Chi si ricorda più dei due anziani sgozzati nel centro storico di Licata, nell'Agrigentino, il 20 ottobre scorso? Le vittime sono Antonino Timoneri, 82 anni, ex sindacalista in pensione, e la moglie Rita Di Miceli, 81 anni.
TV e giornali hanno dato la notizia in cronaca nera e tutto è finito lì. Non sappiamo come procedono le indagini e se sono stati individuati i responsabili del duplice delitto, e nessuno sembra volerne sapere di più.
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Ore e ore di trasmissioni televisive che sembrano avere lo scopo di ottundere le capacità di analisi e riflessione dei malcapitati telespettatori. Il bello, poi, è che i conduttori di questi programmi di pseudo approfondimento tornano sul loro misfatto invitando gli pseudo esperti a non anticipare valutazioni che spettano alla magistratura e giustificano la loro insistenza su questi argomenti con la motivazione, tutta da dimostrare, che il pubblico li richiede.
Il pubblico dei teledipendenti, assuefatto a quello che viene offerto con dovizia di particolari, si lega morbosamente a quanto gli viene propinato come ad una vera e propria telenovela a puntate e non aspetta altro in TV. Se anche alla vicenda dei due anziani sgozzati a Licata fosse stato dato lo stesso risalto che viene dato alle povere Yara e Sarah, anche quella sarebbe diventata una telenovela. E i programmatori TV questo lo sanno.
Allora mi chiedo:
- Chi e cosa determina la scelta delle notizie di cronaca che (de)meritano un tale trattamento?
- Ci si rende conto che servizi di tale natura possono intralciare pesantemente l'attività d'indagine?
- Si capisce o no che un'insistenza morbosa su fatti inquietanti può produrre emulazione in soggetti deboli?
- Ci si rende conto che ci sono tanti mitomani che, per una comparsata in TV, sarebbero disposti a tutto?
Io - e con me tanti teleutenti - vorrei che la TV fosse più sobria, si limitasse in questi frangenti ad informarci e lasciasse a chi di dovere la ricerca della verità.
Vi sembra chedere troppo? O troppo poco?
Lo sconcerto di don Corinno Scotti, parroco di Brembate Sopra, in una lettera a L'Eco di Bergamo
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