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Amo riflettere e ragionare su quanto vedo e sento.

Benvenuto nel mio blog

Dedicato a quei pochi che non hanno perso, nella babele generale, la capacità e la voglia di riflettere e ragionare.
Consiglio, pertanto, di stare alla larga a quanti hanno la testa imbottita di frasi fatte e di pensieri preconfezionati; costoro cerchino altri lidi, altre fonti cui abbeverarsi.

Se vuoi scrivermi, usa il seguente indirizzo: mieidee@gmail.com

30 giugno 2010

Il mio congedo estivo

Cari amici, viviamo una fase veramente preoccupante: il nostro Paese è davanti ad un bivio, - lo diceva questa mattina anche Pannella a Il Caffè di Corradino Mineo - o usa tutte le energie di cui dispone per reagire all'arroganza inaudita di questo regime monocratico e populista oppure sarà costretto per gli anni a venire in una condizione di minorità politica, sociale ed economica, molto simile a quella di alcuni Paesi sudamericani. E' chiaro ed evidente a tutti che il futuro  è ancora nelle nostre mani e dipende molto dalle scelte e dall'impegno che ciascuno di noi, nel proprio piccolo spazio operativo, saprà attivare.
 
 
 
 
La grande manifestazione di domani a Roma e quelle in altre città d'Italia rappresentano un importante banco di prova per misurare l'accresciuta sensibilità dei cittadini di questo Paese che non sono disposti a cedere le libertà e i diritti civili ad un fantomatico leader di un altrettanto fantomatico popolo della libertà.

Approfitto di questa nota per ricordare agli amici che mi seguono su questo blog e sulla mia pagina fb che nei prossimi mesi estivi sarà sensibilmente ridotta la frequenza nell'aggiornamento delle mie pagine ma l'impegno resterà pieno e vigile. Quelli di luglio e agosto sono, infatti, i mesi in cui, calando l'attenzione dell'opinione pubblica, sono state ideate e compiute le porcate più ignobili e votati i provvedimenti più indegni.
Consiglio pertanto a tutti voi vigilanza estrema, di spegnere per qualche tempo la TV per vedere l'effetto che fa, di leggere diversi giornali per formarsi un'opinione non confezionata su ciò che accade intorno a noi, di leggere qualche buon libro che può aiutare anche a vedere le cose da punti di vista diversi, di vedere qualche buon film, di frequentare, ove possibile, teatri, musei, siti archeologici per acquistare quella capacità di straniamento che può aiutare a mettere meglio a fuoco la realtà, di incontrare gli amici e i conoscenti che per motivi di lavoro sono stati lontani, per verificare se e come sono cambiati, di trovare il tempo e il modo di rilassarvi e divertirvi sebbene le condizioni generali non sembrano le più idoneee.

Voglio anche offrire un breve resoconto sull'attività di questo blog e della pagina fb nei primi sei mesi dell'anno in corso. Le mie idee, le nostre idee cresce in maniera esponenziale. Dal gennaio 2010 ad oggi (ultimi 6 mesi) ha registrato 17786 visite portando a 31.242 le visite totali dal 02/12/2008, data in cui ho iniziato a registrarle, e a un totale di 49.036 le pagine viste. Mentre la mia pagina fb Le mie idee  che in data 16 maggio 2010 era seguita da 98 fan, oggi ne conta 190.

Ringrazio tutti gli amici di FB e del mio blog e auguro a tutti loro un sereno e proficuo periodo di ferie.

29 giugno 2010

Eroici i giornalisti del Giornale e di Libero!


Sono davvero eroici i giornalisti del Giornale e di Libero! Il loro compito è difficile e ingrato: si tratta di manipolare ogni giorno le notizie perchè il nero diventi grigio chiaro, il verde assuma una tonalità bluastra e la "merda" profumi di lavanda. E poi devono sentirsi dire dal premier "Bisognerebbe fare uno sciopero degli italiani per insegnare ai giornali a non prendere in giro i loro lettori". Poveretti, meriterebbero riconoscimenti speciali e stipendi fuori busta e, invece ...
Quelli di Libero e del Giornale sono costretti ogni giorno ad una fatica immane. Devono selezionare, fior da fiore, qualcosa che risulti positivo per il governo e per la maggioranza, devono amplificarlo, arricchirlo e dargli risalto; devono, allo stesso modo, ricercare ciò che può essere letto come un errore o passo falso dell'opposizione o dei nemici di turno e su quell'elemento costruire una campagna di denuncia e ingiurie che può protrarsi per diversi giorni. Fin qui passi, è il loro mestiere! Come cani ammaestrati svolgono la missione alla quale sono stati formati. Più difficoltoso, invece, il compito ingrato loro attribuito, di modificare i tratti della realtà facendo apparire nero ciò che per diffusa convinzione è rosso scarlatto, e verde con tonalità bluastra ciò che agli occhi di tutti è giallo oro, fino a dare alla merda un colore improbabile. 


E il premier che fa? Ingrato di tanto impegno profuso a piene mani dai giornalisti (?) che tiene a libro paga, invece di invitare a leggere più giornali e confrontare le notizie e le opinioni perchè ciascun lettore possa farsi un'idea propria di come stanno le cose, dichiara nervoso "Bisognerebbe fare uno sciopero degli italiani per insegnare ai giornali a non prendere in giro i loro lettori".

  • E se i lettori di Libero e del Giornale lo prendessero sul serio? 
  • E se gli Italiani andassero oltre decidendo di spegnere, per esempio, la TV finchè il padrone di Mediaset governa anche la RAI? 
  • E se il 1° LUGLIO diventasse il giorno della grande rivolta nazionale contro chi vuole fare carta straccia della Costituzione, vuole mettere il bavaglio all'informazione, vuole togliere ai giudici gli strumenti di lavoro?

E se gli Italiani riacquistassero finalmente l'orgoglio civile di cittadini di un Paese libero e mandassero a quel paese lui e la sua cricca? 
E se domani - e sottolineo se? ...


P.S.: al Feltri furioso dico: come ha fatto a non capire che il padrone non si riferiva a lui, al suo Giornale  o agli altri giornali amici? Il premier si riferiva alla stampa di sinistra e a quei giornalisti rossi, maleodoranti che lo attaccano senza posa! Si rincuorino Feltri e gli altri, ché prossimamente arriverà una nota di precisazione per rendere chiaro anche a loro il pensiero del dominus che allo stesso appariva già abbastanza comprensibile.

27 giugno 2010

NON CE L'HO CON ALDO BRANCHER ...

Io non ce l'ho con Aldo Brancher (poco furbo l'ha definito Bossi, Aldo Longobardo, Eugenio Scalfari nell'editoriale di oggi) che all'indomani del giuramento nelle mani del capo dello Stato ha invocato immantinente il legittimo impedimento per non presentarsi dai giudici che lo processano per appropriazione indebita, accampando la scusa di dover organizzare il suo nuovo ministero; ce l'ho invece con chi gli ha detto: ghe pensi mi, Aldo. Adesso comando io, lo sai no? Ti costruisco un ministero ad hoc, così potrai evitare il processo utilizzando la legge che ho voluto per me ma vale anche per gli altri membri del governo.
Il poveretto ha preso alla lettera il discorso e toh, ha creduto bene di fare quella dichiarazione provocando la dura reazione di Napolitano, il risentimento dei leghisti, la presa di distanza di parte del PDL, l'attacco durissimo dell'opposizione, lo sconcerto dell'opinione pubblica e della stampa, il silenzio assoluto dello sponsor per il quale - in missione al G8 tra i grandi della terra - si è trattato di una piccola cosa, di una bagatella tutta italiana.



Così è fatto l'uomo cui la maggioranza degli italiani ha affidato le sorti del Paese: si muove come un elefante in una cristalleria e tratta uomini e cose come merce a sua mercé!

25 giugno 2010

USTICA: DOPO 30 ANNI ANCORA MISTERO

"La verità su Ustica è sotto gli occhi di tutti solo che nessuno la svela perché manca la prova finale. Gli indizi ci sono e sono tanti ma manca la prova decisiva". A dirmi queste parole, tempo fa, è stato uno dei periti (di cui, per correttezza, non faccio il nome) che durante gli anni del processo studiò il caso Ustica. A ben guardare, infatti, una qualche verità emerge dalle carte (oltre cinquemila pagine) del processo aperto all’indomani della strage. Non la prova – dicevamo – ma una mezza verità. Iniziamo dai tabulati radar e dai colloqui tra operatori radar di Ciampino e piloti del DC9, con targa IH-870.  
Leggi anche:
30 anni fa a Ustica
USTICA: UNA STRAGE NEL CIELO
La strage di Ustica - Il dossier di Nove da Firenze
Ustica 27 giugno 1980
Strage di Ustica: le mezze verità che strangolano i fatti

Canto per Ustica da "Ultimo volo. Orazione civile per Ustica" di Pippo Pollina



Pippo Pollina - Ultimo Volo - trailer


Quando è stato proposto il progetto di uno spettacolo teatrale su quell'argomento a Pollina, da un lato si è documentato su tutto ciò che era stato scritto e realizzato fino ad allora sulla questione, dall'altro si è chiesto cosa avrebbe potuto fare di originale. Impegno non da poco, che evidenzia anche la serietà e l'onestà intellettuale dell'autore.
Cosa si può trovare di nuovo relativamente ad un argomento su cui tanto si è detto e scritto da infiniti punti di vista? Bene, la risposta è contenuta nel cd: un'alternanza di letture affidate a una voce recitante (in questo caso quella di Manlio Sgalambro) e di pezzi cantati da Pollina, racchiusi da due brani strumentali che fungono da esordio e congedo. Ma non finisce qui: l'aspetto più geniale consiste nella scelta di presentare i fatti da un punto di vista diverso, insolito: quello dell'aereo.
È appunto lui che narra, in prima persona, la sua esperienza, la sua "vita" e la sua morte, il suo librarsi nell'aria e il suo essere sprofondato nel mare, la sua provvisoria collocazione dignitosa nell'hangar di Pratica di Mare, per la sua ricostruzione e per gli studi e le indagini, e infine il suo ricovero definitivo nel Museo per la Memoria a Bologna.
Pollina è l'autore di tutti i testi, recitati e cantati, oltre che delle musiche. Nella canzoni si accompagna con il pianoforte e la chitarra e viene affiancato dal Palermo Acoustic Quartet e dagli archi della Filarmonica Toscanini diretti da Dimitri Jurowski. Si tratta di pagine di vera poesia, insolite, toccanti, mai forzate, affidate alle parole recitate, a quelle cantate e agli strumenti.
La speranza è che lo spettacolo venga replicato e presentato a tanti altri spettatori. Scuole comprese, possibilmente. È infatti un modo di presentare la storia che può lasciare tracce profonde anche nei cittadini e negli studenti meno attenti e motivati.

23 giugno 2010

FIRMA L'APPELLO DI LeG

per una legge di iniziativa popolare composta di soli due articoli: il primo che dichiara abrogata l’attuale legge elettorale, il secondo che stabilisce il ritorno alla legge precedentemente in vigore.
La presidenza di Libertà e Giustizia lancia un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento affinché si impegnino a restituire al cittadino il potere previsto dalla Costituzione di eleggere propri rappresentanti alla Camera e al Senato. E’ infatti unanimemente riconosciuto che con l’attuale legge elettorale detta “porcellum” questo potere è stato totalmente sottratto all’elettore e depositato nelle mani di pochi capi partito.
L’attuale Parlamento è dunque composto da parlamentari “nominati” e non eletti: è questo il più grave vulnus alla Repubblica parlamentare disegnata nella nostra Carta costituzionale.
LeG chiede che se non fosse possibile trovare un accordo in tempi rapidi su una legge elettorale realmente rispettosa delle scelte del popolo, i partiti si impegnassero almeno a ripristinare la legge elettorale in vigore fino al 2005, nota come “Mattarellum”, basato su un sistema misto, maggioritario e proporzionale.
Una democrazia non può vivere in un regime in cui deputati e senatori “nominati” sono sostanzialmente sotto perenne “ricatto” dei pochi capi partito cui è attribuito il potere di nomina. Il presidente onorario di LeG, Gustavo Zagrebelsky e tutto l’ufficio di presidenza dell’associazione si impegnano a promuovere al più presto una raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare composta di soli due articoli: il primo che dichiara abrogata l’attuale legge elettorale, il secondo che stabilisce il ritorno alla legge precedentemente in vigore.
Nel frattempo vi chiediamo di firmare quest’appello.

Vedi anche il mio post: LEGGE ELETTORALE PORCATA? CAMBIAMOLA!

22 giugno 2010

ROVESCI DI STAGIONE

Oggi 22 giugno, 2° giorno d'estate, sembra autunno inoltrato: tempeste di vento, pioggia e neve sferzano l'Italia dal Nord al Sud, senza tregua. Il cardinale Sepe si rivolge ai suoi fedeli dichiarandosi innocente rispetto alle accuse che gli vengono mosse dalla Procura di Perugia che indaga sugli affari della cricca, ma farebbe meglio a recarsi dai giudici a raccontare la sua verità e, meglio ancora, se rinunciasse alle garanzie che gli fornisce il Concordato; come farebbe bene l'ex ministro Lunardi a rinunciare al tribunale dei ministri rivolgendosi alla magistratura ordinaria. 
Fini ha dichiarato che la Padania non esiste se non nella mente turbata dei leghisti, e ha sollevato un vespaio tra i Calderoli di turno che lo accusano di fare filosofia. Oggi è anche il giorno d'inizio degli esami di maturità con gli studenti più alle prese con i siti che anticipano il contenuto delle tracce delle prove scritte che con una seria revisione del programma svolto. 
Ma la data coincide anche con il referendum degli operai FIAT di Pomigliano che vanno a votare con l'alternativa: o rinunciare al posto di lavoro o accettare le condizioni-capestro imposte dall'azienda che stravolgono il contratto, lo statuto dei lavoratori e la stessa carta costituzionale. Lippi, dopo due prove deludenti, ha dichiarato che il nostro mondiale comincia solo ora. Il capo dello Stato ha, invece, invitato il parlamento a dare priorità assoluta alla manovra finanziaria per evitare che altre questioni assai controverse, come la legge sulle intercettazioni, possano rendere il clima incandescente; questa uscita del presidente ha sorpreso negativamente il premier.
Ma presto, vedrete, tornerà il sereno: il caldo estivo, prima o dopo,  avrà il sopravvento sul maltempo; il cardinale Sepe si deciderà a presentarsi ai giudici dichiarando tutta la sua innocenza; i leghisti (quelli che potranno) prenderanno la via del mare e per qualche settimana si concilieranno con il Sud; i maturandi scriveranno le loro quattro frottole per riempire i fogli bianchi e rimarranno in attesa che la ministra comunichi i dati che abbasseranno la percentuale dei maturati come segno che la scuola è diventata più seria; gli operai di Pomigliano manterranno il posto di lavoro mettendo una croce sui diritti acquisiti in decenni di lotte, con soddisfazione del ministro (socialista?) Sacconi; il presidente andrà a riposare a Castelporziano per ritemprarsi; la manovra, sfigurata nei suoi contenuti portanti, passerà ma senza mettere le mani nelle tasche degli italiani, solo i piedi; i campioni del mondo torneranno dal Sudafrica con le pive nel sacco ma potranno anch'essi raggiungere le spiagge dorate. 

Noi, invece, stringeremo la cinghia fino allo spasimo. GRAZIE ITALIA!

19 giugno 2010

Per ricordare Josè Saramago e non trascurare Roberto Saviano

“I poveri esistono e non sono santi, né aspirano ad esserlo.”
di Antonella Lattanzi
SaramlibroTitolo originale: O Evangelho segundo Jesus Cristo
Titolo italiano: Il Vangelo secondo Gesù Cristo
Autore: José Saramago
Anno: 1991
Pubblicazione usata per questo studio: 2002
Editore: Einaudi
Collana: ET Scrittori
Pagine: 410
Reparto: Narrativa straniera
Traduttore: Rita Desti
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              Se mi permettete un […] eccesso di presunzione, mi piace pensare che, se oggi Kafka fosse vivo e potesse scrivere, forse scriverebbe Cecità.1
Uno dei libri più belli che ho mai letto in tutta la vita è quello di cui parlerò ora. E di cui parlerò poco, perché non voglio tradire l’improvvisa sincerità di un libro che mi sconvolge la vita.
Sono nata in una famiglia cristiana, anzi cattolica, non sono credente né miscredente, e anche per questo motivo mi ritrovo perfettamente nelle parole di Saramago:
La religione e la trascendenza sono temi con i quali hanno a che fare tutte le persone, non sono riservati solo ad alcuni, e dunque io come scrittore, occupandomi della vita delle persone, mi occupo a mia volta di questi temi che hanno a che fare con la dimensione del trascendente. D’altra per quanto i miei rapporti con la religione siano, come dire, di osservatore non credente, non posso negare di avere una mentalità cristiana, non certo animista, né islamista, né buddista, né quella di nessun’altra religione.
Mentalmente io sono un cristiano, la mia è una mentalità cristiana, e dunque a questo titolo credo di potermi e dovermi occupare, come scrittore, di temi che apparentemente non dovrebbero riguardarmi ma che, dal punto di vista in cui di volta in volta mi pongo, sono tanto miei quanto di Giovanni Paolo II.2
Sono andata a scuola dalle suore per otto anni, mia madre mi ha costretto alla messa domenicale per metà della mia vita, vivo, come tutti, in un’Italia atea che spesso finge di credere in dio. L’iniziale di dio mi crea sempre problemi, non so mai se scriverla con la maiuscola o con la minuscola, e quando mia madre mi legge – Dio in maiuscolo e il dio in minuscolo – dice con aria spaventata, come se stessi sbagliando un congiuntivo. Lei non ha dubbi.
Ho avuto in odio certi comportamenti della Chiesa da sempre, ma più che comportamenti della Chiesa erano atteggiamenti del popolo falso, perbenista, cattivo, che in certe occasioni ferisce l’uomo stravolgendo le parole del dio. Ce l’avevo anche con il prete del mio quartiere, Don Franco, che lanciava messaggi di pace a noi ragazzi, da bambini, e poi lasciava che nella sua chiesa si mettesse in piedi il maggiore commercio di droga e di malavita di tutta la zona.
Diffidavo di dio e di Gesù. Quando li avevo pregati, non era successo nulla, anzi, certe volte io ho pregato la vita e dio ha risposto con la morte.
SaramunoPoi è venuto Saramago, che mi ha preso dal collo e al cuore con il suo Gesù tutto umano, con un libro che è una dichiarazione di passione, anzi di com-passione, per tutti gli uomini, la stessa che unisce religiosi e non nella celebrazione dei riti funerari. È vero, è solidarietà umana, quella che ci stringe attorno ai corpi addormentati dei nostri cari.
Poi è venuto Saramago, con l’amore di Gesù per Maria di Magdala, ed era un amore vero, ed era una perdita vera. Un amore detto con parole d’amore. Un amore che mi ha accesso lacrime e brividi dentro la bocca.
Nella mia morte saranno tutte le morti di Lazzaro, sarà sempre lui a morire e non potrà essere resuscitato, implorò Maria, Anche se non puoi entrare, non allontanarti da me, tendimi sempre la mano anche quando non ti è possibile vedermi, se tu non lo facessi, mi dimenticherei della vita, o sarebbe la vita a dimenticare me. […] Guarderò la tua ombra se non vuoi che guardi te, gli disse, e lui rispose, Voglio essere ovunque sia la mia ombra, se là saranno i tuoi occhi.
Sono queste, allora, le parole che il figlio, l’agnello di dio, riserva alla donna che ama, ho pensato. E ama, Cristo, come un uomo normale, di un amore divino.
Si è detto tanto dello stile di Saramago, scrittore cittadino del mondo nato nel 1922 ad Azinhaga nel 1922, ora stabilitosi nelle Canarie (anche per questioni di censura), moglie di una spagnola, e quindi spagnolo d’adozione, romanziere, poeta, giornalista e drammaturgo portoghese, insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1998. Ho letto da qualche parte che la sua narrativa potrebbe apparire costellata di errori grammaticali. Non sono d’accordo. Non può nemmeno apparire così. Nel Vangelo, come in Cecità (che “insieme a Tutti i nomi e a La caverna […], costituisce una trilogia sul tempo di oggi, uno sguardo sulle trasformazioni dell’uomo nel presente, e il mio ultimo saluto, come scrittore, al ventesimo secolo”3), come in Morte di Riccardo Reis e altrove, lo scrivere di Josè Saramago è un flusso d’amore, che dal cervello nasce, nel cuore si forma, nella gola scoppia, e in pianto è sulla sua carta.
SaramdueHo amato persino l’odore, la composizione del libro di Einaudi con la storia di Saramago. Mi è vibrata l’anima nel toccarne il liscio svolgersi, di pagina in pagina, sino alla fine, che ho tentato di procrastinare il più a lungo possibile, perché non potevo credere che questa enorme esperienza finisse. Sono tornata bambina quando, finito di leggere Pollyanna, ho pianto per tutta la notte, perché non volevo distaccarmi da questa mia grandissima amica.
Mi sono preparata al lirismo dei momenti in cui dio e suo figlio parlano, ma poi ho scoperto che quelli sono i momenti più comici di tutto il romanzo. E ho capito, che la divinità sta nell’uomo. E ho capito, che quando dio e Cristo discorrono, è solo dio, in realtà, che parla, e non è un poesia. Ma una dichiarazione di morte. Poiché “I poveri esistono e non sono santi, né aspirano ad esserlo.”4
Dio, che per gioco vorrebbe essere un uomo, e vuole fare l’amore con Maria, la madre di Cristo, in una tinta diversa del cielo, all’alba, nel corpo turbato di un falegname che morirà crocifisso come suo figlio, e peccherà di omicidio ed egoismo ma, in fondo, solo d’amore.
Giuseppe guardò in cielo e, in cuor suo, si stupì. Il sole tarda a spuntare, non c’è, in tutto lo spazio celeste, il più pallido indizio dei toni rossi dell’albeggiare, neppure una tenue pennellata di rosa o di ciliegia non matura, niente, lungo l’intero orizzonte, a quanto i muretti del cortile gli lasciano vedere, per la totale estensione di un soffitto immenso di nuvole basse, simili a piccoli gomitoli schiacciati, tutti uguali, nient’altro che un unico colore violetto che già comincia a farsi vibrante e luminoso là dove irromperà il sole e progressivamente va scurendosi, sempre di più, fino a confondersi con ciò che, di là, è ancora notte. In vita sua, Giuseppe non aveva mai visto un sole come questo […] e [..] immaginò che il mondo stesse per finire […]. Pian piano, quasi impercettibilmente, il violetto cominciava a tingersi e ad acquistare, all’interno del soffitto di nuvole, un colore rosa pallido, che poi si arrossava, fino a scomparire, era lì e un attimo dopo non c’era più, e d’improvviso lo spazio esplose in un vento luminoso, moltiplicandosi in lance d’oro che centravano e trapassavano le nuvole che, non si sa bene né dove né quando, erano aumentate, divenute enormi, imbarcazioni gigantesche che issavano vele incandescenti e solcavano un cielo finalmente libero. A Giuseppe si aprì l’anima […]. Un alito di vento appena nato colpì allora Giuseppe in viso, gli agitò i peli della barba, gli scosse la tunica, e poi lo circondò come un mulinello nel deserto […].
SaramtreQuesto è il dio che in una mattina che tarda a nascere, per motivi di spazio qui ridotta del suo splendore divino, questo è il dio che albeggia tutto a un tratto in un alito di vento che prende Giuseppe nel corpo, e lo guida dolcemente a scostare la coperta e a fare l’amore con Maria. Un desiderio fisico ispirato da un cielo inumanamente, insopportabilmente, bello. Ma, anche nel momento più alto della concezione del suo unico figlio, dio non sta facendo altro che soddisfare un suo proprio bisogno. Il corpo di Giuseppe è un tramite, fra lui e la donna. Il corpo della donna è una custodia, un forno in cui il figlio si cuoce. Il corpo del figlio è un catafalco, un sarcofago in cui geme e si agita l’egoismo colonizzatore di dio.
Nel corso della mia storia con Saramago, ho preso appunti e letto, studiato e imparato, ma, all’interno del mio Vangelo, non ho trovato nulla.
Nulla, dell’atteggiamento rinunciatario di Cristo, che accetta la morte come una “cosa normale”.
“Sia fatta allora in me la tua volontà” – dice Gesù a dio, ma solo perché non ho scelta. Perché tu sei dio, e io non sono altro che l’uomo nel quale hai scelto di incarnare tuo figlio. Un involucro vuoto, ma che non si darà a te senza tentare di combatterti. “Sia fatta allora in me la tua volontà”, ma “A una condizione”.
Sai bene che non puoi porre condizioni, rispose Dio con espressione contrariata, Non chiamiamola condizione, chiamiamola richiesta, la semplice richiesta di un condannato a morte, Parla, Tu sei Dio, e Dio non può che rispondere con la verità a qualunque domanda gli venga rivolta, e quindi, essendo Dio, conosci tutto il tempo passato, la vita attuale, che si trova nel mezzo, e tutto il tempo futuro, Infatti, io sono il tempo, la verità e la vita, Allora, in nome di tutto ciò che affermi di essere, dimmi come sarà il futuro dopo la mia morte, che cosa ci sarà che non sarebbe esistito se io non avessi accettato di sacrificarmi alla tua insoddisfazione, a quel tuo desiderio di regnare su altre genti e altri paesi. Dio ebbe un moto di fastidio […] e tentò, senza grande convinzione, una risposta evasiva […]
Non ho trovato nulla.
SaramquattronobelNulla, del “dio, perdonali perché non sanno quello che fanno” del Vangelo canonico. Al contrario, in punto di morte, Gesù chiede all’uomo, a tutti gli uomini, di perdonare dio, perché non sa quello che fa. E un diavolo chiamato Pastore offre al creatore di tutte le cose la possibilità di porre fine, per sempre, al male. E un dio chiamato dittatore e tiranno si nega, e nega a noi tutti, questa paradisiaca, parossistica, meravigliosa, unica, possibilità, anche perché il bene, senza il male, non può esistere, ma soprattutto perché dio vuole il potere, e lo vuole innalzare sul sangue, e lo vuole costruire sulle urla degli uomini martirizzati.
Infatti il diavolo chiamato Pastore, che aveva accolto Gesù con sé per lunghissimi anni, e meravigliosi, disse a dio:
[…] la mia proposta è questa, accoglimi di nuovo nel tuo cielo, perdonami i mali passati per quelli che in futuro non dovrò commettere, accetta e serba la mia obbedienza, come nei tempi felici in cui ero uno dei tuoi angeli prediletti, […] E mi vuoi spiegare perché dovrei accoglierti e perdonarti, Perché se lo farai, se mi concederai adesso quel perdono che in futuro prometterai tanto facilmente a destra e a manca, allora il male finirà qui, oggi, non ci sarà bisogno che tuo figlio muoia, […] dovunque impererà il bene e io canterò, nell’ultima e umile fila degli angeli che ti sono rimasti fedeli, a quel punto fedele più di ogni altro perché pentito, io canterò le tue lodi, tutto si concluderà come se non ci fosse stato, tutto comincerà a essere come se fosse sempre stato così, Hai davvero un gran talento per irretire le anima e perderle, […] Non mi accetti, non mi perdoni, Non ti accetto, non ti perdono, ti voglio come sei e, se possibile, anche peggiore di adesso […]. Che non si dica che un giorno il Diavolo non ha tentato Dio […] Non guardò Dio, ma disse,  come rivolgendosi a un pubblico invisibile, Ci vediamo, l’ha voluto lui.
È questa la vera tentazione del diavolo, una tentazione buona, quindi!
Per questo demonio, non provo nessuna avversione.
In questo cristo, io sono credente, nel cristo dell’uomo, io sono persino cristiana.
SaramcinqueA mio avviso, non si può definire blasfemo Il Vangelo di Saramago, come invece ha fatto la Chiesa portoghese, che per un arco di tempo molto lungo ha esercitato una sorta di censura sul Premio Nobel, che spettava allo scrittore viaggiatore, ma che non gli venne assegnato sino al 1998. Non si può definire blasfemo Il Vangelo Secondo Gesù Cristo, perché l’unica volta nella mia vita in cui ho creduto veramente in dio e in cristo è stato leggendo questo splendido romanzo. Un romanzo che davvero mi ha cambiato la vita, che mi ha aperto gli occhi, che ha innalzato la visuale dei miei orizzonti, come mai, forse, nessuno prima.
A metà tra lo storico e il letterario (“C’è un modo di scrivere che sta al di là della contingenza”5), Vangelo “apocrifo” e testimonianza stessa della civiltà portoghese, ma soprattutto di quella del tempo di Cristo, il romanzo di Saramago – nipote di nonni illetterati, che secondo lo scrittore sono gli uomini più saggi che abbia mai conosciuto – racconta la storia dell’uomo, e dell’Uomo, un crocifisso come tanti che vagava per le strade della Galilea adoperandosi solo per essere felice, per donare felicità agli uomini, e che non voleva accettare il fardello impostogli da dio. Un dio che lo gabba e lo illude di poter esercitare il libero arbitrio in prima persona – ma non per l’uomo è la scelta, la scelta è solo del dio – e che infine, come un cattivo da favola, squarcia le nubi sopra le tre croci non per gridare all’uomo questo è mio figlio, ma solo per ridere in faccia a Gesù, brutalmente manipolato.
Gersù muore, muore, e quando la vita comincia ad abbandonarlo, all’improvviso, il cielo sopra il suo capo si spalanca e appare Dio, vestito come sulla barca, e la sua voce risuona per tutta la terra, Ti sei il mio diletto figlio, in te ho riposto la mia gratificazione. Allora Gesù capì di essere stato portato all’inganno come si conduce l’agnello al sacrificio, che la sua vita era destinata a questa morte, fin dal principio e, ripensando al fiume di sangue e di sofferenza che sarebbe nato spargendosi per tutta la terra, esclamò rivolto al cielo, dove Dio sorrideva, Uomini, perdonatelo, perché non sa quello che ha fatto.
Un uomo che cammina felice e spensierato, vivo e pulsante, sinchè non incontra dio. E gli tocca la morte. E gli tocca l’egoismo di dio. E gli tocca la volontà del padre di tutte le cose.
Non puoi andare contro la volontà di Dio, No, ma è mio dovere tentare […].
E allora Gesù, tentando, perde per sempre.
SaramseiUn Cristo conscio del male che la sua morte porterà tra gli uomini, un cristo che chiede perdono ai suoi fratelli, un cristo che eredita i dolori e le colpe del proprio padre terreno, insieme ai sandali e alla scodella nera del diavolo, un cristo che nasce pieno di umori, senza nessun bue o asinello a scaldarlo, e nemmeno una stella cometa, e nemmeno un magio. Un Cristo ingannato, che moltiplica i pani e i pesci, ma che cerca disperatamente un modo per sfuggire al piano diabolico di Dio. Un Gesù che bacia Giuda, ma solo per ringraziarlo di quello che ha fatto per lui.
Un cristo segnato da una condanna perenne – Tu sei mio figlio –, una condanna senza appello che l’uomo conosce in mezzo a un mare in tempesta, “come se fosse andato nel deserto alla ricerca di Dio”, per quaranta giorni e quaranta notti, assistendo impotente ai diabolici piani di dio.
SaramottoL’unico Dio sono io, io sono signore e tu sei mio figlio, Moriranno a migliaia, A centinaia di migliaia, Moriranno centinaia di migliaia di uomini e donne, la terra si riempirà di urla di dolore, di grida e di rantoli di agonia, il fumo degli arsi vivi offuscherà il sole, il loro grasso sfrigolerà sulle braci, il puzzo sarà un tormento, e tutto avverrà per colpa mia, Non per colpa, ma per causa tua, Padre, allontana da me questo calice, Che tu lo beva è la condizione per il mio potere e la tua gloria, Non desidero questa gloria, Ma io voglio questo potere.
Perché dio sacrifica il figlio non per salvare l’uomo, ma per ampliare all’infinito il suo regno.
Allora il Diavolo disse, Bisogna proprio essere Dio per amare tanto il sangue.
Un romanzo che dedica poco spazio alla Passione, e molto di più all’infanzia, alla passione, e alla vicenda umana di Cristo (poiché Gesù è un involucro inerme del potere di dio), un romanzo che, svelando certe verità storiche che il vangelo ha consegnato distorte al nostro presente infinito – tutti i condannati morivano in croce, per esempio –, e rivisitando in maniera – come dire – plausibile tutte le storie raccontate nel Vangelo canonico, rivela a mio avviso un vero tocco divino, sovrannaturale, grazie al quale io non riesco a non credere che quella narrata da Josè Saramago sia la vera storia di Gesù, di dio e del diavolo. E della Madonna, che non crede a suo figlio. E di Maria Maddalena, vera amante di Cristo, riamata di un amore umanissimo, ma mortalmente divino.
Saramsette“Gesù muore, muore”, allora, e, quando muore, mentre il mio cuore strappato si sparge sopra la terra bagnata dal suo stesso sangue, e il sangue si raccoglie nella stessa scodella nera del diavolo (Pastore è, infatti, il vero padre putativo del Cristo, e lo ama di puro amore, e ama tutti gli uomini, al contrario di dio), quando muore, quando crepa Gesù, è il figlio del falegname ad esalare l’ultimo respiro terreno, non mai l’agnello, non il figlio di dio.
[…] e quando il primo chiodo, sotto il brutale colpo del martello, gli perderò il polso nello spazio fra le due ossa, il tempo retrocesse in una vertigine istantanea, e Gesù provò il dolore che aveva sentito suo padre, si vide come aveva veduto lui, crocifisso a Sefforis, poi l’altro polso e, immediatamente, la prima lacerazione delle carni quando il patibolo cominciò a essere issato a strattoni verso la cima della croce, l’intero peso sostenuto dalle fragili ossa, e fu quasi un sollievo quando gli spinsero le gambe verso l’alto e un terzo chiodo gli attraversò i calcagni, adesso non c’è più niente da fare, c’è solo da attendere la morte.
Gesù muore, allora, e, quando muore, il mio cervello si sparge dentro il ventre vivo del Golgota, accompagnando la morte dell’uomo come un canto divino. Mentre il diavolo si china a raccogliere il sangue di Cristo, e il mondo non finisce nemmeno questa volta. Le donne piangono la perdita del piccolo dio buono. Cristo se ne va, tentando di non mietere vittime.
Oltre il tutto, fuori dal tutto, Dio ride, vestito come un ricco ebreo, di sopra le nuvole cupe.
In questo Gesù, in questo uomo, io credo.
In questo Gesù, io mi sono innamorata. Io amo Josè Saramago.
Bibliografia di Josè Saramago6
Poesia
    * 1966 - I poemi possibili (Os poemas possíveis)
    * 1970 - Probabilmente allegria (Provavelmente alegria)
    * 1975 - L’anno mille993 (O Ano de 1993)
Teatro
    * 1979 - La notte (A Noite)
    * 1980 - Cosa ne farò di questo libro? (Que Farei Com Este Livro?)
    * 1987 - La seconda vita di Francesco d’Assisi (A Segunda Vida de Francisco de Assis)
    * 1993 - In Nomine Dei (In Nomine Dei)
    * 2005 - Don Giovanni, o Il dissoluto assoluto (Don Giovanni ou O dissoluto absolvido)
Cronache
    * 1971 - Deste Mundo e do Outro
    * 1973 - A Bagagem do Viajante
    * 1974 - As Opiniões que o DL teve
    * 1976 - Os Apontamentos
Romanzi
    * 1947 - Terra do pecado
    * 1977 - Manuale di pittura e calligrafia (Manual de pintura e caligrafia)
    * 1980 - Una terra chiamata Alentejo (Levantado do chão)
    * 1982 - Memoriale del convento (Memorial do convento)
    * 1984 - L’anno della morte di Ricardo Reis (O ano da morte de Ricardo Reis)
    * 1986 - La zattera di pietra (A jangada de pedra)
    * 1989 - Storia dell’assedio di Lisbona (História do cerco de Lisboa)
    * 1991 - Il Vangelo secondo Gesù Cristo (O Evangelho segundo Jesus Cristo)
    * 1995 - Cecità (Ensaio sobre a cegueira)
    * 1997 - Tutti i nomi (Todos os nomes)
    * 2001 - La caverna (A caverna)
    * 2002 - L’uomo duplicato (O homem duplicado)
    * 2004 - Saggio sulla lucidità (Ensaio sobre a lucidez)
    * 2005 - Le intermittenze della morte (As intermitências da morte)
    * 2005 - Il più grande fiore del mondo (A Maior Flor do Mundo)
Altri
    * 1978 - Oggetto quasi (Objecto quase)
    * 1981 - Viaggio in Portogallo (Viagem a Portugal)
    * 1999 - Il racconto dell’isola sconosciuta
    * 2002 - Scolpire il verso
    * 2005 - Esteban Cuscueta
    * 2006 - Pensar, pensar, y pensar
SaramnoveSaramago su internet
http://www.toscanaspettacolo.it/index.asp?code=2544 adattamento teatrale de Il Vangelo secondo Gesù Cristo, adattamento, regia e scene di Riccardo Sottili

Roberto Saviano - Dall'Inferno alla Bellezza

17 giugno 2010

CHIODO FISSO SULLA COSTITUZIONE ITALIANA

Chiodo Fisso è uno spazio su Radio 3 che offre nella sua brevità la tensione narrativa di un racconto. Il programma va in onda alle ore 10.50, dal lunedì al venerdì. Ogni mese chiodo fisso batte su un tema. Ogni giorno torna sullo stesso tema per circa 10 minuti, ma nella chiave sempre diversa del protagonista della singola puntata.

La cosituzione italiana è il chiodo fisso di giugno. La possiamo conoscere, studiare, modificare, amare, difendere, superare. Ma la cosa più ovvia è anche la più difficile: attuare la costituzione.

Nella puntata di oggi è stato affrontato il tema LA SCUOLA APERTA A TUTTI (art.34). Nel racconto di Eraldo Affinati, insegnante e srcittore, la condizione dei ragazzi marginali e dei giovani stranieri nella scuola e nella società italiana.

Per conoscere Eraldo Affinati, ecco un video in cui lo scrittore parla del suo ultimo libro, La citta' dei ragazzi, nato dall'esperienza di educatore che da anni lavora a Roma presso l'omonima struttura e dal confronto con la storia del padre, orfano come i ragazzi con i quali l'autore affronta un viaggio verso il Marocco, loro paese d'origine.
Lo scrittore romano ci conduce per mano nella città dei ragazzi, la piccola repubblica alle porte di Roma dove giovanissimi dai 13 ai 18 anni, prevalentemente extracomunitari, imparano l'italiano, assumono i primi rudimenti di un mestiere, e cominciano a svelare quel grande patrimonio di esperienze, umanità e passioni che giaceva nascosto e soffocato da anni di sofferenze, abbandono, nomadismo fisico e spirituale.



Il chiodo fisso nella satira pungente di Ascanio Celestini

16 giugno 2010

LE PAROLE RUBATE

Felice e feconda l'iniziativa di Gustavo Zagrebelsky di costruire, con la collaborazione degli utenti della rete, il Lessico del populismo e della volgarità, un dizionario del rovesciamento lessicale con cui questa destra al governo utilizza espressioni del linguaggio condiviso per indicare spesso l'esatto contrario.

Ecco la prima voce fornita dallo stesso Zagrebelsky.
Mettere (non mettere) le mani nelle tasche degli italiani: espressione usuale del presidente del Consiglio e dei suoi collaboratori, presumibilmente inventata da consulenti della comunicazione e impiegata per imitazione anche da esponenti dell’opposizione. Sottintende l’idea che imposte e tasse siano scippi e furti e che i governanti, chiedendo di partecipare alle spese pubbliche si comportino da delinquenti; imposte e tasse da cui è dunque lecito difendersi (non farsi mettere le mani in tasca).
Tutto si tiene: il linguaggio come specchio dell’anima. Questa espressione è la negazione dell’idea di cittadinanza, che comprende diritti e doveri di solidarietà, secondo la legge. Essa infatti parla demagogicamente agli italiani e non democraticamente ai cittadini (italiani).

Questo uno dei primi contributi, fornito da Federico Bancheri.
La Costituzione è vecchia perché non è adeguata ai tempi moderni! La Costituzione è vecchia perché l’hanno scritta i democristiani assieme ai comunisti: e tutti noi sappiamo cosa sono i comunisti! La Costituzione è comunista perché non parla mai dell’impresa ma soltanto dei lavoratori! Ecco una bella sequenza di frasi ad effetto, usate demagogicamente in modo sapiente. Tutte e tre contengono un falso storico e giuridico. Se è vero che i maggiori partiti della costituente furono democristiani e comunisti, è altrettanto vero che altri partiti gloriosi presero parte alla storica assemblea, a partire dal partito d’azione. Tutti influirono (chi più, chi meno) a redigere la nostra Costituzione. Essa oltretutto non è affatto vecchia, semmai risulta essere incredibilmente moderna visto come è riuscita fino ad ora a fermare le barbarie governative e di maggioranza. Infine in essa non si parla dei lavoratori come fossero sinonimo di classe operaia, bensì del lavoro come strumento indispensabile per il soddisfacimento dei bisogni ed in senso lato per nobilitare l’uomo stesso: l’imprenditore in effetti è un lavoratore come l’operaio, il giornalista e l’artista.

Tutto ciò che lo ostacola nella sua luminosa ascesa è comunista, giustizialista, di sinistra: i giudici che svolgono le loro funzioni nel rispetto delle leggi sono comunisti, di sinistra; i presidenti della Repubblica che non hanno sempre avallato i suoi provvedimenti eversivi sono sono comunisti, di sinistra, l'opposizione più intransigente, alla Di Pietro, è di sinistra, giustizialista; i giornali e i giornalisti liberi, non venduti, sono comunisti, di sinistra.
La sua discesa in campo (da dove? perchè?) è finalizzata a salvare il Paese dai comunisti, dai cosacchi del Don.
Lui, eletto dal popolo (come se gli altri, anche quelli che siedono all'opposizione, fossero lì chissà per quale fortuita combinazione!) fonda il popolo della libertà.
Una parte della popolazione votante costituita sì e no dal 20-25/100 degli aventi diritto al voto diventa il popolo della libertà. Gli altri, tutti gli altri, costituirebbero il popolo della schiavitù? E di quale concetto di libertà sarebbero portatori lui e i suoi elettori? Quello di votare per lui e di esprimere attraverso lui la sovranità popolare.
Sovranità popolare che gli consentirebbe di conculcare i diritti primari di libertà, di svuotare di senso e di valore una Costituzione ancora da attuare nella sua pienezza, di cancellare gli organismi di controllo e garanzia che intralciano la sua fame insaziabile di potere, di sovvertire il principio della divisione dei poteri, pilastro indiscusso, sin dalla sua teorizzazione nel secolo dei lumi, dei regimi democratici più avanzati.

Benvenuta, dunque, l'iniziativa del prof. Gustavo Zagrebelsky che ci aiuta a capire l'inganno, insito anche nella manipolazione e mistificazione del linguaggio.

15 giugno 2010

HO VISTO DRAQUILA

Nel suo film Sabina Guzzanti racconta il malaffare della ricostruzione del dopo terremoto in Abruzzo, il terremoto visto come toccasana ai problemi del Premier e come affare per la Protezione Civile. 
Per Marco Del Giudice "Sabina Guzzanti porta prove al suo punto di vista: e cioè che i ricostruttori abbiano trasformata L'Aquila in Draquila, l'occasione d'oro per abboffarsi, mentre quello di Berlusconi è che sia stata un miracolo. Ho casa a L'Aquila e di miracoloso c'è stata solo l'immediatezza della prima assistenza ai senza tetto, pagata però con ordinanze di emergenza che hanno consentito, insieme alla celerità, ogni genere di porcheria: come le inchieste stanno dimostrando. Anche di queste cose si parla nel documentario-film di Sabina Guzzanti".
"Non meravigliamoci - rincara Federico Orlando - se l'atto d'accusa della Sabina contro le furfanterie di governo venga spacciato per offesa all'Italia. Anzi rallegriamoci, perché l'appello al patriottismo è l'ultima carta dei regimi morenti.

Per Sandro Bondi, ministro dei Beni culturali, "è un prodotto di propaganda che strumentalizza e trasforma le sofferenze dei cittadini dell'Aquila in uno strumento di lotta politica".

A me il film non ha fatto apprendere molto di più di quanto già sapessi. La mia informazione sui fatti del nostro tempo non si forma sui TG preconfezionati della RAI o sulle bagasciate in onda a porta a porta. Mi ha però fatto intendere, attraverso i nessi e gli agganci presenti nel racconto, come ha funzionato il meccanismo di controllo su un'area che doveva essere preservata da ogni pericolosa infiltrazione, quasi banco di prova per un sistema da mettere in campo in altre occasioni. 
Checchè ne dica Bondi, capo del MinCulPop arcoreano, o ne pensi Berlusconi, è un film da vedere per chi volesse avere sul dopo terremoto all'Aquila un punto di vista diverso e documentato, rispetto alla propaganda di governo strombazzata per mesi sulla TV pubblica e privata.

14 giugno 2010

IL CAFONACCIO NOSTRANO IN VERSIONE INTERNAZIONALE

Mentre il Paese va a rotoli, stremato dalla crisi e dalla malapolitica; mentre gli operai della vinyls di Porto Marghera, in cassintegrazione come quelli di porto Torres e Ravenna, piantano croci in Piazza San Marco per manifestare la morte del lavoro nel territorio; mentre continua la protesta  degli operai da 110 giorni sull'isola dell'Asinara; mentre docenti e genitori salgono su un cavalcavia, tutti in reggiseno e slip con cartelli che formano la scritta Gelmini = la 'Squola' in mutande, lui, in visita ufficiale in Bulgaria per inaugurare una statua equestre di Garibaldi (chissà come mai non si sia fatto accompagnare da un manipolo di leghisti padani al posto dello Sgarbi nazionale!) fa il ganzo in modo assai pacchiano prima con il suo omologo "Caro Boris, sto finanziando in Italia una ricerca per aumentare l'età media. Ti annuncio che io e te vivremo fino a 120 anni, che ne dici? Capisci Boris, sono costretto a restare in campo, perché in Italia altri leader non ne vedo. Nell'opposizione sono deboli e divisi tra di loro. Io non ho alternative, né in casa né fuori. E sì che mi piacerebbe farmi da parte, visto che ho una villa splendida ad Antigua e una barca alle Bahamas e sono 8 anni che non me le posso godere".

"Sai Boris, ho la fila di donne che mi vogliono sposare e si capisce: ho la grana, non sono scemo e sono ancora giovane. Ma non mi arrendo!"
Poi ad una procace ballerina che allieta i commensali con danze locali "Signorina non si deve preoccupare, sono di nuovo single".
Anche in piazza, terminata la cerimonia, ad una graziosa ragazza che gli si era avvicinata chiedendogli una fotografia, non aveva resistito, sussurrandole all'orecchio: "Sei una fata... peccato soltanto una foto".

Meno male che madre natura non gli ha dato le doti di un Adone lasciandogli il cruccio di essere un 'tappo' ma per sua fortuna gli rimangono i dané e tanto basta. Forse ha ragione chi ha scritto quei versi "se quella notte, per divin consiglio," attribuiti a Benigni che circolano in fb e nei blog.
Come fanno gli Italiani a sopportarlo ancora?

13 giugno 2010

RESISTERE RESISTERE RESISTERE

Non solo l'opposizione parlamentare di cui si potrebbe dire che fa il suo mestiere; non solo la stampa libera, i magistrati, i rappresentanti delle forze dell'ordine e i blogger che potrebbero apparire parte in causa, ma pezzi importanti della società civile, fior di intellettuali, costituzionalisti insigni, ex presidenti della Corte costituzionale del livello di Valerio Onida e Gustavo Zagrebelsky, ex presidenti della Repubblica, premi Nobel italiani e stranieri hanno stigmatizzato gli effetti rovinosi di una legge che, con la scusa di voler tutelare la privacy, conculca diritti primari della persona quali quello di informare ed essere correttamente informati, anche sulle malefatte dei potenti e dei loro associati, e quello, altrettanto importante, alla sicurezza.

Dario Fo sul suo blog afferma di essere deciso a firmare articoli rischiando anche di andare in carcere sostenendo che "in un paese come il nostro, finire in cella è un onore. Se pensi che chi invece dovrebbe finir dentro è al potere"  

Margherita Hack, in un'intervista sull'Unità sostiene che La disobbedienza civile è necessaria quando le leggi sono contro la democrazia e la libertà. Se un vostro articolo dovesse violare la legge, pubblicatelo pure con il mio nome.
Concita De Gregorio, ospite presso l'Associazione della Stampa Estera a Roma, ha cercato di spiegare con estrema difficoltà ai corrispondenti stranieri In Italia, il senso della legge-bavaglio e il bisogno che mostra il governo di vederla approvata in tempi rapidi.

Armando Spataro, procuratore aggiunto a Milano, nell'intervista all'Unità "Il potere politico attacca informazione e giudici perché garanti della legalità" sostiene che il potere della magistratura è eccentrico rispetto ai programmi ed agli interessi di chi governa, ed è la Costituzione che ha scelto questo modello di magistratura: siamo sottoposti solo alla legge. Gli attacchi hanno passato il segno da tempo e messo in crisi il principio della separazione dei poteri. Meriterebbero, forse, una risposta istituzionale adeguata al più alto livello. (...) Viviamo anni difficili. Le cose cambieranno, non possono non cambiare. Dobbiamo avere fiducia.

Non c'è alcun dubbio che le cose cambieranno ma occorre valutare in quale direzione: se verso lo smantellamento della Costituzione e dell'Ordinamento democratico, dei diritti civili e politici, degli Organi di tutela e garnzia, o verso il ripristino di una democrazia piena e compiuta.
Per quest'ultimo obiettivo occorre unire urgentemente le forze di tutti gli autentici democratici e 'imbracciare' di nuovo (chi l'averbbe detto 63 anni dopo l'entrata in vigore della nostra Costituzione) le parole d'ordine di una RESISTENZA CIVILE per liberare il Paese da un regime che potrebbe essere nella sua fase nascente o avere raggiunto il culmine e dare gli ultimi rantoli.

L'evoluzione della situazione dipende esclusivamente da NOI!

Con un sistema di potere corrotto e corruttore, che ammorba l'etere e avvelena i pozzi, non si possono stabilire contatti o avviare intese nell'intento di limitare i danni. Occorre combatterlo senza SE  e senza MA fino al crollo completo e definitivo per le sue stesse contraddizioni, in primis quella di chiamarsi spudoratamente popolo della libertà.

Nel suo intervento al Senato, il senatore Pardi invita alla disobbedienza civile.

In una nota su FB, don Paolo Farinella sostiene che la misura è colma e invia una SEGNALAZIONE ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA CONTRO SILVIO BERLUSCONI PER IL REATO DI ATTENTATO ALLO STATO

Un giovane studente universitario pubblica su LeG una lettera aperta al Presidente della Repubblica perchè ci aiuti a non aver paura.

E ancora Privacy, trasparenza e diritto di sapere di Stefano Rodotà.

Roberto Saviano La difesa della democrazia.


Margherita Hack contro la legge bavaglio


Contro chi attenta all'Ordinamento democratico e alla Costituzione, resistere è un imperativo morale oltre che un dovere civile!

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