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16 giugno 2010

LE PAROLE RUBATE

Felice e feconda l'iniziativa di Gustavo Zagrebelsky di costruire, con la collaborazione degli utenti della rete, il Lessico del populismo e della volgarità, un dizionario del rovesciamento lessicale con cui questa destra al governo utilizza espressioni del linguaggio condiviso per indicare spesso l'esatto contrario.

Ecco la prima voce fornita dallo stesso Zagrebelsky.
Mettere (non mettere) le mani nelle tasche degli italiani: espressione usuale del presidente del Consiglio e dei suoi collaboratori, presumibilmente inventata da consulenti della comunicazione e impiegata per imitazione anche da esponenti dell’opposizione. Sottintende l’idea che imposte e tasse siano scippi e furti e che i governanti, chiedendo di partecipare alle spese pubbliche si comportino da delinquenti; imposte e tasse da cui è dunque lecito difendersi (non farsi mettere le mani in tasca).
Tutto si tiene: il linguaggio come specchio dell’anima. Questa espressione è la negazione dell’idea di cittadinanza, che comprende diritti e doveri di solidarietà, secondo la legge. Essa infatti parla demagogicamente agli italiani e non democraticamente ai cittadini (italiani).

Questo uno dei primi contributi, fornito da Federico Bancheri.
La Costituzione è vecchia perché non è adeguata ai tempi moderni! La Costituzione è vecchia perché l’hanno scritta i democristiani assieme ai comunisti: e tutti noi sappiamo cosa sono i comunisti! La Costituzione è comunista perché non parla mai dell’impresa ma soltanto dei lavoratori! Ecco una bella sequenza di frasi ad effetto, usate demagogicamente in modo sapiente. Tutte e tre contengono un falso storico e giuridico. Se è vero che i maggiori partiti della costituente furono democristiani e comunisti, è altrettanto vero che altri partiti gloriosi presero parte alla storica assemblea, a partire dal partito d’azione. Tutti influirono (chi più, chi meno) a redigere la nostra Costituzione. Essa oltretutto non è affatto vecchia, semmai risulta essere incredibilmente moderna visto come è riuscita fino ad ora a fermare le barbarie governative e di maggioranza. Infine in essa non si parla dei lavoratori come fossero sinonimo di classe operaia, bensì del lavoro come strumento indispensabile per il soddisfacimento dei bisogni ed in senso lato per nobilitare l’uomo stesso: l’imprenditore in effetti è un lavoratore come l’operaio, il giornalista e l’artista.

Tutto ciò che lo ostacola nella sua luminosa ascesa è comunista, giustizialista, di sinistra: i giudici che svolgono le loro funzioni nel rispetto delle leggi sono comunisti, di sinistra; i presidenti della Repubblica che non hanno sempre avallato i suoi provvedimenti eversivi sono sono comunisti, di sinistra, l'opposizione più intransigente, alla Di Pietro, è di sinistra, giustizialista; i giornali e i giornalisti liberi, non venduti, sono comunisti, di sinistra.
La sua discesa in campo (da dove? perchè?) è finalizzata a salvare il Paese dai comunisti, dai cosacchi del Don.
Lui, eletto dal popolo (come se gli altri, anche quelli che siedono all'opposizione, fossero lì chissà per quale fortuita combinazione!) fonda il popolo della libertà.
Una parte della popolazione votante costituita sì e no dal 20-25/100 degli aventi diritto al voto diventa il popolo della libertà. Gli altri, tutti gli altri, costituirebbero il popolo della schiavitù? E di quale concetto di libertà sarebbero portatori lui e i suoi elettori? Quello di votare per lui e di esprimere attraverso lui la sovranità popolare.
Sovranità popolare che gli consentirebbe di conculcare i diritti primari di libertà, di svuotare di senso e di valore una Costituzione ancora da attuare nella sua pienezza, di cancellare gli organismi di controllo e garanzia che intralciano la sua fame insaziabile di potere, di sovvertire il principio della divisione dei poteri, pilastro indiscusso, sin dalla sua teorizzazione nel secolo dei lumi, dei regimi democratici più avanzati.

Benvenuta, dunque, l'iniziativa del prof. Gustavo Zagrebelsky che ci aiuta a capire l'inganno, insito anche nella manipolazione e mistificazione del linguaggio.

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