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Dedicato a quei pochi che non hanno perso, nella babele generale, la capacità e la voglia di riflettere e ragionare.
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13 novembre 2017

Renzi – Berlusconi: breve storia di due destini incrociati

Dopo più di venti anni dalla sua prima comparsa in politica, il Cavaliere torna fresco e splendente sul suo cavallo bianco, scortato da due sorridenti palafrenieri mentre il suo giovane emulo, il povero Matteo, è costretto a chiedere aiuto senza più veti ai tanti compagni che pensava di avere rottamato. 

Certo che il destino talvolta è strano! Chi avrebbe scommesso, dopo l’esito deludente dei suoi precedenti governi, dopo tutto quello che si è detto e scritto sulle sue malefatte pubbliche e private, che l’uomo di Arcore potesse tornare alla ribalta della scena politica alla veneranda età di ottantun anni?
Chi avrebbe mai pensato che la parabola del giovane rottamatore di Rignano si potesse concludere tanto repentinamente?

Tant’è! Berlusconi torna al centro della vita politica riproponendo il solito tridente con al centro i suoi soliti aficionados forzitalioti, supportati al Nord dalla solita Lega, gestione riveduta e corretta di Salvini, al Centro-Sud dagli eredi di AN, decodificata e reinterpretata nell’aggiornamento Meloni. 

Il ritornello è sempre quello: meno tasse, meno Stato, grandi opere, tipo Ponte sullo Stretto. Nemico da abbattere non più i comunisti, ormai fuori gioco, ma il pauperismo predicato dai 5 stelle, la loro incompetenza amministrativa e di governo. 
Ma non voglio parlare di lui (questo blog ne ha raccontato fatti e misfatti fino alla caduta nel novembre 2011). 

Voglio parlare, invece, della parabola del rottamatore. Dopo aver scalato il Partito democratico e avervi insediato il suo gruppo fidato, ha avviato il suo progetto inteso ad acquisire i voti di un centrodestra in grande affanno dopo la condanna del proprio leader. Con una serie di interventi a sostegno della grande finanza e dell’imprenditoria rampante, con l’attacco ai sindacati e ai diritti dei lavoratori, ha ricevuto il plauso di quella destra che pensava di inglobare in quello che definì il partito della nazione. Il bonus degli 80 euro distribuito a pioggia a quanti non raggiungevano il salario di 1500 euro (esclusi disoccupati e incapienti) gli permise di ottenere il 40% dei consensi alle europee del 2014. Da quel momento cominciò a montarsi la testa mostrando una grande fretta nella realizzazione delle riforme eterodirette, ponendosi come l’uomo solo al comando e attivando una comunicazione piuttosto guascona, atteggiamenti assolutamente inediti nella tradizione del PD. Considerando assolutamente marginale e non meritevole di attenzione l’opposizione interna che, a suo dire, gufava per impedire la realizzazione delle magnifiche sorti e progressive, ne favorì la graduale fuoriuscita dal partito per avere campo libero, senza zavorre, nella realizzazione del suo sogno di cui sopra. Da quel momento sono iniziati i risultati deludenti e le sconfitte a tutte le consultazioni elettorali perché con i deputati cominciavano a lasciare il partito sindaci, amministratori locali e parte dell’elettorato sempre più frastornato per riforme come la buona scuola, il jobs act ecc. 

Ma il momento clou del suo declino lo segnò l’esito del referendum costituzionale del 4 Dicembre scorso e, successivamente, la parziale bocciatura da parte della Consulta della riforma elettorale che avrebbe dovuto essere il coronamento dell’opera. Sul Referendum si buttò sconsideratamente, lancia in resta - qui si fa l’Italia o si muore - usando tutti i mezzi, più o meno leciti, per quel SI che lo avrebbe incoronato dominus dell’Italia per parecchi decenni. Ma l’aggregarsi contro il suo PD di tutte le forze parlamentari, di tanti costituzionalisti critici sulla riforma, di un’opinione pubblica timorosa e preoccupata per lo stravolgimento della Carta operato attraverso una riforma fatta passare con voto di fiducia, ne decretarono il fallimento per 60% a 40%.
Lui si dimise da Presidente del Consiglio passando la mano al fidato Gentiloni, mantenendo quasi per intero la rappresentanza PD in Consiglio, compresa la Responsabile delle riforme passata ad altro incarico, e tenendo per sé la Segreteria del Partito. Lo stile diverso del nuovo premier durante l’anno in corso ha fornito a quest’ultimo riconoscimenti e stima creando preoccupazione nel Segretario che sentiva minacciata la sua leadership. Il conflitto maggiore c’è stato all'atto del rinnovo della carica al Governatore della Banca d’Italia e in occasione del voto sulla nuova, pessima riforma elettorale, sulla quale il governo ha dovuto imporre la questione di fiducia. 


Questo, secondo me, rappresenta l’apice del cupio dissolvi renziano. La Riforma elettorale, detta anche Rosatellum 2.0, fortemente voluta dal Pd e sostenuta da una destra rampante in attesa di rivincita, non garantisce agli elettori libertà di scelta e neanche governabilità, favorisce le alleanze prima e dopo le elezioni e sembra avere due obiettivi sicuri: tenere fuori dai giochi chi non intende coalizzarsi (vedi 5 stelle) e predeterminare la possibile grande coalizione Berlusconi - Renzi a esito elettorale raggiunto. 
Ma il risultato elettorale in Sicilia mostra come il tridente della destra riunita vinca a man bassa, il Movimento 5 stelle, pur con ottima performance, debba accontentarsi di un piazzamento d’onore mentre il cosiddetto centro-sinistra esca spaccato e con le ossa rotte.

Davanti a tanta debacle, consapevoli solo ora degli effetti disastrosi per le prossime politiche della legge costituzionale appena approvata, i piddini cercano di correre ai ripari, pronti a reimbarcare i transfughi senza condizioni e senza veti. A me sembra veramente troppo tardi. E’ ora che nasca dal basso una sinistra credibile che recuperi i suoi valori originali, che non pensi a giochi tattici per le prossime elezioni ma si impegni a rappresentare in tutte le sedi i problemi, i sogni e le speranze di un popolo di sinistra alla diaspora. Mi auguro che questa sinistra, ormai fuori dal Pd, riscopra la propria anima unitaria e torni ad essere credibile. 
Allo stato attuale, siccome il PD di Renzi sembra coincidere sempre più con il suo giglio magico con qualche fogliolina di contorno, c'è da prevedere che la prossima consultazione elettorale vedrà in campo, in uno scontro epocale, il vecchio che più vecchio non si può, già sperimentato per troppi anni al governo del paese, e il nuovo che ha dato solo prove marginali. 
Sembra difficile stabilire chi vincerà, ancora più difficile capire chi andrà a governare questo Paese martoriato e tragicamente senza futuro. 

Ecco la risposta da sinistra ad un Pd che sente di essere giunto al terminale 
Tutto questo agitarsi nel Pd per costruire una coalizione con la sinistra, solo ora, quando si rende palese la loro futura sconfitta è davvero penoso. Sono passati cinque lunghi anni in cui in tutti i modi abbiamo chiesto al governo di fare qualcosa di utile per i più deboli, per i precari, per l’ambiente di questo nostro paese. La risposta era sempre la stessa: va tutto bene così. Emendamenti sempre bocciati, proposte di legge ignorate, insulti quotidiani.
E ora che quasi nulla, in così tanto tempo, è stato fatto per la nostra gente; e ora che così tanto è stato fatto per assicurazioni, banche, grandi poteri economici, secondo loro noi dovremmo fare una coalizione per salvare i loro seggi nei collegi. Siamo quasi all'offesa, nel senso che si offende l’intelligenza della sinistra e degli elettori.
Al Ministro Orlando che dice che senza un’alleanza a sinistra il Pd perderebbe la sua missione, vorrei poter dire che quella missione non è solo già smarrita, ma è completamente fallita. È fallita con questi dieci anni di crisi, in cui il Pd si è progressivamente sempre più spostato dalla parte di interessi diversi da quelli del bene comune.
Ora game over. Noi giochiamo un’altra partita e con un’altra missione, ricostruire una sinistra popolare per riconquistare quei diritti e quelle libertà negati da un mercato senza regole, senza i quali, come si vede, l’Italia diventa ogni giorno un paese peggiore.
Elisabetta Piccolotti




Perché la Sinistra deve stare ferma un giro


Come funziona il Rosatellum

01 dicembre 2016

Il 4 dicembre si vota RENZI SI o RENZI NO

Ho trovato questa riflessione su una pagina di Facebook e la rilancio perché la condivido totalmente, eccezione fatta per l'espressione Re dei Delinquenti che avrebbe bisogno di un pronunciamento della magistratura per essere utilizzata. 




Volevo evidenziare un aspetto che, ad oggi, non ho ancora letto da nessuna parte, a meno che non mi sia perso qualche cosa nel frattempo.
Si susseguono i post che invitano a "capirne di più", a ricondurre la discussione "sul merito della riforma", a non "personalizzare" il voto pro o contro Renzi o il governo per mero tifo politico.
Premesso che chi vi parla, come sempre fa, si è andato a ricercare ogni possibile e affidabile documentazione per analizzare i pro e i contro di questa riforma e l'ha quindi trovata una vera e propria "schiforma", come giustamente è stata definita, il punto, forse più importante ai fini del nostro personale futuro e quindi della nostra nazione, è un altro, a mio avviso.
Renzi, fin dall'inizio e oserei dire giustamente e furbescamente, ha voluto personalizzare questa sfida e, così facendo, proprio lui ci ha dato la vera chiave di lettura dell' "evento referendario".
Il 4 dicembre non si vota solo una riforma, si vota Renzi SI o Renzi NO, inutile nascondercelo. Perchè, se vince il SI, il Narciso toscano non lo fermiamo più! Per due motivi. Il primo è che lui potrà così dimostrare ai suoi "padroni" che ha fatto diligentemente e con bravura i compiti assegnatigli e quindi accrescere la loro fiducia in lui, caricandolo di altre "incombenze" per accelerare il progetto di sottomissione dell'Italia; infatti, c'è molto da fare ancora, non crediate che sia finita qui, perchè il Re dei Delinquenti ha avuto ampio e preciso mandato e questa schiforma è solo l' INIZIO DEL TUTTO.
Il secondo motivo, per un malato di narcismo come lui, è che si crederà invincibile, intoccabile e, purtroppo per noi...infallibile.
Provate solo a immaginare il fatto che una tale iattura umana, purtroppo a noi capitata e a noi imposta dall'alto, si troverà LEGITTIMATA DA UN QUESITO REFERENDARIO, per alcuni versi più importante di una consultazione elettorale politica, per via dell'espressione diretta della volontà popolare.
Una tale legittimazione lo esalterà ben più di quanto non lo sia mai stato, abbatterà i suoi avversari esterni e, soprattutto, quelli interni al suo stesso partito e gli farà avere ancora più gente alla sua Corte dei Miracoli.
A questo punto, non solo non lo fermeremo più nell'opera di devastazione già iniziata dal Terminator Monti, ma lo faremo arrivare all'appuntamento politico delle elezioni 2018 "più forte e più bello che pria" (per parafrasare un noto sketch di Petrolini, ndr).
Quindi, cari amici, soprattutto voi che avete ancora dubbi, inutile che perdiate il vostro tempo per capirne di più sulla schiforma.
Qui è in ballo il nostro futuro, la nostra futura condizione di schiavi o di liberi.
Seguite lo stesso consiglio del Re dei Delinquenti: "o con me o contro di me". Dopo di che, dovrete semplicemente interrogarvi se siete pro o contro Renzi, cioè se ritenete quest'uomo (si fa per dire, ndr) degno di voi, del vostro essere italiani e soprattutto compatibile con la costruzione di un futuro migliore per noi tutti.
Dopo di che...decidete pure.
Io ho già deciso da tempo: #IovotoNO

08 novembre 2016

IL MIO NO AL REFERENDUM DEL 4 DICEMBRE


Avrei voluto scrivere le ragioni che mi spingono a votare e far votare NO al referendum costituzionale. Ma sull'argomento è stato già detto e scritto tutto o quasi; anche sulle risibili ragioni del SI.
Non so come finirà il 4 Dicembre: sebbene i sondaggi continuino a dare il NO in vantaggio, temo che la cosiddetta maggioranza di governo non lascerà nulla di intentato per ottenere il tanto sospirato risultato, sarebbe in grado di fare carte false pur di raggiungere il suo scopo. 
In proposito ritengo che occorra stare con gli occhi ben aperti ai seggi perché il voto dei cittadini possa essere veramente libero da ogni e qualsiasi condizionamento. 
L'esito si giocherà su una mangiata di voti! 

Non volendo ripetere in modo approssimativo quanto già detto e scritto con efficace puntualità da illustri e benemeriti costituzionalisti, mi limito a pubblicare qui la Lettera a mia figlia elettrice sul perché voterò No, di Arturo Primavera 

E la offro come argomento di riflessione a mia figlia, ai miei nipoti e ai tanti giovani italiani confusi e disorientati da una propaganda frastornante e senza ritegno. 
Ma penso anche ai tanti anziani che in questa bolgia fuorviante ritengono di non presentarsi al seggio lasciando agli altri di decidere per loro. 


Mi chiedi perché al referendum, voterò no alla riforma costituzionale? Ti chiedi perché, al contrario, tanti tuoi amici, i più giovani, si aspettino molto dalle recenti modifiche, soprattutto da quelle che riguardano il Senato, le uniche – in pratica - ad essere rese note a un’opinione pubblica più interessata a un presunta futura riduzione dei “costi della politica” che conscia delle reali conseguenze delle riforme? Perché molti di loro dicono che bisogna “cambiare”, senza precisare perché?
Ci sono vari spunti di riflessione, di diversa natura, che spesso si intersecano gli uni con gli altri: cercherò di trasformarli in argomenti, per quanto personalissimi, e comunque legati alla mia non professionale conoscenza della materia.
Sia bene inteso, non ho mie soluzioni per i problemi, reali o presunti che questa riforma, secondo i suoi ideatori, risolverebbe. Ma sai pure che non sono un conservatore, amante e “lodator del tempo passato”, in maniera pregiudiziale: il cambiamento mi sembra, invece, insito nella natura e nel mondo e quindi anche negli uomini: la storia umana è una lunga e continua transizione da uno stato all’altro, ma non sempre al meglio; ti basti pensare, ad esempio, agli orrori delle dittature e delle guerre del novecento. E allora, lungi da me ritenere che questa Costituzione, nata dalle ceneri della guerra e dopo le mostruosità del nazifascismo, possa essere millenaria o sia “la più bella del mondo”, come enfaticamente diceva qualche anno fa un noto comico che da ultimo ha voltato la gabbana, o sia la fonte perfetta e immodificabile della giustizia in terra: sarebbe solo ideologia, che, come puoi indovinare, sconfina quasi sempre nell’atto di fede e cioè in una sorta di religione; lasciamo questa a ciò che è rivelato, ma non a quanto viene dall’uomo. Noi dobbiamo cercare, più modestamente, di ragionare e capire se questa ulteriore riforma sia positiva o meno, nell’ottica generale che ogni cambiamento si debba fondare essenzialmente sul miglioramento dell’uomo.
Il primo motivo è talmente palese che bastano poche parole a spiegartelo: questa riforma è un vero e proprio passo indietro della democrazia, perché non consentirà ai cittadini di scegliere con elezioni dirette i membri di una delle camere, e quindi di un organo che, sia pure, in maniera limitata, e con diverse competenze, continuerà a far parte del potere legislativo.
In pratica l’esercizio del potere verrà di nuovo concentrato in pochi, anziché maggiormente diffuso tra i molti.
Chi vuole questo cambiamento è, per paradosso, un conservatore, mentre chi non lo vuole è un progressista.
E non stare a sentire quelli che dicono che comunque i membri del Senato saranno sempre di creazione popolare, in quanto nominati tra i consiglieri regionali e i sindaci, che a loro volta vengono eletti nelle amministrative. Una elezione non può essere bivalente: un candidato scelto come consigliere o come sindaco, perché dovrebbe star bene anche come senatore? Che efficacia può avere un voto del genere? E poi chi sceglierà i designati a prender parte del Senato? Non certo l’elettore in sede amministrativa, ma probabilmente il partito cui questi, gli eletti appartengono, che opterà per quelli più affidabili e legati alla segreteria politica, tempo per tempo dominante. E saranno liberi di poter decidere secondo coscienza, oppure saranno di volta in volta soggetti a interferenze e pressioni da parte dei vertici dei partiti?
E poi, dubito che questi consiglieri-sindaci/senatori saranno in grado di poter svolgere bene tutte e due le mansioni: anche se ‘tanto devono venire a Roma almeno una volta alla settimana’, non sono esonerati comunque dalla istruttoria e dalla preparazione dei lavori della camera di appartenenza; d’altra parte, specialmente se sindaci, non possono lasciare a metà il loro lavoro sul territorio.
Ma quale il motivo reale di tutto ciò? Non è il risparmio, che è ben poca cosa rispetto a quel che va perso; e non è nemmeno la semplificazione normativa, come puoi renderti conto, se provi a leggere la ridda di norme introdotte dal nuovo testo dell’art. 70.
A parer mio la vera posta in gioco è ben altra, se dai un’occhiata anche alle altre modifiche, alcune limitative della democrazia diretta, altre dell’autonomia regionale o, addirittura dei poteri del Presidente della Repubblica (e non trovi strano questo groviglio di riforme, proposte tutte insieme, da risolvere con un unico quesito?)
È invece la governabilità del Paese, vero mito di tutti i politici, che sarebbe ostacolata fin dalla nascita della Repubblica dalla pluralità delle forze politiche presenti nelle Camere, la cui dialettica ostacolerebbe una “stabile politica di governo”. Del resto politici appartenenti a un passato recente, che non puoi ricordare (vedi Craxi e Berlusconi), hanno spesso puntato sul controllo del dibattito parlamentare per l’approvazione di leggi, in materie delicate, quando l’opposizione diventava un serio ostacolo, e, gli stessi membri della maggioranza erano riottosi a seguire la politica del governo e si mettevano pure a votare contro (i c.d. franchi tiratori).
Ma siamo poi sicuri, che, in definitiva, la governabilità corrisponde a efficienza? Di che cosa? Nel fare veloci-veloci delle leggi per una più snella politica di governo? Hai visto, non molto tempo addietro, che quando una legge deve passare, tra fiducia, sedute fiume, tour de force, canguri, ghigliottine, voti palesi, ma anche segreti e in codice e cose simili, passa in un batter d’occhio anche oggi.
Tu pensi veramente che questo sia un vantaggio, dico, il fatto che una legge possa essere discussa in breve tempo, magari da una sola camera? E le varie leggi porcate, che sarebbero tutte passate tranquillamente (e velocemente)? È vero che è il Governo, quale espressione di una maggioranza politica, che dà l’indirizzo politico generale, ma è anche vero che è il Parlamento, nei suoi due rami, quale espressione anche delle minoranze, il vero fulcro del sistema (almeno nella democrazia che fondarono i Costituenti).
Sospetta, da ultimo, l’affermazione proveniente da qualche agenzia di valutazione finanziaria, che stigmatizzava, come dannosa per l’economia, la troppa libertà concessa ai popoli dalle costituzioni antifasciste: che, niente-niente, può far comodo una camera con poteri ridotti che approva, di fatto senza obiezioni, tutto quello che viene imposto dalla Commissione Europea (in nome del: ‘ce lo chiede l’Europa’), dai trattati internazionali (vedi il TTIP), da alleati più o meno invadenti, dalle multinazionali (che spesso sono dietro di questi)?
Tralascio le altre parti della riforma, ignote ai più, la cui attenzione è sempre indirizzata verso il “contenimento dei costi di funzionamento”: si disciplinano, tra l’altro, le materie più diverse, ché la riforma ritocca svariati istituti, che apparentemente, non sono correlati tra loro, come le modifiche relative all’elezione del Presidente della Repubblica e ai suoi poteri, o quelle che riguardano i giudici della Corte Costituzionale, o quelle relative al referendum abrogativo.
Oltre a quanto sopra, in maniera molto semplificata (nell’unico modo che so fare), mi sovvengono, naturalmente, altri argomenti, che hanno carattere più di metodo, al di là della condivisione o meno del contenuto.
In sintesi trovo assurdo il fatto che queste modifiche, vengano proposte, tra l’altro quasi come una condizione assoluta, direttamente da parte di un governo, nominato a seguito di intrighi di palazzo, e sia stata votata dalla maggioranza che lo sostiene, fatta di parlamentari di varia e precaria provenienza, eletti sulla base di una legge successivamente dichiarata incostituzionale e ciò in un momento in cui le priorità del paese sembrano essere altre.
Vorrei che tu ti soffermassi, anzitutto, sul fatto che la riforma sia stata proposta dal Governo: di norma le modifiche alla Costituzione, soprattutto di sì gran peso, devono rispondere ad una esigenza generale, ad un idem sentire della stragrande maggioranza dei cittadini e dalla quasi totalità delle forze politiche che li rappresentano. Dovrebbero essere il frutto di anni di dibattiti, di studi, di lotte e comunque sono un risultato condiviso di istanze nuove e reali, e perciò comuni a tutti.
Ha di norma un’origine parlamentare o addirittura è frutto di un sentimento popolare, diffuso, più o meno formalizzato.
Nel nostro caso la riforma viene calata dall’alto e la sua approvazione posta addirittura come condizione di permanenza del Presidente del Consiglio, cioè del Governo, cioè della maggioranza di governo, cioè, in definitiva delle Camere, sulle quali pende il rischio di elezioni anticipate, questa volta sotto una nuova legge elettorale, che potrebbe riservare delle sorprese: chi sa quanti personaggi, che attualmente occupano gli scranni del Parlamento, dopo aver cambiato più volte casacca, verrebbero riconfermati da un elettorato non più disposto a farsi prendere in giro?
Ma c’è dell’altro: la sintesi e la chiarezza sono una caratteristica della nostra Costituzione del 1948; il cui testo, prima della approvazione finale, è stato sottoposto ad una vera e propria revisione linguistica, al fine di consegnare ai cittadini un dispositivo corretto e chiaro; al contrario, alle poche e chiare parole utilizzate dai Costituenti, si sostituisce una cascata di articoli, di norme, commi, rimandi, di estrema farraginosità e complessità: immaginati la ridda di interpretazioni, che tutti, titolati e no, organi costituzionali e semplici cittadini, daranno a questa bella costruzione normativa, e i conflitti, i ricorsi, i processi, le sentenze, magari contrastanti, che spunteranno a seconda del punto di vista (e gli interessi) di chi legge il testo.
Questa riforma - ripeto - di fondamentale importanza, in quanto dalla sua introduzione, può derivare una nuova forma di stato, è stata votata, in tempi e a denti stretti, dalla sola maggioranza assoluta di Camera e Senato, e per questo viene sottoposta obbligatoriamente a un referendum: un anticorpo che i padri costituenti previdero a loro tempo, intuendo quali pericolose deviazioni avrebbero potuto portare le maggioranze che si sarebbero di volta in volta formate: spetta ora a noi, ancora una volta, il dover impedire che questa deriva possa essere portata a compimento. 



Leggi anche: Referendum, la percezione di un un cittadino qualunque sulle riforme renziane

22 ottobre 2016

REFERENDUM: BASTA UN SI O SERVE UN NO ?



Due eserciti in campo, più sui social che nella realtà, che attaccano senza esclusione di colpi l'avversario di turno, mentre il Paese va a catafascio senza possibilità di riscatto.
Si combatte ferocemente per sostenere le ragioni di un SI o un NO senza, spesso, conoscere la posta in campo.
Un campione che ha impostato la sua azione politica sul conflitto permanente con tutte le categorie che, di volta in volta, hanno ostacolato la sua ascesa al potere, ha deciso di affidare alla sua Riforma Costituzionale e al conseguente Referendum la funzione di Giudizio di Dio sul proprio operato e sulla sua stessa persona. 
Dall'altra parte un composito schieramento che raccoglie tutte le opposizioni sostenute da illustri costituzionalisti che, mentre discettano sul merito della riforma di per sé confusa e non in grado di snellire il procedimento legislativo, sembrano covare il retro-pensiero di usare il Referendum per azzoppare il premier e rimescolare le carte.
In mezzo sta una popolazione  spesso incerta e frastornata, divisa in fazioni come allo stadio, che fa il tifo per l'uno o per l'altro schieramento. Con strascichi di ostilità fra posizioni diverse anche all'interno delle famiglie. 
Fino al 4 Dicembre assisteremo a un'escalation di aggressività polemica, con il premier che prometterà mari e monti per quanti 'basta un sì' e gli altri che sostengono 'l'Italia giusta vota no'.
Comunque finirà, saranno sfracelli e penso che, a parte una minoranza di elettori che esprimerà un voto consapevole sul merito, i più daranno un giudizio pro o contro Renzi, le sue riforme e il suo modo di governare. 

A scanso di equivoci, io voterò NO perché la riforma mi sembra confusa, pasticciata e non in grado di ottenere i risultati annunciati dai proponenti.
Ma non nascondo che nutro la speranza che il NO serva anche a riportare con i piedi per terra questo Esecutivo tanto autoreferenziale in modo che, finalmente, esca dalla propaganda demagogica e cominci ad affrontare i reali problemi del Paese. 

01 febbraio 2015

MATTARELLA PRESIDENTE. Prime impressioni

Mi piace che per la prima volta un siciliano onesto raggiunga la massima carica istituzionale. 
Apprezzo molto del nuovo Presidente la grande sobrietà, la semplicità dei modi, la pacatezza. (Doti che lo rendono distante anni luce dalla sguaiatezza che rasenta la cialtroneria di leader come Renzi, Berlusconi, Grillo e Salvini). 

La prima dichiarazione all'atto della comunicazione della sua elezione - Il pensiero va soprattutto e anzitutto alle difficoltà e alle speranze dei nostri concittadini. E' sufficiente questo" - gli fa onore e sembra contenere, nella sua semplicità, un impegno e un progetto di vasta portata. 

Il primo atto, la visita alle Fosse ardeatine, marca la sua profonda fede democratica e il suo impegno nella lotta alle attuali folli manifestazioni di terrorismo. 



Mi piace inoltre il suo energico impegno contro la mafia avendo assistito di persona il fratello Piersanti negli ultimi istanti di vita dopo un attentato mafioso e avendone ereditato il patrimonio morale. 
Sarà un buon Presidente, lo vedremo all'opera. 

Unica nota curiosa: nel corso della terza votazione, alla vigilia dell'elezione di Mattarella, il forte vento che soffia sulla Capitale stacca la bandiera tricolore sventolante sul torrino del Quirinale facendola ammainare alla base del supporto. Gli àuguri di una volta ne avrebbero tratto interpretazioni fosche; noi immaginiamo, invece, che la gestione del nuovo Presidente potrà essere contrastata (ma non sconfitta) per la sua intransigenza sui principi e il suo rigore morale. 

Auguri Presidente, buon lavoro!            

25 febbraio 2014

Oggi voglio parlare di Pippo Pollina

Nel giorno in cui il PD, Berlusconi e il Parlamento affidano il Governo dell'Italia a Matteo Renzi, presentandocelo come l'ultima risorsa per questo Paese disastrato (salvo buttarlo a mare se fallirà), non riuscendo a stemperare la mia grande delusione venata di pessimismo, preferisco pensare ad altro e, per distrarmi, accetto di riproporre questa intervista telefonica a Pippo Pollina, pubblicata da un'amica comune su laspeziaoggi.it.






Pippo Pollina parla di sé, di politica e di musica, di Claudia Bertanza 
Giuseppe Pollina, in arte Pippo, (Lo sconosciuto che all’estero adorano) ha da poco pubblicato un nuovo cd, “L’appartenenza” ed è in tour con il Palermo Acoustic Quintet. A giorni arriverà in Italia (il 27 febbraio a Torino,  Teatro Dopo Lavoro Ferroviario, il 28 a Cattolica, Teatro della Regina, il 1° marzo a Verona,  Teatro Nuovo e il 2 marzo a Firenze Teatro Puccini). Lo raggiungo telefonicamente mentre sta tornando a casa sua, a Zurigo, per un giorno di riposo. Prima di venire in Italia, lo aspettano Salisburgo (il 25) e Innsbruck (il 26). Pippo è soddisfatto, il tour sta andando molto bene. 
Signor Pollina, lei vive fuori dall’Italia ormai da 30 anni. Tornerebbe a vivere qui?
No, decisamente. La vedo molto brutta per l’Italia, ma non tornerei soprattutto perché ormai la mia vita è qui, ci sono ragioni strettamente personali e poi sono abituato a un altro modo di vivere. 
E se i suoi figli decidessero di trasferirsi in Italia?
Augurerei loro buona fortuna, non mi sentirei di sconsigliarglielo. Se vogliono farlo, lo facciano pure. 
Perché, secondo lei, in Italia non riesce a “sfondare” del tutto?
Non ho un pubblico abbastanza numeroso da consentirmi di fare “il salto”, sono poco adatto e poco tipico per il grande pubblico. La mia sensibilità attrae una minoranza, ma la cosa positiva è che il mio è un pubblico fedele, non volubile come spesso accade in Italia. La fedeltà è più caratteristica del pubblico del Nord Europa, ma il mio pubblico, una volta che mi conosce, non mi lascia più. 
Zurigo, la sua città adottiva, le ha tributato, nel maggio scorso, una 3 giorni di concerti per i suoi 50 anni. A Palermo non ha organizzato nulla: potrebbe pensarci per i suoi 55 o 60 anni?  
No, è ancora lontano nel tempo per pensarci. Comunque non ci sono rimasto male, a Palermo ho un pubblico di 400-500 persone, troppo poche per un’organizzazione come quella di Zurigo, non c’erano i presupposti.
Parliamo di Sanremo. Lei si presentò alle selezioni, ma le sue canzoni furono bocciate. Vista la qualità delle canzoni, considerata bassa, le sarebbe piaciuto partecipare comunque o è felice che sia andata così?
Confermo la bassa qualità delle canzoni. In realtà a me non sarebbe realmente piaciuto partecipare, ma ho pensato, consigliato anche dai miei musicisti, che potesse essere utile, funzionale al mio successo in Italia. Ma sapevo già che non sarei passato, a Sanremo vai se sei in un certo giro, se conosci le persone giuste. 
Lei ha fatto molti duetti. C’è un artista con il quale le piacerebbe duettare?
Sì, Leonard Cohen. Altri al momento non me ne vengono in mente. Ci sono tanti bravi artisti, ma ho in mente solo lui. 
Se oggi dovesse scrivere un disco come “Ultimo volo” (opera dedicata alla strage di Ustica) c’è un avvenimento della storia italiana a cui vorrebbe dedicarlo?
No, non c’ho mai pensato. A certi dischi pensi quando hai del materiale, quando ti fanno una proposta. Certo nella storia italiana c’è tanto di cui scrivere e cantare, ad esempio tutto il discorso sulla Trattativa Stato-mafia. 
Ci dice qualcosa del suo ultimo disco?
E’ una sorta di riepilogo, che avevo in mente già da qualche tempo. Dopo la festa per i miei 50 anni, ho deciso che era il momento di scriverlo, è assieme un inizio e una fine. E “appartenenza” è una parola importante. Questo è un disco importante. 
Tra le canzoni che ha scritto, ce n’è una di cui va particolarmente fiero? E una di cui si vergogna?
Né l’una né l’altra. Ho canzoni che mi piacciono di più e altre che oggi non riscriverei, ma non faccio particolari diversificazioni tra loro.  
Parliamo di politica. Lei è di sinistra. Si riconosce nella sinistra di oggi?
No. Ho sempre votato i partiti minori, come Democrazia Proletaria, poi ho aderito al progetto della Rete (con Orlando, Dalla Chiesa, Fava), progetto che durò poco. Dopo essere stato del tempo senza votare, ho votato poi Rivoluzione Civile. Ma perdo sempre.  
Cosa ne pensa del Governo Renzi?
Mi ricordo un’intervista a Matteo Renzi di qualche tempo fa, in cui diceva  che gli sarebbe piaciuto diventare Presidente del Consiglio, ma solo tramite elezioni. Per me basta già questo, per presentarlo. Poi per carità, speriamo faccia cose buone per l’Italia. 
Qualche tempo fa ha gettato nello sconforto i suoi fan di FaceBook, annunciando un ritiro dalle scene temporaneo, che qualcuno scambiò per definitivo. E’ sempre di quell’idea?
Certamente. Finito questo tour, che durerà un anno e mezzo, mi prenderò una pausa, non so quanto lunga. Il giorno in cui mi ritirerò (e succederà) lo farò senza fare grandi annunci, almeno all’inizio. Credo siano scelte personali, da non sbandierare. Poi, siccome sicuramente qualcuno si chiederà dove sono finito, allora lo dirò.  
Pippo è in viaggio, la linea è un po’ disturbata, lo ringrazio, lo saluto e gli auguro in bocca al lupo per il tour. E gli dico che spero che il suo ritiro definitivo dalle scene sia ancora molto lontano nel tempo. (Claudia Bertanza)






Leggi anche:
Pippo Pollina - L’Appartenenza
pippopollina.com

19 gennaio 2014

Lo spregiudicato che chiama il pregiudicato a fare le riforme

Non si era ancora vista una cosa del genere. Ma in questo paese tutto è possibile. Anche che un segretario PD, democraticamente eletto, chiami l'uomo che ha sgovernato l'Italia per anni, condannato per frode fiscale, falso in bilancio, appropriazione indebita, prostituzione minorile, concussione aggravata; sotto processo per corruzione e diffamazione aggravata; in attesa di essere assegnato ai servizi sociali o ai domiciliari, a fare le riforme da tempo attese - legge elettorale compresa - dopo la cancellazione da parte della Consulta del porcellum dallo stesso prodotto. 

Complimenti e auguri! 


I buontemponi lo chiamano pragmatismo, a me sembra becero azzardo o cinismo babbeo. 



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Umiliante Sintonia di Norma Rangeri


15 dicembre 2013

Cerco me stesso ...

Questa vignetta di Altan mi ha dato l'estro per il post di oggi. Nella baraonda di questa politica gridata, che fa ammuina per non mettere in atto le cose che servono veramente ai cittadini e al Paese - forse perché non ne ha più il tempo - mi sono perso e non so più in quale direzione mi muovo. 

Grillo spara contro tutto e tutti; Letta mette in campo lo stop ai rimborsi elettorali per decreto "come cibo in pasto al leoni nel Colosseo" (leggi intervista a Fabrizio Barca su Repubblica e il Fatto Quotidiano); Berlusconi, condannato da mesi ed estromesso dal Senato da settimane, invece che essere costretto ai servizi sociali o ai domiciliari, incontra i suoi fans, grida al colpo di stato in atto e sembra quasi evocarlo simpatizzando con i forconi e con Grillo, spara le sue ultime cartucce nel patetico tentativo di riconquistare l'onda. 
Poi c'è Renzi che parla, parla molto per slogan e per immagini accattivanti ma sfiderei i suoi fans a ricordare cosa in concreto pensa di fare. 
E siamo già a Natale e il 2014 bussa alle porte! 


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Un paese che perde il senso delle parole di Eugenio Scalfari

28 novembre 2013

Non riesco a gioire per l'esito del voto di ieri in Senato


Non riesco assolutamente a gioire per l'esito del voto di ieri in Senato. Sia perchè non mi va di sputare vilmente sul decaduto sia perché trovo che non ci sia niente di cui godere. 

C'è stata semplicemente la presa d'atto definitiva che un uomo condannato in terzo grado per frode fiscale non possa sedere nell'alto consesso dei rappresentanti del popolo, si trattasse anche di chi per 20 anni ha occupato le istituzioni del Paese piegandole ai suoi personali interessi. 


Quello che invece non finisce di sorprendermi è il fatto che ci siano ancora tanti italiani che gli perdonano tutto, tanti sostenitori che si aggrappano sugli specchi per difenderlo, tante sostenitrici che si vestono al lutto per dire che con lui muore la democrazia, che parlano di colpo di stato, di plotone di esecuzione. E poi quell'ignobile ricorrente parallelo tra magistrati e brigate rosse!

Questo blog è testimonianza appassionata e puntuale delle nefandezze perpetrate dall'uomo e dai suoi accoliti ai danni del Paese. Oggi mi auguro che si possano presto liberare i luoghi istituzionali da quanti, nominati, vi siedono indegnamente; che il bene dell'Italia e il suo futuro torni ad essere impegno primario di chi ci rappresenta e governa. 

22 novembre 2013

Votare PD? Qualcuno dovrebbe fornirmi almeno una buona ragione.

Qualcuno dovrebbe fornirmi almeno una buona ragione per continuare a votare Pd dopo che 101 dei suoi grandi elettori hanno impallinato il fondatore del partito che avevano indicato come candidato alla presidenza della Repubblica; dopo che ha creato le condizioni per il governo delle larghe intese Letta-Letta; dopo che, pur con i naturali distinguo di rito, ha votato contro la  sfiducia a una ministra impresentabile come la Cancellieri. 


Il Pd mi sembra ormai un partito inemendabile, qualunque cosa Renzi dica o dica di voler fare. Mi aspetto che finisca al macero come presto succederà al famigerato competitore cui per troppo tempo ha tenuto bordone.

07 novembre 2013

Il poveretto sa bene che è finita ...!


Il poveretto sa bene che è finita, non riesce più ad attirare l'attenzione, nemmeno dei suoi. Perciò è costretto a spararla sempre più grossa nella speranza che qualcuno abbocchi. 
Prima ha fatto sapere a Napolitano che è ancora in tempo a concedergli la grazia, ma l'altro ha fatto orecchio da mercante; poi ha fatto paragonare il caso Cancellieri a quello suo con Ruby tirando fuori quella dei due pesi e due misure ma nessuno gli ha dato retta; infine il suo fedele scudiero, quel tal Bondi, ha dichiarato di essere pronto ad uscire dal partito nel caso il parlamento votasse la decadenza del suo signore, producendo solo una grande ilarità. 


Ma adesso ci siamo, paragonando i suoi figli agli Ebrei sotto Hitler ha raggiunto lo scopo, tutti parlano di lui e della sua famiglia in pena e lo stesso Napolitano si dice SBIGOTTITO. 








Marco Travaglio la vede così: 

La soluzione finale 



Cos’è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione”. Parola dell’architetto Rambaldo Melandri in Amici mieiatto II di Mario Monicelli. Anche Berlusconi però non scherza. Dal 13 agosto Napolitano non vede l’ora di dargli la grazia, gli spiega come fare, lo prega almeno di chiedergliela, poi basta che sconti un giorno di servizi sociali ed è fatta. Intanto la maggioranza di larghe intese, ma soprattutto di lunghe attese, ha trasformato il voto sulla decadenza in una telenovela talmente noiosa e a tratti odiosa (vedi il cambio delle regole sul voto palese) che qualcuno potrebbe financo 
scambiarlo per un perseguitato politico. Insomma, ci eravamo quasi. Poi gli piomba in casa Bruno Vespa per raccogliere le sue ultime volontà da stampare nel nuovo (si fa per dire) libro, che come di consueto esce quotidianamente sui giornali per mesi e mesi, a rate, in ghiotte dispense dette “anticipazioni”. E lui se ne esce con quello strepitoso paragone fra i suoi figli e “le famiglie ebree durante il regime di Hitler”. Così s’incazzano tutti e non se ne fa più nulla. Va detto, a parziale discolpa, che l’uomo dai sette nei ci ha messo del suo, profittando della demenza senile del pover’ometto. 
Le cose potrebbero essersi svolte così. Il Cainano, davanti all’insetto, attacca la solita pippa sulla persecuzione e si paragona un’altra volta a Tortora. Vespa fa notare che l’ha già detto mille volte: è un déja vu, non fa notizia, non dà scandalo, nessuno lo riprende. E il libro bisogna pur che qualcuno lo compri: lo vuole lui, ma pure la Mondadori. Ci vorrebbe qualcosa di più forte. 
“E se paragonassi i miei processi alla Shoah e i miei figli agli ebrei nei forni crematori?”. “Ecco, così va meglio, però sa, presidente, non vorrei che i suoi figli se ne avessero a male”. “Ma figurati, Bruno, sono vent’anni che giuro sulle loro teste certe cazzate da fargli venire la dissenteria cronica. Tranquillo, se dicono qualcosa li diseredo. Allora siamo d’accordo: i giudici come Hitler, il Pd come i nazisti, Marina e Piersilvio come gli ebrei nei lager. Mettila giù bene. Così giornali e tv abboccano, e magari pure qualche lettore. Naturalmente i miei diranno che ho ragione io, che il paragone regge, anzi sono stato troppo buono. E, se qualcuno si dovesse offendere (ma non credo: gli ebrei li hanno gasati tutti, no? ahah), faccio la solita smentita e dico che mi hanno frainteso, così se ne parla due volte e le vendite schizzano”. Cos’è il genio? Appunto.  


La scena ne ricorda un’altra, subito dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, mentre l’Occidente preparava l’attacco all’Afghanistan. Per rassicurare gli arabi che non ce l’aveva con l’Islam, ma solo con al Qaeda, Bush abbracciava due o tre imam al giorno e visitava a tappeto tutte le moschee d’America. Poi intervenne il nostro. Il 26 settembre, in visita a Berlino, sparò davanti alle telecamere di tutto il mondo: “Noi dobbiamo essere consapevoli della superiorità della nostra civiltà, che ha dato luogo al benessere e al rispetto dei diritti umani, religiosi e politici. Un rispetto che certamente non esiste nei paesi dell’Islam. Dobbiamo evitare di mettere le due civiltà, quella islamica e quella nostra, sullo stesso piano. La libertà non è patrimonio della civiltà islamica... La nostra civiltà deve estendere a chi è fermo ad almeno 1400 anni fa i benefìci e le conquiste che l’Occidente conosce... L’Occidente è destinato a occidentalizzare e a conquistare i popoli. L’ha fatto con il mondo comunista e l’ha fatto con una parte del mondo islamico”. Nel giro di cinque minuti presero le distanze tutti i Paesi occidentali, la Lega Araba e tutti i governi islamici dell’orbe terracqueo chiesero le scuse dell’Italia. Fu allora che Stefano Disegni, in una vignetta memorabile, ritrasse la fine del mondo con un paesaggio di rovine fumanti e due soli sopravvissuti: un mostriciattolo verde con due trombe al posto del naso, e il figlio. “Papà, ma come finì il pianeta Terra?”. “Niente, Bin Laden stava trattando, poi Berlusconi per sdrammatizzare raccontò quella dell’araba pompinara...”. 

03 ottobre 2013

La plateale sconfitta del Cav. e un'ipotetica, dignitosa via d'uscita

Se Berlusconi fosse uomo di Stato, rispettoso delle istituzione e dell'autonomia dei poteri, avrebbe da tempo lasciato il seggio in senato e favorito un naturale, pacifico avvicendamento nel suo partito. 




La sua clownesca piroetta di ieri in senato lo mostra sfiancato, alle corde, in un angolo; perdente rispetto all'ex delfino senza il quid che vince su tutta la linea. 


Quello che adesso gli rimane da fare seriamente, se fosse in grado di capire, sarebbe di uscire dignitosamente di scena, accettare l'esito dei suoi processi, impegnarsi a mantenere unita la sua creatura politica avviandola a diventare finalmente partito moderato di destra, liberale ed europeo. Così facendo limiterebbe i danni che ha prodotto e favorirebbe la nascita di qualcosa di utile e positivo dalle macerie che ha disseminato ovunque. Ne sarà capace? 

29 settembre 2013

Il Caimano è finito!

E per sua stessa improvvida decisione 



Il 4 maggio 2013 nel post Questo blog si sospende ...! scrivevo: 
Questo blog ha seguito passo passo lo sfacelo prodotto nella politica, nella società, nell'economia e nel costume dalla presenza di Berlusconi e del suo partito personale nella vita pubblica. Adesso si sospende, fino a quando non potrà annunciare con gioia che l'insopportabile anomalia sia stata definitivamente cancellata. A presto! 


Oggi riprendo la pubblicazione, convinto come sono, che la storia non torna indietro e che il Caimano può ancora comandare su quella parte di servi disposta a seguirlo nel suo disperato azzardo: ritirare dal governo di cui fa parte - ultima sponda per una destra impresentabile - la delegazione PDL e andare ad elezioni anticipate. Per la ragione che il governo e il Presidente Napolitano non si starebbero impegnando sufficientemente a facilitare la sua 'agibilità politica' contro la magistratura 'rossa' che lo perseguita. 

Alla viglilia del suo 77° compleanno - (le gambe delle donne) il Caimano rovescia il tavolo e decide l'azzardo proposto dalla Pitonessa assieme a Verdini, riprendendo il solito attacco ai mulini a vento. Ma questa volta non potrà che soccombere: le condizioni disastrose in cui versa il Paese non gli consentiranno di aprire una campagna elettorale a pochi mesi dall'inizio della legislatura. E un governo senza di lui e dei suoi servi farà quelle cose che appaiono improcrastinabili agli occhi di tutti, con buona pace per i suoi problemi giudiziari.

29 giugno 2013

L'Italia stregata da Berlusconi?

Sulla condizione attuale dell'Italia traggo da Facebook questa riflessione di Pippo Pollina che di primo acchito mi è sembrata ingenerosa e inutilmente pessimistica. Ma, riflettendoci su, penso di poterla condividere anche se ritengo ancora possibile rimanere in Italia e combattere affinché qualcosa cambi.
Leggo che Berlusconi , dopo la sentenza di primo grado del cosiddetto processo Rubi, vuole rifondare Forza Italia e "riscendere in campo". Poi penso che il PD governa insieme al suo partito dopo che gliene aveva detto peste e corna per decenni e che, nonostante questa evidente stortura che dovrebbe offendere i suoi elettori, i sondaggi lo danno quasi al 30 per cento. Bene, amici connazionali, io sono felice di non vivere più da decenni nel nostro paese. Felice di tornarvi di tanto in tanto e felice di scapparmene via poco dopo. L'Italia non cambierà mai. Tenetevela così in fondo sembra proprio che vi piaccia. p.
Con l'ultimo post del 4 Maggio scorso decidevo di non pubblicare più niente fino a quando non fosse uscito dalla scena politica italiana Berlusconi con il carico insostenibile dei suoi processi e del pesantissimo conflitto d'interessi. 
Ma non succede: l'uomo della provvidenza con tre condanne gravi addosso, di cui una in secondo grado, ha deciso di mantenersi in campo rifondando Forza Italia. 

Io non so come reagiranno, adesso, gli Italiani. Ma di una cosa sono certo: solo una sparuta minoranza di quanti lo sostengono, può ritenerlo innocente, desideroso di operare in politica nell'interesse del Paese, capace di rappresentare una risorsa per l'Italia; i più hanno tratto piccoli e grandi vantaggi dalla sua discesa in campo, e pensano di poterne ancora godere; infine ci sono quelli che lo hanno scelto come campione di immoralità e maestro di illegalità e pensano di potere più agevolmente vivere sotto il suo ombrello. 

20 aprile 2013

Quelli che dovevano smacchiare il giaguaro ...


Harakiri del primo partito italiano ovvero come ci si scioglie nell'acido muriatico dopo aver fatto fuori i propri leader. 

Il tutto sotto gli occhi divertiti e increduli dello stesso giaguaro. 

Complimenti per l'operazione assolutamente inedita, da Guinness dei Primati! 



18 aprile 2013

Bersani, questo no! Non ce lo puoi fare!

Condivido l'appello di Flores d’Arcais ai parlamentari PD, quello di Barbara Spinelli, Michele Serra e altri, quello di migliaia di cittadini elettori sui social network e sui forum di discussione perché si rimedi all'errore grossolano di Bersani che ha lasciato a Berlusconi la scelta del candidato al Quirinale.  

Questi alcuni commenti su facebook: 

Non esiste nessuna ragione perché il PD non voti Rodotà. I termini dell'accordo con il cavaliere sono chiarissimi: il colle in cambio dell'impunità. Così facendo il PD si impiccherà da solo perché come sempre prevarrà la sua anima inciucista. Sembrerebbe che il controllo di questo partito sia nelle mani del cavaliere che ci gioca come vuole e ottiene tutto ciò che gli fa comodo e utile. Ma questa volta l'errore gli costerà caro e il PD sparirà dalla scena politica perché l'abbraccio con il cavaliere, a partire dall'elezione del Presidente della Repubblica, rappresenterà l'atto di morte del PD. 


Il Pd si sta avviando verso il suicidio politico assistito 
Penso che la sinistra italiana non avrebbe saputo immaginare una fine più vergognosa di quella che sta scrivendo in queste ore ... 
Sto scorrendo la mia time line e ... tutti ma proprio tutti stanno criticando il Pd per la sua proposta shock con Marini presidente (Bersani sappilo!!!) 


L'accordo che sembra chiuso su Marini al Quirinale è una scelta gravissima. Sarebbe la vittoria della conservazione in un momento in cui avremmo bisogno di dimostrare coraggio, magari scegliendo una donna. A quanto pare, ci sono alcuni dirigenti che non resistono alla tentazione di consegnare il Paese a Berlusconi. Debora Serracchiani 

Parlamentari Pd, RIBELLATEVI! di Paolo Flores d’Arcais 
Bersani ha fatto scegliere a Berlusconi il nome del Presidente della Repubblica. Bersani ha così tradito il voto degli elettori del Pd. Parlamentari democratici che avete ancora un minimo di dignità, ribellatevi! Non limitatevi a NON votare Marini, votate Rodotà. Una personalità che come tutti voi sapete (e Bersani per primo) ha esattamente le caratteristiche oggi irrinunciabili per essere un intransigente Custode della Costituzione e dei suoi valori di giustizia e libertà. 
Rifiutare la candidatura di Rodotà (che è stato anche presidente del Pds, da cui è nato il Pd) solo perché avanzata dal M5S, dopo aver rimproverato Grillo perché non aveva il coraggio di proporre un nome, è un incomprensibile harakiri che rende plausibile ogni sospetto di ricattabilità del gruppo dirigente Pd, visto che sotto ogni profilo logico, etico e politico appoggiare Rodotà anziché far scegliere il Presidente a Berlusconi dovrebbe per il Pd andare da sé. 
Mi aspetto che le tante personalità che avevano firmato appelli per il voto al Pd non si iscrivano silenziosamente al partito di Ponzio Pilato, e levino una voce alta e chiara per dire il loro NO all’alleanza col Caimano e SÌ alla candidatura di Rodotà, uomo della legalità, dei diritti del lavoro, della cultura. 

Il momento è ora, votate Rodotà - Appello di Barbara Spinelli, Michele Serra e altri 
Chiediamo ai deputati e alla direzione del Partito Democratico di rompere ogni indugio e di votare fin dal primo scrutinio, per la Presidenza della Repubblica, Stefano Rodotà. Beppe Grillo ha annunciato che sarà lui il candidato del Movimento 5 Stelle, e allo stesso modo si è pronunciato Sel, organicamente legato al Pd e il cui parere non può in alcun modo esser trascurato dai Democratici. Stefano Rodotà è per la maggior parte degli italiani, e certamente per il vostro elettorato, un punto di riferimento ideale. Ha come bussola costante la Costituzione italiana e la Carta dei diritti europei, ha sempre avversato i compromessi con la corruzione, è uno dei più strenui difensori della libertà dell'informazione, compresa la libertà conquistata ed esercitata in rete. È un segno altamente positivo che il Movimento 5 Stelle l'abbia scelto come proprio candidato, ma Stefano Rodotà non è una sua invenzione. Il suo profilo è improntato a massima indipendenza, e le sue radici sono anche nella storia migliore della sinistra italiana. Non abbiate paura, votatelo con convinzione e fin da subito: sarete molto più credibili e forti se non tergiverserete, presi da timori di varia natura, e non accetterete in nessun caso candidati che dovessero nascere da un accordo con Berlusconi.
Ve lo chiediamo da cittadini, convinti che non sia ancora troppo tardi: non riconsegnate l'Italia al tragico ventennio dal quale cerchiamo faticosamente di uscire. Abbiate il coraggio di cominciare a costruire un futuro diverso. Il momento è ora. 

Quirinale, l'intesa su Marini spacca il centrosinistra 

14 aprile 2013

Con Prodi Presidente gli toccherebbe andare all'estero?


Mi chiedo cos'abbia da temere il Bullo da Arcore se Prodi venisse eletto Presidente della Repubblica. Ieri da Bari ha tuonato: con Prodi presidente ci toccherebbe andare all'estero.  

Non nascondo che l'ipotesi che lui con tutta la sua ignobile masnada possa andare presto all'estero non mi dispiacerebbe.  Ma continuo a non capire perché il pacione Prodi potrebbe avverare tale ipotesi. 

Personalmente al Quirinale preferirei nell'ordine Zagrebelsky, Rodotà, Caselli, Gabanelli, Imposimato. Ma l'idea che il Professore possa rappresentare la spina nel fianco per il Caimano mi solletica. E tuttavia ritengo che da buon cattolico saprebbe perdonare e pacificare, checché ne pensi il rivale di sempre che deve avere troppi sensi di colpa per temerlo tanto. 

06 aprile 2013

Identikit del prossimo Presidente della Repubblica

Mi auguro che il prossimo Presidente della Repubblica sia una donna, una vera democratica profondamente innamorata dell'Italia e della nostra Costituzione, capace di guardare al futuro del nostro Paese con gli occhi di una madre che pensa al domani dei propri figli, dotata di grande ottimismo e lungimiranza, con i piedi ben piantati per terra e lo sguardo rivolto verso l'alto, in grado di far rinascere la speranza in una popolazione offesa e delusa dalla mala politica. 

Il Parlamento ha nel suo seno gli uomini e le donne che potrebbero consentire all'Italia un bel salto di qualità attraverso l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica. 

30 marzo 2013

San Giorgio, pensaci tu!

Oggi finalmente, 5 settimane dopo il voto, alla vigilia di Pasqua, dopo una notte di riflessione, il grande vecchio, politico di razza e di lungo corso, indicherà il nome che darà un governo a questo paese disastrato. E poi dirà: adesso cavatevi da soli dai guai. Arrangiatevi, io ho fatto ciò che potevo e vado via. Non tiratemi più per la giacca! 

Anch'io riflettevo sulla drammatica situazione nella quale ci siamo cacciati. 
L'uomo della Provvidenza, quello sceso in campo vent'anni fa per rinnovare - a suo dire - il Paese e riformare la politica, è lì che cerca ancora un salvacondotto per sé e per le sue cose. 
I dirigenti del partito di sinistra, che più volte ha cambiato nome per non cambiare personale, per troppo tempo hanno trescato con lui allo scopo di rimanere a galla. 

La crisi, le politiche recessive e gli abusi della casta hanno prodotto una miscela tanto esplosiva da consentire ad un comico dal linguaggio truculento di raccogliere il voto di oltre 8 milioni di cittadini rabbiosi e indirizzarlo su illustri sconosciuti, con lo scopo dichiarato di cacciare vecchi notabili dalla stanza dei bottoni. Questi signor nessuno, giovani e incompetenti, hanno bloccato di fatto il Parlamento perché incapaci di fare scelte e di esprimere una linea politica, costretti come sono a seguire direttive esterne, perentorie e indiscutibili.  E siamo nella m.... come e più di prima! 



26 marzo 2013

Don Gallo contro la logica del peggio

Come si fa a non essere d'accordo con don Andrea Gallo che chiede a Grillo e al M5S di non tirarsi indietro di fronte ai gravi problemi che rischiano di fare affondare irreversibilmente il nostro Paese? 

Quell'espressione usata da don Gallo: non fare il padre eterno io, assieme a milioni di italiani, la tradurrei così: non fare ancora lo stronzo, l'hai fatto già abbastanza

E un'altra cosa possono e devono fare i parlamentari del M5S: indicare e sostenere con convinzione Rodotà, Zagrebelsky o un'altra personalità di uguale levatura intellettuale e morale alla presidenza della Repubblica, in modo da impedire che Berlusconi ottenga un presidente a sua immagine e somiglianza.  





Franco Battiato su Il Fatto Quotidiano: Beppe voti un governo, con Bersani o senza

L'appello di Fiorella Mannoia a Grillo

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