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02 luglio 2009

Non riesco più a meravigliarmi di nulla!

Ormai non riesco più a meravigliarmi di nulla. Aspetto solo che si chiuda presto questa brutta pagina del nostro paese, aperta ormai da 15 anni. Non posso prevedere come e quando si chiuderà, mi auguro solo di poterne vedere con i miei occhi la conclusione, qualunque essa sia. Ogni giorno ci riserva da tempo una novità incredibile e sembra che abbiamo fatto l'abitudine a tutto. Ma non è così. Se c'è stato un tempo in cui qualsiasi cosa uscisse dalla bocca del signore di Arcore e dei suoi accoliti veniva accettata e riconosciuta come la verità indiscutibile, oggi i suoi comportamenti stridono pesantemente con le sue parole, e i più cominciano a rendersene conto, anche fra persone che gli sono state vicine. Si può immaginare quanto pesino su un personaggio di tal fatta le contestazioni che lo accompagnano ovunque vada e che vanno diventando di massa.
C'è solo da sperare che si formi presto un fronte di opposizione serio ed unito a questa destra, portatrice di una doppia morale, che è diventata nemica del paese e del suo futuro; e che le persone per bene che ancora in essa militano, sappiano trarre le più opportune coclusioni.

Dichiaro solennemente che questo è l'ultimo post che dedico sul mio blog ai misfatti di questo personaggio, e lo dico perchè ormai il mio sacco è pieno e qualsiasi altro elemento non aggiungerebbe alcunché di nuovo. L'ultima delle sue (in ordine di conoscenza) che voglio commentare è la cena con due giudici della consulta, quelli che devono decidere sul Lodo-Alfano. Hanno tentato di farla passare come una cena conviviale tra vecchi amici e vogliono farcelo credere. In quella riunione, il premier, Gianni Letta (Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio), Angelino Alfano (Ministro della Giustizia ed estensore del cosiddetto Lodo-Alfano) e Carlo Vizzini (Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato) avrebbero parlato con il giudice Mazzella e il collega Paolo Maria Napolitano solo di calcio e di donnine, lasciando deliberatamente fuori i temi caldi relativi al suddetto Lodo.
Questi giudici che sembrano volersi prostituire al potere politico, ma dalla successiva dichiarazione di Mazzella ("Caro Silvio, siamo oggetto di barbarie ma ti inviterò ancora a cena") lo sembrano di fatto; questi giudici, dicevo, vanno bene al cavaliere.

Ma ciò che fa inorridire è la puntualizzazione non richiesta dell'emerito giudice Mazzella con la seguente lettera:
"Caro Presidente, caro Silvio, ti scrivo una lettera aperta perché sto cominciando seriamente a dubitare del fatto che le pratiche dell'Ovra siano definitivamente cessate con la caduta del fascismo". "Ho sempre intrattenuto con te rapporti di grande civiltà e di reciproca e rispettosa stima. Vederti in compagnia di persone a me altrettanto care e conversare tutti assieme in tranquilla amicizia non mi era sembrato un misfatto. A casa mia, come tu sai per vecchia consuetudine, la cena è sempre curata da una domestica fidata (e basta!). Non vi sono cioè possibili 'spioni', come li avrebbe definiti Totò. Chi abbia potuto raccontare un fantasioso contenuto delle nostre conversazioni a tavola inventandosi tutto di sana pianta resta un mistero che i grandi inquisitori del nostro Paese dovrebbero approfondire prima di lanciare accuse e anatemi. La libertà di cronaca è una cosa, la licenza di raccontare frottole ad ignari lettori è ben altra! Soprattutto quando il fine non è proprio nobile".
"Caro Silvio, a parte il fatto che non era quella la prima volta che venivi a casa mia e che non sarà certo l'ultima fino al momento in cui un nuovo totalitarismo malauguratamente dovesse privarci delle nostre libertà personali, mi sembra doveroso dirti per correttezza che la prassi delle cene con persone di riguardo in casa di persone perbene non è stata certo inaugurata da me ma ha lunga data nella storia civile del nostro Paese. Molti miei attuali ed emeriti colleghi della Corte Costituzionale hanno sempre ricevuto nelle loro case, come è giusto che sia, alte personalità dello Stato e potrei fartene un elenco chilometrico".
"Caro presidente, l'amore per la libertà e la fiducia nella intelligenza e nella grande civiltà degli italiani che entrambi nutriamo ci consente di guardare alla barbarie di cui siamo fatti oggetto in questi giorni con sereno distacco. L'Italia continuerà ad essere, ne sono sicuro, il Paese civile in cui una persona perbene potrà invitare alla sua tavola un amico stimato. Con questa fiducia, un caro saluto" (sic)
Un plauso al giudice che ama la libertà e si dichiara amico del leader del Pdl, che teme l'OVRA ancora attiva, che parla "della barbarie di cui siamo fatti oggetto in questi giorni" con passione e tanta devozione al grande commensale. A differenza dei giudici che fanno il proprio dovere e amministrano la giustizia "uguale per tutti" anche quando devono agire contro di lui, questi sono i giudici che vanno bene al cavaliere, questi non sono mentalmente disturbati, non hanno turbe psichiche, non sono antropologicamente diversi; questi sono tanto simili a lui come altri negli anni passati ne abbiamo conosciuti.

P.S.: Negli anni passati, quando mi toccò di fare in diverse occasioni il presidente di commissione agli esami di maturità, ho cercato di svolgere il mio compito, che consideravo oltre che giudicante anche pedagogico, nel modo più equilibrato e sereno possibile, mantenendomi intenzionalmente lontano da ogni possibile forma di condizionamento. Ad un ministro allora in carica, che mi aveva fatto pervenire, tramite un suo uomo mio conoscente, la richiesta del 60/60 per una candidata, feci rispondere che la commissione avrebbe valutato tutti gli elementi in suo possesso per formulare anche quel giudizio e attribuire il relativo voto.
Quando qualche genitore, (per onestà devo dire succedeva solo al sud) si presentava con il portabagli pieno di primizie o altro, perorando la causa del figlio candidato, lo pregavo di andare via rifiutandomi di conoscerne il nome e lasciandolo quasi sconcertato. Se insisteva, diventavo irremovibile e per addolcire l'effetto che producevo, lo invitavo ad attendere serenamente la conclusione dell'esame ed, eventualmente, se lo riteneva opportuno, di ringraziarmi solo allora. Mai nessuno lo fece. Non invitai mai a cena, in presenza o meno di altri commissari, i genitori più influenti di candidati agli esami che avrebbero potuto favorire la mia carriera!
Ma erano altri tempi, sembrano trascorsi secoli! O forse ero io ed altri pochi ad essere antropologicamente diversi dai più.

In ogni caso, i modelli diffusi e vincenti oggi sono altri, sono quelli che senza pudore vengono offerti da uomini di governo e taluni giudici costituzionali.
Chissà cosa deciderà la Consulta sul Lodo-Alfano nell'udienza fissata per il 6 ottobre! Staremo a vedere ma c'è poco da sperare.

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