'Unità mentre uno di loro vorrebbe anche abolire il 1° Maggio - Festa del Lavoro; di un ministro del partito di maggioranza che, insofferente alle domande di un giornalista, comincia a scalciarlo e poi  accusa quello di dargli calci e lo fa allontanare dalla sala; di un parlamento costituito da troppi indegni figuri, ondivaghi, che cercano di posizionarsi nel modo migliore, mossi soltanto dal proprio personale tornaconto; di giornali e TV diventati strumenti di disinformazione, calunnia e diffamazione (e mi fermo qua per poter tirare il fiato e consentire di farlo anche a chi mi legge); di fronte a tanta sconcia indecenza, dicevo, ci sarebbe da disperare se non vedessimo nelle piazze sollevarsi un'onda di sdegno; se non ascoltassimo con felice commozione la performance di Roberto Benigni a Sanremo; se non scoprissimo che la poesia di Vecchioni ha toccato il cuore degli Italiani.

Tutto questo é accaduto e accadrà ancora. E vedremo ancora, insieme alle donne, tanti uomini in piazza; ascolteremo l'incitamento, talvolta confuso ma appassionato nella sua leggerezza, di Benigni; sentiremo cantare dai ragazzi e dalle mamme ai loro piccoli chiamami ancora amore finché questo Paese, che ha ormai toccato il fondo, non avrà risalito la china per poter gridare, gridare un FINALMENTE !!! lungo e forte come un boato. 


Perché, tutto sommato, quest'Italia in cui siamo nati, noi l'amiamo! A dispetto e vergogna di quanti la infangano, anche dall'alto dei loro scranni.


Leggi anche Don giovanni all'inferno e Benigni in paradiso, di Eugenio Scalfari


Roberto Vecchioni vince il festival di Sanremo


Se non ora quando? Adesso!

19 febbraio 2011

Roberto Vecchioni e Roberto Benigni oltre Sanremo (due video)

Una straordinaria lezione di storia, un'ammonizione a chi vuole dividere, una dichiarazione d’amore verso l'umanità


Roberto Vecchioni al Festival di Sanremo canta Chiamami Ancora Amore: un canto che è un'invocazione.
Roberto Benigni al Festival di Sanremo canta l'Inno di Mameli: una marcia che diventa una meditazione.



Dai commenti al video in YouTube:
Conosco a memoria le canzoni di Roberto Vecchioni da quando ero un ragazzino sbarbato, che si guadagnava così le ironie dei compagni di classe per gusti così ricercati. Sarebbe straordinario se questa canzone vincesse il Festival, perché significherebbe che i prodotti commerciali preconfezionati e imballati dai mercanti della peggiore TV possono talvolta stufare addirittura il grande pubblico… Sarebbe un segno prezioso, una ragione in più per credere che la maledetta notte sta davvero per finire.

Questa canzone mi ha fatto venire i brividi.. Le lacrime.. E' una canzone profondissima, forse troppo per Sanremo dei giorni nostri.. Dove vince chi è sfornato da Amici.. E chi dopo 3 anni è già bello che dimenticato...

Il testo della canzone contiene le parole che io vorrei dire tutta la vita ai miei figli per affrontare la vita perché le idee sono voci di madre che credevano di aver perso
Grazie Roberto, abbiamo bisogno tutti delle tue canzoni per riempire i vuoti del cuore.

Vecchioni, poeta che ci incanti con le tue parole, tu che sfiori con la tua voce le celate emozioni del nostro animo, io ti ringrazio.
Alla tua musica solamente infatti io posso associare la maggior parte dei momenti più felici della mia vita. Mi hai cullata con le tue canzoni nella macchina quando andavo in vacanza con i miei, accarezzandomi dolcemente le orecchie, coprendo il suono del motore.
Spero che tu vinca e auguro a tutti di aprirti il cuore, poichè provino la gioia che provo io udendoti.




Dai commenti ai video in YouTube:
L'Inno, alla fine, cantato in quel modo, immaginando quel giovane ... m'ha fatta piangere. Non me l'aspettavo. Benigni dà sempre un senso più alto alle cose. Che tristezza questa Italia di oggi... Non c'è dignità vera, solo sopportazione. Ci vorrebbe davvero un nuovo risorgimento, ma senza sangue.

Non mi sembra vero che Benigni canti con quel tono, però comunque questa cosa mi fa riflettere, perchè il nostro paese potrebbe essere molto bello, se non ci fosse questa politica corrotta e se i giovani potessero capire l'importanza della cultura (lo dice una di 14 anni).

Grazie Grandissimo Roberto per la lezione che ci hai dato.Spero che presto molti di noi si sveglino dal sonno e incomincino a sognare un'Italia diversa degna dei padri che l'hanno creata.

Hai visto con che sdegno e superbia la prima fila guarda e struscia le mani invece di applaudire? Non hanno ne dignità ne un millesimo dell`orgoglio dei grandi di cui ha parlato Benigni. Ne tantomeno l`intelligenza per poter capire di cosa si parlava. indottrinati, venduti. Una decadenza e una malinconia vedere questi uomini e queste donne, si sentono i nuovi nobili, scelti da Dio. Intoccabili. Non devono dar di conto a nessuno. Quando anche a noi mancherà il pane forse ci sveglieremo.

18 febbraio 2011

Riprendo la mia capretta e vado per i monti

Ricevo e volentieri pubblico questo pezzo di Paola Mauri. Il brano rispecchia lo stato d'animo di tante persone che vivono l'attuale temperie socio-culturale alla quale si sentono profondamente estranee. 

Forse sono cresciuta sulla luna, o su un altro pianeta; forse la mia sorellina è stata Heidi; forse sono una creatura inventata da Lewis Carroll, quello di Alice nel paese delle meraviglie.  

Dico questo perché non ho più radici, me le sono perse. O meglio, tutt’intorno è uno scenario che non è più quello in cui sono nata e cresciuta. Sì, difficoltà tante. Una vita difficile, ma non me ne lamento. Si viveva, non molto tempo fa, con tanti problemi e senza molto per scapricciarsi. Poi pian piano, la situazione è cambiata. Leggo sui giornali, per non dire che vedo intorno a me, parecchie cose incomprensibili, non trascendentali, ma proprio difficilmente metabolizzabili. Alcuni commentatori o opinionisti, di fronte a recenti fatti di cronaca riportati dai quotidiani, si meravigliano del fatto che si può morire giovani; questo “tema” ovviamente è sconvolgente, ma, aggiungo, è sempre stato così. La morte di un giovane è una tragedia, ma la cosa è vecchia come il cucco perché la morte non guarda in faccia a nessuno, basta andare in un ospedale pediatrico. Altra cosa, è questo desiderio di arrivare, possedere, avere a tutti i costi. Pure questo lascia parecchio perplessi o almeno a me lascia un po’ con l’amaro in bocca. Si sa che desiderare una cosa la rende ancor più desiderabile. E’ pure vero che ciò che si desidera rimane molto spesso solo un desiderio. Ma oggi il ragionamento è diverso. Si deve arrivare, si deve raggiungere, si deve avere, ottenere. Allora siamo su un piano completamente non commentabile. E poi, non si deve soffrire e si deve attutire qualsiasi sofferenza a tutti i costi. Ricordo una vigilatrice scolastica che sosteneva doversi aiutare il bambino a sopportare un piccolo dolore, invece che intervenire immediatamente per toglierlo con dei medicinali. Capisco che questa cosa potrebbe essere impopolare ma ha un suo perché che comunque oggi è forse impossibile da capirsi. Il mal di testa deve sparire subito. 
E poi se un giorno arriva qualcosa che non sparisce subito, come si fa?  

Ancora, dalla cronaca o dalle notizie, si assiste a tutto questo mercimonio, e questo urlare su chi o su che cosa. Tutto è, però, piatto e immobile. Gli urli ci sono, ma non sono fonte di spiegazione. Più ci si sovrappone e più la “missione è compiuta”. Hanno imparato, i frequentatori degli studi televisivi, a seguirsi sui monitor e quando inquadrati, fanno le espressioni di circostanza. Ci hanno preso per incapaci di intendere e volere. Rimango a questo punto, un alieno con il suo fardello quotidiano. Non capisco più e non mi va più nemmeno di mettermi a capire. Evidentemente tutto è sempre stato come ora, perché la matrice umana è la stessa; forse, oggi le idee, i commenti, le opinioni, viaggiando in tempo reale, non ci danno la possibilità di rifiatare, di riordinare di capire.

Prendo atto anche se non sono convinta. Ma altri discorsi non si possono fare perché altrimenti ti affibbiano la patente di moralista, di puritano, di mutandaro, di comunista, insomma tutto il repertorio. Meglio quindi prendere atto e pensare al potere contrattuale che ognuno può avere in una democrazia. I soldi, è vero, non hanno odore ma è pure vero che non tutto si compra. Quello che sta accadendo in questi giorni, ha veramente della nemesi storica, da qualunque parte si guardi, e con questo intendo non solo da una parte ...
Riprendo la mia capretta e vado per i monti. Paola Mauri

Rosy Bindi, il nome giusto per Palazzo Chigi

Penso che i giochi al massacro dentro il PD saranno in grado di bruciarla, come succede dentro quel partito quando urge scegliere, e scegliere bene.

La candidatura di Rosy Bindi, lanciata da un Vendola disposto a rinunciare alle primarie, benedetta da Romano Prodi, con l'aria di saggiare il terreno, produce uno choc positivo più fuori che ai vertici del partito.

Nell'attuale fase politica, Famiglia Cristiana vede positivamente una donna a Palazzo Chigi e Rosy Bindi, a parere di molti osservatori, ha tutte le carte in regola per aspirarvi.


Da cattolica autentica ma attenta alle urgenze laiche di una società in evoluzione, potrebbe raccogliere attorno a sè un ampio consenso nell'ambito vasto del centro sinistra e tra tante giovani donne e uomini,  lontani dalla politica e schifati dall'andazzo attuale. 
Vive l'impegno politico con spirito di servizio e grande passione. Ha militato nella vecchia DC ma è stata convinta sostenitrice dell'Ulivo e poi fervente promotrice della nascita del Partito Democratico come casa comune in grado di accogliere le diverse anime riformiste dello schieramento di centro-sinistra. 
Con Romano Prodi è stata ministro della sanità e per la famiglia. Oggi è vicepresidente della Camera dei deputati. 
Conduce una vita sobria, quasi austera, e riesce a tenere testa ad un Berlusconi che la offende perché non rappresenta il suo ideale di donna supina ma la teme per la coerenza e la passione autentica.

Ravviso che lei è sempre più bella che intelligente! Alla battutaccia cafona di Berlusconi al telefono di Porta a Porta, la Bindi senza scomporsi ha replicato asciutta: non sono una donna a sua disposizione e ritengo molto gravi le sue affermazioni.

Se fosse lei la candidata in campo contro questa destra becera e volgare rappresentata da Berlusconi, non nascondo che la voterei senza esitazioni.

Una donna a Palazzo Chigi

La Bindi candidata premier piace anche a Romano Prodi

Rosy Bindi candidata premier

17 febbraio 2011

Anche noi, come Montanelli, aspettiamo di potere urlare: FINALMENTE!


Non sopportiamo più quei mantra che diventano verità indiscutibili a forza di ripeterli:

Questo è un ribaltamento della realtà 
Il Presidente è un uomo buono e generoso 
Al posto suo con quei soldi tutti faremmo lo stesso 
Questa è una grave violazione della privacy da parte della magistratura

 
E dai e dai che diventa vero!

Ieri ho riportato l'editoriale di Indro Montanelli su La Voce del 23 dicembre 1994. Per me è stato sconvolgente constatare che da 17 anni viviamo tutti come in una specie di sortilegio; un incantesimo che fissa e scandisce e ingloba da 17 anni la vita di ciascuno di noi intorno alle vicende pubbliche e private di Berlusconi. Chi appartiene alla mia generazione ha, per sua fortuna, la possibilità di verificare che viviamo in una condizione eccezionale, che non è stato sempre così e che,  per fortuna, non lo sarà ancora a lungo. Ma quanti sono nati negli anni '80, e oggi hanno trent'anni, hanno vissuto la maggior parte della propria vita consapevole nell'era berlusconiana, alimentati con i prodotti forniti dalle sue aziende, cibo per la mente e per il corpo. E se non hanno avuto altri strumenti per costruirsi un'autonoma prospettiva per analizzare la realtà, pensano che ciò che viene loro prospettato dai media asserviti sia la realtà vera. E tanti di loro hanno ammirato il loro campione che scendeva in campo per rinnovare il mondo della politica dalle fondamenta, considerando addirittura un fatto spurio che qualche altro potesse, per brevi periodi, sostituirsi a lui.
Indro Montanelli, che ben conosceva l'indole e gli interessi di quel cavaliere senza macchia e senza paura, ne prese immediatamente le distanze sebbene avesse fino allora diretto il Giornale di famiglia, comprendendo l'anomalia e condannandola apertamente.

In questo documento fa riferimento al I governo Berlusconi durato otto mesi, dal 10 maggio 1994 al 17 gennaio 1995, al quale seguì il governo Dini in seguito all'uscita della Lega di Bossi dalla maggioranza. Già in nuce quella breve esperienza, a leggere il bell'articolo, conteneva in sè tutta la singolare anomalia del tycon entrato in politica. E il grande giornalista chiudeva così il suo editoriale: Non sappiamo cosa ci aspetta domani, magari una confusione ancora più grossa di quella in cui Berlusconi ci ha precipitato ed ora ci lascia. Per il momento ci si consenta di assaporare, delibare, esalare, urlare a pieni polmoni questo sospirato liberatorio finalmente (e al diavolo il diavolo che, rimpiattato sotto il nostro tavolo, ci mormora ghignando: «Ma sei proprio sicuro che si tratti di un finalmente?»).

Dopo appena otto mesi di governo (me li ricordo, con i Previti e i Ferrara ministri) arrivò il liberatorio finalmente, turbato dalla preoccupazione che potesse non essere definitivo.

Chissà cosa pensa adesso Montanelli di lui e di noi, ovunque si trovi!
Al suo finalmente non c'è nulla da aggiungere. Ma il nostro, quando lo potremo urlare a pieni polmoni? Come faremo a farlo giungere fino a lui e a quanti altri hanno sperato di poterlo urlare insieme a noi senza riuscirci?


Da una riflessione di ieri a una testimonianza di oggi


Indro Montanelli profetizza il berlusconismo


La lezione di Concita 

16 febbraio 2011

La Voce di venerdì 23 dicembre 1994

... sin da allora sarebbe stato possibile aprire gli occhi e vedere !

Finalmente! Finalmente, con le dimissioni presentate ieri mattina a Scalfaro, che tagliano corto al dibattito parlamentare, Berlusconi ha chiuso - almeno per ora - il proprio ciclo. E finalmente si potrà ricominciare a parlare di tutto, anche di politica.
Sono quasi otto mesi che non lo si fa. Quasi otto mesi che si parla soltanto di Berlusconi. Se sia un uomo veramente nuovo, od un lascito di quelli vecchi. Se sia stato un grande imprenditore, o soltanto un grande profittatore dello Stato e dei suoi favori e concessioni. Se le sue imprese fossero proprio dei modelli di efficienza, o dei contenitori di aria fritta e di debiti. Se fosse un grande finanziere o soltanto un grande avventuriero della finanza, la riedizione di uno Stavisky.
Più che a ciò che diceva, si badava a come lo diceva, non c'erano occhi né orecchi che per sapere se e chi gli aveva fatto il lifting, chi era il suo sarto, chi provvedeva alla sua pettinatura, se davanti al video recitava la parte mandata a memoria o la leggeva sul «gobbo» nascosto dietro la macchina da ripresa, e quale cerone usava per lisciare le guance e quale cipria per nascondere l'incipiente calvizie, suo incubo e croce (oh, quella chioma dell'Avvocato! ). Se sul volto s'infilava la calza antirughe. E di quante ville fosse proprietario, e di quali meraviglie queste ville traboccassero. E se recitasse bene o male la parte di anfitrione quando riceveva i Grandi della Terra (e quali barzellette da fureria raccontasse al loro orecchio, come purtroppo è accaduto).
Berlusconi. Sempre Berlusconi. Solo Berlusconi. Per otto mesi l'Italia è stata (anche per gli stranieri, ahimé) Berlusconi. Per otto mesi non si è potuto intavolare, nemmeno in famiglia, una conversazione che non avesse per argomento Berlusconi o non ci finisse. In suo nome si sono rotte amicizie ancestrali. Per otto mesi direttori e capiredattori di giornali e periodici hanno cestinato notizie che in altri tempi avrebbero occupato le prime pagine, se non riguardavano Berlusconi, e le case editrici hanno rifiutato qualsiasi manoscritto che non fosse una biografia di Berlusconi (ne ha avute più lui in otto mesi che Bismarck in ottant'anni). Altro che «Duce sei tutti noi!». Per otto mesi Berlusconi è stato tutti noi più di quanto il Duce lo sia stato in vent'anni.
Finalmente! Finalmente ci siamo liberati di questa ossessione. Finalmente potremo ricominciare a discutere della pubblica amministrazione e della pubblica finanza senza il timore che qualsiasi proposta venga propugnata o combattuta secondo gli interessi di Berlusconi. Finalmente potremo occuparci di problemi che non siano soltanto la Fininvest di Berlusconi. Finalmente la Corte di Cassazione potrà avallare o bocciare sentenze che non siano in odore di favoreggiamento o di danneggiamento di Berlusconi. Finalmente potremo rialzare la testa ed appuntare lo sguardo su ciò che avviene nei Paesi che ci circondano senza l'angoscia di vedervi accorrere Berlusconi a farvi le sue solite sceneggiate. Finalmente potremo persino dire e scrivere, senza essere sospettati di fare il gioco di Berlusconi, che la triade economica regalataci da Berlusconi (Dini-Pagliarini-Tremonti) ha fatto il massimo del poco che poteva. Finalmente potremo fare la corte (parlo per gli altri, si capisce, non per me) a qualche bella donna senza prima dover appurare se è amica o nemica di Berlusconi. Finalmente potremo persino parlare bene di Berlusconi senza correre il rischio di essere scambiati per un Fede o
uno Sgarbi, e dire per esempio, senza tema di venire fraintesi, che di tutti i Berlusconi e berluschini d'Italia, Silvio era (e resta) il migliore.
Non sappiamo cosa ci aspetta domani, magari una confusione ancora più grossa di quella in cui Berlusconi ci ha precipitato ed ora ci lascia. Per il momento ci si consenta di assaporare, delibare, esalare, urlare a pieni polmoni questo sospirato liberatorio finalmente (e al diavolo il diavolo che, rimpiattato sotto il nostro tavolo, ci mormora ghignando: «Ma sei proprio sicuro che si tratti di un finalmente?»). ♦


Mai dire mai (1) - «Non ho mai usato né mai userò i miei mezzi di comunicazione per scatenare campagne di aggressione contro un concorrente, né per diffamare chi non è d'accordo con me. Lascio questi metodi ad altri» (20-X-'93).
Mai dire mai (2) - «La Fininvest non ha mai pagato una lira di tangenti» (20-XI-93).
La vittima - «La legge Mammì ha favorito tutti, tranne la Fininvest» (6-II-'94).
Codice Silvio - «Non ritengo tangenti quelle pagate da un imprenditore a membri della pubblica amministrazione per ottenere qualcosa che gli spetterebbe di diritto»(15-III).
Le piante no - «Alla Rai non sposterò nemmeno una pianta» (29-III).
L'anomalia - «La Rai contro il governo è un'anomalia, il governo se ne occuperà presto» (7-VI).
Una quisquilia - «L'80 per cento del lavoro è stato fatto: impedire che andasse al potere una sinistra illiberale. Adesso non ci resta che l'ultimo 20 per cento: governare» (16-V, alla Camera per la fiducia).
Quanti guai - «Dall'amicizia con Craxi ho avuto più guai che delizie» (29-IV).
Il danno - «In fondo avere tre reti tv mi ha danneggiato» (28-II).
Promessa da Cavaliere — «II tetto fiscale sarà ridotto al 30 per cento» (6-III).
Vendo - «Ho dato incarico ai miei manager di avviare le dismissioni delle mie aziende» (23-III).
Non vendo - «Vendere la Fininvest? Non ci penso nemmeno. Non sono mica matto, ho 5 figli da mantenere» (1-V)
Il martire — «Dormo tre ore e mezza per notte, faccio una vita da pazzi, non me l’ha ordinato nessuno» (6-IV).
C'est moi - «Conflitto di interessi? Qui la migliore garanzia sono io» (18-IV).
Milan, Italia - «Faremo diventare l’Italia come il Milan» (18-IV).
L'uomo della provvidenza - «Quando si assume un ruolo come questo, la vita cambia. I cattolici la chiamano la Grazia dello status» (30-IV).
La certezza - «Ho la certezza che sia possibile creare ben oltre un milione di posti di lavoro in due anni» (12-V).
Le ultime parole famose - «Questo governo è schierato dalla parte dell'opera di moralizzazione della vita pubblica intrapresa da valenti magistrati. No ai colpi di spugna» (16-V).
Dux (1) — «Mussolini, in una certa fase, è stato un grande statista ... Per un certo periodo fece cose positive» (27-V).
Fate la carità - «Ora sono diventato povero» (maggio '94).
L'avvertimento - «Un amico mi ha avvertito: sta' attento alle insidie romane, ricordati che quando voi lombardi eravate ancora nelle caverne, noi romani eravamo già froci» (maggio '94).
Filo-Rai -«Non mi occuperò mai di questioni televisive, anzi sarò più dalla parte della Rai che della Fininvest» (30-V).
Sorcini - «I giornali sono faziosi, con me: tutti i sorci sono usciti dai buchi» (8-VI).
Mani di fata - «Anch'io sono stato una donnina di casa» (9-VI).
Mai dire mai (3) - «Non c'è mai stata alcuna distanza tra governo e Bankitalia. L'autonomia della Banca centrale è totale e sacrosanta» (10-VI).
2 3
Mai dire mai (4) — «Non ho mai pronunciato la parola condono» (23-VI).
Ecce omo - «La mia discesa in campo ha cambiato la Storia di questo Paese» (10-VII).
Sterminator - «Attenzione, se no questa notte aumentiamo la prole» (10-VII).
Non si cambia - «Il decreto Biondi non si cambia. O passa così, o tutti a casa» (15-VII).
Si cambia - «Il decreto Biondi va modificato. E vi rivelo che io stesso all'inizio ero contrario» (18-VII).
Il complesso di Silvio - «Ho un complesso di superiorità che stento a frenare» (21-VII).
Fratelli d'Italia (1) - «Questo governo non ha fratelli» (25-VII).
Fratelli d'Italia (2) - «Questa inchiesta sulla Guardia di Finanza sventra l'economia e le imprese» (26-VII).
Fratelli d'Italia (3) - «L'ordine di arresto di mio fratello Paolo mi amareggia, perché è il governo che prendono di mira» (28-VII).
Achtung banditen - «Bossi dice che sono suo ostaggio. Ma in politica, per dare ragione all'anonima sequestri, bisogna che l'ostaggio sia consenziente. E questo non accadrà mai» (2-VIII).
Miracolo! - «Anche se camminassi sulle acque, i giornali scriverebbero che non so nuotare» (12-VIII).
Allegriaaa! - «L’Italia non è mai andata così bene, state sereni e riposatevi. Buone vacanze» (dopo il crollo della lira, 12-VIII).
Il democratico - «Chi critica questo governo rema contro l'intero Paese» (13-VIII).
Lo sfogo - «Bossi parla come un ubriaco da bar. Di Pietro si crede il padrone d'Italia. Agnelli e De Benedetti mi scatenano contro i giornali perché vogliono soldi dallo Stato. Funari è contro di me, Fede non riesco più a scrollarmelo di dosso, Feltri è impazzito» (15-VIII).
Dux (2) - «Se faceste l'esegesi di tutte le cose che dice il signor Berlusconi, vedreste che ha sempre ragione» (17-VIII)
Mai dire mai (5) - «Le nonne, le mamme e le zie stiano tranquille: non vogliamo toccare nemmeno una lira delle pensioni» (10-IX).
Ipse dixit - «Lavorare, non scioperare» (14-X).
Quattro gatti - «La Piovra in tv danneggia l’immagine del nostro Paese. Eppoi cos'è la mafia? Un centinaio di delinquenti ...» (15-X).
Mai dire mai (6) - «Né uno né dieci scioperi generali ci faranno cambiare idea sulle pensioni e la Finanziaria» (10-XI).
Io, patria e famiglia - «Cosa credete, che non sia stufo di tornare a casa e vedere i miei bambini piangere per quel che dicono di me?» (16-XI).
Masaniello - «Se non mi lasciano governare divento un Masaniello» (23-XI).
Modestia a parte - «La ripresa dell'Italia si chiama Forza Italia Anzi, esageriamo: si chiama Silvio Berlusconi» (23-XI).
Latinorum — «Hic manebimus optime» (23-XI).
Il vice-Dio — «Io sono l'Unto del Signore» (25-XI).
Nessuno mi può giudicare — «Una mia condanna sarebbe un atto teso a sovvertire l'ordinamento dello Stato» (1-XII). ♦ 

Abbiamo atteso, invece, 17 anni e che ce lo dicesse la magistratura! 
E non è ancora finita!

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