Informazioni personali

La mia foto
Amo riflettere e ragionare su quanto vedo e sento.

Benvenuto nel mio blog

Dedicato a quei pochi che non hanno perso, nella babele generale, la capacità e la voglia di riflettere e ragionare.
Consiglio, pertanto, di stare alla larga a quanti hanno la testa imbottita di frasi fatte e di pensieri preconfezionati; costoro cerchino altri lidi, altre fonti cui abbeverarsi.

Se vuoi scrivermi, usa il seguente indirizzo: mieidee@gmail.com
Visualizzazione post con etichetta cultura. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta cultura. Mostra tutti i post

19 ottobre 2017

Le coincidenze

Fino a qualche settimana fa nutrivo il serio proposito di non andare a votare, sia per la prova deludente offerta dai governi della Regione Sicilia la cui autonomia è servita a costituire caste insopportabili di privilegiati e moltitudini di clienti, sia per l'ignobile legge elettorale che il Parlamento si accinge a propinarci, intesa a favorire le grandi ammucchiate falsando ingannevolmente l'intenzione dell'elettore.
Poi una giovane docente, che sta facendo con i suoi allievi una ricerca sulla libertà di pensiero, mi ha richiesto la traduzione del pamphlet di Stéphan Hessel Indignatevi! che avevo pubblicato in un post di questo blog. Con piacere gliel'ho fornito e rileggendolo ho trovato tutti i motivi per indignarsi e qualche stimolo ad impegnarsi. 
Ho deciso, perciò, che continuerò a votare selezionando, fior da fiore, formazione politica e candidati (pochi, per la verità) che hanno dimostrato con la loro coerenza e onestà di voler impegnarsi per garantire equità e giustizia sociale, combattendo abusi, corruzione e criminalità organizzata. 

Successivamente ho scoperto che domani corre il 1° centenario della nascita dell'illustre diplomatico. Allora ho deciso di dedicargli questo post ripubblicando la mia traduzione di Indignatevi! opportunamente revisionata, assieme ad una nota bibliografica sull'autore.


INDIGNATEVI!  di Stéphane Hessel 
Indignatevi! 93 anni. È un po' l'ultima tappa. La fine non è più lontana. Quale fortuna potere approfittare per ricordare ciò che è servito di zoccolo al mio impegno politico: gli anni della resistenza ed il programma elaborato sessantasei anni fa per il Consiglio Nazionale della Resistenza! Dobbiamo a Jean Moulin, nella cornice di quel Consiglio, la riunione di tutti i componenti della Francia occupata, i movimenti, i partiti, i sindacati, per proclamare la loro adesione alla Francia combattente ed al solo capo che si riconosceva: il Generale de Gaulle. Da Londra, dove lo avevo raggiunto nel marzo 1941, apprendevo che questo Consiglio aveva messo a punto un programma, l'aveva adottato il 15 marzo 1944 e proposto per la Francia liberata un insieme di principi e di valori sui quali sarebbe stata riposta la democrazia moderna del nostro paese.
Di questi principi e di questi valori, abbiamo oggi più che mai bisogno. Dobbiamo badare tutti insieme che la nostra società resti una società di cui possiamo essere fieri: non questa società dei clandestini, delle espulsioni, dei sospetti al riguardo degli immigrati, non questa società dove si rimettono in discussione le pensioni, le conquiste della Sicurezza sociale, non questa società dove i media sono nelle mani dei benestanti, tutte cose che avremmo negato di garantire se fossimo stati i veri eredi del Consiglio Nazionale della Resistenza.
A partire dal 1945, dopo un dramma atroce, le forze presenti in seno al Consiglio della Resistenza si dedicano ad una ambiziosa risurrezione. Ricordiamolo, allora fu creata la Sicurezza sociale come la Resistenza la prefigurava, come il suo programma la definiva: “Un piano completo di Sicurezza sociale, mirante ad assicurare a tutti i cittadini i mezzi di sussistenza, in tutti i casi in cui sono incapaci di procurarseli con il lavoro”; “Una pensione che permetta ai vecchi lavoratori di finire dignitosamente i loro giorni”. Le fonti energetiche, l'elettricità e il gas, le miniere di carbone, le grandi banche sono nazionalizzate. È ciò che questo programma raccomandava ancora: “il ritorno alla nazione dei grandi mezzi di produzione monopolizzata, frutto del lavoro comune, delle sorgenti di energia, delle ricchezze del sottosuolo, delle compagnie di assicurazione e delle grandi banche”; “L'instaurazione di una vera democrazia economica e sociale, implica l'esclusione dei grandi feudi economici e finanziari dalla direzione dell'economia".
L’interesse generale deve prevalere sull'interesse particolare, l’equa distribuzione delle ricchezze create dal mondo del lavoro prevalere sul potere del denaro. La Resistenza propose “un'organizzazione razionale dell'economia che assicuri la subordinazione degli interessi particolari all’interesse generale, affrancata dalla dittatura professionale instaurata sull’esempio degli Stati fascisti”; ed il Governo provvisorio della Repubblica se ne fece portavoce.
Una vera democrazia ha bisogno di una stampa indipendente; la Resistenza lo sa, lo esige, difendendo “la libertà della stampa, il suo onore e la sua indipendenza rispetto allo Stato, al potere del denaro e alle influenze straniere”. Questo è ciò che riferiscono ancora le ordinanze sulla stampa, fin da 1944. Ora è proprio questo che oggi è in pericolo.
La Resistenza ci chiamava alla “possibilità effettiva per tutti i bambini francesi di beneficiare dell'istruzione più avanzata”, senza discriminazione; ora, le riforme proposte nel 2008 vanno contro questo progetto. Dei giovani insegnanti di cui sostengo l'azione, si sono rifiutati di applicarle ed hanno visto i loro stipendi mutilati per punizione. Si sono indignati, hanno “disubbidito", hanno giudicato queste riforme troppo lontane dall'ideale della scuola repubblicana, troppo al servizio di una società del denaro e non più in grado di sviluppare lo spirito creativo e critico.
È tutto lo zoccolo delle conquiste sociali della Resistenza che è rimesso oggi in discussione.

Movente della resistenza è l'indignazioneC’è chi ha il coraggio di sostenere che lo Stato non può assicurare più i costi di queste misure civili e sociali. Ma come può mancare oggi il denaro per mantenere e prolungare queste conquiste dal momento che la produzione di ricchezze è aumentata considerevolmente dalla Liberazione, periodo in cui l'Europa era in rovina? Se non perché il potere del denaro, così combattuto dalla Resistenza, non è stato mai tanto grande, insolente, egoista, coi suoi propri servitori fino alle più alte sfere dello Stato. Le banche oramai privatizzate si mostrano in primo luogo preoccupate dei loro dividendi, e dei cospicui stipendi dei loro dirigenti, non dell'interesse generale. La distanza tra i più poveri e i più ricchi non è stata mai tanto rilevante; e la corsa al denaro, la competizione, tanto incoraggiata.
Il motivo di base della Resistenza era l'indignazione. Noi, veterani dei movimenti di resistenza e delle forze combattenti della Francia libera, chiamiamo le giovani generazioni a far rivivere, trasmettere, l'eredità della Resistenza ed i suoi ideali. Diciamo loro: prendete il testimone, indignatevi! I responsabili politici, economici, intellettuali e l'insieme della società non devono disorientarsi, né lasciarsi impressionare all'attuale dittatura internazionale dei mercati finanziari che minaccia la pace e la democrazia.
Auguro a tutti voi, a ciascuno di voi, di avere il vostro motivo di indignazione. È una cosa preziosa. Quando qualche cosa vi indigna come mi sono indignato io per il nazismo, allora si diventa militante, forte ed impegnato. Si raggiunge la corrente della storia e la grande corrente della storia deve proseguire grazie a ciascuno. E questa corrente va nel senso di una maggiore giustizia, di più libertà ma non questa libertà incontrollata della volpe nel pollaio.
Questi diritti di cui la Dichiarazione universale ha redatto il programma nel 1948, sono universali. Se incontrate qualcuno che non ne beneficia, compiangetelo, aiutatelo a conquistarli.

Due visioni della storiaQuando provo a comprendere ciò che ha causato il fascismo che ha fatto sì che fossimo invasi dallo stesso e da Vichy, mi dico che i possidenti, col loro egoismo, hanno avuto terribilmente paura della rivoluzione bolscevica. Essi si sono lasciati guidare dalle loro paure. Ma se, oggi come allora, una minoranza attiva si drizza, ciò basterà, avremo il lievito affinché la pasta gonfi. Certo, l'esperienza di uno molto anziano come me, nato nel 1917, si differenzia dall’esperienza dei giovani di oggi. Io chiedo spesso ai professori dei licei di poter dialogare con i loro alunni, e dico loro: voi non avete le stesse ragioni evidenti di impegnarvi. Per noi, resistere, era non accettare l'occupazione tedesca, la disfatta. Era relativamente semplice. Semplice come ciò che ne è seguito, la decolonizzazione. Poi la guerra dell'Algeria. Occorreva che l'Algeria diventasse indipendente, era evidente. In quanto a Stalin, abbiamo applaudito tutti alla vittoria dell'armata rossa contro i nazisti, nel 1943.
Ma già da quando si ebbe consapevolezza dei grandi processi stalinisti del 1935, anche se bisognava mostrare attenzione verso il comunismo per controbilanciare il capitalismo americano, la necessità di opporsi a questa forma insopportabile di totalitarismo si impose come un'evidenza. La mia lunga vita mi ha dato una sequela di ragioni per indignarmi. Queste ragioni sono state prodotte più da una volontà di impegno che da un'emozione. Il giovane normale che ero, era stato molto segnato da Sartre, un compagno maggiore. La Nausea, Il Muro, non L’Essere e il nulla, sono stati molto importanti nella formazione del mio pensiero. Sartre ci ha insegnato a ricordare: Voi siete responsabili in quanto individui. Era un messaggio libertario. La responsabilità dell’uomo che non può affidarsi né ad un potere né ad un dio. Al contrario, bisogna impegnarsi in nome della propria responsabilità di persona umana. Quando sono entrato alla scuola normale di via d’Ulm, a Parigi, nel 1939, io ci entravo come fervente discepolo del filosofo Hegel, e seguivo il seminario di Maurice Merleau-Ponty. Il suo insegnamento esplorava l’esperienza concreta, quella del corpo e delle sue relazioni col senso, grande singolare espressione al plurale dei sensi. Ma il mio ottimismo naturale, che vuole che tutto ciò che è augurabile sia possibile, mi portava piuttosto verso Hegel. La filosofia hegeliana interpreta la lunga storia dell’umanità come avente un senso: è la libertà dell’uomo che progredisce tappa dopo tappa.
La storia è fatta di shock successivi, è la messa in conto di sfide. La storia delle società progredisce, e finalmente, quando l’uomo raggiunge la sua piena espressione, abbiamo lo stato democratico nella sua forma ideale.

Esiste certamente un’altra concezione della storiaI progressi fatti nella libertà, la competizione, la corsa al "sempre di più", tutto questo può essere vissuto come un uragano distruttivo. Così lo rappresenta un amico di mio padre, l’uomo che ha diviso con lui il compito di tradurre in tedesco À la Recherche du temps perdu di Marcel Proust. È il filosofo tedesco Walter Benjamin. Egli aveva tratto un messaggio pessimista da un quadro del pittore svizzero, Paul Klee, l'Angelus Novus, dove la figura dell’angelo apre le braccia come per contenere e respingere una tempesta che identifica col progresso. Per Benjamin che si suiciderà nel settembre 1940 per sfuggire al nazismo, il senso della storia è l'avanzamento irresistibile di catastrofe in catastrofe.

L’indifferenza: il peggiore degli atteggiamentiÈ vero, le ragioni di indignarsi possono sembrare oggi meno nette o il mondo troppo complesso. Chi comanda, chi decide? Non è sempre facile distinguere tra tutte le correnti che ci governano.
Non si tratta più di una piccola élite di cui comprendiamo chiaramente l’operato. È un vasto mondo che sappiamo bene essere interdipendente.
Viviamo in una interconnettività come non era mai esistita. Ma in questo mondo, ci sono delle cose insopportabili. Per vederle, bisogna bene guardare, cercare. Dico ai giovani: cercate un poco, andate a trovare. Il peggiore degli atteggiamenti è l’indifferenza, dire “io non posso niente, me ne infischio". Comportandovi così, perdete una delle componenti essenziali che ci fa essere uomini. Una delle componenti indispensabili: la facoltà di indignazione e l’impegno che ne è la diretta conseguenza.
Si possono identificare già due grandi nuove sfide:
1. L’immensa distanza che esiste tra i molto poveri e i troppo ricchi, che non cessa di aumentare. È un mutamento del XX e del XXI secolo. I molto poveri nel mondo d’oggi guadagnano appena due dollari al giorno. Non si può lasciare che questa forbice si allarghi ancora. Questa sola constatazione deve suscitare un impegno.
2. I diritti dell’uomo e lo stato del pianeta. Ho avuto la fortuna dopo la Liberazione di essere associato alla redazione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata dall’Organizzazione delle Nazioni unite, il 10 dicembre 1948, a Parigi, al palazzo di Chaillot. Nella funzione di capo di gabinetto di Henri Laugier, segretario generale aggiunto dell’ONU, e di segretario della Commissione dei Diritti dell’uomo, assieme ad altri, sono stato ammesso a partecipare alla redazione di questa dichiarazione. Non potrei dimenticare, nella sua elaborazione, il ruolo di René Cassin, commissario nazionale alla Giustizia e all'educazione del governo della Francia libera, a Londra, nel 1941, premio Nobel della pace nel 1968; né quello di Pierre Mendès France in seno al Consiglio economico e sociale cui i testi che elaboravamo erano sottoposti, prima di essere esaminati dalla Terza commissione dell'assemblea generale, responsabile delle questioni sociali, umanitarie e culturali.
Essa contava i cinquantaquattro Stati membri, all'epoca, delle Nazioni unite, ed io ne assicuravo la segreteria.
Per l'appunto a René Cassin dobbiamo il termine di diritti “universali” e non “internazionali” come proponevano i nostri amici anglosassoni. Perché è proprio lì la scommessa a uscire dalla seconda guerra mondiale: emanciparsi dalle minacce che il totalitarismo ha fatto pesare sull’umanità.
Per emanciparsi, bisogna ottenere che gli Stati membri dell’ONU si impegnino a rispettare questi diritti universali. È un modo di sventare l'argomento della piena sovranità che uno Stato può fare valere mentre si dedica ai crimini contro l'umanità sul suo suolo. Questo fu il caso di Hitler che si stimava padrone di se stesso ed autorizzato a provocare un genocidio. Questa dichiarazione universale deve molto alla repulsione universale contro il nazismo, il fascismo, il totalitarismo, e inoltre, per la nostra presenza, allo spirito della Resistenza. Sentivo che bisognava fare rapidamente, non lasciarsi ingannare dall’ipocrisia che c'era nell'adesione proclamata dai vincitori a questi valori che non tutti avevano l'intenzione di promuovere in modo leale, ma che noi tentavamo di imporre loro.
Non resisto alla voglia di citare l’articolo 15 della Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo: ogni individuo ha diritto ad una nazionalità"; l’articolo 22: “Ciascuno, in quanto membro della società, ha diritto alla Sicurezza sociale; essa è intesa a garantire ad ogni uomo la soddisfazione dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità, grazie allo sforzo nazionale ed alla cooperazione internazionale, tenuto conto dell’organizzazione e delle risorse di ciascun paese”. E se questa dichiarazione ha una portata dichiarativa, e non giuridica, non ha giocato un ruolo meno rilevante dopo il 1948; si sono visti popoli colonizzati impadronirsene nella loro lotta di indipendenza; ha inseminato gli spiriti nella lotta per la libertà.
Constato con piacere che nel corso degli ultimi decenni si sono moltiplicate le organizzazioni non governative, i movimenti sociali come Attac (Associazione per la tassazione delle transazioni finanziarie), il FIDH (Federazione internazionale dei Diritti dell’uomo), Amnesty... che sono attive e ad alto rendimento. È evidente che per essere efficaci oggi, bisogna agire in rete, approfittare di tutti i mezzi moderni di comunicazione.
Ai giovani, dico: guardate intorno a voi, voi ci troverete i temi che giustificano la vostra indignazione – il trattamento riservato agli immigrati, agli illegali, ai Roms. Troverete delle situazioni concrete che vi portano a dare corso ad un'azione civica forte. Cercate e troverete!

La mia indignazione a proposito della PalestinaOggi, la mia principale indignazione riguarda la Palestina, la striscia di Gaza, la Cisgiordania. Questo conflitto è causa per me di grande indignazione. Occorre assolutamente leggere il rapporto Goldstone del settembre 2009 su Gaza, nel quale questo giudice sud-africano, ebreo che si dice anche sionista, accusa l'esercito israeliano di avere commesso, durante l’operazione "Piombo fuso" durata tre settimane, “atti assimilabili a crimini di guerra e forse, in certe circostanze, a crimini contro l’umanità”. Io stesso sono tornato a Gaza, nel 2009, dove sono potuto entrare con la mia donna grazie ai nostri passaporti diplomatici, per valutare de visu ciò che questo rapporto sosteneva. Le persone che ci accompagnavano non sono state autorizzate ad addentrarsi nella striscia di Gaza e in Cisgiordania. Abbiamo visitato anche i campi di profughi palestinesi assegnati fin da 1948 dall’Agenzia delle Nazioni unite, l’UNRWA, dove più di tre milioni di Palestinesi, cacciati dalle loro terre da parte d'Israele, aspettano un rientro sempre più problematico. In quanto a Gaza, è una prigione a cielo aperto per un milione e mezzo di Palestinesi. Una prigione dove si organizzano per sopravvivere. Più delle distruzioni materiali come quella dell'ospedale della Mezzaluna rossa da parte di "Piombo fuso", è il comportamento degli abitanti di Gaza, il loro patriottismo, il loro amore del mare e delle spiagge, la loro costante preoccupazione del benessere dei loro bambini, innumerevoli e ridenti, che persiste nella nostra memoria. Siamo stati impressionati dal loro ingegnoso modo di fare fronte a tutte le penurie che devono sopportare. Li abbiamo visti preparare dei mattoni senza cemento per ricostruire le migliaia di case distrutte dai carri. Ci è stato confermato che durante l’operazione "Piombo fuso" condotta dall’esercito israeliano, ci sono stati millequattrocento morti - donne, bambini, vecchi confinati nel campo palestinese - contro solamente cinquanta feriti israeliani. Condivido le conclusioni del giudice sud-africano. Che gli Ebrei possano perpetrare, proprio loro, dei crimini di guerra, è insopportabile. Ahimè, la storia offre pochi esempi di popoli che traggano insegnamento dalla propria storia.
Lo so, Hamas che ha vinto le ultime elezioni legislative non ha saputo evitare che fossero lanciati razzi sulle città israeliane in risposta alla situazione di isolamento e di blocco nella quale si trovano gli abitanti di Gaza. Penso evidentemente che il terrorismo sia inaccettabile, ma bisogna riconoscere che quando si è occupati con mezzi militari infinitamente superiori a quelli di cui si dispone, la reazione popolare non può che essere violenta.
Torna utile ad Hamas lanciare razzi sulla città di Sdérot? La risposta è no. Ciò non favorisce la sua causa, ma questo gesto si può spiegare con l’esasperazione degli abitanti di Gaza. Nella nozione di esasperazione, bisogna comprendere la violenza come uno spiacevole esito rispetto alle inaccettabili condizioni subite. Allora, si può dire che il terrorismo è una forma di esasperazione. E che questa esasperazione è un termine negativo. Non si dovrebbe esasperare, occorrerebbe sperare. L’esasperazione nasce da una negazione di speranza. Comprensibile, direi quasi naturale, ma ugualmente inaccettabile. Perché non permette di ottenere i risultati che può eventualmente produrre la speranza.

La non-violenza, la strada che dobbiamo imparare a seguireSono convinto che il futuro appartiene alla non-violenza, alla conciliazione tra culture differenti. È per questa via che l'umanità dovrà affrontare con successo la sua prossima tappa. In ciò sono d’accordo con Sartre, non possiamo giustificare i terroristi che gettano bombe, li possiamo comprendere. Sartre nel 194l scrive: “Riconosco che la violenza sotto qualunque forma si manifesti è un insuccesso. Ma è un insuccesso inevitabile perché viviamo in un universo di violenza. E se è vero che dal ricorso alla violenza resta la violenza che rischia di perpetuarsi, è anche vero che è l'unico modo per farla cessare”.
Al che aggiungerei che la non-violenza è un mezzo più sicuro per farla cessare. Non si possono sostenere i terroristi in nome di questo principio, come ha fatto Sartre durante la guerra d'Algeria o all'epoca dell'attentato contro gli atleti israeliani in occasione dei giochi di Monaco del 1972. Non è efficace e Sartre finirà per interrogarsi alla fine della sua vita sul senso del terrorismo e a dubitare della sua ragion d'essere. Dire “la violenza non è efficace", è più importante che sapere se dobbiamo condannare o no coloro che si dedicano ad essa. Il terrorismo non è efficace. Nella nozione di efficacia, occorre una speranza non violenta. Una speranza violenta si trova nella poesia di Guillaume Apollinaire: “Le Pont Mirabeau”; non in politica. Sartre, nel marzo 1980, a tre settimane dalla sua morte, dichiarava: Occorre provare a spiegare che il mondo d’oggi, che è orribile, è solamente un momento nel lungo sviluppo storico, che la speranza è sempre stata una delle forze dominanti delle rivoluzioni e delle insurrezioni, che considero ancora la speranza come la mia concezione riguardo al futuro."
Bisogna comprendere che la violenza volge la schiena alla speranza. Bisogna preferirle la speranza, la speranza della non-violenza. È la strada che dobbiamo imparare a seguire. Sia da parte degli oppressori che degli oppressi, bisogna arrivare ad un negoziato per sconfiggere l’oppressione; questo permetterà di vincere la violenza terroristica. Perché non si deve lasciare accumulare troppo odio.
Il messaggio di un Mandela, di un Martin Luther King, trova tutta la sua pertinenza in un mondo che ha superato lo scontro ideologico ed il totalitarismo di conquista. È un messaggio di speranza nella capacità delle società moderne di superare i conflitti tramite la comprensione reciproca ed una pazienza vigile. Per giungere a ciò, bisogna basarsi sui diritti la cui violazione, chiunque ne sia responsabile, deve provocare la nostra indignazione. Non si deve transigere su questi diritti.

Per un’insurrezione pacificaHo notato - e non sono il solo - la reazione del governo israeliano di fronte al fatto che ogni venerdì i cittadini di Bil'id vanno, senza gettare pietre, senza utilizzare la forza, fino al muro contro il quale protestano. Le autorità israeliane hanno qualificato questa marcia come “terrorismo non violento”. Mica male... Occorre essere israeliano per definire terrorismo la non-violenza. Bisogna essere soprattutto imbarazzati dall'efficacia della non-violenza che suscita l’appoggio, la comprensione, il sostegno di tutti quelli che nel mondo sono contro l'oppressione.
Il pensiero produttivista, diffuso in occidente, ha trascinato il mondo in una crisi da cui occorre uscire abbandonando velocemente la concezione del "sempre di più", nel campo finanziario ma anche nel campo delle scienze e delle tecniche. È ormai tempo che i valori etici, di giustizia, di equilibrio duraturo diventino prevalenti. Perché rischi gravissimi ci minacciano e possono mettere un termine all'avventura umana su un pianeta che diventa inospitale.
Ma è indiscutibile che importanti progressi sono stati fatti dal 1948 in poi: la decolonizzazione, la fine dell'apartheid, la distruzione dell’impero sovietico, la caduta del Muro di Berlino. Invece, i primi dieci anni del XXI secolo sono stati una fase di arretramento. Questa involuzione io la spiego in parte con la presidenza americana di George Bush, l’11 settembre, e le conseguenze disastrose che ne hanno tratto gli Stati Uniti, come l’intervento militare in Iraq. Abbiamo avuto questa grave crisi economica, ma non abbiamo di contro avviato una nuova politica di sviluppo. Parimenti, l’incontro al vertice di Copenaghen contro il riscaldamento climatico non ha permesso di iniziare una vera politica per la preservazione del pianeta. Siamo sul limitare, tra gli orrori del primo decennio e le possibilità dei prossimi. Ma bisogna sperare, occorre sempre sperare. Il decennio precedente, quello degli anni ‘90, era stato motore di grande progresso. Le Nazioni unite hanno saputo convocare delle conferenze come quella di Rio sull’ambiente, nel 1992; quella di Pechino sulle donne, nel 1995; nel settembre 2000, su iniziativa del segretario generale delle Nazioni unite, Kofi Annan, i 191 paesi membri hanno adottato la dichiarazione sugli “Otto obiettivi del millennio per lo sviluppo”, con cui si impegnano a dimezzare la povertà nel mondo entro il 2015.
È mio grande dispiacere che né Obama né I'Unione europea si siano ancora espressi riguardo al loro apporto per una fase costruttiva, appoggiandosi sui valori fondamentali.
Come concludere questo appello ad indignarsi? Ricordando ancora ciò che l’8 marzo 2004, in occasione del sessantesimo anniversario del Programma del Consiglio nazionale della Resistenza, noi veterani dei movimenti di Resistenza e delle forze combattenti della Francia libera (1940-1944) dicevamo, che certo “il nazismo è stato sconfitto, grazie al sacrificio dei nostri fratelli e sorelle della Resistenza e delle Nazioni unite contro la barbarie fascista. Ma questa minaccia non è sparita totalmente e la nostra irritazione contro l'ingiustizia è ancora intatta”.
No, questa minaccia non è sparita totalmente. Perciò, chiamiamoci sempre ad “una vera insurrezione pacifica contro i mezzi di comunicazione di massa che non propongono come orizzonte per la nostra gioventù altro che il consumo di massa, il disprezzo dei più deboli e della cultura, l’amnesia generalizzata e la competizione a oltranza di tutti contro tutti”.
A coloro che vivranno il 21° secolo, diciamo con il nostro affetto:
CREARE È RESISTERE. RESISTERE È CREARE.

Nota bio-bibliografica 
Il padre Franz era il traduttore tedesco di Proust assieme a Walter Benjamin, la madre Helen Grund era pittrice e traduttrice berlinese. La loro storia fece scalpore. I genitori sono infatti due dei protagonisti di un ménage à trois narrato in un romanzo dal terzo, lo scrittore francese Henri-Pierre Roché, e diventato celebre con il film di François Truffaut Jules e Jim.
È cresciuto nella Francia degli anni Trenta. Ha partecipato alla Resistenza francese. Catturato dai tedeschi e destinato al campo di concentramento di Mauthausen, è riuscito a fuggire e ha raggiunto moglie e figli a Parigi. Dopo la guerra ha lavorato al Segretariato generale dell’Onu. È stato uno dei principali redattori della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. 
Il suo pamphlet Indignez-vous! (in Italia Indignatevi!, pubblicato da ADD nel 2011) è divenuto un vero e proprio caso editoriale, in Francia, con oltre un milione di copie vendute. Ricordiamo anche Impegnatevi! (Salani, 2011, scritto con Gilles Vanderpooten), Danza con il secolo (ADD, 2011), A conti fatti... o quasi (Bompiani, 2012), Vivete! (Castelvecchi, 2012), Non arrendetevi! (Passigli, 2013, scritto con Lluìs Urìa), Agli indignati di questa Terra! Dalla protesta all'azione (Liberlibri, 2013) e Esigete! Un disarmo nucleare totale, pubblicato postumo nel 2014 da Ediesse. 

Stéphane Hessel in Wikipedia

Ebook di Stéphane Hessel in ibs

Rosatellum, una legge elettorale ignobile e ingannevole


30 dicembre 2016

RLM - 40 anni fa. Una grande avventura al servizio della città



Il 28 Dicembre 2016, per iniziativa di Sino Quartararo e con il patrocinio della Pro Loco di Menfi, nell'Auditorium dell'Istituzione Culturale Federico II si è tenuta la rievocazione di Radio Libera Menfi, a quarantanni dalla sua fondazione col titolo 40 anni fa. Una grande avventura al servizio della città. L'evento, curato nei dettagli dall'impeccabile Gioacchino Mistretta e presentato dalla giovane Rosy  Abruzzo, ha visto la partecipazione di un pubblico numeroso e assai interessato. I vari collaboratori dell'emittente sono stati invitati sul palco a dare la loro testimonianza mentre sullo schermo scorrevano documenti interessanti, ormai storici, relativi a diverse fasi e rubriche curate da RLM. La serata è stata allietata grazie alla riproposizione di brani musicali in voga all'epoca, eseguiti magistralmente da Sino Quartararo e Leo Marchese. E' stata una bellissima manifestazione, assai partecipata, che ha avuto il merito di riportarci piacevolmente indietro di alcuni decenni. Ma RLM non deve rimanere solo un memoriale, potrebbe in qualche modo risorgere dalle sue ceneri. Pensiamoci! 


Era il 15 ottobre 1976 quando iniziarono le prove sperimentali di RADIO LIBERA MENFI sulla frequenza 98,200 mhz. L’idea di aprire la radio fu di alcuni giovani che s’interessavano di musica già da un bel po’ di tempo: Sino Quartararo, Saverio Piccione, Baldassare Bivona, Pippo Graffeo, Rosario Callaci, Giuseppe Gagliano. Poi si sono aggiunti: Bilello Francesco, Liborio Ferraro e Marco Bursi. Radio Libera Menfi ha rappresentato un momento importante per Menfi, la libertà, la trasgressione e la capacità del mondo giovanile del post ’68 d’interpretare la realtà di quel momento storico. Punto di forza della radio era l'interattività con gli ascoltatori che vennero coinvolti direttamente dando loro la possibilità di intervenire nel corso dei programmi apportando opinioni e commenti, oppure di scegliere brani musicali di loro gradimento; vengono cosi impostati programmi dedicati a varie fasce di utenza centrando la programmazione su vari argomenti (culturali, storici, rubriche varie, cabaret e musicali (Rock, musica italiana, folklore locale etc.) o sociali (politica in primis).
Quelli furono anni stupendi, di spensieratezza, d’entusiasmo e di straordinaria professionalità per quei ragazzi meravigliosi e per tutti i componenti la radio.
Il loro unico interesse è stato quello di garantire un servizio sociale a tutta la collettività convinti, com'erano, che il mezzo radiofonico era un bene comune che poteva essere utilizzato da tutti: famiglie, commercianti, liberi professionisti o semplici cittadini. Li sosteneva solo il loro grande entusiasmo e l’infinita voglia di fare, tipica dei giovani di quel tempo che, ahimè, raramente si riscontra nei giovani d’oggi.
Da un post su FB di Sino Quartararo

A me è stato dato il compito di rievocare sinteticamente la figura di Nino Ardizzone e la rubrica "Lignati siciliani" che andava in onda la domenica mattina. E l'ho fatto, all'incirca,così: 
"Cu pigghia lu turcu è so" era l'espressione con cui Nino Ardizzone soleva stigmatizzare il comportamento di quanti, in un contesto di illegalità diffusa, si appropriano di tutto ciò che capiti loro per le mani infischiandosi dei diritti altrui. A quel punto inarcava il sopracciglio in modo interrogativo e atteggiando il viso ad una smorfia faceva presagire una scarica di altre espressioni colorite. Il suo eloquio era pungente e, spesso, sarcastico. Con lui ogni domenica mattina intrattenevo i radiascoltatori su temi di carattere sociale e sulle disfunzioni che gli stessi denunciavano tramite telefono. 
La radio svolse allora un importante servizio sociale, contribuendo alla ricostruzione della vita comunitaria in un comune in parte disintegrato dagli effetti del sisma. I danni provocati dal terremoto e quelli successivi prodotti dagli uomini sono stati un altro argomento di discussione nella rubrica domenicale. "E ci nni vosiru trantuluna pi ghittari 'n terra lu campanaru di l'assiccursu!" Altra immagine di Nino che insieme a me criticava fortemente l'opera di demolizione di edifici che avrebbero potuto essere restaurati. Ma all'epoca in un centro rurale come il nostro risultò più agevole demolire e attendere la successiva ricostruzione.
Per quanto mi riguarda, la mia collaborazione con RLM rimase concentrata soprattutto negli anni 1980-83, il periodo in cui rientrai a Menfi avendo ottenuto l'incarico d'insegnamento c/o la sezione staccata di Menfi del Liceo Scientifico. Avevo la metà degli anni che mi ritrovo ora e furono per me anni molto densi e attivi perché curai con i miei studenti la messa in scena di alcune opere teatrali con discreto successo mentre riempivo le mattinate domenicali conducendo assieme al compianto Nino Ardizzone la rubrica di lagnanze in cui si denunciavano i disservizi, gli scandali, i ritardi delle amministrazioni relativamente alla ricostruzione post-terremoto ecc. Indimenticabile la battaglia condotta per la collocazione dei cassonetti per la raccolta dei rifiuti. In quel periodo, spesso, venivano trasmessi in tempo reale i consigli comunali, motivo per cui i consiglieri e gli amministratori dovevano stare attenti a quello che dicevano. Furono anni di impegno civile e di lotta al fine di realizzare un cambiamento considerato possibile. Ricordo certi dibattiti e confronti con esponenti politici locali, condotti nella sede della radio. Spesso i partecipanti volevano concordare gli argomenti ma quando le risposte viravano verso il consueto politichese era giocoforza riportarli alla concretezza della realtà.
A riascoltarmi, mi ha fatto impressione più della vivacità argomentativa, che non mi è mai mancata, la velocità nell'esposizione; da anni parlo più lentamente riflettendo di più su ciò che dico.


17 novembre 2015

La lettera di Antoine Leiris ai terroristi che nella notte di Parigi gli hanno strappato la moglie

“Vous n’aurez pas ma haine”

Vendredi soir vous avez volé la vie d’un être d’exception, l’amour de ma vie, la mère de mon fils mais vous n’aurez pas ma haine. Je ne sais pas qui vous êtes et je ne veux pas le savoir, vous êtes des âmes mortes. Si ce Dieu pour lequel vous tuez aveuglément nous a fait à son image, chaque balle dans le corps de ma femme aura été une blessure dans son coeur.
Alors non je ne vous ferai pas ce cadeau de vous haïr. Vous l’avez bien cherché pourtant mais répondre à la haine par la colère ce serait céder à la même ignorance qui a fait de vous ce que vous êtes. Vous voulez que j’ai peur, que je regarde mes concitoyens avec un oeil méfiant, que je sacrifie ma liberté pour la sécurité. Perdu. Même joueur joue encore.
Je l’ai vue ce matin. Enfin, après des nuits et des jours d’attente. Elle était aussi belle que lorsqu’elle est partie ce vendredi soir, aussi belle que lorsque j’en suis tombé éperdument amoureux il y a plus de 12 ans. Bien sûr je suis dévasté par le chagrin, je vous concède cette petite victoire, mais elle sera de courte durée. Je sais qu’elle nous accompagnera chaque jour et que nous nous retrouverons dans ce paradis des âmes libres auquel vous n’aurez jamais accès.
Nous sommes deux, mon fils et moi, mais nous sommes plus fort que toutes les armées du monde. Je n’ai d’ailleurs pas plus de temps à vous consacrer, je dois rejoindre Melvil qui se réveille de sa sieste. Il a 17 mois à peine, il va manger son goûter comme tous les jours, puis nous allons jouer comme tous les jours et toute sa vie ce petit garçon vous fera l’affront d’être heureux et libre. Car non, vous n’aurez pas sa haine non plus.

"Non avrete il mio odio"

Venerdì sera avete rubato la vita di un essere di eccezione, l'amore della mia vita, la madre di mio figlio ma non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio saperlo, siete delle anime morte. Se questo Dio per il quale uccidete ciecamente ci ha fatto a sua immagine, ogni proiettile nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore. 
Allora no, non vi farò questo regalo di odiarvi. L'avete ben cercato ma rispondere all'odio con la rabbia sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Volete che io abbia paura, che guardi i miei concittadini con un occhio diffidente, che sacrifichi la mia libertà per la sicurezza. Perso. Stesso giocatore gioca ancora. 
L'ho vista stamattina. Infine, dopo notti e giorni d'attesa. Era così bella come quando è uscita questo venerdì sera, così bella come quando me ne sono innamorato perdutamente più di 12 anni fa. Naturalmente io sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma essa sarà di breve durata. So che lei ci accompagnerà ogni giorno e che ci ritroveremo in questo paradiso delle anime libere a cui voi non avrete mai accesso. 
Siamo due, io e mio figlio, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho peraltro più tempo da dedicarvi, devo raggiungere Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi, va a mangiare il suo pasto come tutti i giorni, poi andiamo a giocare come tutti i giorni e tutta la sua vita questo piccolo ragazzo vi farà l'affronto di essere felice e libero. Perché no, voi non avrete neanche il suo odio. 

01 novembre 2015

EXPO, tra cardo e decumano


Attraverso expo 2015 molti italiani hanno scoperto il 'decumano' e forse anche il 'cardo'. Non c'è stata trasmissione televisiva in cui conduttore ed ospiti non li citassero, specialmente il primo. 
Cosa sarà mai 'sto decumano, si saranno chiesti! 
Chi ha cercato di informarsi consultando qualche enciclopedia, ha scoperto che le due parole non sono peculiarità di expo ma antichi termini che indicavano gli assi principali della struttura dell'accampamento militare e poi dell'urbanistica romana. 
Mi vien da pensare che per molti, forse, questa è stata la più importante scoperta fatta grazie ad expo.
Il resto, per dirla alla lombarda, è fuffa. 

23 agosto 2015

A TE, MATER VETUSTA (alle persone più care i miei frammenti più intimi)

Sollecitato dalla mia cara nipote Matilde, rendo fruibili a tutti i miei versi sparsi, raccolti e salvati in questo post sotto il titolo A te, Mater vetusta
Mi auguro che qualcuno li legga e ne apprezzi almeno la sincerità.

Prefazione di Matilde Fagotto
Difficile trasferire su carta - o su di una pagina virtuale, potremmo dire - la profonda emozione che mi coglie sfogliando il libriccino di poesie del caro zio Vito. Non sono un'esperta in materia, e tanto meno voglio apparire melensa, ma quei versi hanno da sempre la capacità di toccare alcune corde del mio cuore, e sono convinta che meritino una diffusione maggiore di quella che la modestia dell'autore ha loro concesso finora. E dunque, perché non farli rivivere attraverso le pagine di questo blog?
Natura e sentimenti - personalissimi eppure universali - sono qui declinati e intrecciati di volta in volta a rappresentare inquietudini e gioie, paure e coraggio, caducità e sublime bellezza che sembra destinata a non aver mai fine: dal tormentato rapporto con la terra madre, al profondo legame con la figlia, la sua "dolce bambina"; dalla schietta e toccante analisi di un vissuto sofferto, allo slancio vitale verso un futuro ignoto ma carico di nuovi auspici.
"A te Mater vetusta" é una raccolta che costituisce un piccolo ma significativo tassello di una natura umana estremamente sensibile, un dono per gli affezionati lettori di questo spazio e per chi vi si imbatterà casualmente.
Con la viva speranza che l'autore si decida a regalarci ancora qualcuna delle sue riflessioni in versi, auguro a tutti voi una buona lettura!

MATER VETUSTA
A te, mater vetusta, me redùce
calda l'eco di cantilene antiche.
Plaga assolata, tu mi desti vita         
d'incanto aprendo agli occhi miei la luce.
Risento stridule quelle cicale:
il canto rauco al cuore si figge
mentre col palpito azzurro si fonde
del mare, memore, che ti recinge.
Terra di miti e d’un sogno di luce, 
dimmi che tornano le tartarughe
quando la rupe d’Eraclea s'indora!
Dimmi le sabbie del Belice riarse,
solcate ancora da scarabei egizi!
Niun mostro omai tra Scilla e Cariddi.

SERA DI MAGGIO
Scende attesa la sera nel sereno
e perdura la luce del tramonto
che accende le balze aspre del monte
scavando solchi d’ombra nel terreno.
Sale denso il profumo delle rose,
dura a lungo la zagara fragrante
mentre gli uccelli s'attardano nei canti
aspettando la lieve notte nera.
Fanno un concerto di mille suoni, quanti,
tutti intonati alla malinconia,
come ogni sera han messo a punto in tanti
gli strumenti per la sinfonia.
Solo le piante piegano le fronde
in un applauso silenzioso e vero;
esse soltanto colgono il mistero
che accompagna il momento del tramonto,
e le campane dell’Avemaria.

A ROBERTA
Esterrefatto, muto, sonnolento,
ricordo il giorno freddo dell’addio;
insieme a me pranzasti e poi scrivendo
sulla mia agenda ed implorando Dio,
mi afferrasti ché non scappassi via.
T'accompagnai, era Sabato, all'ora 
di disegno: la destra nel taschino
e l'altra riscaldavi nella mia.
Dovetti comperarti cartoline
con bimbi che facevan l'occhiolino,
quasi pegno del mio ripensamento.
Ora star qui, senza di te, detesto
e mi divora notte e dì, lo sento, 
il rimpianto di te, il mio tormento.

PAURA DI BIMBA
Un brivido brucia la pelle,
t'afferra pei polsi,
ti stringe alla gola,
ti toglie le forze.
Il sangue raggela di colpo,
il cuore non batte,
poi pulsa più forte,
imporpora il viso
e scioglie d’un tratto
di lacrime calde
la limpida fonte.

E LA TERRA TREMÒ...
Squarci ne lacerarono le membra
e la terra patì con affanno
e lanciò ululati di morte
e rigurgitò bava schiumosa
ed ebbe sussulti inauditi.
Cielo e mare le furono solidali
e scatenarono forze selvagge
sfogando una rabbia incontenibile
sull'orgogliosa miseria dell'uomo.

SONO STANCO
Sono stanco 
di camminare
per plaghe desolate,
aride, abbandonate.
Ma anche se ritrovassi
i fiori, i colori, i suoni,
il deserto rimarrebbe nel mio cuore.

VIVO GIORNATE VUOTE
Vivo giornate vuote,
inutili, noiose:
chi ha rubato alla mia vita
il senso?

CAMMINO SENZA META
Cammino senza meta
per strade fatte
da altri
che non so dove portano.
Ma almeno la notte
vorrei riposare
e non pensarci.                                          

NON SO PERCHÉ SCRIVO
Non so perché scrivo:
tutto il dolore del mondo
le mie parole
non possono contenerlo;
neanche il mio male
ci sta intero.
                                                                                   
IL MIO CUORE
Il mio cuore
è come quel muro sgretolato,
grezzo, cadente:
solo una parvenza
di nuovo
gli darebbe l'intonaco.

L'AMORE E' COME LA LUNA
L'amore è come la luna:
risplende, sorride lontana,
ti fa sognare;
ma chi la raggiunge
non trova che terra.

SEMBRO UN RELITTO
Sembro un relitto
che ha toccato il fondo,
una larva d’uomo alla deriva
che è riemersa inerte, vuota e priva
di senso.
Mi sballottano
senza meta i venti
e le onde sconvolgono
i pensieri, la mente vaga
senza scopo e i piedi
non hanno direzione né sentieri.
In certi momenti,
disperato, prego l'onde
che coprano il mio corpo
e lo affidino al nulla più profondo.
Ma poi mi sembra di riprender fiato
e spero nel futuro e scopro il pianto.

POSARE IL CUORE
Posare il cuore
in un angolo,
fuggire per mete
lontane,
disfar la valigia:
sognare
di essere giunto
al traguardo.

OGGI MI TRADIRÒ
Oggi mi tradirò perché, sognando
mi perderò negli occhi tuoi smarrendo
il ben dell’intelletto e, sospirando,
ti chiederò di starmi ancora accanto.

DOMANI MENTIRÒ
Domani mentirò perché, parlando,
pronuncerò parole senza senso;
ma sento che dirò, in un lamento:
“Non ti scordar di me, t’ho amato tanto!”.

IL VOLO
Evviva, evviva!
Il volo
verso verdi orizzonti
ho già spiccato.
E chi potrà fermarmi!
Volano
mente e cuore,
a stento la ragione
li riprende.
E’ un attimo
e poi via, lontano,
per sentieri inesplorati,
dalle remote densità dell’abisso,
oltre la lieve chiarità
della gioia.
Io sono qui e palpito,
in mille anfratti
mi cerco e mi trovi,
mi perdo
e mi ritrovano. 
Le parole non dicono,
non spiegano:
è la vita che in me scorre, 
che a me torna per mille
rigagnoli e torrenti
irruenti; è la vita
che riprende.
Mi riverbero
e via ancora per sentieri
più vorticosi,
sopra abissi ignoti.
Il carico ho buttato
e volo! 
Fallo anche tu,
librati sulle tue ali,
reggono, se vinci
la vertigine
del vuoto.

SOGNO D’ESTATE
Fresco un ruscello
t'accarezza di notte le ciglia,
agile svetta e zampilla 
fra luci e colori
d'immagini nuove
e d'antiche promesse.

SCALPITANO CAVALLI
Scalpitano cavalli,
al vento le criniere;
folate sconvolgono
il fumo sui comignoli:
seduto l'uomo fissa
lontano punti neri,
sorride, il vento
gli carezza i pensieri.

DOLCE SIRENA
Dolce sirena del cuor mio
randagio, portami lontano
in volo planare
sulle gelide acque
lacustri dove libellule
danzano felici!

TRA CIANE E ARETUSA
Tra Ciane e Aretusa
stasera
la Luna si veste
d'argento
nel mare d'Ortigia.

MUSICA LE PAROLE
Musica... 
le parole, 
quando sgorgano
chiare, acqua fresca
di sorgente dal colle
limpida fluente
al mar 
che la riceve dolcemente...


Postfazione di A. B. 
Tristezze intessute di luci, velate di emozioni. Desiderio di esporsi lasciandosi andare, sorvegliato dall'insopprimibile urgenza di capire, mantenendo misura e distacco per mettere a fuoco. Rapporto con il passato, non solo nostalgico, e insieme voglia di vivere il presente aggrappandosi alle sensazioni suscitate dalla realtà, per altri, forse, non altrettanto positiva. Più aperta, immediata, serena nel dolore “A Roberta”, in cui domina incontrastato il sentimento, a discapito di quella  “misura” sempre mantenuta.
Dove conduce la continua fuga?  Qual è l’approdo? A. B.

          Breve nota sull'autore
Vito Raia è nato a Menfi nel 1946. Il terremoto del Belice, che lo ha visto testimone attento e critico di fatti e misfatti ormai insanabili, ha segnato profondamente la sua vita. Si è laureato in Lettere a Palermo, discutendo la tesi “Ricerche sulla situazione socio-culturale di Menfi”. Si considera discepolo di Giusto Monaco di cui ha sempre ammirato, sin dagli anni universitari, l'amore per la civiltà classica, la profonda umanità e lo stile impareggiabile. Ha insegnato per quasi un ventennio in istituti tecnici del Trentino e successivamente si è trasferito a Siracusa dove ha deciso di interrompere, almeno per qualche tempo, il suo peregrinare. Sente, infatti, sempre più potente, il legame allo scoglio di Ortigia dove il destino lo ha fatto approdare, naufrago, in cerca della “mater vetusta”.   
Queste povere, piccole cose, tessere in frantumi di un mosaico impossibile, intende donare ad Ortigia ospitale, miniatura affascinante, emblematica, della mitica madre. 

29 dicembre 2014

ANNO NUOVO. VITA VECCHIA ?

Fra poche decine di ore festeggeremo in tutto il mondo (intendo su questo nostro pianeta) il passaggio dall'anno 2014 al 2015. Lo faremo non tutti nello stesso momento ma secondo lo scaglionamento in 24 fusi orari; pertanto l'inizio dei festeggiamenti avverrà nell'arco di 24 ore nelle 24 sezioni nelle quali il nostro globo è diviso. Il capodanno islamico e il cinese non coincidono con quello occidentale fissato dal Calendario gregoriano. 
Già solo questi fatti ci dicono che il tempo storico è una pura convenzione e si calcola secondo criteri più o meno precisi di aggiustamento al tempo astronomico. 
Anche questo, però, è una formulazione scientifico-filosofica intorno alla quale fior di studiosi hanno dibattuto costruendo diverse concezioni del tempo, dalla ciclica, alla lineare fino alla spirale. 

Non mi dilungherò sulla concezione sidero-spaziale, filosofica, scientifica del tempo per la quale rinvio i miei lettori alla puntuale esposizione presente in Wichipedia
Solo un cenno al tempo storico che è quello della sistemazione cronologica e periodizzazione che gli storici fanno della loro materia. 

Mi soffermerò, invece, sul concetto di tempo individuale che è quello che a ciascuno di noi è dato da vivere e che procede secondo criteri del tutto personali e, direi, interiori. E per far ciò mi rifaccio alla teoria di Henri Bergson secondo cui per il tempo non esistono singoli istanti ma un loro continuo fluire non scomponibile; istanti vissuti nella loro durata reale nella coscienza di ognuno dove gli stati psichici non si succedono ma convivono. Diverso è quindi il tempo della scienza da quello reale che ciascuno di noi vive nella propria coscienza. 

Per questa ragione il mio/nostro tempo può contrarsi o dilatarsi. Non è un tempo scandito dallo scorrere lineare e regolare delle ore e dei giorni del calendario, ma costituito di ritagli della realtà percepita in un tempo fuori dal tempo, una durata che la memoria poi raccoglie e incasella nel tempo reale. E qui soccorre Proust che nella sua Recherche fece uso della concezione bergsoniana: Un'ora, non è solo un'ora, è un vaso colmo di profumi, di suoni, di progetti, di climi

Questa concezione del tempo legata alle nostre percezioni è affascinante, ci libera dalla costrizione nel tempo come svolgimento monotono e lineare, dalla concezione ciclica dell'eterno ritorno e sprigiona, invece, le nostre potenzialità creative perché ci dà modo di ritagliarci il nostro tempo da vivere, liberi dall'estenuante riferimento all'orologio fisico a vantaggio di quello interiore. 

Esperienze di questo tipo tutti ne abbiamo fatte. Quante volte ci accorgiamo che il tempo dell'attesa non passa mai - sembra durare più a lungo di quanto stimiamo - e guardiamo insofferenti i minuti che scorrono sull'orologio. Altre volte, invece, il tempo dell'azione e delle esperienze piacevoli sembra sfuggirci di mano, tanto passa in fretta! 
E questa percezione del tempo è comune a tutti gli uomini - occidentali, cinesi, musulmani - senza distinzione culturale o religiosa. 

Per tornare ai festeggiamenti che accompagneranno l'arrivo del 2015, anch'io allo scoccare della mezzanotte del 31 Dicembre (fuso orario di Roma) parteciperò al brindisi augurale perché mi troverò in compagnia di persone accomunate dalla stessa voglia di salutare l'anno nuovo. Altre volte, invece, mi sono ritrovato solo in casa, sono andato a dormire prima e l'anno è entrato ugualmente. 

25 febbraio 2014

Oggi voglio parlare di Pippo Pollina

Nel giorno in cui il PD, Berlusconi e il Parlamento affidano il Governo dell'Italia a Matteo Renzi, presentandocelo come l'ultima risorsa per questo Paese disastrato (salvo buttarlo a mare se fallirà), non riuscendo a stemperare la mia grande delusione venata di pessimismo, preferisco pensare ad altro e, per distrarmi, accetto di riproporre questa intervista telefonica a Pippo Pollina, pubblicata da un'amica comune su laspeziaoggi.it.






Pippo Pollina parla di sé, di politica e di musica, di Claudia Bertanza 
Giuseppe Pollina, in arte Pippo, (Lo sconosciuto che all’estero adorano) ha da poco pubblicato un nuovo cd, “L’appartenenza” ed è in tour con il Palermo Acoustic Quintet. A giorni arriverà in Italia (il 27 febbraio a Torino,  Teatro Dopo Lavoro Ferroviario, il 28 a Cattolica, Teatro della Regina, il 1° marzo a Verona,  Teatro Nuovo e il 2 marzo a Firenze Teatro Puccini). Lo raggiungo telefonicamente mentre sta tornando a casa sua, a Zurigo, per un giorno di riposo. Prima di venire in Italia, lo aspettano Salisburgo (il 25) e Innsbruck (il 26). Pippo è soddisfatto, il tour sta andando molto bene. 
Signor Pollina, lei vive fuori dall’Italia ormai da 30 anni. Tornerebbe a vivere qui?
No, decisamente. La vedo molto brutta per l’Italia, ma non tornerei soprattutto perché ormai la mia vita è qui, ci sono ragioni strettamente personali e poi sono abituato a un altro modo di vivere. 
E se i suoi figli decidessero di trasferirsi in Italia?
Augurerei loro buona fortuna, non mi sentirei di sconsigliarglielo. Se vogliono farlo, lo facciano pure. 
Perché, secondo lei, in Italia non riesce a “sfondare” del tutto?
Non ho un pubblico abbastanza numeroso da consentirmi di fare “il salto”, sono poco adatto e poco tipico per il grande pubblico. La mia sensibilità attrae una minoranza, ma la cosa positiva è che il mio è un pubblico fedele, non volubile come spesso accade in Italia. La fedeltà è più caratteristica del pubblico del Nord Europa, ma il mio pubblico, una volta che mi conosce, non mi lascia più. 
Zurigo, la sua città adottiva, le ha tributato, nel maggio scorso, una 3 giorni di concerti per i suoi 50 anni. A Palermo non ha organizzato nulla: potrebbe pensarci per i suoi 55 o 60 anni?  
No, è ancora lontano nel tempo per pensarci. Comunque non ci sono rimasto male, a Palermo ho un pubblico di 400-500 persone, troppo poche per un’organizzazione come quella di Zurigo, non c’erano i presupposti.
Parliamo di Sanremo. Lei si presentò alle selezioni, ma le sue canzoni furono bocciate. Vista la qualità delle canzoni, considerata bassa, le sarebbe piaciuto partecipare comunque o è felice che sia andata così?
Confermo la bassa qualità delle canzoni. In realtà a me non sarebbe realmente piaciuto partecipare, ma ho pensato, consigliato anche dai miei musicisti, che potesse essere utile, funzionale al mio successo in Italia. Ma sapevo già che non sarei passato, a Sanremo vai se sei in un certo giro, se conosci le persone giuste. 
Lei ha fatto molti duetti. C’è un artista con il quale le piacerebbe duettare?
Sì, Leonard Cohen. Altri al momento non me ne vengono in mente. Ci sono tanti bravi artisti, ma ho in mente solo lui. 
Se oggi dovesse scrivere un disco come “Ultimo volo” (opera dedicata alla strage di Ustica) c’è un avvenimento della storia italiana a cui vorrebbe dedicarlo?
No, non c’ho mai pensato. A certi dischi pensi quando hai del materiale, quando ti fanno una proposta. Certo nella storia italiana c’è tanto di cui scrivere e cantare, ad esempio tutto il discorso sulla Trattativa Stato-mafia. 
Ci dice qualcosa del suo ultimo disco?
E’ una sorta di riepilogo, che avevo in mente già da qualche tempo. Dopo la festa per i miei 50 anni, ho deciso che era il momento di scriverlo, è assieme un inizio e una fine. E “appartenenza” è una parola importante. Questo è un disco importante. 
Tra le canzoni che ha scritto, ce n’è una di cui va particolarmente fiero? E una di cui si vergogna?
Né l’una né l’altra. Ho canzoni che mi piacciono di più e altre che oggi non riscriverei, ma non faccio particolari diversificazioni tra loro.  
Parliamo di politica. Lei è di sinistra. Si riconosce nella sinistra di oggi?
No. Ho sempre votato i partiti minori, come Democrazia Proletaria, poi ho aderito al progetto della Rete (con Orlando, Dalla Chiesa, Fava), progetto che durò poco. Dopo essere stato del tempo senza votare, ho votato poi Rivoluzione Civile. Ma perdo sempre.  
Cosa ne pensa del Governo Renzi?
Mi ricordo un’intervista a Matteo Renzi di qualche tempo fa, in cui diceva  che gli sarebbe piaciuto diventare Presidente del Consiglio, ma solo tramite elezioni. Per me basta già questo, per presentarlo. Poi per carità, speriamo faccia cose buone per l’Italia. 
Qualche tempo fa ha gettato nello sconforto i suoi fan di FaceBook, annunciando un ritiro dalle scene temporaneo, che qualcuno scambiò per definitivo. E’ sempre di quell’idea?
Certamente. Finito questo tour, che durerà un anno e mezzo, mi prenderò una pausa, non so quanto lunga. Il giorno in cui mi ritirerò (e succederà) lo farò senza fare grandi annunci, almeno all’inizio. Credo siano scelte personali, da non sbandierare. Poi, siccome sicuramente qualcuno si chiederà dove sono finito, allora lo dirò.  
Pippo è in viaggio, la linea è un po’ disturbata, lo ringrazio, lo saluto e gli auguro in bocca al lupo per il tour. E gli dico che spero che il suo ritiro definitivo dalle scene sia ancora molto lontano nel tempo. (Claudia Bertanza)






Leggi anche:
Pippo Pollina - L’Appartenenza
pippopollina.com

08 febbraio 2014

Ricordando Rosario Giacomarra, collega e amico

Questa vecchia foto, fortunosamente recuperata da mia nipote Matilde tra tante cianfrusaglie, mi ritrae in mezzo ad una scolaresca dell'ITCeG di Tione di Trento, in gita nel territorio di Paestum. 
Come nella Recherche di Proust, essa ha dato la stura a tanti ricordi lontani e mi ha richiamato alla mente l'amico e collega esemplare Rosario Giacomarra, a destra nella foto. 
Insieme, con molta imprudenza devo dire, avevamo accettato di accompagnare in gita questa classe tutta di ragazze e ci eravamo accampati nella casa di proprietà dei familiari di una delle alunne. 

Con Rosario ci eravamo conosciuti a Tione, ambedue insegnanti presso l'ITC 'Einaudi', lui di tedesco ed io di lettere italiane. Abitavamo all'Hotel Milano con trattamento di pensione completa. Personaggio estroso Rosario, molto preparato, con una cultura profonda non priva di erudizione, nascondeva spesso la sua timidezza e inadeguatezza a rapportarsi con gli altri dietro un atteggiamento scontroso e duro e una parlata incerta e sottotono che mostrava chiarissima la sua origine siciliana. Ogni situazione che viveva lo spingeva a confrontarsi con i suoi autori amati citandoli. Nutriva una forma di allergia per la politica per la quale mostrava un vistoso agnosticismo. Leggeva molto e usava la radio per ascoltare soprattutto le stazioni straniere in onde medie. Conosceva tante lingue antiche e moderne, oltre al Tedesco che era la materia di insegnamento. Le sue conoscenze storiche erano straordinarie e si muovevano agilmente dalla storia antica alla contemporanea. 

Lo ritrovai a Riva del Garda, dopo il mio ritorno dalla Sicilia in Trentino, docente di tedesco al Liceo Maffei. Non era facile mantenere un rapporto d'amicizia con lui; era una spanna sopra gli altri per conoscenza e cultura, dotato del senso dell'umorismo e, talvolta, di un'ironia pungente. Era diventato più irascibile negli ultimi anni: non sopportava la superficialità e l'approssimazione di tanti suoi colleghi; con gli studenti era di un rigore antico, ma poi sapeva comprenderli e giustificarli. Sembrava un uomo d'altri tempi, un apolide, cittadino del mondo. 
Aveva, infine, comprato casa nel centro di Riva del Garda dove mostrava di volersi stabilire definitivamente. E lì, a Riva lo colse il male che lo portò alla morte nella sua Alimena. Spirito libero e indipendente, ha lasciato più poveri quanti lo hanno conosciuto e stimato.

Dalla nota dell'estroso Zanzani traggo la riflessione che condivido in pieno, che accompagna il noto scherzo poetico del caro Rosario sul corpo umano.
Come tutti sanno, pochi giorni orsono a Mario Vargas Llosa è stato assegnato il Nobel per la letteratura. Ma non è di questo straordinario autore che intendo parlare, vi offrirò invece la lettura di una poesia di Rosario Giacomarra che mi è parsa molto bella.   
Rosario Giacomarra è stato uno di quegli italiani geniali che vivono nascosti tra le mille rughe del nostro bizzarro paese e dei quali ci si accorge quando sono già morti. 
Fu quasi un autodidatta, ma parlava latino, greco, francese, inglese, tedesco, spagnolo, olandese, turco e russo, oltre al suo bel dialetto. 
Io non lo conoscevo, però dopo aver letto questa sua poesia sul libriccino che mi hanno regalato gli amici delle Madonie che gli hanno dedicato il concorso letterario "Alimena sotto le stelle", non ho potuto rinunciare a presentarvela. È una lirica folgorante. 
Allorchè fu creato il corpo umano
presentò ciascun organo il suo piano
per diventar del corpo il capitano.
- Trasmetto forza, a tutti dò una mano,
lo stomaco disse, e il corpo è sano:
tocca a me dunque fare il capitano.
- Siam noi, le gambe, chi fa andar lontano
l'intero corpo, siamo noi, e invano
pretende farne ogni altro il capitano.
E quando dopo tutti toccò all'ano
far le proposte esso espose il piano
per diventar di tutti il capitano.
Che gran risata fece il corpo umano!
Allora, irato per il gran baccano:
- Non faccio più lo stronzo, in italiano
l'ano parlò, se non son capitano!
L'intero corpo in uno stato strano
ben presto si trovò: facea l'indiano
ogni organo del corpo e a capitano
per viver tutto il corpo scelse l'ano.
Non serve dunque un fesso sovrumano,
ma ogni fesso è buono, ogni villano
che sappia far lo stronzo è capitano. 
Lo scherzo poetico di Giacomarra spiega molto bene che a volte non è il migliore a comandare.

Leggi anche:
Il ricordo del prof, in ARCHIVIO TRENTINO 

Giacomarra: sempre vivissimo il ricordo di un prof generoso

Alimena sotto le Stelle della Letteratura, dedicato alla memoria del prof. Rosario Giacomarra

E infine:
Un genio italiano, in Cronache dalla campuria a cura di Giovanni Zanzani

21 dicembre 2013

Un regalo di Natale simpatico, curioso e originale


Come un regalo, di per sé insignificante, può assumere - per chi lo riceve - un valore straordinario. 

Non occorre che sia necessariamente costoso o alla moda, è necessario che ci ricordi alla persona cara e susciti in lei piacevoli sensazioni. 


Questa è la lettera che la scrittrice inglese Sylvia Townsend Warner scrisse all'amica e collega Alyse Gregory per ringraziarla della scatola di fiammiferi ricevuta in dono per il Natale del 1946. 

«Carissima Alyse,
Solitamente si inizia una lettera di ringraziamento con qualche paragone sgraziato, dicendo per esempio, “Non ho mai ricevuto una sciarpa così rossa” o “Questo è il cavallo più grande che abbia mai ricevuto a Natale”. Ma la tua scatola di fiammiferi non può avere paragoni, perché non ho mai ricevuto una scatola di fiammiferi in tutta la mia vita. Francobolli, sì, puntine da disegno, certo, gomitoli di corda, sì sì, decisamente troppo spesso; ma una scatola di fiammiferi mai. Sono cose così affascinanti, ben fatte come scriccioli, e che quantità di ingegno e scaltrezza umana ci è voluta nella loro costruzione: se fosse una normale scatola con coperchio non sarebbe conveniente neanche la metà.
Questa qui è particolarmente ben fatta, affascinante e ingegnosa, e si apre e si chiude come se l’avesse costruita Chippendale. [un ebanista inglese del XVIII secolo, famoso per l'accuratezza e la grazia dei suoi mobili.]
Ma la cosa che mi piace di più della mia scatola di fiammiferi è che è vuota. Ho spesso pensato come sarebbe bello ricevere una casa vuota in Norvegia, come mi piacerebbe camminare in quelle camere nude con il profumo del legno, che in fondo è il riparo naturale dell’uomo, o comunque il più congeniale. E quando ho aperto la tua scatola di fiammiferi, che ora è la mia scatola di fiammiferi, e ho visto quella bella superficie rettangolare, pulita e dal dolce profumo, è stato esattamente come se la mia casa in Norvegia fosse diventata realtà; con in più il vantaggio di avere la misura giusta per tenerla in mano. Ci ho subito chiuso dentro la mia immaginazione, ed è ancora lì, che ascolta il vento tra gli abeti fuori. Sedendomi lì dentro tra pochi giorni sentirò la campana luterana chiamarmi e invitarmi ad andare e cantare inni luterani, mentre la moglie del pastore guarda distrattamente il marito in un pergolato di alberi sempreverdi e si chiede se si ricorderà di mettere il pepe nel ripieno d’oca; ma non andrò, sarò troppo felice di restare seduta nella casa che Alyse mi ha regalato per Natale.
Ah, devo dirti che ho terminato il mio libro, iniziato nel 1941, che è stato in pericolo centinaia di volte, ma che infine è concluso. Così posso dedicarmi completamente a godermi la mia scatola di fiammiferi.
P.S. C’è ancora così tanto da dire… presa dalla mia gioia per la forma e la consistenza mi sono dimenticata di lodare il disegno sul retro. Non ho mai visto una così gradevole somiglianza con un riccio, e il vulcano in fondo è magnifico».

Mi servo di questo post per fare gli auguri di Natale a quanti mi conoscono e mi vogliono bene con alcune considerazioni finali: immagino che Alise Gregory volesse invitare delicatamente l'amica a smettere di fumare. Questo particolare mi fa tornare alla mente il mio primo casuale incontro con Pier Luigi, colui che sarebbe diventato mio cognato. Fumavo e gli offrii una sigaretta che lui non rifiutò come avrebbe fatto un comune non fumatore. Non l'accese ma continuò sotto i miei occhi a sciorinarla fra le dita fino a farne uscire tutto il tabacco mantenendo l'involucro vuoto. Alla mia manifestazione di meraviglia, si limitò a rispondere che ne aveva fatto l'uso per lui più idoneo.
Per inciso: la lettera di cui sopra data 23.12.1946, vigilia del mio primo compleanno.

Grazie per la scatola di fiammiferi - pubblicato su post.it

29 giugno 2013

L'Italia stregata da Berlusconi?

Sulla condizione attuale dell'Italia traggo da Facebook questa riflessione di Pippo Pollina che di primo acchito mi è sembrata ingenerosa e inutilmente pessimistica. Ma, riflettendoci su, penso di poterla condividere anche se ritengo ancora possibile rimanere in Italia e combattere affinché qualcosa cambi.
Leggo che Berlusconi , dopo la sentenza di primo grado del cosiddetto processo Rubi, vuole rifondare Forza Italia e "riscendere in campo". Poi penso che il PD governa insieme al suo partito dopo che gliene aveva detto peste e corna per decenni e che, nonostante questa evidente stortura che dovrebbe offendere i suoi elettori, i sondaggi lo danno quasi al 30 per cento. Bene, amici connazionali, io sono felice di non vivere più da decenni nel nostro paese. Felice di tornarvi di tanto in tanto e felice di scapparmene via poco dopo. L'Italia non cambierà mai. Tenetevela così in fondo sembra proprio che vi piaccia. p.
Con l'ultimo post del 4 Maggio scorso decidevo di non pubblicare più niente fino a quando non fosse uscito dalla scena politica italiana Berlusconi con il carico insostenibile dei suoi processi e del pesantissimo conflitto d'interessi. 
Ma non succede: l'uomo della provvidenza con tre condanne gravi addosso, di cui una in secondo grado, ha deciso di mantenersi in campo rifondando Forza Italia. 

Io non so come reagiranno, adesso, gli Italiani. Ma di una cosa sono certo: solo una sparuta minoranza di quanti lo sostengono, può ritenerlo innocente, desideroso di operare in politica nell'interesse del Paese, capace di rappresentare una risorsa per l'Italia; i più hanno tratto piccoli e grandi vantaggi dalla sua discesa in campo, e pensano di poterne ancora godere; infine ci sono quelli che lo hanno scelto come campione di immoralità e maestro di illegalità e pensano di potere più agevolmente vivere sotto il suo ombrello. 

19 febbraio 2013

L'ultima trovata del pornonano disperato

Ecco la lettera che il pornonano di Arcore sta facendo recapitare a tutti gli Italiani per tentare di comperarne il voto a loro spese. 
 Un tentativo squallido che non può riuscirgli ancora una volta.  


PROPONGO DI RACCOGLIERLE TUTTE E FARNE UN BEL FALO', SABATO SERA, NELLE PRINCIPALI PIAZZE D'ITALIA PER RICORDARGLI CHE GLI ITALIANI NON SONO COGLIONI COME CREDE E NON ABBOCCANO PIU'. 
(MI AUGURO CHE QUALCHE PARTITO VOGLIA FARE PROPRIA QUESTA MIA IDEA)

Il miglior motore di ricerca