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31 luglio 2011

Lampedusa d'estate: il rito delle vacanze copre il dramma dei migranti

A Lampedusa in questi mesi di piena estate si fronteggiano due mondi: quello del turismo - che occupa tutta la scena - e quello dei migranti, in ombra nello sfondo. Le Tv e i giornali di quest'ultimo non parlano più e, dunque, è come se non esistesse.
L'isola mostra il suo volto migliore, leggero e tranquillizzante. Ma a pochi passi dalle spiaggette affollate, dai ristorantini che servono pesce fresco, dai localini che accolgono i più giovani nelle loro lunghe nottate, dalle scogliere sulle quali si frangono le onde spumeggianti del mare di un azzurro che cangia verso il verde smeraldo, continua il dramma degli arrivi di barconi alla deriva, dell'isolamento dei poveri cristi in padiglioni che con un eufemismo intollerabile vengono detti centri di accoglienza, dei trasferimenti in Italia, dei rimpatri nei paesi d'origine.
Per non contare la percentuale di loro che il mare, per altri ambita meta di vacanza, ingoia inesorabilmente quasi come prezzo da pagare dai più fortunati.

I due mondi si percepiscono ma non si incontrano, non si confrontano. Rimangono opportunamente separati ed estranei per non turbare la tranquillità di quanti hanno scelto l'isola come meta delle vacanze e vengono a spendervi i loro soldi. 

A Lampedusa d'estate gli opposti si toccano ma non si incontrano: qui si vede soltanto la faccia di un mondo che ha costruito il suo infelice benessere sull'esclusione e l'isolamento dell'altro. 
Dopo i mesi estivi si riprenderà a parlare di loro.

Il servizio L'attrice venuta dal mare, pubblicato su Venerdì di Repubblica di questa settimana, mi ha fatto riflettere molto sulla condizione del mondo che ci fronteggia, separato soltanto da una lingua di mare, e attendo con interesse l'uscita nelle sale del film Terraferma di Crialese.


E tutto questo per la ventura di nascere da una famiglia o da un'altra, 
in un luogo o in un altro, 
nel regno di un Dio piuttosto che di un altro!

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