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Dedicato a quei pochi che non hanno perso, nella babele generale, la capacità e la voglia di riflettere e ragionare.
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30 dicembre 2016

RLM - 40 anni fa. Una grande avventura al servizio della città



Il 28 Dicembre 2016, per iniziativa di Sino Quartararo e con il patrocinio della Pro Loco di Menfi, nell'Auditorium dell'Istituzione Culturale Federico II si è tenuta la rievocazione di Radio Libera Menfi, a quarantanni dalla sua fondazione col titolo 40 anni fa. Una grande avventura al servizio della città. L'evento, curato nei dettagli dall'impeccabile Gioacchino Mistretta e presentato dalla giovane Rosy  Abruzzo, ha visto la partecipazione di un pubblico numeroso e assai interessato. I vari collaboratori dell'emittente sono stati invitati sul palco a dare la loro testimonianza mentre sullo schermo scorrevano documenti interessanti, ormai storici, relativi a diverse fasi e rubriche curate da RLM. La serata è stata allietata grazie alla riproposizione di brani musicali in voga all'epoca, eseguiti magistralmente da Sino Quartararo e Leo Marchese. E' stata una bellissima manifestazione, assai partecipata, che ha avuto il merito di riportarci piacevolmente indietro di alcuni decenni. Ma RLM non deve rimanere solo un memoriale, potrebbe in qualche modo risorgere dalle sue ceneri. Pensiamoci! 


Era il 15 ottobre 1976 quando iniziarono le prove sperimentali di RADIO LIBERA MENFI sulla frequenza 98,200 mhz. L’idea di aprire la radio fu di alcuni giovani che s’interessavano di musica già da un bel po’ di tempo: Sino Quartararo, Saverio Piccione, Baldassare Bivona, Pippo Graffeo, Rosario Callaci, Giuseppe Gagliano. Poi si sono aggiunti: Bilello Francesco, Liborio Ferraro e Marco Bursi. Radio Libera Menfi ha rappresentato un momento importante per Menfi, la libertà, la trasgressione e la capacità del mondo giovanile del post ’68 d’interpretare la realtà di quel momento storico. Punto di forza della radio era l'interattività con gli ascoltatori che vennero coinvolti direttamente dando loro la possibilità di intervenire nel corso dei programmi apportando opinioni e commenti, oppure di scegliere brani musicali di loro gradimento; vengono cosi impostati programmi dedicati a varie fasce di utenza centrando la programmazione su vari argomenti (culturali, storici, rubriche varie, cabaret e musicali (Rock, musica italiana, folklore locale etc.) o sociali (politica in primis).
Quelli furono anni stupendi, di spensieratezza, d’entusiasmo e di straordinaria professionalità per quei ragazzi meravigliosi e per tutti i componenti la radio.
Il loro unico interesse è stato quello di garantire un servizio sociale a tutta la collettività convinti, com'erano, che il mezzo radiofonico era un bene comune che poteva essere utilizzato da tutti: famiglie, commercianti, liberi professionisti o semplici cittadini. Li sosteneva solo il loro grande entusiasmo e l’infinita voglia di fare, tipica dei giovani di quel tempo che, ahimè, raramente si riscontra nei giovani d’oggi.
Da un post su FB di Sino Quartararo

A me è stato dato il compito di rievocare sinteticamente la figura di Nino Ardizzone e la rubrica "Lignati siciliani" che andava in onda la domenica mattina. E l'ho fatto, all'incirca,così: 
"Cu pigghia lu turcu è so" era l'espressione con cui Nino Ardizzone soleva stigmatizzare il comportamento di quanti, in un contesto di illegalità diffusa, si appropriano di tutto ciò che capiti loro per le mani infischiandosi dei diritti altrui. A quel punto inarcava il sopracciglio in modo interrogativo e atteggiando il viso ad una smorfia faceva presagire una scarica di altre espressioni colorite. Il suo eloquio era pungente e, spesso, sarcastico. Con lui ogni domenica mattina intrattenevo i radiascoltatori su temi di carattere sociale e sulle disfunzioni che gli stessi denunciavano tramite telefono. 
La radio svolse allora un importante servizio sociale, contribuendo alla ricostruzione della vita comunitaria in un comune in parte disintegrato dagli effetti del sisma. I danni provocati dal terremoto e quelli successivi prodotti dagli uomini sono stati un altro argomento di discussione nella rubrica domenicale. "E ci nni vosiru trantuluna pi ghittari 'n terra lu campanaru di l'assiccursu!" Altra immagine di Nino che insieme a me criticava fortemente l'opera di demolizione di edifici che avrebbero potuto essere restaurati. Ma all'epoca in un centro rurale come il nostro risultò più agevole demolire e attendere la successiva ricostruzione.
Per quanto mi riguarda, la mia collaborazione con RLM rimase concentrata soprattutto negli anni 1980-83, il periodo in cui rientrai a Menfi avendo ottenuto l'incarico d'insegnamento c/o la sezione staccata di Menfi del Liceo Scientifico. Avevo la metà degli anni che mi ritrovo ora e furono per me anni molto densi e attivi perché curai con i miei studenti la messa in scena di alcune opere teatrali con discreto successo mentre riempivo le mattinate domenicali conducendo assieme al compianto Nino Ardizzone la rubrica di lagnanze in cui si denunciavano i disservizi, gli scandali, i ritardi delle amministrazioni relativamente alla ricostruzione post-terremoto ecc. Indimenticabile la battaglia condotta per la collocazione dei cassonetti per la raccolta dei rifiuti. In quel periodo, spesso, venivano trasmessi in tempo reale i consigli comunali, motivo per cui i consiglieri e gli amministratori dovevano stare attenti a quello che dicevano. Furono anni di impegno civile e di lotta al fine di realizzare un cambiamento considerato possibile. Ricordo certi dibattiti e confronti con esponenti politici locali, condotti nella sede della radio. Spesso i partecipanti volevano concordare gli argomenti ma quando le risposte viravano verso il consueto politichese era giocoforza riportarli alla concretezza della realtà.
A riascoltarmi, mi ha fatto impressione più della vivacità argomentativa, che non mi è mai mancata, la velocità nell'esposizione; da anni parlo più lentamente riflettendo di più su ciò che dico.


01 dicembre 2016

Il 4 dicembre si vota RENZI SI o RENZI NO

Ho trovato questa riflessione su una pagina di Facebook e la rilancio perché la condivido totalmente, eccezione fatta per l'espressione Re dei Delinquenti che avrebbe bisogno di un pronunciamento della magistratura per essere utilizzata. 




Volevo evidenziare un aspetto che, ad oggi, non ho ancora letto da nessuna parte, a meno che non mi sia perso qualche cosa nel frattempo.
Si susseguono i post che invitano a "capirne di più", a ricondurre la discussione "sul merito della riforma", a non "personalizzare" il voto pro o contro Renzi o il governo per mero tifo politico.
Premesso che chi vi parla, come sempre fa, si è andato a ricercare ogni possibile e affidabile documentazione per analizzare i pro e i contro di questa riforma e l'ha quindi trovata una vera e propria "schiforma", come giustamente è stata definita, il punto, forse più importante ai fini del nostro personale futuro e quindi della nostra nazione, è un altro, a mio avviso.
Renzi, fin dall'inizio e oserei dire giustamente e furbescamente, ha voluto personalizzare questa sfida e, così facendo, proprio lui ci ha dato la vera chiave di lettura dell' "evento referendario".
Il 4 dicembre non si vota solo una riforma, si vota Renzi SI o Renzi NO, inutile nascondercelo. Perchè, se vince il SI, il Narciso toscano non lo fermiamo più! Per due motivi. Il primo è che lui potrà così dimostrare ai suoi "padroni" che ha fatto diligentemente e con bravura i compiti assegnatigli e quindi accrescere la loro fiducia in lui, caricandolo di altre "incombenze" per accelerare il progetto di sottomissione dell'Italia; infatti, c'è molto da fare ancora, non crediate che sia finita qui, perchè il Re dei Delinquenti ha avuto ampio e preciso mandato e questa schiforma è solo l' INIZIO DEL TUTTO.
Il secondo motivo, per un malato di narcismo come lui, è che si crederà invincibile, intoccabile e, purtroppo per noi...infallibile.
Provate solo a immaginare il fatto che una tale iattura umana, purtroppo a noi capitata e a noi imposta dall'alto, si troverà LEGITTIMATA DA UN QUESITO REFERENDARIO, per alcuni versi più importante di una consultazione elettorale politica, per via dell'espressione diretta della volontà popolare.
Una tale legittimazione lo esalterà ben più di quanto non lo sia mai stato, abbatterà i suoi avversari esterni e, soprattutto, quelli interni al suo stesso partito e gli farà avere ancora più gente alla sua Corte dei Miracoli.
A questo punto, non solo non lo fermeremo più nell'opera di devastazione già iniziata dal Terminator Monti, ma lo faremo arrivare all'appuntamento politico delle elezioni 2018 "più forte e più bello che pria" (per parafrasare un noto sketch di Petrolini, ndr).
Quindi, cari amici, soprattutto voi che avete ancora dubbi, inutile che perdiate il vostro tempo per capirne di più sulla schiforma.
Qui è in ballo il nostro futuro, la nostra futura condizione di schiavi o di liberi.
Seguite lo stesso consiglio del Re dei Delinquenti: "o con me o contro di me". Dopo di che, dovrete semplicemente interrogarvi se siete pro o contro Renzi, cioè se ritenete quest'uomo (si fa per dire, ndr) degno di voi, del vostro essere italiani e soprattutto compatibile con la costruzione di un futuro migliore per noi tutti.
Dopo di che...decidete pure.
Io ho già deciso da tempo: #IovotoNO

08 novembre 2016

IL MIO NO AL REFERENDUM DEL 4 DICEMBRE


Avrei voluto scrivere le ragioni che mi spingono a votare e far votare NO al referendum costituzionale. Ma sull'argomento è stato già detto e scritto tutto o quasi; anche sulle risibili ragioni del SI.
Non so come finirà il 4 Dicembre: sebbene i sondaggi continuino a dare il NO in vantaggio, temo che la cosiddetta maggioranza di governo non lascerà nulla di intentato per ottenere il tanto sospirato risultato, sarebbe in grado di fare carte false pur di raggiungere il suo scopo. 
In proposito ritengo che occorra stare con gli occhi ben aperti ai seggi perché il voto dei cittadini possa essere veramente libero da ogni e qualsiasi condizionamento. 
L'esito si giocherà su una mangiata di voti! 

Non volendo ripetere in modo approssimativo quanto già detto e scritto con efficace puntualità da illustri e benemeriti costituzionalisti, mi limito a pubblicare qui la Lettera a mia figlia elettrice sul perché voterò No, di Arturo Primavera 

E la offro come argomento di riflessione a mia figlia, ai miei nipoti e ai tanti giovani italiani confusi e disorientati da una propaganda frastornante e senza ritegno. 
Ma penso anche ai tanti anziani che in questa bolgia fuorviante ritengono di non presentarsi al seggio lasciando agli altri di decidere per loro. 


Mi chiedi perché al referendum, voterò no alla riforma costituzionale? Ti chiedi perché, al contrario, tanti tuoi amici, i più giovani, si aspettino molto dalle recenti modifiche, soprattutto da quelle che riguardano il Senato, le uniche – in pratica - ad essere rese note a un’opinione pubblica più interessata a un presunta futura riduzione dei “costi della politica” che conscia delle reali conseguenze delle riforme? Perché molti di loro dicono che bisogna “cambiare”, senza precisare perché?
Ci sono vari spunti di riflessione, di diversa natura, che spesso si intersecano gli uni con gli altri: cercherò di trasformarli in argomenti, per quanto personalissimi, e comunque legati alla mia non professionale conoscenza della materia.
Sia bene inteso, non ho mie soluzioni per i problemi, reali o presunti che questa riforma, secondo i suoi ideatori, risolverebbe. Ma sai pure che non sono un conservatore, amante e “lodator del tempo passato”, in maniera pregiudiziale: il cambiamento mi sembra, invece, insito nella natura e nel mondo e quindi anche negli uomini: la storia umana è una lunga e continua transizione da uno stato all’altro, ma non sempre al meglio; ti basti pensare, ad esempio, agli orrori delle dittature e delle guerre del novecento. E allora, lungi da me ritenere che questa Costituzione, nata dalle ceneri della guerra e dopo le mostruosità del nazifascismo, possa essere millenaria o sia “la più bella del mondo”, come enfaticamente diceva qualche anno fa un noto comico che da ultimo ha voltato la gabbana, o sia la fonte perfetta e immodificabile della giustizia in terra: sarebbe solo ideologia, che, come puoi indovinare, sconfina quasi sempre nell’atto di fede e cioè in una sorta di religione; lasciamo questa a ciò che è rivelato, ma non a quanto viene dall’uomo. Noi dobbiamo cercare, più modestamente, di ragionare e capire se questa ulteriore riforma sia positiva o meno, nell’ottica generale che ogni cambiamento si debba fondare essenzialmente sul miglioramento dell’uomo.
Il primo motivo è talmente palese che bastano poche parole a spiegartelo: questa riforma è un vero e proprio passo indietro della democrazia, perché non consentirà ai cittadini di scegliere con elezioni dirette i membri di una delle camere, e quindi di un organo che, sia pure, in maniera limitata, e con diverse competenze, continuerà a far parte del potere legislativo.
In pratica l’esercizio del potere verrà di nuovo concentrato in pochi, anziché maggiormente diffuso tra i molti.
Chi vuole questo cambiamento è, per paradosso, un conservatore, mentre chi non lo vuole è un progressista.
E non stare a sentire quelli che dicono che comunque i membri del Senato saranno sempre di creazione popolare, in quanto nominati tra i consiglieri regionali e i sindaci, che a loro volta vengono eletti nelle amministrative. Una elezione non può essere bivalente: un candidato scelto come consigliere o come sindaco, perché dovrebbe star bene anche come senatore? Che efficacia può avere un voto del genere? E poi chi sceglierà i designati a prender parte del Senato? Non certo l’elettore in sede amministrativa, ma probabilmente il partito cui questi, gli eletti appartengono, che opterà per quelli più affidabili e legati alla segreteria politica, tempo per tempo dominante. E saranno liberi di poter decidere secondo coscienza, oppure saranno di volta in volta soggetti a interferenze e pressioni da parte dei vertici dei partiti?
E poi, dubito che questi consiglieri-sindaci/senatori saranno in grado di poter svolgere bene tutte e due le mansioni: anche se ‘tanto devono venire a Roma almeno una volta alla settimana’, non sono esonerati comunque dalla istruttoria e dalla preparazione dei lavori della camera di appartenenza; d’altra parte, specialmente se sindaci, non possono lasciare a metà il loro lavoro sul territorio.
Ma quale il motivo reale di tutto ciò? Non è il risparmio, che è ben poca cosa rispetto a quel che va perso; e non è nemmeno la semplificazione normativa, come puoi renderti conto, se provi a leggere la ridda di norme introdotte dal nuovo testo dell’art. 70.
A parer mio la vera posta in gioco è ben altra, se dai un’occhiata anche alle altre modifiche, alcune limitative della democrazia diretta, altre dell’autonomia regionale o, addirittura dei poteri del Presidente della Repubblica (e non trovi strano questo groviglio di riforme, proposte tutte insieme, da risolvere con un unico quesito?)
È invece la governabilità del Paese, vero mito di tutti i politici, che sarebbe ostacolata fin dalla nascita della Repubblica dalla pluralità delle forze politiche presenti nelle Camere, la cui dialettica ostacolerebbe una “stabile politica di governo”. Del resto politici appartenenti a un passato recente, che non puoi ricordare (vedi Craxi e Berlusconi), hanno spesso puntato sul controllo del dibattito parlamentare per l’approvazione di leggi, in materie delicate, quando l’opposizione diventava un serio ostacolo, e, gli stessi membri della maggioranza erano riottosi a seguire la politica del governo e si mettevano pure a votare contro (i c.d. franchi tiratori).
Ma siamo poi sicuri, che, in definitiva, la governabilità corrisponde a efficienza? Di che cosa? Nel fare veloci-veloci delle leggi per una più snella politica di governo? Hai visto, non molto tempo addietro, che quando una legge deve passare, tra fiducia, sedute fiume, tour de force, canguri, ghigliottine, voti palesi, ma anche segreti e in codice e cose simili, passa in un batter d’occhio anche oggi.
Tu pensi veramente che questo sia un vantaggio, dico, il fatto che una legge possa essere discussa in breve tempo, magari da una sola camera? E le varie leggi porcate, che sarebbero tutte passate tranquillamente (e velocemente)? È vero che è il Governo, quale espressione di una maggioranza politica, che dà l’indirizzo politico generale, ma è anche vero che è il Parlamento, nei suoi due rami, quale espressione anche delle minoranze, il vero fulcro del sistema (almeno nella democrazia che fondarono i Costituenti).
Sospetta, da ultimo, l’affermazione proveniente da qualche agenzia di valutazione finanziaria, che stigmatizzava, come dannosa per l’economia, la troppa libertà concessa ai popoli dalle costituzioni antifasciste: che, niente-niente, può far comodo una camera con poteri ridotti che approva, di fatto senza obiezioni, tutto quello che viene imposto dalla Commissione Europea (in nome del: ‘ce lo chiede l’Europa’), dai trattati internazionali (vedi il TTIP), da alleati più o meno invadenti, dalle multinazionali (che spesso sono dietro di questi)?
Tralascio le altre parti della riforma, ignote ai più, la cui attenzione è sempre indirizzata verso il “contenimento dei costi di funzionamento”: si disciplinano, tra l’altro, le materie più diverse, ché la riforma ritocca svariati istituti, che apparentemente, non sono correlati tra loro, come le modifiche relative all’elezione del Presidente della Repubblica e ai suoi poteri, o quelle che riguardano i giudici della Corte Costituzionale, o quelle relative al referendum abrogativo.
Oltre a quanto sopra, in maniera molto semplificata (nell’unico modo che so fare), mi sovvengono, naturalmente, altri argomenti, che hanno carattere più di metodo, al di là della condivisione o meno del contenuto.
In sintesi trovo assurdo il fatto che queste modifiche, vengano proposte, tra l’altro quasi come una condizione assoluta, direttamente da parte di un governo, nominato a seguito di intrighi di palazzo, e sia stata votata dalla maggioranza che lo sostiene, fatta di parlamentari di varia e precaria provenienza, eletti sulla base di una legge successivamente dichiarata incostituzionale e ciò in un momento in cui le priorità del paese sembrano essere altre.
Vorrei che tu ti soffermassi, anzitutto, sul fatto che la riforma sia stata proposta dal Governo: di norma le modifiche alla Costituzione, soprattutto di sì gran peso, devono rispondere ad una esigenza generale, ad un idem sentire della stragrande maggioranza dei cittadini e dalla quasi totalità delle forze politiche che li rappresentano. Dovrebbero essere il frutto di anni di dibattiti, di studi, di lotte e comunque sono un risultato condiviso di istanze nuove e reali, e perciò comuni a tutti.
Ha di norma un’origine parlamentare o addirittura è frutto di un sentimento popolare, diffuso, più o meno formalizzato.
Nel nostro caso la riforma viene calata dall’alto e la sua approvazione posta addirittura come condizione di permanenza del Presidente del Consiglio, cioè del Governo, cioè della maggioranza di governo, cioè, in definitiva delle Camere, sulle quali pende il rischio di elezioni anticipate, questa volta sotto una nuova legge elettorale, che potrebbe riservare delle sorprese: chi sa quanti personaggi, che attualmente occupano gli scranni del Parlamento, dopo aver cambiato più volte casacca, verrebbero riconfermati da un elettorato non più disposto a farsi prendere in giro?
Ma c’è dell’altro: la sintesi e la chiarezza sono una caratteristica della nostra Costituzione del 1948; il cui testo, prima della approvazione finale, è stato sottoposto ad una vera e propria revisione linguistica, al fine di consegnare ai cittadini un dispositivo corretto e chiaro; al contrario, alle poche e chiare parole utilizzate dai Costituenti, si sostituisce una cascata di articoli, di norme, commi, rimandi, di estrema farraginosità e complessità: immaginati la ridda di interpretazioni, che tutti, titolati e no, organi costituzionali e semplici cittadini, daranno a questa bella costruzione normativa, e i conflitti, i ricorsi, i processi, le sentenze, magari contrastanti, che spunteranno a seconda del punto di vista (e gli interessi) di chi legge il testo.
Questa riforma - ripeto - di fondamentale importanza, in quanto dalla sua introduzione, può derivare una nuova forma di stato, è stata votata, in tempi e a denti stretti, dalla sola maggioranza assoluta di Camera e Senato, e per questo viene sottoposta obbligatoriamente a un referendum: un anticorpo che i padri costituenti previdero a loro tempo, intuendo quali pericolose deviazioni avrebbero potuto portare le maggioranze che si sarebbero di volta in volta formate: spetta ora a noi, ancora una volta, il dover impedire che questa deriva possa essere portata a compimento. 



Leggi anche: Referendum, la percezione di un un cittadino qualunque sulle riforme renziane

22 ottobre 2016

REFERENDUM: BASTA UN SI O SERVE UN NO ?



Due eserciti in campo, più sui social che nella realtà, che attaccano senza esclusione di colpi l'avversario di turno, mentre il Paese va a catafascio senza possibilità di riscatto.
Si combatte ferocemente per sostenere le ragioni di un SI o un NO senza, spesso, conoscere la posta in campo.
Un campione che ha impostato la sua azione politica sul conflitto permanente con tutte le categorie che, di volta in volta, hanno ostacolato la sua ascesa al potere, ha deciso di affidare alla sua Riforma Costituzionale e al conseguente Referendum la funzione di Giudizio di Dio sul proprio operato e sulla sua stessa persona. 
Dall'altra parte un composito schieramento che raccoglie tutte le opposizioni sostenute da illustri costituzionalisti che, mentre discettano sul merito della riforma di per sé confusa e non in grado di snellire il procedimento legislativo, sembrano covare il retro-pensiero di usare il Referendum per azzoppare il premier e rimescolare le carte.
In mezzo sta una popolazione  spesso incerta e frastornata, divisa in fazioni come allo stadio, che fa il tifo per l'uno o per l'altro schieramento. Con strascichi di ostilità fra posizioni diverse anche all'interno delle famiglie. 
Fino al 4 Dicembre assisteremo a un'escalation di aggressività polemica, con il premier che prometterà mari e monti per quanti 'basta un sì' e gli altri che sostengono 'l'Italia giusta vota no'.
Comunque finirà, saranno sfracelli e penso che, a parte una minoranza di elettori che esprimerà un voto consapevole sul merito, i più daranno un giudizio pro o contro Renzi, le sue riforme e il suo modo di governare. 

A scanso di equivoci, io voterò NO perché la riforma mi sembra confusa, pasticciata e non in grado di ottenere i risultati annunciati dai proponenti.
Ma non nascondo che nutro la speranza che il NO serva anche a riportare con i piedi per terra questo Esecutivo tanto autoreferenziale in modo che, finalmente, esca dalla propaganda demagogica e cominci ad affrontare i reali problemi del Paese. 

07 marzo 2016

Uno sguardo retrospettivo alle Terme di Sciacca

Quando penso agli esiti fallimentari del nostro Statuto per l'Autonomia, al disastro amministrativo del Governo della nostra regione, mi viene alla mente quel detto denso di tanta autoironia secondo cui proprio i siciliani sono arrivati a dire che "Dio creò la Sicilia in sei giorni, donandole tutte le cose più belle, il cielo più azzurro, i paesaggi più meravigliosi, i frutti più gustosi, gli alberi più profumati, i pesci più saporiti, i fiori più splendidi, la montagna più straordinaria, ma il settimo giorno, seccato per aver dato vita ad un nuovo Eden, creò noi, i Siciliani". 


 (A' megghiu parola è chidda ca non si dici)


La vicenda delle Terme di Sciacca è emblematica dello stato dell'arte in questo territorio destinato all'autoconsunzione. 

Per farsene un'idea non voglio usare altre parole e consiglio, perciò, al paziente lettore di aprire uno alla volta i seguenti link e leggerli. Si convincerà che non è facile ma - con tanta tenacia e pazienza - si può riuscire a portare alla bancarotta un territorio prosciugandone le risorse e annichilendone le aspirazioni.  

LE TERME DI SCIACCA

Terme di Sciacca S.p.a

Chiusura per le Terme di Sciacca  Nei privati l'ultima speranza

La Sicilia che cola a picco: chiudono le Terme di Sciacca

Il lusso (sprecato) del centro termale di Sciacca dove tutti possono entrare (tranne i turisti)

Buttanissima Sciacca

01 marzo 2016

SICILIA: territorio a perdere, popolato da ultrasessantenni, vecchi pensionati e badanti.


Principali indici demografici calcolati sulla popolazione residente in Sicilia (Dati ISTAT)
Anno     0-14 anni             15-64 anni           65+ anni               Tot. residenti    Età media
2002      848.993                3.275.431            841.245                4.965.669            39,1
2003      839.912                3.275.087            857.125                4.972.124            39,4
2004      832.533                3.298.410            872.319                5.003.262            39,6
2005      822.385                3.303.943            886.753                5.013.081            39,8
2006      811.484                3.303.844            901.884                5.017.212            40,1
2007      798.930                3.307.350            910.581                5.016.861            40,4
2008      786.933                3.325.126            917.624                5.029.683            40,6
2009      778.143                3.337.173            922.483                5.037.799            40,8
2010      772.193                3.342.440            928.359                5.042.992            41,0
2011      765.932                3.348.932            936.211                5.051.075            41,3
2012      744.793                3.309.268            945.793                4.999.854            41,7
2013      738.117                3.295.065            966.750                4.999.932            41,9
2014      744.022                3.352.167            998.748                5.094.937            42,1
2015      736.079                3.343.050          1.012.951               5.092.080            42,4

La suesposta tabella rende appena l'idea del progressivo invecchiamento della nostra popolazione e della fuga dei giovani (formati, laureati e non) verso il Nord e verso i più ricchi Paesi della CEE.
Solo oggi ho incontrato l'ennesimo giovane, medico mio conoscente, che, pur lavorando in provincia, ha deciso di trasferirsi nell'area di Bologna per seguire la moglie che, avendo ottenuto il ruolo come insegnante, non spera in un facile e veloce trasferimento in Sicilia. E poi considera la possibilità di dare un futuro ai figli in una zona più ricca di stimoli e opportunità. 

Questo, invece, il post appassionato che la cara amica Francesca dedica a suo padre in FB ricordando che la sorella e la madre sono costrette a vivere lontane dalla Sicilia per lavoro:
Caro amore mio P. C. oggi dopo pranzo ti guardavo... eri stanchissimo e ti sei addormentato due secondi sul divano... ho letto dentro di te... le tue stanchezze, i tuoi sacrifici... Sei riuscito a non farci mai mancare nulla, in particolare a me!!!!!! Io ti amo papà e senza di te non potrei mai vivere. Sei la luce dei miei occhi. Io e te a casa da soli stiamo bene, anche se mamma A. D. e F. C. sono in altre città (non per volontà loro, ma per lavoro)... Noi insieme siamo una coppia stupenda e io ti curerò e proteggerò sempre!!!!! Lo voglio scrivere pubblicamente affinché tutti sappiano quanto Ti Amo!!!!!!


L'allungamento della vita media, la riduzione delle nascite, l'aumento del numero dei pensionati e il ridotto turn-over stanno facendo del Sud e della Sicilia, in particolare, un territorio popolato da ultrasessantenni e badanti. La cattiva gestione della crisi, poi, in ambito nazionale e regionale non ha consentito e non consente l'utilizzo delle risorse disponibili a vantaggio delle nuove generazioni che si vedono costrette a cercare lavoro altrove.


Senza dire dell'abbandono e del degrado in cui sono ridotti i nostri centri urbani i cui governi riescono a malapena a gestire l'ordinaria amministrazione. In una città come Sciacca, ricca di arte e di un paesaggio incomparabile, dotata di strutture turistiche ed alberghiere notevoli, si è permesso di far fallire la risorsa più importante che l'ha caratterizzata sin dall'epoca della Magna Grecia, le sue Terme. (Terme Selinuntine
Ma su quest'ultimo argomento mi riprometto di tornare con i necessari e documentati approfondimenti. Per il momento mi permetto di affermare che un territorio in cui aumenta la popolazione non più attiva, in cui non si riesce a trovare spazio adeguato alle risorse umane costrette ad un flusso migratorio crescente, è un territorio a perdere, destinato a morire. 




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