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Dedicato a quei pochi che non hanno perso, nella babele generale, la capacità e la voglia di riflettere e ragionare.
Consiglio, pertanto, di stare alla larga a quanti hanno la testa imbottita di frasi fatte e di pensieri preconfezionati; costoro cerchino altri lidi, altre fonti cui abbeverarsi.

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01 marzo 2016

SICILIA: territorio a perdere, popolato da ultrasessantenni, vecchi pensionati e badanti.


Principali indici demografici calcolati sulla popolazione residente in Sicilia (Dati ISTAT)
Anno     0-14 anni             15-64 anni           65+ anni               Tot. residenti    Età media
2002      848.993                3.275.431            841.245                4.965.669            39,1
2003      839.912                3.275.087            857.125                4.972.124            39,4
2004      832.533                3.298.410            872.319                5.003.262            39,6
2005      822.385                3.303.943            886.753                5.013.081            39,8
2006      811.484                3.303.844            901.884                5.017.212            40,1
2007      798.930                3.307.350            910.581                5.016.861            40,4
2008      786.933                3.325.126            917.624                5.029.683            40,6
2009      778.143                3.337.173            922.483                5.037.799            40,8
2010      772.193                3.342.440            928.359                5.042.992            41,0
2011      765.932                3.348.932            936.211                5.051.075            41,3
2012      744.793                3.309.268            945.793                4.999.854            41,7
2013      738.117                3.295.065            966.750                4.999.932            41,9
2014      744.022                3.352.167            998.748                5.094.937            42,1
2015      736.079                3.343.050          1.012.951               5.092.080            42,4

La suesposta tabella rende appena l'idea del progressivo invecchiamento della nostra popolazione e della fuga dei giovani (formati, laureati e non) verso il Nord e verso i più ricchi Paesi della CEE.
Solo oggi ho incontrato l'ennesimo giovane, medico mio conoscente, che, pur lavorando in provincia, ha deciso di trasferirsi nell'area di Bologna per seguire la moglie che, avendo ottenuto il ruolo come insegnante, non spera in un facile e veloce trasferimento in Sicilia. E poi considera la possibilità di dare un futuro ai figli in una zona più ricca di stimoli e opportunità. 

Questo, invece, il post appassionato che la cara amica Francesca dedica a suo padre in FB ricordando che la sorella e la madre sono costrette a vivere lontane dalla Sicilia per lavoro:
Caro amore mio P. C. oggi dopo pranzo ti guardavo... eri stanchissimo e ti sei addormentato due secondi sul divano... ho letto dentro di te... le tue stanchezze, i tuoi sacrifici... Sei riuscito a non farci mai mancare nulla, in particolare a me!!!!!! Io ti amo papà e senza di te non potrei mai vivere. Sei la luce dei miei occhi. Io e te a casa da soli stiamo bene, anche se mamma A. D. e F. C. sono in altre città (non per volontà loro, ma per lavoro)... Noi insieme siamo una coppia stupenda e io ti curerò e proteggerò sempre!!!!! Lo voglio scrivere pubblicamente affinché tutti sappiano quanto Ti Amo!!!!!!


L'allungamento della vita media, la riduzione delle nascite, l'aumento del numero dei pensionati e il ridotto turn-over stanno facendo del Sud e della Sicilia, in particolare, un territorio popolato da ultrasessantenni e badanti. La cattiva gestione della crisi, poi, in ambito nazionale e regionale non ha consentito e non consente l'utilizzo delle risorse disponibili a vantaggio delle nuove generazioni che si vedono costrette a cercare lavoro altrove.


Senza dire dell'abbandono e del degrado in cui sono ridotti i nostri centri urbani i cui governi riescono a malapena a gestire l'ordinaria amministrazione. In una città come Sciacca, ricca di arte e di un paesaggio incomparabile, dotata di strutture turistiche ed alberghiere notevoli, si è permesso di far fallire la risorsa più importante che l'ha caratterizzata sin dall'epoca della Magna Grecia, le sue Terme. (Terme Selinuntine
Ma su quest'ultimo argomento mi riprometto di tornare con i necessari e documentati approfondimenti. Per il momento mi permetto di affermare che un territorio in cui aumenta la popolazione non più attiva, in cui non si riesce a trovare spazio adeguato alle risorse umane costrette ad un flusso migratorio crescente, è un territorio a perdere, destinato a morire. 




24 gennaio 2013

Vecchie e nuove povertà


Ho letto questo servizio di cui riprendo l'introduzione, curato da Concita De Gregorio nelle pagine R2 in la Repubblica di oggi. E mi chiedo se la colpa delle stato comatoso in cui siamo sprofondati è tutta e soltanto della speculazione finanziaria internazionale o dei mercati senza volto e senza nome. 
Se i politici, i tecnici e i banchieri che hanno sgovernato il Paese e la sua economia non abbiano qualche conto da dare, qualche mea culpa da fare, qualche via d'uscita da indicare. 


Così siamo diventati poveri - Concita De Gregorio in R2 de la Repubblica 












I numeri non rendono l’idea. Siamo assuefatti, bombardati. Non li tratteniamo neppure il tempo necessario perché si traducano in un pensiero. Sono le storie che parlano. Quelle sì, quelle somigliano tutte a qualcosa che sappiamo. La commessa del super, il fornaio dove vai a comprare le rosette, il ragazzo che ha l’età di tuo figlio, il padre di mezza età, la madre. Questa è l’Italia, questi siamo noi. Narcotizzati da una campagna elettorale che discute di pensioni e di tasse, di esodati e di aliquote: un mondo politico che parla, provando a farsi votare, a chi il lavoro ce l’ha o ce l’ha avuto. Ma quasi la metà del paese non ha lavoro, lavora al nero, ha redditi sotto i mille euro. La media delle famiglie italiane guadagna meno di ventimila euro l’anno, dicono i dati ministeriali, con buona pace delle discussioni sulla patrimoniale per chi ha redditi sopra il milione o il milione e mezzo. C’è differenza fra ventimila e un milione, una differenza così grande che genera, in chi non trova ascolto, rabbia, ostilità, fragilità, disillusione. Siamo tornati poveri, dicono i dati Istat. Più di otto milioni di italiani, una famiglia su dieci spende circa mille euro a testa al mese, la cifra sotto la quale l’Istat stabilisce la soglia di povertà relativa. Indietro di 27 anni. Ma nemmeno questo rende l’idea perché ormai sono anni che separarsi è diventato un lusso da ricchi, che il ceto medio è scivolato verso l’indigenza, che i padri che pagano gli alimenti dormono in macchine e vanno a mangiare alla Caritas. La novità, oggi, come queste sei semplicissime storie raccontano, è che nell’indifferenza diffusa comprare a metà prezzo il pane di ieri, fare la spesa al super di carne in scadenza e quindi in saldo, nascondere la laurea per trovare un lavoro da 800 euro o laurearsi per poi servire ai tavoli di un pub, al nero, è diventato assolutamente normale. Tutto intorno è così. L’ascensore sociale non è solo fermo, guasto, bloccato dal malaffare e dal malgoverno. Torna indietro. Non sale: scende. I figli hanno un destino peggiore dei padri, il giovane laureato in Legge, figlio di operai del Sud, ha vergogna a dire che non sa che farsene del suo titolo, non sa come spiegarlo ai genitori. Non va avanti, non può tornare indietro. È il lavoro che manca. È l’unica cosa di cui parlare, la sola di cui una campagna elettorale dovrebbe occuparsi: offrire un progetto per restituire lavoro al Paese. Senza libertà materiale non c’è libertà politica né democrazia. Il resto sono chiacchiere. Quasi la metà del paese non ha un impiego, lavora in nero o ha redditi sotto i mille euro. Questa è l’Italia dove, nell’indifferenza generale, il ceto medio è scivolato nell’indigenza, tornando indietro di 27 anni. 

06 dicembre 2012

Il male di vivere nel peso della fatica


Mentre i tecnici a tavolino, a freddo, con la calcolatrice in mano tagliano il lavoro, la sanità, la scuola, la cultura; 

mentre il primo responsabile dei guasti in cui viviamo dichiara, con estrema faccia tosta: Sono assediato dalle richieste dei miei perché annunci al più presto la mia ridiscesa in campo. La situazione oggi è ben più grave di un anno fa quando lasciai il governo

mentre tanti sconosciuti del M5S su youtube lanciano le loro improbabili candidature al parlamento; 

mi capita sotto gli occhi l'ennesima storia di dolore e morte che commuove profondamente, che non posso passare sotto silenzio.   




Il peso della fatica di Enrico Fierro 
La storia di Isabella Viola: una storia dell'Italia di oggi 
Isabella Viola è morta, undici giorni fa da sola nelle turbolente viscere di Roma. Il suo cuore è stato spezzato da una vita difficile. Dovevano essere dieci righe in cronaca (giovane donna colpita da malore muore su una banchina della metro A) di quelle che si leggono di mattina distratti dal dilemma del cappuccino (con o senza schiuma?), e invece la sua si è trasformata in una morte che parla all'Italia. Racconta di un popolo intero, una moltitudine ignota ed ignorata. Di loro sanno poco i dotti professori di economia, gli accigliati ministri-tecnici sempre pronti a giudicare "gli italiani", per loro non c'è mai posto nelle poltroncine dei talk-show che al massimo, quando vogliono parlare della "ggente" la fanno raccontare da chi non prende una scassattissima metro da secoli. Sono uomini e donne, bianchi, gialli e neri, che si svegliano all'alba per raggiungere precarissimi posti di lavoro, guadagnano quattro soldi e lottano con mezzi di trasporto affollati, puzzolenti, è una umanità che tira tardi fino a sera lavorando e si porta il panino da casa per risparmiare. Isabella era una di loro, non sapeva di spread, di Europa, di luci in fondo al tunnel, no, Isabella sapeva solo che a 34 anni doveva conquistarsi la vita a morsi, lo faceva per lei, per il marito, bravo muratore ma disoccupato, e per i suoi quattro figli da crescere. Ogni mattina sveglia alle quattro, la colazione da preparare per i bambini, il pranzo da avviare, una rassettata veloce alla casa e poi la corsa alla fermata dei bus. Dal lungomare fino alla piazza di Torvaianica, la ressa per conquistarsi un posto a sedere sul pullman della Cotral tra i volti assonnati delle mille razze che ad ogni alba dalla periferia migrano verso la città eterna: 30 chilometri di viaggio. Capolinea all'Eur, un'altra corsa alla metro b, fermata a Termini, attraversamento col cuore in gola dell'infinito labirinto che porta alla metro a, ultima fermata a Furio Camillo, e poi a piedi lungo la Tuscolana, in via Nocera Umbra. Il bar Kelly apre alle sette, a quell'ora devono essere già pronti dolci e cornetti. Così, fino alle sette di sera, lo stesso ritmo, ogni giorno che il padreterno manda in terra, domenica compresa. Isabella viveva in una casa della periferia di Torvaianica, litorale romano che Ugo Tognazzi scelse negli anni Sessanta per costruirsi una villa. Portò il bel mondo il grande Ugo in questa fetta di mar Tirreno una volta stretta tra campagne e macchia mediterranea. Tutti a casa di Ugo al torneo di tennis, al più bravo lo scolapasta d'oro. Di quella epopea è rimasto poco, vecchi alberghi cadenti, stabilimenti che si chiamano ancora "La Bussola", ristoranti che promettono pesce sempre fresco. E tanta miseria. Don Gianni è il parroco della chiesa dell'Immacolata concezione. "Ho celebrato i funerali della povera Isabella, ho visto gli occhi smarriti dei suoi quattro bambini, la disperazione del marito, ma una cosa mi ha colpito e che faccio fatica a descrivere con una parola che non va più di moda: dignità. Sì, la dignità di questo gruppo familiare unito. Mai una parola fuori posto, mai un chiedere qualcosa. Isabella non ha retto il peso della fatica". Don Gianni e la sua parrocchia hanno messo su un banco alimentare e una casa accoglienza, si occupano di famiglie disagiate, fanno quello che possono in un mare di disperazione. "Ormai da noi non vengono più le famiglie di extracomunitari, da un paio di anni anche famiglie italiane, ci chiedono un aiuto in soldi, un pacco alimentare". Settecento euro di affitto, quattro figli da mandare a scuola, il conto dei pochi soldi del suo lavoro e dei lavoretti che di tanto in tanto il marito strappava a qualche cantiere. Ogni sera: questo per le bollette, quest'altro per l'affitto, tanto per mangiare, il bambino vorrebbe quel giocattolo, non possiamo. Una sconfitta continua, quotidiana. Che ti mangia il cuore. "Isabella è riservata non racconta mai le sue difficoltà, ma io lo vedevo che stava male". Faith, giovane ragazza nigeriana banconista del bar Kelly parla al presente di Isabella. "Ma lo sai che mi ha insegnato a fare i dolci?". La signora Ada, edicolante del quartiere dopo una vita ai mercati generali, ha un cuore grande così. Annarella Magnani l'avrebbe abbracciata e baciata come una sorella. Ha già raccolto 4mila euro per Isabella e ne sta raccogliendo ancora. "Ci sono persone che hanno deciso di tassarsi ogni mese per aiutare quei quattro bambini". No, non è una storia da dieci righe in cronaca, è una storia dell'Italia di oggi. E forse Isabella si sarebbe commossa di fronte a tanta solidarietà. Lei che affidava i suoi giovani e ingenui pensieri a Facebook. Una donna il suo gioiello più prezioso non lo indossa, lo mette al mondo. (su Il Fatto Quotidiano del 29 novembre 2012)

Berlusconi: In molti mi chiedono di ricandidarmi 

Isabella, madre di 4 figli morta in metro

01 maggio 2012

Un 1° Maggio mesto e dolente...

in cui non c'è proprio nulla da festeggiare! 

Difficile risulta, infatti, celebrare conquiste sociali e diritti riconosciuti in un Paese in cui i lavoratori vedono mortificato il loro diritto al lavoro e ad un salario equo, vedono aumentare la disoccupazione che tocca ormai il 10%, vedono allontanarsi il diritto alla pensione, vedono i loro figli, spesso giovani laureati, ricercatori e professionisti, cercare all'estero contratti di lavoro dignitosi, vedono una minoranza di privilegiati e sfruttatori succhiare insensibili il frutto modesto dei loro sacrifici. 

Oggi è sotto gli occhi di tutti la perdita della dignità e dei diritti dei lavoratori in Italia. 


Ecco, perciò, due canti popolari del 1892/95 ancora attuali e ricchi di suggestioni. 

27 marzo 2012

Perché questo governo se ne deve andare

  • Perché non avrebbe mai dovuto nascere se avessimo avuto in parlamento una classe politica degna di questo nome. 
  • Perché non sta governando nell'interesse degli Italiani ma su mandato rigido di strutture ademocratiche esterne. 
  • Perché vuole strafare, essere il primo della classe, andando oltre le stesse indicazioni della Commissione europea in fatto di flessibilità riguardo al mercato del lavoro. 
  • Perché è il rappresentante in loco di una finanza utilizzata come veicolo di speculazione che ha sviluppato profitto senza produzione. 
  • Perché quando il suo capo da Seul (Km 9000 da Roma) lancia al parlamento, alle forze politiche e sociali il monito in forma di editto se il Paese non è pronto non chiederemo certo di continuare per arrivare a una certa data, non dimostra buonsenso ma una rigidezza degna di altre circostanze; carica di significati estrinseci il duro scontro sull'art. 18 avallando, senza volerlo, le ragioni di quanti ne temono lo smantellamento; dimostra insensibilità nei confronti di un parlamento che, seppur screditato, non può e non deve abdicare del tutto alle proprie prerogative di rappresentante legittimo delle istanze espresse dal Paese se non vuole rischiare la fine di un sistema democratico e costituzionale come lo conosciamo.   
(...) non è una crisi ciclica ma crisi dello stesso sistema capitalistico, una crisi che investe infatti il mondo occidentale industrializzato a livello finanziario economico e sociale. 
La conclusione di un periodo trentennale di politiche liberiste, terziarizzazione dell’economia e predominanza della rendita finanziaria ci porta ad oggi, e quel che è peggio sono le scelte imposte da organismi ademocratici come la BCE e l’FMI, ancorati alle politiche liberiste che hanno generato la crisi, causando una spirale negativa che ci porterà nel baratro. L’obiettivo principale di queste misure è far pagare i ceti popolari tutto il peso della crisi, abbattendo i diritti ed il welfare nato dalle lotte dei lavoratori. In Europa molti paesi sono in recessione, 24 milioni sono i disoccupati, il 30 % dei giovani in Italia, dove non si intravvedono politiche espansive; così facendo la situazione sarà sempre più grave, stretti tra recessione ed ottuso rigore la vita sta diventando per grandi masse sempre più difficile, a Milano il 90% degli sfratti sono per morosità e i nuovi poveri sono aumentati del 12% rispetto l’anno precedente, 118.000 disoccupati e tante altre migliaia in CIGS destinate a diventare disoccupazione. I padroni vogliono attaccare in modo definitivo i diritti dei lavoratori, già piegati da flessibilità e precarietà, l’ultimo atto, l’attacco all’art 18. 

L’art.18 è un simbolo, chi vince su questo tema ha vinto per i prossimi 30 anni, non c’entra niente con il rilancio dell’economia e della competitività: è semplicemente l’esercizio di una cosa antichissima che si chiama lotta di classe, in questo caso subita dai lavoratori. Subita anche perché manca una rappresentanza politica. 


Ci portino, per favore, alle elezioni e sono certo che sapremo cavarcela anche senza tecnici e professori al governo, che sembrano essersi assunti il compito di far pagare, ancora una volta, a decine di milioni di persone una crisi di cui non sono responsabili salvaguardando quanti di questo disastro sono i veri colpevoli accertati. 

Articolo 18, così il modello Monti-Fornero è più duro delle proposte della Commissione
Il tabù rovesciato
Difendere l'articolo 18! Unire i comunisti e la sinistra!
L'iniquità del governo in carica
Cosa possiamo aspettarci da un governo di sconosciuti e da un parlamento di nominati?

22 marzo 2012

L'iniquità del governo in carica

Togliere 1/2 pollo a quanti ne hanno uno, per consentire a chi ne ha 1000 di mangiarne 500, non è mai stata equità. Men che meno oggi che milioni di italiani quel pollo non ce l'hanno più! 

Ciò che disturba davvero è la supponenza dei cosiddetti tecnici - in primis del capo del governo - che smantellano con l'accetta diritti acquisiti cercando di convincerci che questo è l'unico modo per ampliare la platea dei tutelati. 
Con la supposta equidistanza dai partiti, il cui voto in parlamento però è loro indispensabile, stanno portando a compimento il programma di macelleria sociale che non è riuscito al peggiore governo di destra della storia repubblicana. 
E poi usano il guanto di velluto quando si tratta di risanare la RAI che interessa al padrone di Mediaset, quando si tratta di vendere le frequenze disponibili che il padrone di Mediaset aveva deciso di regalarsi, quando si tratta di mettere seriamente mano alla riforma della giustizia che il plurindagato e processato padrone di Mediaset non può lasciare assolutamente in mani altrui.  

Un governo che si dice di risanamento, di cura, ma che il suo bisturi – tutto politico – affonda nel corpo vivo dei lavoratori: dai tagli economici a quelli delle più elementari tutele. Allora, l’assalto proprio al simbolo della garanzia del diritto al lavoro che l’articolo 18 rappresenta non è un caso. E il fatto che il ministro Elsa Fornero, col suo eloquio al birignao esaltato dagli algidi sorrisi d’ordinanza, pretenda di spacciarlo per modernizzazione è solo esercizio di televendita, funzionale all’incalzante dittatura di un capitalismo che fa cassa sullo sfruttamento di chi lavora e di chi è licenziato

Il leader del Pd potrebbe affermare che non è possibile cancellare la più importante forma di tutela del lavoro dipendente se contemporaneamente non si ridimensionano i privilegi delle categorie sociali antagoniste. Se non si svuotano di ogni potere monopolistico gli ordini e le associazioni professionali, se non si argina la prepotenza di Confindustria e se non diventa possibile licenziare per motivi economici anche i manager delle grandi imprese. Se non si elimina una volta per tutte la miriade di forme contrattuali che oggi consentono ai datori di lavoro di praticare le più becere forme di sfruttamento dei propri dipendenti. Se non si istituisce uno schema organico di assicurazione pubblica contro la disoccupazione corredato da interventi efficaci a sostegno della formazione professionale e del ricollocamento in posizioni dignitose, perché i lavoratori, anche i più svantaggiati, siano messi in condizione di maturare la capacità, gli incentivi e la possibilità materiale di adattarsi ai cambiamenti della domanda di lavoro

Ma, vedrete, non sarà in grado di farlo. E abbozzerà. 

La sostanziale abrogazione dell'art. 18, annunziata nel piano del governo sul lavoro, al di là delle chiacchiere sulla tutela dei lavoratori da comportamenti discriminatori, si risolve nello smantellamento, puro e semplice della tutela pubblica contro il licenziamento illegittimo, in violazione della costituzione e della stessa Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea, che esige (art. 30) la tutela dei lavoratori contro ogni licenziamento ingiustificato. Il problema non è che possono aumentare i licenziamenti, come paventano alcuni, in una situazione già difficile per l'occupazione, il problema è che cambia la natura del rapporto di lavoro. ()... la dignità del lavoratore ed il rispetto dei suoi diritti costituzionali, diventeranno merce di scambio da inserire nella contabilità dei costi e ricavi. 

L'iniquità di questo governo mi è apparsa lampante con la riforma delle pensioni, il suo primo attacco ai diritti del mondo del lavoro che ha fatto piangere lacrime di coccodrillo alla ministra Fornero, non ancora adusa all'english style di Monti. In particolare mi colpì il modo indegno e sfrontato con cui, per fare cassa, si tagliavano per almeno due anni gli adeguamenti, seppur parziali, delle pensioni al costo della vita.

02 febbraio 2012

Monti, la volpe e l'uva


Il premier sostiene che il posto fisso è monotono e che i giovani farebbero bene a non tenerlo da conto. 
Il guaio è che si rivolge ad una platea di giovani e meno giovani che il problema non se lo pongono perché se è diventato una chimera il posto fisso, il posto di lavoro - tout court -  è ormai, per tanti di loro, una fata morgana

A quelli che, pur di far qualcosa e non pesare sulle magre entrate dei genitori o dei nonni, accettano di lavorare senza tutele per 15-20 euro al giorno, farebbe bene il premier a non parlare della noia del posto fisso. Non pensi che essi, poiché ormai è irraggiungibile, possano autoingannarsi come la volpe con l'uva. 

Presto dell'inganno si accorgeranno anche le bambine, appena riusciranno a valutare consapevolmente il futuro che sta loro preparando nonno Mario







06 settembre 2011

Lo Sciopero Generale coinvolge una Cittadinanza esausta ma non annientata


Quella di oggi è la prima manifestazione nazionale indetta dalla CGIL contro una manovra inadeguata e iniqua, che scarica il costo della crisi sui più deboli (dipendenti pubblici, lavoratori, famiglie, pensionati) salvaguardando i grandi patrimoni e le rendite finanziarie. 

Un governo ottuso e irresponsabile, oltre che arrogante, sembra non voler cogliere i gravi rischi di uno scontro sociale già in atto.



Molte altre manifestazioni seguiranno fino a quando questa classe dirigente indegna e incapace non sarà messa spalle a muro di fronte alle proprie gravi responsabilità dalla protesta popolare.

Manovra: Camusso, un governo che si regge sui privilegi non riesce a tagliare i costi della politica
Sciopero generale: le manifestazioni in programma il 6 settembre
Il Paese da salvare

30 aprile 2011

1° MAGGIO: Roma nella morsa, tra Concertone e Beatificazione

Domani Roma sarà totalmente intasata per i due grandi eventi che cadono nella stessa giornata:  il tradizionale concerto del 1° Maggio in Piazza San Giovanni e la beatificazione di Karol Wojtyla. 

Immagino che i romani de Roma scapperanno dalla città!

Alle 10.00 inizia in piazza San Pietro la celebrazione della beatificazione presieduta da Benedetto XVI. La partecipazione non è regolata da singoli biglietti, tuttavia l'accesso alla Piazza e zone adiacenti sarà sotto la tutela della Sicurezza Pubblica. La venerazione del nuovo Beato sarà possibile subito dopo la cerimonia e proseguirà fino ad esaurimento del flusso dei fedeli. Le spoglie di Karol Wojtyla saranno esposte per la venerazione nella Basilica di San Pietro, davanti l'Altare della Confessione. Si prevede un eccezionale afflusso di turisti e pellegrini da tutte le parti del mondo, ragion per cui sono lievitati a dismisura i prezzi delle camere in alberghi e pensioni.

Il lavoro per unire il Paese è lo slogan coniato da Cgil, Cisl e Uil per la festa dei lavoratori 2011: nell'ambito delle celebrazioni per i 150 anni dell'unità d'Italia, i segretari nazionali dei sindacati confederali hanno deciso di celebrare la festa dei lavoratori a Marsala, la cittadina siciliana in provincia di Trapani, teatro l'11 maggio del 1860 dello sbarco dei Mille.

La storia siamo noi è il tema artistico scelto dai sindacati per il concerto del primo maggio 2011, che sarà anche l'occasione per festeggiare il 150 anni dell’unità d’Italia.
Sarà Eugenio Finardi ad aprire il concertone che quest'anno avrà come presentatore Neri Marcorè e come punti cardine La Storia, la Patria, il Lavoro. Ci saranno Ennio Morricone, Gino Paoli, Lucio Dalla e Francesco De Gregori. E la fresca voce di Erica Mou oltre a tutti gli altri artisti tradizionalmente presenti all'evento.

Primo Maggio: Festa del lavoro!
Concerto del Primo Maggio 2011: tutte le informazioni

Wojtyla beato, la Capitale è pronta
Roma blindata per la beatificazione
Beatificazione Giovanni Paolo II: il programma

22 novembre 2010

Con la cultura non si mangia?


Oggi scende in piazza, con tutte le sue sigle sindacali, il mondo dello spettacolo: cinema, teatri, sale da concerto, circhi rimarranno chiusi. Trecentomila lavoratori tra maestranze, tecnici, artisti e indotto esprimeranno in forme originali ed efficaci la loro protesta per il taglio del 36% al fondo unico dello spettacolo. Ci saranno manifestazioni e appuntamenti in tutta Italia con precise richieste e proposre.


In controtendenza rispetto a tutti gli altri paesi europei che investono seriamente nell’istruzione, nella ricerca, nella cultura e nelle infrastrutture tecnologiche, il nostro governo, irresponsabilmente, taglia in questi settori in modo indiscriminato.


Con la cultura non si mangia è stata l'uscita infelice del ministro del tesoro giorni addietro, per non parlare dell'altra, più sorprendente dell'impareggiabile Brunetta, per cui lo spettacolo non è cultura e non va finanziato.  
Non solo l'espressione è falsa e insulsa di per sè perchè con la cultura si costruisce il futuro di una nazione, ma risulta fortemente contraddetta da discutibili voci di spesa nella finanziaria come, per esempio, quelle di sostegno alle scuole private a detrimento della scuola pubblica.


Articolo21 chiede che la Rai voglia consentire anche a questi lavoratori di poter finalmente esprimere le loro ragioni su tutte le reti, in tutti i tg e magari in prima serata.



Dario Fo: Bondi, la cultura non e' un optional

15 ottobre 2010

MISSIONE COMPIUTA - CILE

Anche se in Italia questa impresa straordinaria ha avuto scarsa eco, mantenuta sotto traccia dai terribili episodi di cronaca nera e di quotidiana violenza, oltre che dal solito teatrino della politica che imperversa da noi, voglio tornare a parlare della tragedia dei 33 minatori intrappolati per 70 giorni nel crollo della miniera di San Josè, rimasti miracolosamente vivi dentro una cavità ristretta a 640 metri di profondità. 
Era una disgrazia annunciata, considerate le condizioni precarie in cui si svolge il lavoro dei minatori e la scarsa manutenzione delle miniere da parte delle società che le gestiscono. Il governo aveva avvertito nel 2010 i proprietari, accusandoli di non aver fatto i lavori di consolidamento della volta, come richiesto. La miniera, in effetti, doveva essere già chiusa.
Ma in questa vicenda, che sembra avere aspetti miracolosi, hanno colpito positivamente:
  • la forza d'animo e la voglia di farcela da parte dei minatori intrappolati; 
  • la tecnologia avanzata messa al servizio, con intelligenza, di un'impresa meritoria; 
  • l'impegno del governo che non ha lesinato denaro e competenze.
Un'impresa straordinaria sulla quale tanto si dirà e si scriverà. Un'impresa paragonabile ad una missione nello spazio, questa è andata nelle viscere della terra e ha riportato alla luce 33 uomini coraggiosi.

Missione compiuta Cile
Sono le parole che hanno lasciato su un cartello i sei soccorritori che sono scesi nel rifugio.
Avvolto nella bandiera cilena, Luis Urzua ha ricevuto l'abbraccio del presidente Sebastian Pinera: Ti sei comportato come un vero capitano - ha detto il presidente al minatore - Il capitano di una nave, che la lascia per ultimo. Poi, una volta che anche i soccorritori sono riemersi dal tunnel, Pinera ha sigillato il pozzo della miniera, per scrivere, questa volta per sempre e con il sorriso, la parola 'fine' alla vicenda.
Spero che episodi come questo non si ripetano mai più, ha detto Luis Urzua al presidente cileno. Con una trentina d'anni d'esperienza mineraria, Urzua è stato il capo-turno e leader del gruppo fin dal giorno del crollo, il 5 agosto. È riuscito a imporre l'ordine e la disciplina, fin dai primi giorni di prigionia, razionando gli alimenti dei quali disponevano i minatori: qualche lattina di tonno, latte e frutta in scatola.
Le tappe
5 agosto: crolla un pozzo nella miniera di San Josè, a 800 chilometri da Santiago del Cile. Non si sa nulla di 33 minatori ufficialmente dispersi.
12 agosto: dopo una settimana, il ministro per le miniere Laurence Goldborne annuncia che le speranze di trovare in vita i minatori si assottigliano.
22 agosto: una sonda raggiunge il possibile rifugio dei minatori a oltre 640 metri di profondità.  Torna con un messaggio: "Siamo tutti vivi, dentro il rifugio". Scatta la corsa per il recupero.
25 agosto: mentre la società proprietaria della miniera rischia il fallimento, arriva l'annuncio: saranno liberi tra qualche mese. La prima data ipotizzata è quattro mesi, per la fine dell'anno.
26 agosto: un giudice congela i beni della società che gestisce la miniera per un totale di 1,8 miliardi di dollari per eventuali futuri rimborsi.
30 agosto: è all'opera la trivella-pilota con un diametro di 30 centimetri.
4 settembre: arrivano i primi video dai minatori.
18 settembre: parte una seconda trivellazione.
19 settembre: avviata la perforazione con una trivella ancora più potente, da 66 centimetri di diametro: è la terza.
30 settembre: i familiari di 29 dei 33 minatori chiedono un risarcimento di 12 milioni di dollari.
4 ottobre: il presidente cileno annuncia che si spera di poter riportare fuori i minatori prima di metà ottobre.
9 ottobre: il pozzo di salvataggio arriva al rifugio dei 33 minatori.
11 ottobre: rinforzate con tubi d'acciao le pareti del pozzo. Riesce il test con la capsula.
13 ottobre, ore 0.13: esce il primo minatore.

Gli attacchi di panico sono la più grande preoccupazione dei soccorritori. I minatori non sono stati sedati, avevano bisogno di stare all'erta in caso che qualcosa fosse andato storto. È andata via la nebbia, c’era il sole sul Campo Esperanza. La capsula Phoenix ha fatto il suo dovere, i recuperi sono avvenuti con regolarità.

Una mezzanotte di festa lì in mezzo al deserto nel Campo Esperanza, una mezzanotte di festa in tutto il Paese, a Santiago del Cile la gente è scesa nella Plaza Italia per festeggiare, bandiere, cori e tifo da stadio.
Il racconto ipotetico, ma non tanto, di Florencio Avalos, il primo minatore uscito dalla maledetta miniera di San Josè dieci minuti dopo la mezzanotte.
A mezzanotte (ore 5 in Italia ndr) sono salito sulla capsula Phoenix che era arrivata giù nel buio, in quella che è stata la nostra casa per più di due mesi, dove abbiamo dovuto abituarci a vivere come talpe, dove abbiamo convissuto in 33 con qualche piccola difficoltà, ma con grande amicizia. E’ arrivata la capsula, si è aperto il portello, dài, hanno detto gli altri, dài, tocca a te, buona fortuna. Mi avevano scelto perché sono uno di quelli che stanno meglio e potevo salire con tranquillità e dare così un esempio agli altri, quelli meno in forze e più spaventati. Altri tre compagni come me mi seguiranno, poi sarà il turno dei più debilitati. Sono entrato nella capsula, che è strettissima, ci si sta a filo, è larga 54 centimetri, praticamente è come mettersi un vestito e la faccia è schiacciata contro l’acciaio e potresti perdere la calma. Si è chiuso il portello, mi pareva di non poter respirare, ho chiuso gli occhi. La salita mi è sembrata lenta, lentissima. Saliva la Phoneix con piccole scosse e scricchiolii, pareva non finisse più. Poi c’è stato un sobbalzo, poi si è fermata, poi ho sentito delle mani che mi aiutavano a uscire, poi mi hanno messo degli occhiali scuri anche se era da poco passata mezzanotte ma lo spiazzo davanti alla miniera era illuminato a giorno. Ho gridato, ho sentito applausi, ho sentito il profumo dell’aria secca del deserto, che mi accarezzava il viso, com’è dolce, com’è bella l’aria, volevo vedere la luna in cielo, ma i fari me lo hanno impedito. Ho sentito un grido, mi sono girato, era mio figlio, ha otto anni. Ragazzo, ho detto, ragazzo sono qui. Poi ho abbracciato mia moglie poi, pensate, perfino il presidente del Cile Pineda, E dopo mi hanno portato via, all’ospedale. Avrò tempo per raccontare, avrò tempo per cercare di abituarmi a questa vita, avrò tempo per dimenticare, chissà, quella stanza buia dove ci siamo trovati in trentatre, dove abbiamo vissuto assieme, dove ci siamo confortati uno con l’altro. Nel buio per 69 giorni, ci pensate?

E adesso siamo arrivati al finale. Il pozzo è abbastanza solido ma è stato rafforzato con tubi di metallo soltanto per i primi cento metri nella parte superiore del foro, fino a una leggera curva, prima che diventi quasi verticale per la maggior parte del resto della sua discesa.
Poi una capsula di fuga battezzata con il nome di Phoenix e costruita da ingegneri navali cileni, con ruote a molla prementi contro le pareti del pozzo, è stata calata tramite un verricello fino sul fondo per poi risalire portando in alto un minatore alla volta.
Il ministro della salute Jaime Manalich ha confermato che un elenco era stato redatto con l'ordine in cui i 33 minatori sarebbero stati tratti in salvo. L'ordine finale è stato determinato da un medico delle forze speciali della Marina, calato nella miniera con il compito di preparare gli uomini per il loro viaggio verso la salvezza. Il medico ha deciso di far partire per primi i minatori con le competenze necessarie per intervenire in caso di difficoltà della Phoenix, seguiti da quelli con lo stato di salute più precario e infine dai più forti.
Giovedì 14 ottobre, con un anticipo di diverse ore, tutti 33 i lavoratori sono stati tratti in superficie a 70 giorni da quella che era iniziata come una tragedia, ma sta finendo come una benedizione, come ha detto il presidente della repubblica Sebastian Pinera.

È finita. È finita con l’ultimo minatore, il caposquadra, Luis Urzua quello che aveva tenuto assieme i 32 compagni nei terribili giorni dopo il crollo della volta della miniera, quando nessuno sapeva che si erano salvati, che appena uscito dalla capsula abbracciava il presidente della Repubblica Sebastian Pinera, e diceva: Le passo il turno e spero che questo non accada più. Un turno di 70 giorni, un po' troppo lungo, ha aggiunto.
Abbiamo fatto ciò che il mondo intero stava aspettando. Abbiamo avuto la forza, abbiamo avuto lo spirito, abbiamo voluto combattere, abbiamo voluto lottare per le nostre famiglie, e quella è stata la cosa più grande. Erano le 22 ora locale, le tre in Italia. Mi congratulo con lei, è stato un ottimo capitano, gli ha risposto il presidente Pinera.
La folla del Campo Esperanza è corsa giù dalla collina verso il pozzo, volavano in cielo coriandoli e palloncini, champagne è stato spruzzato sulla capsula Phoenix, finalmente ferma con i suoi colori della bandiera cilena.
Nella capitale Santiago, migliaia di persone riunite in Piazza Italia, hanno sventolato bandiere e cantato slogan in onore dei minatori.
Nella vicina Copiapò, circa 3.000 persone si sono radunate nella piazza del paese, dove un enorme schermo trasmetteva in diretta il salvataggio. La folla sventolava bandiere cilene di tutte le dimensioni e soffiava nelle vuvuzelas rosse mentre una fila di automobili ha cominciato a correre attorno alla piazza suonando il clacson. Dappertutto il grido: Viva Chile.
Nessuno nella storia è sopravvissuto così a lungo intrappolato nel sottosuolo. Per i primi 17 giorni, nessuno sapeva nemmeno se i minatori  fossero ancora vivi. Nelle settimane che sono seguite, il mondo è stato affascinato dalla loro resistenza e unità.
Adesso tutto è finito. Tanti auguri, ragazzi.

Alcuni dati sono stati tratti da AQUA, quotidiano di ambiente, natura, vita

13 ottobre 2010

Cile, il salvataggio dei minatori (la diretta)

Dopo più di due mesi intrappolati nelle viscere della terra, i 33 minatori stanno iniziando a tornare in superficie, prelevati uno a uno con la speciale capsula preparata in queste settimane di lavoro febbrile. E' festa in Cile, mentre il mondo segue l'evento col fiato sospeso.


In superficie il primo minatore
Il primo a risalire grazie alla capsula Fenix è stato Florencio Avalos, accolto da un applauso. La gioia e le lacrime dei parenti. Davvero straordinaria l'opera dei soccorritori. Bravi!
Ecco gli autentici, indiscutibili Cavalieri del Lavoro!




Abbracci e lacrime di gioia, i momenti della liberazione


Esce l'ultimo dei minatori
A San Josè l'incubo è finito

12 ottobre 2010

PER I 33 MINATORI CILENI INIZIA LA RISALITA

Rimasti intrappolati a 630 metri di profondità, nel crollo della miniera San Josè dal 5 agosto scorso, mentre noi trascorrevamo le nostre ferie al mare, a partire dalle 00 di domani 13 ottobre (le 5 in Italia) i 33 minatori risaliranno dalle viscere della terra dopo 68 giorni e rivedranno la luce. Per loro sarà una sensazione forte e dolorosa, assai più di quella descritta da Pirandello in Ciaula scopre la luna.
Abbiamo seguito questa drammatica esperienza nei reportage della TV e dei giornali e siamo rimasti colpiti dalla forza d'animo e dal forte cameratismo dimostrati dai 33 piccoli eroi che hanno seguito per settimane, senza mai disperare, quello che veniva progettato in superficie per trarli in salvo. Meritevole d'encomio anche il lavoro dei tecnici e degli operai che hanno trivellato il pozzo attraverso il quale la capsula-ascensore Fenix li porterà in superficie.
Tutto è pronto, dunque. Fra poche ore scatterà l'ora X e vedremo riapparire, uno alla volta, i 33 minatori strappati ad una morte certa. Incrociamo le dita e speriamo che tutto vada a buon fine.




P.S.: Le operazioni di estrazione dei 33 minatori prigionieri nella miniera cilena di San José sono state anticipate e inizieranno alle 20 ora locale (l'una di notte di mercoledì in Italia): lo ha reso noto il deputato cileno Carlos Vilches.

15 maggio 2010

LA PENA DI VIVERE IN UN PAESE MALATO

Gli infortuni mortali sul lavoro sono diminuiti; non perchè siano migliorate le condizioni di lavoro o aumentate le protezioni e i controlli ma soltanto perchè, in questi anni di crisi e di grave recessione, sono diminuiti la produzione e il lavoro. In compenso, però, si intensificano i casi di suicidio o di tentato suicidio da parte di quanti, strangolati dai debiti e impossibilitati a mantenere la famiglia, decidono di metttere in atto la soluzione estrema.
Il fenomeno colpisce, in particolare, piccoli imprenditori e commercianti che sono costretti a chiudere la loro attività e si considerano responsabili delle difficoltà in cui mettono i propri dipendenti. Dopo il caso dell'imprenditore edile di Camposampiero (PD), assommano a 18 negli ultimi 16 mesi i suicidi prodotti dalla crisi nella sola Regione Veneto.

Negli ultimi due anni, secondo i dati CISL, sono stati 42 mila tra imprenditori, artigiani e lavoratori autonomi costretti a chiudere la propria attività. L'anno scorso, in Italia sono stati dichiarati 9255 fallimenti, ossia +23% rispetto al 2008. Sia la Confindustria che i Sindacati denunciano la gravità della situazione e prevedono per l'anno in corso la perdita di altri 200.000 posti di lavoro. Perciò chiedono che le politiche di contrasto alla crisi e di rilancio dello sviluppo diventino più incisive e consistenti. 

Le carceri italiane hanno toccato il centesimo suicidio in 18 mesi, il 24° dall’inizio dell'anno, più di uno a settimana. Ma il suicida nel carcere di Como non ha trovato alcuno spazio nei tg. Una situazione che conferisce al paese un vera patente di inciviltà e sulla quale vanno accesi i riflettori. 
Visita in proposito il sito Ristretti orizzonti.

Tragico e inquietante il caso di Mariarca Terracciano, l'infermiera di 45 anni, dell'ospedale San Paolo di Napoli, che nelle scorse settimane aveva protestato contro il mancato pagamento degli stipendi nella Asl Napoli togliendosi 150 ml di sangue al giorno.  La donna che aveva sospeso la sua singolare protesta ma aveva proseguito lo sciopero della fame, è stata colta da un improvviso malore mentre si trovava al lavoro nel reparto di maternità dell'ospedale partenopeo. Si è spenta dopo tre giorni di agonia  ed il marito ha deciso di donare gli organi.



La vicenda di Mariarca Terracciano
su Articolo 21

09 febbraio 2010

OLTRE 1000 MORTI SUL LAVORO OGNI ANNO: vergogna tutta italiana

Approfitto della “Proposta di legge di Istituzione del Giorno della memoria delle vittime sul lavoro e altre disposizioni per l'informazione sui problemi della Sicurezza sul lavoro" (sarà presentata presso la Camera dei Deputati nella conferenza stampa organizzata da Articolo21 e dalla Carovana per il Lavoro Sicuro, mercoledì 10 febbraio 2010 alle ore 13.00) per tornare su di un tema scottante cui avevo già dedicato almeno un post nel dicembre del 2008:  Morti sul Lavoro - Pagina nera per l'Italia

I nostri primati in Europa sono purtroppo tutti negativi, spesso scandalosamente negativi, come quello del Paese col maggior numero d’incidenti mortali sul lavoro. Mille funerali, mille dolori inestinguibili e l'incapacità complessiva del Paese di uscire dal tunnel delle morti causate da lavoro. Paola Agnello Modica, segretaria confederale Cgil con responsabilità su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, indica le cause: “precarietà, lavoro nero, forte e deregolato utilizzo di lavoratori migranti, sistema di appalti basato quasi sempre sul prezzo più basso e quasi mai sulla qualità, manutenzioni insufficienti, scarsa attenzione alla salute e all'antinfortunistica considerati, in fondo, costi superflui".

I lavoratori hanno bisogno soprattutto che si torni a parlare del lavoro come valore primario della Società, di superare l'emarginazione culturale a cui sono stati sottoposti in questi anni. I lavoratori morti non sono solo numeri statistici per un bilancio di fine anno, ma persone in carne ossa, con identità, famiglie, vite importanti, uniche e irrepitibili. Vite spezzate, a volte dalla fatalità, ma più spesso dalla mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro.

Questi blog aggiornano l'elenco delle vittime del lavoro:
IL SACRARIO VIRTUALE DEI CADUTI SUL LAVORO
MORTI SUL LAVORO

1328 morti ogni anno, la media dei caduti sul lavoro tra il 2003 e il 2005; 1280 nel 2006, 1140 nel 2008.
Gli infortuni mortali sul lavoro nel 2009 si attestino intorno a 1100; considerata la crisi economica che ha ridotto l'attività lavorativa, non c'è da stare allegri. Sono numeri indegni di un paese civile!

Le morti sui luoghi di lavoro non sono incidenti: dipendono dall' avidità di chi rifiuta di rispettare le norme sulla
sicurezza e dal disprezzo per la vita, la vita degli operai, naturalmente, degli edili, dei braccianti; la vita precaria di chi per tirare avanti è magari costretto a lavorare otto, dieci ore di seguito su di una impalcatura, senza protezioni di sorta o di chi deve manovrare macchine con i sistemi di sicurezza disattivati, per aumentare la produttività.
Dipendono anche dall'incapacità o connivenza di chi dovrebbe approvare leggi più stringenti. e farle rispettare: lo stato.

Un governo e una maggioranza occupati a tempo pieno a scrivere ed approvare leggi che evitino al premier di farsi processare; ministri e parlamentari tuttora intenti a voler dimostrare, anche dopo le sentenze della magistratura, che la morte di Eluana è stato un omicidio, come possono trovare il tempo per intervenire con normative adeguate al fine di ridurre la mortalità sul lavoro?
Sono quelli che, mentre vogliono tenere  artificialmente in vita persone da anni in coma irreversibile lasciando disperate e sole le famiglie coinvolte in tanti casi disperati, non riescono a realizzare quella rete di servizi esterni, prevista dalla legge Basaglia, per provvedere all'assistenza delle persone affette da disturbi mentali.
LEGGE 180
Andare oltre la 180
E i morti sul lavoro?

A proposito testamento biologico e Caso Eluana, vedi anche:
Quanta violenza sul povero corpo di Eluana!
Del testamento biologico e dei "sepolcri imbiancati"

11 gennaio 2010

SUI FATTI DI ROSARNO: ricevo e pubblico


L. M.:  "Io sono uno di quelli che voi chiamate indigeni visto che sono di Rosarno e ne sono fiero. Tutti sapevano da anni di questa situazione e nessuno ha mai fatto niente: il mio paese conta 15000 mila persone, durante l'inverno siamo 19000 mila tra gente di colore, ucraini, bulgari, rumeni, marocchini; queste persone vengono a Rosarno da circa 25 anni ma negli ultimi 5 le cose sono peggiorate vuoi perchè l'agricoltura va malissimo (parlo di arance, kiwi e mandarini)) vuoi perchè a nessuno interessava come vivevano questi poveracci (parlo di chiesa e di stato); qui la bossi-fini non e' mai stata messa in atto; credetemi, la ndrangheta se ne frega di tutto questo perchè non ci guadagna niente, in questo momento bada ad altro grazie a Berlusconi e company, vedi ponte sullo stretto, vedi lavori sulla Salerno-Reggio, vedi porto di Gioia Tauro. Rosarno è un paese difficile ma non è l'unico in queste zone; qui le ultime due legislature politiche, entrambi Forza Italia, sono fallite miseramente per Mafia; la deputata Angela Napoli sapeva da tempo e non ha mai fatto niente. Passiamo ai disordini dell'altra sera: tutto scoppia perchè della gente di colore urinava davanti ad una casa e soprattutto davanti ad una donna con i suoi figli; due stupidi ragazzi a mio parere prendono un fucile ad aria compressa e sparano contro questi poveracci, da tutto questo apriti cielo si sono armati di paletti, di spranghe, pietre, legni ecc. ed hanno distrutto una cittadina; basta vedere macchine, vetrine, portoni e case, picchiato persone sia donne che uomini. A questo punto, mi dispiace dirlo, scoppia la rappresaglia della gente di Rosarno; tengo a dire che abbiamo sfamato per tantissimi anni queste persone; non contenti il giorno dopo ricominciano a distruggere il paese. Credetemi, non è facile vivere con tanti stranieri ma noi per anni ci siamo riusciti ed anche bene; ma dopo tutto questo qualcosa bisognava fare e siamo passati alle maniere non belle. La 'ndrangheta c'è a Rosarno e mai nessuno la distruggerà anche perchè stato, mafia e chiesa sono un'unica cosa. Fiero di essere di Rosarno, non siamo Razzisti come molti dicono, ma vogliamo vivere in pace nel nostro paese, bello o brutto che sia ..."

"... e scusami ma in questi giorni ed ancora adesso sento delle cose stupidissime in tv, come se nessuno sapesse che la 'ndrangheta è padrona in queste zone; credimi, da queste parti si muore anche per un semplice vaffanculo, pensa se la gente che si sente abbandonata dallo stato, e lo siamo veramente, va a ribellarsi alla Mafia. Ti do una notizia da ricordare: qui le regionali le vincerà Scopelliti, la Mafia è tutta con lui e saremo per altri 5 anni alla frutta cioe come adesso..." 

M. A.: "Ancora una volta, lo Stato, è dovuto intervenire per risolvere problemi non risolti per "comodita" da chi aveva competenza a farlo. Sono sicuro che non si tratta di razzismo, ma di qualche cosa d'altro".




La paura dell'altro e di chi non si conosce o non si può controllare genera il razzismo, che non è altro che l'espressione più irrazionale della debolezza umana: il razzista odia perché teme. 
Chi è libero dall'ignoranza non conosce questa paura!

30 novembre 2009

SPIGOLANDO QUA E LA'


Lettera aperta al premier Berlusconi di Margherita Hack

"Figlio mio, lascia questo Paese" di PIER LUIGI CELLI

Berlusconi incantato dalla perla di Doha







Mara Carfagna si sottopone al test antidroga








Manifestanti pro-crocifisso a Roma








Corteo per i diritti della donna a Roma







Dell'Utri chiede la modifica della legge sui pentiti

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