Informazioni personali

La mia foto
Amo riflettere e ragionare su quanto vedo e sento.

Benvenuto nel mio blog

Dedicato a quei pochi che non hanno perso, nella babele generale, la capacità e la voglia di riflettere e ragionare.
Consiglio, pertanto, di stare alla larga a quanti hanno la testa imbottita di frasi fatte e di pensieri preconfezionati; costoro cerchino altri lidi, altre fonti cui abbeverarsi.

Se vuoi scrivermi, usa il seguente indirizzo: mieidee@gmail.com

25 febbraio 2014

Oggi voglio parlare di Pippo Pollina

Nel giorno in cui il PD, Berlusconi e il Parlamento affidano il Governo dell'Italia a Matteo Renzi, presentandocelo come l'ultima risorsa per questo Paese disastrato (salvo buttarlo a mare se fallirà), non riuscendo a stemperare la mia grande delusione venata di pessimismo, preferisco pensare ad altro e, per distrarmi, accetto di riproporre questa intervista telefonica a Pippo Pollina, pubblicata da un'amica comune su laspeziaoggi.it.






Pippo Pollina parla di sé, di politica e di musica, di Claudia Bertanza 
Giuseppe Pollina, in arte Pippo, (Lo sconosciuto che all’estero adorano) ha da poco pubblicato un nuovo cd, “L’appartenenza” ed è in tour con il Palermo Acoustic Quintet. A giorni arriverà in Italia (il 27 febbraio a Torino,  Teatro Dopo Lavoro Ferroviario, il 28 a Cattolica, Teatro della Regina, il 1° marzo a Verona,  Teatro Nuovo e il 2 marzo a Firenze Teatro Puccini). Lo raggiungo telefonicamente mentre sta tornando a casa sua, a Zurigo, per un giorno di riposo. Prima di venire in Italia, lo aspettano Salisburgo (il 25) e Innsbruck (il 26). Pippo è soddisfatto, il tour sta andando molto bene. 
Signor Pollina, lei vive fuori dall’Italia ormai da 30 anni. Tornerebbe a vivere qui?
No, decisamente. La vedo molto brutta per l’Italia, ma non tornerei soprattutto perché ormai la mia vita è qui, ci sono ragioni strettamente personali e poi sono abituato a un altro modo di vivere. 
E se i suoi figli decidessero di trasferirsi in Italia?
Augurerei loro buona fortuna, non mi sentirei di sconsigliarglielo. Se vogliono farlo, lo facciano pure. 
Perché, secondo lei, in Italia non riesce a “sfondare” del tutto?
Non ho un pubblico abbastanza numeroso da consentirmi di fare “il salto”, sono poco adatto e poco tipico per il grande pubblico. La mia sensibilità attrae una minoranza, ma la cosa positiva è che il mio è un pubblico fedele, non volubile come spesso accade in Italia. La fedeltà è più caratteristica del pubblico del Nord Europa, ma il mio pubblico, una volta che mi conosce, non mi lascia più. 
Zurigo, la sua città adottiva, le ha tributato, nel maggio scorso, una 3 giorni di concerti per i suoi 50 anni. A Palermo non ha organizzato nulla: potrebbe pensarci per i suoi 55 o 60 anni?  
No, è ancora lontano nel tempo per pensarci. Comunque non ci sono rimasto male, a Palermo ho un pubblico di 400-500 persone, troppo poche per un’organizzazione come quella di Zurigo, non c’erano i presupposti.
Parliamo di Sanremo. Lei si presentò alle selezioni, ma le sue canzoni furono bocciate. Vista la qualità delle canzoni, considerata bassa, le sarebbe piaciuto partecipare comunque o è felice che sia andata così?
Confermo la bassa qualità delle canzoni. In realtà a me non sarebbe realmente piaciuto partecipare, ma ho pensato, consigliato anche dai miei musicisti, che potesse essere utile, funzionale al mio successo in Italia. Ma sapevo già che non sarei passato, a Sanremo vai se sei in un certo giro, se conosci le persone giuste. 
Lei ha fatto molti duetti. C’è un artista con il quale le piacerebbe duettare?
Sì, Leonard Cohen. Altri al momento non me ne vengono in mente. Ci sono tanti bravi artisti, ma ho in mente solo lui. 
Se oggi dovesse scrivere un disco come “Ultimo volo” (opera dedicata alla strage di Ustica) c’è un avvenimento della storia italiana a cui vorrebbe dedicarlo?
No, non c’ho mai pensato. A certi dischi pensi quando hai del materiale, quando ti fanno una proposta. Certo nella storia italiana c’è tanto di cui scrivere e cantare, ad esempio tutto il discorso sulla Trattativa Stato-mafia. 
Ci dice qualcosa del suo ultimo disco?
E’ una sorta di riepilogo, che avevo in mente già da qualche tempo. Dopo la festa per i miei 50 anni, ho deciso che era il momento di scriverlo, è assieme un inizio e una fine. E “appartenenza” è una parola importante. Questo è un disco importante. 
Tra le canzoni che ha scritto, ce n’è una di cui va particolarmente fiero? E una di cui si vergogna?
Né l’una né l’altra. Ho canzoni che mi piacciono di più e altre che oggi non riscriverei, ma non faccio particolari diversificazioni tra loro.  
Parliamo di politica. Lei è di sinistra. Si riconosce nella sinistra di oggi?
No. Ho sempre votato i partiti minori, come Democrazia Proletaria, poi ho aderito al progetto della Rete (con Orlando, Dalla Chiesa, Fava), progetto che durò poco. Dopo essere stato del tempo senza votare, ho votato poi Rivoluzione Civile. Ma perdo sempre.  
Cosa ne pensa del Governo Renzi?
Mi ricordo un’intervista a Matteo Renzi di qualche tempo fa, in cui diceva  che gli sarebbe piaciuto diventare Presidente del Consiglio, ma solo tramite elezioni. Per me basta già questo, per presentarlo. Poi per carità, speriamo faccia cose buone per l’Italia. 
Qualche tempo fa ha gettato nello sconforto i suoi fan di FaceBook, annunciando un ritiro dalle scene temporaneo, che qualcuno scambiò per definitivo. E’ sempre di quell’idea?
Certamente. Finito questo tour, che durerà un anno e mezzo, mi prenderò una pausa, non so quanto lunga. Il giorno in cui mi ritirerò (e succederà) lo farò senza fare grandi annunci, almeno all’inizio. Credo siano scelte personali, da non sbandierare. Poi, siccome sicuramente qualcuno si chiederà dove sono finito, allora lo dirò.  
Pippo è in viaggio, la linea è un po’ disturbata, lo ringrazio, lo saluto e gli auguro in bocca al lupo per il tour. E gli dico che spero che il suo ritiro definitivo dalle scene sia ancora molto lontano nel tempo. (Claudia Bertanza)






Leggi anche:
Pippo Pollina - L’Appartenenza
pippopollina.com

08 febbraio 2014

Ricordando Rosario Giacomarra, collega e amico

Questa vecchia foto, fortunosamente recuperata da mia nipote Matilde tra tante cianfrusaglie, mi ritrae in mezzo ad una scolaresca dell'ITCeG di Tione di Trento, in gita nel territorio di Paestum. 
Come nella Recherche di Proust, essa ha dato la stura a tanti ricordi lontani e mi ha richiamato alla mente l'amico e collega esemplare Rosario Giacomarra, a destra nella foto. 
Insieme, con molta imprudenza devo dire, avevamo accettato di accompagnare in gita questa classe tutta di ragazze e ci eravamo accampati nella casa di proprietà dei familiari di una delle alunne. 

Con Rosario ci eravamo conosciuti a Tione, ambedue insegnanti presso l'ITC 'Einaudi', lui di tedesco ed io di lettere italiane. Abitavamo all'Hotel Milano con trattamento di pensione completa. Personaggio estroso Rosario, molto preparato, con una cultura profonda non priva di erudizione, nascondeva spesso la sua timidezza e inadeguatezza a rapportarsi con gli altri dietro un atteggiamento scontroso e duro e una parlata incerta e sottotono che mostrava chiarissima la sua origine siciliana. Ogni situazione che viveva lo spingeva a confrontarsi con i suoi autori amati citandoli. Nutriva una forma di allergia per la politica per la quale mostrava un vistoso agnosticismo. Leggeva molto e usava la radio per ascoltare soprattutto le stazioni straniere in onde medie. Conosceva tante lingue antiche e moderne, oltre al Tedesco che era la materia di insegnamento. Le sue conoscenze storiche erano straordinarie e si muovevano agilmente dalla storia antica alla contemporanea. 

Lo ritrovai a Riva del Garda, dopo il mio ritorno dalla Sicilia in Trentino, docente di tedesco al Liceo Maffei. Non era facile mantenere un rapporto d'amicizia con lui; era una spanna sopra gli altri per conoscenza e cultura, dotato del senso dell'umorismo e, talvolta, di un'ironia pungente. Era diventato più irascibile negli ultimi anni: non sopportava la superficialità e l'approssimazione di tanti suoi colleghi; con gli studenti era di un rigore antico, ma poi sapeva comprenderli e giustificarli. Sembrava un uomo d'altri tempi, un apolide, cittadino del mondo. 
Aveva, infine, comprato casa nel centro di Riva del Garda dove mostrava di volersi stabilire definitivamente. E lì, a Riva lo colse il male che lo portò alla morte nella sua Alimena. Spirito libero e indipendente, ha lasciato più poveri quanti lo hanno conosciuto e stimato.

Dalla nota dell'estroso Zanzani traggo la riflessione che condivido in pieno, che accompagna il noto scherzo poetico del caro Rosario sul corpo umano.
Come tutti sanno, pochi giorni orsono a Mario Vargas Llosa è stato assegnato il Nobel per la letteratura. Ma non è di questo straordinario autore che intendo parlare, vi offrirò invece la lettura di una poesia di Rosario Giacomarra che mi è parsa molto bella.   
Rosario Giacomarra è stato uno di quegli italiani geniali che vivono nascosti tra le mille rughe del nostro bizzarro paese e dei quali ci si accorge quando sono già morti. 
Fu quasi un autodidatta, ma parlava latino, greco, francese, inglese, tedesco, spagnolo, olandese, turco e russo, oltre al suo bel dialetto. 
Io non lo conoscevo, però dopo aver letto questa sua poesia sul libriccino che mi hanno regalato gli amici delle Madonie che gli hanno dedicato il concorso letterario "Alimena sotto le stelle", non ho potuto rinunciare a presentarvela. È una lirica folgorante. 
Allorchè fu creato il corpo umano
presentò ciascun organo il suo piano
per diventar del corpo il capitano.
- Trasmetto forza, a tutti dò una mano,
lo stomaco disse, e il corpo è sano:
tocca a me dunque fare il capitano.
- Siam noi, le gambe, chi fa andar lontano
l'intero corpo, siamo noi, e invano
pretende farne ogni altro il capitano.
E quando dopo tutti toccò all'ano
far le proposte esso espose il piano
per diventar di tutti il capitano.
Che gran risata fece il corpo umano!
Allora, irato per il gran baccano:
- Non faccio più lo stronzo, in italiano
l'ano parlò, se non son capitano!
L'intero corpo in uno stato strano
ben presto si trovò: facea l'indiano
ogni organo del corpo e a capitano
per viver tutto il corpo scelse l'ano.
Non serve dunque un fesso sovrumano,
ma ogni fesso è buono, ogni villano
che sappia far lo stronzo è capitano. 
Lo scherzo poetico di Giacomarra spiega molto bene che a volte non è il migliore a comandare.

Leggi anche:
Il ricordo del prof, in ARCHIVIO TRENTINO 

Giacomarra: sempre vivissimo il ricordo di un prof generoso

Alimena sotto le Stelle della Letteratura, dedicato alla memoria del prof. Rosario Giacomarra

E infine:
Un genio italiano, in Cronache dalla campuria a cura di Giovanni Zanzani

Il miglior motore di ricerca