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Amo riflettere e ragionare su quanto vedo e sento.

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Dedicato a quei pochi che non hanno perso, nella babele generale, la capacità e la voglia di riflettere e ragionare.
Consiglio, pertanto, di stare alla larga a quanti hanno la testa imbottita di frasi fatte e di pensieri preconfezionati; costoro cerchino altri lidi, altre fonti cui abbeverarsi.

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12 febbraio 2013

Panem et Circenses

La plebe romana, in età imperiale, si accontentava con la distribuzione di cereali e con il diversivo dei giochi gladiatorii nel circo o nell'arena. (...duas tantum res anxius optat panem et circenses - Giovenale - Satire. X.81). 

Adesso una moderna plebaglia nostrana sembra trovare soddisfazione nelle promesse panzane di un uomo senza ritegno e senza pudore che intende restituire l'IMU in cambio di voti, promette 4 milioni di posti di lavoro, assicura condoni a iosa e, ultima chicca, rilancia la costruzione del Ponte sullo Stretto. 
Riguardo ai Circenses, avrebbe voluto postergare il Festival di Sanremo perché convinto che al popolo bue sotto campagna elettorale servano soltanto le sue barzellette e stronzate in TV. 

A proposito del Ponte sullo Stretto, vorrei porre l'attenzione sul grave dissesto del territorio siciliano. La Sicilia, come tante altre regioni del nostro meridione, avrebbe urgente bisogno di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle infrastrutture. Crollano i ponti (solo per fare qualche esempio, il disastro del ponte sul Verdura sta mettendo in ginocchio, con la viabilità, l'intera economia delle province di Trapani e Agrigento; è a rischio il viadotto Belice, tra Menfi e Castelvetrano, dove occorrono opere di consolidamento e di messa in sicurezza non più procrastinabili). 
Per non parlare dello stato di abbandano e di profondo degrado in cui versano gli edifici scolastici, gli ospedali, le aree monumentali e archeologiche. E lui, che fa? Con il candidato premier Alfano che dovrebbe diligentemente informarlo dello stato dell'arte almeno nella sua terra, torna a promettere mare e monti (più mare e meno monti) con un'irresponsabilità pari alla spudoratezza. E i risultati sembrano dargli ragione. 

Condivido l'opinione di Andrea Camilleri quando sostiene che il problema non è Berlusconi ma gli italiani che lo votano. Vorrei aggiungere, però, che gli italiani che lo votano sono il prodotto ultimo dell'opera di decerebrazione e disinformazione di massa, svolta egregiamente dai potenti mezzi in suo possesso.




A rischio il viadotto Belice, tra Menfi e Castelvetrano

P.s.: di fronte all'atto epocale di un Papa che rinuncia alla missione suprema perché non ho più forza, e chiedo perdono - qualunque cosa si nasconda dietro quella motivazione che lo induce al Gran Rifiuto - entra nell'ombra una campagna elettorale meschina e insensata, rivolta ad un popolo di accattoni. 


01 marzo 2012

TAV - NO TAV: Appello al Presidente del Consiglio

Dopo solo 7 giorni dal lancio dell'iniziativa, oltre tredicimila persone hanno già sottoscritto l'Appello al Presidente del Consiglio Mario Monti, promosso da Sergio Ulgiati (Università Parthenope, Napoli), Ivan Cicconi (Esperto di infrastrutture e appalti pubblici), Luca Mercalli, (Società Meteorologica Italiana), Marco Ponti (Politecnico di Milano) e sostenuto da 360 Professori, Ricercatori e Professionisti, per un ripensamento del progetto di nuova linea ferroviaria Torino–Lione. 

Con le firme che i cittadini stanno aggiungendo all'Appello si chiede che il Presidente del Consiglio riceva i promotori che intendono illustrargli le criticità del progetto e il saldo negativo costi-benefici dello stesso. 


Firma anche tu la sottoscrizione al fine di ottenere un serio ripensamento, anche al livello politico e istituzionale, relativamente a fattibilità e sostenibilità dell'opera. 




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Ps: non voglio entrare nel merito del problema perché non ne ho le competenze ma solidarizzo con gli abitanti della Val di Susa. La mega-opera che i Valsusini non vogliono assomiglia tanto al Ponte sullo Stretto che, per fortuna, rimarrà soltanto nei costosi progetti e piani esecutivi. (Solo di progetti, burocrazia e trivellazioni è già costato 300 milioni di euro. Esiste ancora una società pubblica che paga stipendi e butta via risorse). 

L'Italia avrebbe bisogno, un grande bisogno, di opere di risanamento e manutenzione: le scuole pubbliche e gli ospedali cadono a pezzi; il territorio - da Nord a Sud - è in uno stato di dissesto pauroso; le periferie urbane vivono un degrado insopportabile; le ferrovie e le strade nel Sud del Paese sono in una condizione vergognosa, da 3° mondo. 

Qui si potrebbe e dovrebbe investire nell'interesse dei cittadini e guardando al futuro! 

29 ottobre 2011

L'euro, una moneta strana. No, la nostra bandiera!

Se riuscissero per qualche tempo a tappargli la bocca! Ieri, tra le altre fandonie, ha dichiarato quanto segue: 



E questo mentre i rendimenti per i titoli di Stato italiani a 10 anni volano oltre il 6% e mentre l'Europa tenta di convincere la Cina ad acquistare il nostro debito. 

Salvo, qualche minuto dopo, dichiarare che è stato frainteso, mal interpretato. Come al solito, si cerca di alzare pretestuose polemiche su una mia frase interpretata in maniera maliziosa e distorta. L’euro è la nostra moneta, la nostra bandiera. È proprio per difendere l’euro dall’attacco speculativo che l’Italia sta facendo pesanti sacrifici - spiega la nota di Berlusconi. 

No bello! L'euro regge bene, è la nostra economia che va male per la mancanza di quelle riforme, sempre promesse, sbandierate e mai prodotte, diventate adesso lettera d'intenti
Provi a spiegare agli italiani perché l’euro va su e i nostri Btp vanno giù - lo incalza Prodi. 


L'ultimo strappo del Cavaliere disperato - di Massimo Riva 

Come la storia del Ponte sullo Stretto, l'opera faraonica cui dovevano essere legati i fasti berlusconiani. Si fa; no, non si fa; si fa, si fa; e giù documenti, articoli, studi, grafici pro e contro. 
Anche se il governo smentisce, l’ennesimo stop al Ponte sullo Stretto ci costringe a un bilancio imbarazzante: quante energie inutili e quante parole a vuoto sono state spese attorno a questo mirabolante manufatto? Quanti articoli scritti, documenti pro e contro redatti, lettere infocate ai giornali spedite, interrogazioni parlamentari presentate, riunioni convocate, manifestazioni minacciate, perizie eseguite, controperizie controeseguite, sottosegretari mobilitati, grafici pubblicati, perizie sulla mortalità delle triglie e dei cardellini depositate in tribunale, addirittura prime pietre posate? Ci si è scannati per lunghi anni attorno a disegnini che parevano tratti da un’edizione aggiornata del Barone di Munchausen, con la campata che scavalca Scilla e Cariddi per sola forza della fantasia. E poi un pomeriggio qualunque, a freddo, nelle pagine interne dei quotidiani, leggiamo che il mitico Ponte non si farà, mancano i soldi anche solo per i cartelli di indicazione, figurarsi per il resto. E tutto il titanico duello tra Progresso e Reazione? E i previsti scontri a fuoco tra ambientalisti e mafiosi? Niente, era solo un’esercitazione retorica, come tutto o quasi in un paese dove non succede mai niente, ma di quel niente si discute tantissimo. (l'Amaca di Michele Serra su Repubblica)
Dietrofront del governo: Il ponte sullo stretto di Messina si farà
E tutto questo mentre Cinque Terre e Lunigiana affondano nel fango e mentre Ferrara si accinge ad occupare su Rai Due lo spazio che fu di Annozero.

E che dire della barzelletta raccontata nella stessa occasione, tra l'imbarazzo dei presenti? Una sola cosa: se avesse continuato a fare l'animatore sulle navi da crociera, staremmo forse tutti meglio!



Come si fa a sopportare senza reagire!



Il Times, dopo le dure parole di ieri, il Clown, deve lasciare, lo immortala in due scene. Nella prima Berlusconi tocca il didietro alla cancelliera tedesca e poi esclama: Bella, stiamo toccando il fondo. Nella seconda il Cavaliere è con altri leader europei, a vegliare sul cadavere dell'Euro: l'unica differenza con gli altri è che lui stringe in mano una pistola. The Economist, invece, preferisce affidare il racconto sulla credibilità di Silvio Berlusconi a un'immagine che si commenta da sola: un premier vestito da clown con alle spalle l'Euro in fiamme

25 febbraio 2010

SI PENSI A METTERE IN SICUREZZA IL TERRITORIO! POI IL PONTE?

Pubblico per intero l'appello di Libertà e Giustizia  per sottolineare una proposta di buon senso che già, nel mio piccolo, avevo anticipato nel post PONTE SULLO STRETTO: PER COLLEGARE 2 REGIONI IN UNA SOLA FRANA? 
L'appello ha già raccolto, nell'arco di due giorni, 2400 firme. Ti invito ad aggiungere la tua per chiedere che venga avviato un Piano di prevenzione e difesa del suolo di cui il Paese ha urgente bisogno. La realizzazione del Ponte, se pure dovrà farsi, può attendere.
Appello di Libertà e Giustizia, 23-02-2010
Partiamo dall’ultima che ha detto Guido Bertolaso, capo del Dipartimento della Protezione civile. Segnatevi queste parole molto importanti: “Arriveranno i soldi per consentire ai sindaci gli interventi urgenti, ma non dobbiamo illudere nessuno; il danaro non basta per mettere in sicurezza il territorio”. Lunedì 22 febbraio 2010, frazione Janò di Catanzaro. Sì, parole importanti pronunciate subito dopo un sopralluogo ad una delle innumerevoli situazioni di crisi. Dunque, il danaro non basta per mettere in sicurezza il territorio italiano sconvolto dalle frane e irrimediabilmente sfregiato dalla speculazione. Non basta. Non c’è proprio. E Bertolaso lo dice. Anzi, tiene a sottolineare che lo sostiene da anni. Ad un certo punto le immagini dei tg mostrano il ministro per l’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, accanto a Bertolaso. Anch’ella in missione nelle zone franose. Il ministro ha rincarato la dose: si parla – è il concetto – di emergenza mentre abbiamo bisogno di prevenzione. E, dunque, di ingenti risorse finanziarie.
Il fatto che ci sia necessità di ingenti risorse finanziarie lo ha ricordato in questi giorni un rapporto di Lega Ambiente. Che ha fornito un dato allarmante: in Italia il territorio è quasi totalmente a rischio idrogeologico, con ben 5.581 comuni, pari al 70 per cento del totale, che si trovano a potenziale rischio elevato. Di quanti soldi pubblici ci sarebbe bisogno? C’è chi ha quantificato una somma minimale di due miliardi di euro ogni anno per 12 anni. Insomma: 25 miliardi di euro. Allo scopo di scongiurare – se si fa in fretta – l’accadere di nuove “Giampilieri”, di altre “Maierato” o di altre “San Fratello”, ci vuole, appunto, un grande piano di prevenzione. Parole dell’onorevole Prestigiacomo, per rimediare al disastro di decenni che si può riassumere nel giudizio di Bertolaso: “Non è colpa della pioggia, si sono costruiti edifici dai piedi d’argilla senza chiedere preventivamente ai geologi”.
I grandi movimenti franosi riguardano l’intero territorio nazionale ma la Sicilia e la Calabria ne sono particolarmente colpite. Le due Regioni che dovrebbero ospitare le due grandi zampe del Ponte sullo Stretto a campata unica. Ecco, l’interrogativo si impone automaticamente. Perché uno Stato che non dispone di grandi riserve, indebitato sino al collo, quasi il doppio dei parametri consentiti (il 60% del rapporto tra deficit e prodotto interno lordo) dal Trattato di Maastricht sulla moneta unica, dovrebbe destinare miliardi  di euro per la costruzione del Ponte piuttosto che dirottarli sulla prevenzione del territorio e per altre infrastrutture urgenti? L’investimento per il Ponte, secondo le ultime stime del dicembre 2009, è indicato in 6.349.802.000 di euro. Il 40%, pari a 2,5 miliardi di euro, dovrebbe essere coperto da risorse della società (la Stretto di Messina, s.p.a. in larga maggioranza in mano ad Anas) e con “contributi in conto impianti”; il 60% coperto da finanziamento sul mercato internazionale, senza garanzie da parte dello Stato. Ma, intanto, da dove arriveranno i soldi pubblici destinati al Ponte? Il governo ha già deciso di stornare 1,3 miliardi dal Fondi Fas (per le aree sottoutilizzate). Una decisione clamorosa visto che la Calabria e la Sicilia si trovano sotto una delle più micidiali emergenze idrogeologiche. Altrimenti, bisogna concludere che Bertolaso e Prestigiacomo parlano a vanvera. E sarebbe molto grave.
Le polemiche sulla costruzione del Ponte sono note. Come lo sono le forti contrarietà espresse anche da esponenti della comunità scientifica, da amministrazioni locali e autorità statali. La Corte dei Conti, per esempio, pur non entrando nel merito dell’adeguatezza del progetto sotto il profilo tecnico-amministrativo e delle risorse quantificate per il progetto e la realizzazione,  ha espresso in una recentissima sentenza alcune considerazioni su punti che “hanno mostrato significativi elementi di criticità”. Che sono: le stime del traffico sul Ponte che sembrano in forte diminuzione, la necessità di un’azione costante di verifica sugli “aspetti di fattibilità” anche alla luce degli sviluppi tecnologici, una “valutazione attenta” degli aspetti ambientali e l’”anomalia” sulla riutilizzazione di somme liquide versate dall’ex Fintecnica e che vengono destinate a “finanziare spese correnti”. Insomma, sia pure con prudenza, emergono dubbi e richieste di chiarimento rilevanti.
L’unica decisione, in questa fase storica, sarebbe quella di bloccare quell’informe cantiere che il 23 dicembre è stato aperto in sordina (forse per vergogna) nei pressi di Cannitello, sul versante calabrese, spacciandolo per la “prima pietra” del Ponte. È la proposta che “Libertà e Giustizia” si sente di avanzare al mondo politico, alla comunità scientifica, agli amministratori, agli imprenditori, al mondo accademico e culturale dell’intero Paese. Si dia vita, non al Ponte, ma a quel Piano urgente di prevenzione e difesa del suolo di cui il Paese ha bisogno. Quel Ponte, altrimenti, crescerebbe sui “piedi di argilla” ricordati da Bertolaso. Anche ammettendo che possa essere una delle meraviglie del mondo (ipotesi, peraltro, discutibile), il Ponte esalterebbe il disastro del famoso “sfasciume pendolo” di cui scrisse Giustino Fortunato. La prima pietra del Ponte gettiamola in mare prima che ci cada sulla testa.

16 febbraio 2010

PONTE SULLO STRETTO: PER COLLEGARE 2 REGIONI IN UNA SOLA FRANA?

Dopo l'ennesima frana a San Fratello nel Messinese (Il comune alle pendici dei Nebrodi  è ormai un paese fantasma. La massa di terreno sta scendendo a valle trascinando via i pali della luce e gli abitanti sono stati evacuati); dopo quella impressionante ripresa dal vivo a Maierato (VV) dove frana un costone di montagna (A causa del maltempo la montagna è crollata minacciando il paese sottostante. Molti abitanti sono stati evacuati), torna alla ribalta, perpotente, il tema del dissesto idrogeologico che interessa gran parte dei comuni calabresi e una parte consistente delle province di Palermo e Messina.





Un governo serio, in grado di guardare ai problemi reali e di entrare in sintonia con i cittadini, predisporrebbe immediatamente un vasto piano di risanamento di quelle aree e una normativa rigorosa, capace di evitare per il futuro un uso tanto dissennato del territorio.

Il cosiddetto governo del fare, viceversa, in perfetta sintonia soltanto con il mondo degli affari e della speculazione, progetta il Ponte sullo stretto per collegare due regioni in frana perenne.
Non oso immaginare cosa pensino, in proposito, gli abitanti di quelle aree devastate e con quale atteggiamento vedranno ergersi i piloni del ponte sospeso sulle loro teste; neanche le riflessioni degli italiani sensati, alle prese con gli effetti della crisi e alla luce dello scandalo della Protezione civile.

La costruzione  del Ponte, tuttavia, sarà avviata, naturalmente a spese di tutti gli italiani, con i criteri già abbondantemente collaudati dalla Protezione civile (Spa ?), costerà il doppio o più di quanto preventivato e ingrasserà i soliti noti. Assisteremo alle passerelle del premier ad ogni stato d'avanzamento dell'opera mentre le aree collegate continueranno a franare in un perenne sfacelo. 
Sarà un bel vedere!

28 novembre 2008

Ponte sullo stretto. Ne vale la pena?

Alla vigilia della riunione del Cipe emergono nuovi dubbi sull'iter e sulla fattibilità. E i soldi già stanziati potrebbero finire altrove

Ponte: impossibile fare espropri, i tempi si allungano ancora.

Nonostante le garanzie del governo e le speranze di Cuffaro e Lombardo, la Grande Opera non ha ancora un progetto definitivo.

Ponte, impossibile fare espropri i tempi si allungano ancoraREGGIO CALABRIA - Il sogno del Ponte sullo Stretto di Messina passa per la riunione del Cipe in programma domani. E non è solo una questione di soldi. L'amministratore delegato della "Stretto", Pietro Ciucci, ma soprattutto il General Contractor, vincitore dell'appalto per la progettazione e la realizzazione della megaopera, aspettano i finanziamenti necessari per far ripartire l'iter e, ancor di più, garanzie dal Governo affinché questo non venga più bloccato.

Sono un siciliano che pensa, e se i tempi per la realizzazione di questo "mostro" si allungano, non può che farmi piacere. A voler prescindere dall'impatto ambientale, dai rilevantissimi problemi tecnici e dai costi che l'opera comporta, rilevo quanto segue:
  • la Sicilia e la Calabria sono tra le regioni più carenti d'infrastrutture (strade, ferrovie, porti, per non parlare di scuole e ospedali). In epoca di alta velocità i collegamenti ferroviari in Sicilia sono da terzo mondo. La tratta Agrigento-Catania non elettrificata, binario unico (minimo 4 ore di percorrenza) penso sia conosciuta soltanto dal personale viaggiante e di servizio nelle stazioni e da qualche turista non organizzato;
  • la rete stradale interprovinciale e intercomunale che convoglia, oltre a quello locale, tutto il traffico pesante è da ristrutturare totalmente (nella tratta Agrigento-Trapani della statale 115, che ci ostiniamo a definire strada a scorrimento veloce, se capiti dietro una colonna di mezzi pesanti, sei costretto ad andare alla loro velocità, spesso fino a destinazione;
  • la Calabria si trova nella medesima situazione: la SA-RC è un cantiere aperto e non s'intravede la conclusione dell'opera.
  • in tale contesto, il ponte sullo stretto, sempre che sia fattibile, rappresenterebbe un punto di accelerazione del traffico fra la Sicilia e il "continente", insostenibile dalle attuali reti viarie e ferroviarie; insomma un collo di bottiglia rigonfiato.
Di ben altro avrebbe bisogno il nostro Sud e con costi forse più sostenibili. Questo le persone di buon senso lo sanno, solo i politici non vogliono capirlo. Certamente non occorre che vengano progettate opere faraoniche a vantaggio di imprese controllate dalla mafia.

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