Ma chi l'avrebbe detto solo pochi mesi fa che saremmo entrati in un buco nero tale da costringerci a cambiare abitudini e stili di vita? Vero è che da anni molte famiglie italiane avevano difficoltà ad arrivare alla fine del mese e che in molte aree di quello che si chiamava "terzo mondo" la povertà e la fame erano e sono problemi endemici. Ma la vecchia Europa e L'America sembravano il paese di Bengodi, giardini in terra in cui lo spreco appariva scandaloso e insopportabile di fronte alla povertà diffusa in gran parte del globo. Scienziati e osservatori invitavano tutti all'autocontrollo e ad un maggiore equilibrio ma le loro parole erano inascoltate, termini come "ecocompatibilità" risultavano ai più vuoti di senso, c'era la corsa ad avere di più, anche l'inutile e il superfluo. E, ad un tratto, .... ecco la crisi che, in qualche modo, equipara al basso e chi più aveva più perde (leggi la lettera di A. Innella sull'Unità). Nel giardino della Casa Bianca, Michelle e Barak Obama stanno mettendo un orto di broccoli e zucchine dove Jacqueline Kennedy aveva piantato un roseto. Giornali, riviste e programmi televisivi lanciano consigli su come risparmiare cambiando abitudini e recuperando modelli di comportamento che sembravano superati. Va da sè che tali consigli sono rivolti soprattutto ai nuovi ricchi 'consumodipendenti' più che a "quelli che la 4° settimana" i quali conoscono da sempre quell'arte. Ed ecco L'alfabeto della crisi, un prontuario tutto da leggere e praticare in cui Daniela Amenta e Alessia Grossi spaziano da 'acquisti solidali', attraverso 'internet', fino a 'zero chilometri'.
"Ci vuole più ottimismo! Bisogna che gli italiani scelgano di non cambiare stile di vita, per
mantenere l'economia attiva nel nostro Paese": è questa la ricetta alla crisi, proposta dal nostro premier. Parrebbe solo una battuta non riuscita. E invece rischia di essere un programma di governo suicida e improntato al più ottuso conservatorismo... in un mondo che sta velocemente mutando i suoi equilibri. Incredibile!
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