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Amo riflettere e ragionare su quanto vedo e sento.

Benvenuto nel mio blog

Dedicato a quei pochi che non hanno perso, nella babele generale, la capacità e la voglia di riflettere e ragionare.
Consiglio, pertanto, di stare alla larga a quanti hanno la testa imbottita di frasi fatte e di pensieri preconfezionati; costoro cerchino altri lidi, altre fonti cui abbeverarsi.

Se vuoi scrivermi, usa il seguente indirizzo: mieidee@gmail.com

31 maggio 2010

NUOVO MONDO A PALERMO su "IMMIGRAZIONE E ACCOGLIENZA"

Nei giorni 29 e 30 Maggio 2010 i menbri del gruppo Nuovo Mondo si sono incontrati a Sferracavallo (PA) per approfondire il tema IMMIGRAZIONE E ACCOGLIENZA. Sono stati incontri intensi e partecipati nei quali si è fatto il punto sui broblemi, le contraddizioni e i conflitti prodotti dalla legislazione vigente in Italia, relativamente all'immigrazione, e sull'impegno di associazioni, gruppi di volontariato, cooperative che si fanno carico di aiutare esseri umani ad uscire dallo stato di clandestinità per essere riamessi alla condizione di uomini e donne, bisognosi soltanto di aiuto, solidarietà e asilo;  disponibilità che offriamo volentieri ai nostri amici animali e che spesso neghiamo  inspiegabilmente ai nostri simili. 
Interessantissima è stata per il gruppo la visita allo ZetaLab di Palermo dove sono state rivissute, attraverso il loro racconto diretto, le peripezie di 53 sudanesi rifugiati politici, accolti nel Centro sociale dopo essere stati cacciati dalla comunità gestita da Biagio Conte.

Qui trovi il promo di LA TERRA(e)STREMA, una terra estrema che non è soltanto Sicilia, è un territorio che strema che non è solo materiale...
Qui trovi la recensione di Il Mare di mezzo in cui Gabriele Del Grande racconta l’immigrazione al tempo dei respingimenti.
Questo è il sito di ZetaLab a Palermo.
Un modello positivo di accoglienza e integrazione come Riace, città futura

le cariche della polizia durante lo sgombero dello ZetaLab a Palermo


Il tempo delle arance: immigrati e apartheid a Rosarno

29 maggio 2010

LA STAMPA INTERNAZIONALE CONDANNA IL BAVAGLIO

A proposito della famigerata legge-bavaglio, ecco qui di seguito il testo approvato all’unanimità dal congresso mondiale dei giornalisti riunito a Cadice:
"Il congresso della Federazione Internazionale dei Giornalisti riunito a Cadiz dal 26 al 28 maggio 2010,
considerato che il Governo italiano ha sollecitato il Parlamento  a votare al più presto un disegno di legge che regolamenta le intercettazioni telefoniche (ecoutes, in francese), ordinate dalla magistratura per scoprire reati e perseguire i colpevoli, stabilendo l’interdizione del diritto di cronaca sulle indagini giudiziarie e limitando in questo modo il diritto-dovere dei giornalisti di svolgere la loro professione e il diritto dell’opinione pubblica ad essere informata;
considerato altresì che il governo non intende fermarsi nonostante la grande protesta dei giornalisti e della società italiana che hanno tenuto una grande dimostrazione di piazza il 3 ottobre scorso e stanno promuovendo ancora in questi giorni,  altre azioni pubbliche per scongiurare l’approvazione di una legge illiberale;
considerato inoltre che pur in altri Paesi, anche in  Europa, sono in atto iniziative di Governi e Parlamento che perseguono l’obiettivo di restringere gli spazi alla libertà di informazione, di limitare l’accesso alle fonti, di vietare che siano filmati eventi pubblici;
appoggiando le battaglie della FNSI e di un vasto movimento di intellettuali, di organizzazioni del lavoro, associazioni dei magistrati per una giustizia in nome e nell’interesse del popolo;
denuncia il pericolo che la democrazia in Italia come negli altri Paesi in cui ci sono iniziative simili possa essere lesa da  iniziative mirate a intralciare le condizioni legali e regolamentari  che permettono ai giornalisti di lavorare liberamente;
impegna la Ifj a sostenere questa battaglia di libertà e di indipendenza del giornalismo per il diritto dei cittadini ad una libera e corretta informazione, basata sull’accesso e la tutela delle fonti, e non sui segreti volti a coprire la casta dei potenti, e a proseguire nello stesso tempo le campagne per un giornalismo etico a garanzia degli interessi e dei diritti primari di ogni cittadino".

27 maggio 2010

IL POLLO E LA STATISTICA


La statistica per sua natura ci offre modelli e schemi di analisi su insiemi. Essa studia i modi in cui una realtà complessa può essere sintetizzata e quindi compresa. Dati e statistiche si possono manipolare per tentare di dimostrare questa o quella tesi, ipotesi o preconcetto. La più "proverbiale" osservazione a proposito delle medie statistiche è quella per cui se qualcuno mangia un pollo, e qualcun altro no, in media hanno mangiato mezzo pollo. (vedi La statistica di Trilussa).
Più seriamente Aldous Huxley ci ha insegnato che "nella vita reale non c’è alcun uomo medio". La media, comunque calcolata, è un concetto astratto. Una delle poche certezze assolute della statistica è che ciò che è "medio" non esiste. Ogni cosa si colloca necessariamente sopra o sotto il dato "medio".

Sebbene, dunque, i dati singoli, spesso drammatici di persone in carne ed ossa non vengano e non possano essere contemplati, dal Rapporto annuale dell'ISTAT sulla situazione del Paese nel 2009 si rilevano alcuni dati assai significativi relativamente alla congiuntura economica e al dispiegarsi della recessione, alle dinamiche e alle caratteristiche del sistema produttivo italiano e all'impatto della crisi sul lavoro, sugli individui e sulle famiglie.

Nell'illsustrazione del Rapporto da parte del presidente Enrico Giovannini emerge che:
"se il biennio 2008-2009 è stato straordinariamente difficile per l’economia mondiale e il sistema economico italiano, il 2010, avviatosi sotto il segno di una ripresa della produzione e degli scambi internazionali, presenta ancora forti rischi di instabilità. In Italia la caduta del prodotto è stata molto accentuata e più forte di quella registrata negli altri grandi paesi industrializzati: il Pil è tornato ai livelli dell’inizio degli anni Duemila”.
“Le imprese hanno cercato di fronteggiare la crisi riorientando le produzioni ela presenza sui mercati internazionali. Le piccole e medie imprese, nonché quelle più efficienti, hanno gestito meglio le difficoltà rispetto alle grandi e alle micro (fino a 9 addetti). Nonostante la gravità della recessione, molte imprese manifatturiere hanno aumentato l’occupazione e le esportazioni, mostrando la vitalità di importanti segmenti del sistema produttivo italiano."
"nel marzo 2010, il numero di occupati è inferiore di oltre 800 mila unità rispetto al massimo di marzo 2008 e vicino a quello registrato a fine 2005. Il tasso di disoccupazione e l’inattività sono cresciuti. Il reddito disponibile delle famiglie in termini reali, dopo essere aumentato molto lentamente negli anni Duemila, è diminuito per due anni consecutivi: il reddito disponibile annuo pro capite è oggi inferiore di circa 360 euro rispetto a quello del 2000. In questo scenario recessivo, tuttavia, il rallentamento dell’inflazione e la discesa dei tassi d’interesse hanno contribuito a rendere meno difficile la quadratura dei bilanci familiari. Le famiglie italiane hanno ridotto la propensione al risparmio, che ha raggiunto i livelli minimi dagli anni Novanta".
"Le politiche economiche hanno sostenuto il reddito disponibile e cercato di contenere l’impatto della recessione sull’occupazione, incoraggiando l’uso della cassa integrazione guadagni. La perdita di occupazione ha riguardato soprattutto i giovani che vivono in famiglia, rendendo meno duro l’impatto complessivo della crisi sulle condizioni dei bilanci familiari."
"Alla vigilia dell’adozione della nuova Strategia Europa 2020, è necessario comprendere come orientare le risorse disponibili al fine di creare le condizioni economiche, sociali e ambientali che determinano la qualità della vita in un Paese. La solidità di ampi segmenti del sistema produttivo e della posizione patrimoniale di tante famiglie non possono far dimenticare le fragilità che la crisi dell’ultimo biennio ha confermato o accentuato."

I punti critici che Giovannini ha individuato:
- la scarsa propensione delle imprese alla ricerca e all’innovazione;
- la presenza di due milioni di giovani che non studiano e non lavorano, nonché un tasso di disoccupazione giovanile salito quasi al 25 per cento;
- la bassa quota di investimenti pubblici e il ritardo infrastrutturale di cui soffre il Paese;
- le debolezze del sistema formativo delle giovani generazioni e degli adulti, il quale non solo non fornisce le competenze necessarie per svolgere le attività richieste dalla società della conoscenza, ma conserva le diseguaglianze sociali di partenza;
- il sottoutilizzo delle risorse femminili;
- il sottoinquadramento sul posto di lavoro che interessa oltre quattro milioni di persone e configura uno spreco di capitale umano inaccettabile;
- un miglioramento dell’efficienza energetica e ecologica che non procede ai ritmi necessari per assicurare la sostenibilità ambientale.
Secondo il presidente dell'ISTAT "aiutare il Paese a preparare gli anni a venire è altrettanto importante quanto gestire le emergenze attuali: tra i due obiettivi non c’è alcuna contraddizione".
La sostenibilità economica, sociale e ambientale si costruisce oggi, facendo scelte di investimento e di impiego delle risorse disponibili coerenti con una visione a lungo termine del progresso della nostra società.
Queste considerazioni conclusive del presidente dell'ISTAT meritano un'attenta riflessione.
Forse è l'incapacità di guardare al futuro e di progettarlo la pecca maggiore che si può attribuire alla classe politica attuale. La mancanza di una visione in prospettiva futura, di un piano di sviluppo e di crescita, di un quadro di riforme serio e condivisibile ha fatto ripiegare il potere politico nella mera gestione dell'esistente e privato il paese di quello slancio vitale in grado di far fronte alle difficoltà sociali ed economiche con una marcia in più. Come è un vero peccato non avere nell'agenda politica, come temi prioritari, quello dei giovani e del loro futuro, delle donne e della loro totale equiparazione, della concorrenza e delle liberalizzazioni.

Relativamente al debito pubblico, c'è un dato che fa riflettere: 
Nel quinquennio 2001-2005 (Governo Berlusconi - ndr)  si sono registrati livelli d’indebitamento netto pari o superiori al 3 per cento del Pil. Nel corso del biennio successivo (2006-2007 - Governo Prodi) il saldo del bilancio pubblico ha mostrato un forte recupero, per tornare a peggiorare significativamente negli ultimi due anni (Governo Berlusconi ndr) in conseguenza della crisi economica e finanziaria.
E tuttavia l'attuale capo del governo continua a ripetere (l'ultima volta ieri, durante la conferenza stampa per l'illustrazione della manovra) che il dissesto finanziario sarebbe stato prodotto dal "governo delle sinistre" e nessun giornalista presente gli ha fatto notare la falsità della dichiarazione. Se poi il premier si riferisce ai governi precedenti la sua discesa in campo, allora farebbe bene a parlare di governi a guida democristiana e socialista che erano ben altra cosa dal "governo delle sinistre". 

26 maggio 2010

Finalmente, dopo due anni, il governo 'percepisce' la crisi ...

  ... e a chi si rivolge per far cassa? Ai 'soliti noti'!

Dopo la cura da cavallo imposta dalla Gelmini alla scuola e da Brunetta a tutto il pubblico impiego, ecco, ci risiamo! Percepite le difficoltà di cassa, la tremontiana finanza 'creativa' riscopre l'anello debole da colpire: i lavoratori, il pubblico impiego, i pensionati, gli enti locali. Ma bravi, bis! Il ministro 'creativo', dimentico da dove viene questa crisi, a chi ha alleggerito il portafoglio, a chi, invece, lo ha gonfiato a dismisura, torna sul luogo del delitto, ma attenzione, "senza mettere le mani nelle tasche degli italiani". VERGOGNA!
Ministro, mi ascolti, ci sono italiani che avrebbero un gran bisogno di alleggerire le tasche che già scoppiano! Si rivolga a quelli, potrebbero essergliene grati!
Gli Italiani o, meglio, quelli di loro che pagano le tasse, che osservano la Legge, che non hanno più le tasche dove poter mettere le mani; quelli dalle cui tasche il 'pizzo' è stato trattenuto furtivamente prima che si costituisse il reddito, quelli che non riceveranno più i servizi che avevano già pagato con le imposte ringraziano questo governo e questa cossiddetta maggioranza ma avvertono che stanno preparando il conto che saranno lieti di poter presto presentare, opposizione permettendo! 
"Questa non è una finanziaria qualsiasi. Dobbiamo gestirla tutti insieme – ha dichiarato il ministro del Tesoro – perché non sarà una passeggiata".
Da Pechino, Pier Luigi Bersani ha duramente criticato l'atteggiamento e le parole di Tremonti: "ci hanno raccontato che i conti erano in equilibrio, invece non è vero niente. La Grecia non c'entra nulla: è un problema nostro. E non vedo riforme. Questa è una manovra depressiva, è solo un giro di specchi. Non si affronta nulla di strutturale, tagli indiscriminati e nessuna crescita".
Dello stesso parere anche Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, preoccupato per le profonde ripercussioni che la misura da 24 miliardi avrà sugli enti locali: “è una manovra insostenibile per le ricadute che avrà e per i servizi ai cittadini che le Regioni devono erogare”.
“Da giorni è cominciato il “canto delle sirene” che invita il Pd a sostenere la manovra, necessaria ad evitare per l’Italia il “rischio Grecia”. Nessuno però ricorda che in questi due anni il governo ha sistematicamente sminuito la dimensione straordinaria della crisi e ha costantemente negato, tacciando l’opposizione di catastrofismo, ciò che oggi è invece drammaticamente evidente: che l’Italia con il suo debito pubblico enorme e la bassa crescita ha bisogno di misure vere di risanamento e di riforme in grado di far ripartire l’economia”. Così Marina Sereni, vicepresidente dell’Assemblea nazionale del Pd. “Se Berlusconi e Tremonti vorranno confrontarsi in Parlamento – ha aggiunto Sereni – l’opposizione discuterà nel merito su ciascun punto della manovra. Già da ora debbono tuttavia sapere che una seria lotta all’evasione fiscale è incompatibile con l’ennesimo condono (edilizio) e che non si può scaricare i tagli di spesa principalmente sulle spalle dei lavoratori dipendenti, privati e pubblici, degli imprenditori e degli Enti Locali, quando i responsabili di questa crisi sono coloro che in questi anni si sono arricchiti speculando sui debiti degli Stati e delle famiglie e giocando sui mercati finanziari senza regole. Se ci vogliono sacrifici che almeno si abbia il coraggio di scontentare coloro che hanno di più e immeritatamente. Misureremo dai fatti se l’equità e l’etica sono, oltre che oggetto di colte conferenze del ministro Tremonti, anche la bussola vera delle scelte che il governo proporrà stasera al Paese”.

Dai microfoni di UnoMattina, il Vice Presidente del Senato Vannino Chiti ha dichiarato: “finiamola con questa storia che non si mettono le mani nelle tasche degli italiani. Il momento è grave e ci vuole serietà. Se non aumento le tasse ma costringo un bambino ad andare con la carta igienica a scuola, se tanti lavoratori sono in cassa integrazione, se ci sono giovani precari a vita, se aumenta il costo del metano, se non ci sono i posti negli asili nido pubblici, tutti questi sono costi per le famiglie che già non riescono a arrivare a fine mese. Se, come sembra, quasi la meta' di questa manovra, 10 miliardi su 24, viene da tagli a comuni, province e regioni, come fanno a dare i servizi ai cittadini?''
"A pagare saranno ancora un volta i 'soliti noti': famiglie, lavoratori dipendenti, enti locali. Così non va", aggiunge la presidente del Pd Rosy Bindi.

"Dov'è l'equità chiesta da Napolitano?", chiedono i capigruppo Idv di Senato e Camera, Felice Belisario e Massimo Donadi. "Questa manovra - sottolineano - punisce come al solito i lavoratori dipendenti, soprattutto quelli pubblici, massacra le regioni e avrà una ricaduta terribile sulla domanda interna. Insomma, esattamente il contrario di quello che si sarebbe dovuto fare".

SILVIA RESTA A MARIA LUISA BUSI

Cara Maria Luisa,
ti scrivo in questa forma perché non sarebbe bastato un sms o una telefonata lampo per esprimere le emozioni e i ragionamenti che mi hanno provocato la tua lettera- chiamiamola così- di dimissioni da conduttrice del principale telegiornale d´Italia. E soprattutto non sarebbe bastato un sms per esprimerti quel senso di "sorellanza" che ho provato, un sentimento che esce dalla sfera privata per diventare pubblico. Non credo ti sia stato facile meditare quella decisione di lasciare. Penso alle notti che non avrai dormito, ai mal di pancia, ai pensieri e ai malumori. Al senso di ingiustizia e di rabbia. Penso a tutte le insidie e ai rischi che adesso hai davanti, al senso di solitudine che nonostante gli attestati di solidarietà e di stima, magari ti prende. O ti prenderà. Penso ai colleghi che ti parleranno alle spalle (succede) alle vipere che sparleranno di te e dei tuoi tempi passati in sala trucco (è già successo). Voglio dirti: coraggio. Voglio dirti: brava.
Brava perché sei brava. Ti ho sempre considerato una numero uno tra i volti dei tg. Una conduzione elegante ma asciutta, semplice, moderna, sobria. Onesta. Ma soprattutto competente. Non da semplice lettrice di "gobbi". Un volto che "buca" (si dice nel nostro gergo) come pochi; che piace a tutti. Una risorsa che la Rai dovrebbe valorizzare, non certo perdere - mi dico, ragionando col metro delle leggi di mercato. Ma da tempo quel metro non si usa più. Altri sistemi di misura hanno preso il suo posto. Quello che mi ha colpito della tua lettera è la radiografia che hai fatto, con parole semplici e chiare, dello stato dell´ informazione televisiva nel nostro paese. Una rappresentazione della realtà deformata, manipolata, oscurata. Sostituita da qualcosa che comincia a somigliare ad un reality.

Mi ha colpito che nonostante non ci sentissimo da tempo, le tue considerazioni, le tue inquietudini, sono uguali alle mie, e a quelle di tanti altri colleghi che negli anni hanno visto svuotarsi di inchieste e di fatti gli spazi nobili dell´ informazione tv. Ma soprattutto sono le considerazioni che fanno milioni di cittadini, stufi di vedere nascoste le loro "realtà". Parlo di tutto il sistema televisivo, con rare eccezioni.
Non si racconta più il paese vero, quello della crisi che morde, quello dei pendolari che perdono ore sui treni ammassati come acciughe, quello delle scuole a pezzi, quello che frana. Non si raccontano le truffe e gli abusivismi, non si raccontano le facce della corruzione, la mafia, le mafie; le grandi inchieste sul Palazzo che in un paese "normale" avrebbero tenuto occupati per mesi cronisti e reporter.
Tu dici: non c´è più l´Italia vera. Aggiungerei: e nemmeno il mondo... Hai notato che, finita l´era Bush, anche le corrispondenze dagli Stati Uniti sono diventate quasi merce rara? Ti ricordi quando ogni giorno c´era un pezzo sul cane del Presidente americano, e da quando è arrivato Obama... giusto il minimo. Comunque... Abbiamo iniziato quasi insieme il nostro percorso giornalistico. Ricordo gli esami e il seminario di Urbino. 1989. C´era Roberto Morrione, capo cronista del tg1, che insegnava che la notizia la devi inseguire, la devi "cacciare", e non devi mollare, a costo di starci sopra per mesi. E raccontava della storia di Ustica, un´inchiesta a cui il suo tg1 si era dedicato lavorando per mesi in apnea, in sommersione, e portando poi risultati importanti: scoop. Sono passati anni luce, un pezzo di storia.

Il paese è cambiato, e l´informazione del "sistema televisivo" sembra essere regredita ad un´era di oblio. Sembra come rispondere ad una regia unica, monocratica, che l´ha spinta a diventare una sorta di fabbrica del falso. E allora giù, a pioggia, i pezzi cosiddetti di alleggerimento. La ricetta per fare il cappuccino era una titolo recente di un tg, il giorno in cui mancava quello sulle intercettazioni. E i servizi sulle scarpe di pitone col tacco alto trenta centimetri. Il reportage fisso dall´inviato nello chalet di montagna, le file agli ski lift, i regali all´ultima moda: la chiavetta del computer coperta di diamanti. E per le mamme a cui mancano gli asili: c´è l´i-pod per le pance in attesa e il film durante il parto. Ah, mbè... Ho visto un titolo e un servizio sulla nuove tendenze degli occhiali da vista: "Se li mette anche chi ci vede bene, per essere alla moda", recitava una tua collega. Mah! E lo psicologo per i cani, e la caccia al coccodrillo. E un servizio sui maggiordomi; un altro sull´ arte di apparecchiare la tavola. Coltello a destra, forchetta a sinistra e così sia.

Basta. Hai fatto bene a dire basta. Mi colpisce la crudezza del tuo direttore, che in un´intervista al Corriere della Sera enumera, quasi con un certo disprezzo, i servizi da te realizzati: come se il tuo ruolo non fosse quello della conduzione. Mi colpisce, nelle parole del direttore, la freddezza, il trattare i giornalisti come numeri: "dopo venti anni di conduzione, è ora di cambiare". Mi stranisce poi quando parla della mimica facciale, con cui tu avresti esagerato... ma allora, mettiamoci i robot in conduzione, che è meglio! Mi dispiace, sono una all´ antica. Penso ancora che la redazione sia una squadra e che il direttore ne sia l´allenatore. E come tale dovrebbe voler bene ai suoi giocatori. Dovrebbe saperli e volerli ascoltare. Valorizzare. Utilizzare al meglio. Far parlare tutte le voci. E invece no. Giorni fa ho letto su "Il Fatto", un articolo di Massimo Fini a proposito di un sit-in di protesta davanti alla Rai di Viale Mazzini.

Durante questa manifestazione contro la falsa notizia della assoluzione nel processo Mills, raccontava Fini, erano stati spaccati alcuni televisori. Armati di martelli, i contestatori avevano fatto a pezzi una decina di apparecchi tv. Perché in sostanza, era il senso del pezzo, la tv è l´oppio dei popoli. La cosa proprio non mi è piaciuta. Mi ha fatto male. Mi ha evocato il luddismo dei tempi della rivoluzione industriale, i roghi dei libri durante il nazismo. No, per favore. Non prendetevela con la televisione. La televisione è un mezzo straordinario, capace di farci assistere ad un evento in diretta, e di farcelo vedere meglio che se fossimo lì. E´ la finestra in più dentro casa, un tappeto volante che ci può portare ovunque nel mondo. Quando ancora era in bianco e nero, ha alfabetizzato e unito questo paese. La televisione è nata per informare facendo VEDERE. Inchieste, documentari, reportage, presa diretta, cronaca. Se poi è stata trasformata in salottificio sempre più trash, in una fiction continua che produce dis-cultura, in un megafono del potere, in un mezzo che oscura piuttosto che far vedere, non è colpa sua.
E´come un frullatore: se dentro ci metti latte e fragole viene un frappè di fragola, se ci metti la m... Sono anni e anni che tu ed io (con ruoli e in spazi diversi) lavoriamo in televisione. E non possiamo che amarla. Così come amiamo questo paese, che per lavoro magari giriamo in lungo e in largo e che scopriamo sempre più saccheggiato, impoverito, triste. Eppure oggi rischi che se fai un servizio onesto, se fotografi certe realtà magari sconquassate; se parli di mafia o di camorra, ti dicono che sei "anti- italiano", o "militante". Paradossi. Cara Maria Luisa, ho visto e rivisto più volte il filmato delle contestazioni dell´Aquila, che "va a ruba" su You Tube. Quando a te e alla tua troupe i terremotati hanno gridato "Scodinzolini".
Ho osservato la tua reazione: elegante, composta, anche se leggermente imbarazzata. Certo, l´imbarazzo c´era. Ma devo dire che sei stata una signora giornalista: hai saputo mantenere la calma, il controllo della situazione, rispettando in pieno le regole del tuo mestiere e contemporaneamente la tua azienda, azienda del servizio pubblico. E mi è dispiaciuto leggere che alcuni dei tuoi colleghi avevano preso male le tue osservazioni, come critiche al loro singolo lavoro. Io ti ho capita. Ho capito che quando parlavi del cattivo racconto del terremoto fatto in tv non parlavi dei singoli pezzi (magari certamente fatti bene), ma dell´ intero contenitore in cui questi servizi andavano a finire. Di quel "tutto va ben madama la marchesa" che il quadro complessivo tendeva forzatamente, falsamente a rappresentare. Del fatto che oggi per vedere la realtà nuda e cruda del dopo terremoto la gente debba andare al cinema. Maria Luisa, brava. Hai fatto un gesto di dignità e di coraggio.

Coraggio di donna. Fregatene dei critici, dei maligni, dei cattivi, dei detrattori, degli invidiosi e delle invidiose, delle smorfiose, di chi ti dirà che lo hai fatto per farti pubblicità, di chi ti dirà che te la tiri, di chi ha i santi protettori e ogni giorno gli telefona. Non ti amareggiare e non ti scoraggiare. Non mollare. Rimani umile. Coraggiosa, ma umile. Al servizio dei cittadini. Sappi che tanti, ma davvero tanti, ti vogliono bene. Siamo giornalisti e viviamo un momento difficile. Chi ha il senso etico di questo mestiere non può che essere smarrito e incazzato. Di fronte a questa legge sulle intercettazioni, un attacco al cuore del nostro diritto dovere di cronaca, dovremmo essere tutti uniti, compatti e battaglieri nel respingerla al mittente. Ma molti si sono seduti, altri forse sono stati sedotti dalle comodità del "nuovo giornalismo". E la nostra risposta è ancora troppo debole. Tu sei brava, e forse come me sei un po' all´ antica. Allora stai serena. Continua a fare con onestà il tuo lavoro, quello che ti faranno fare. E soprattutto, non portare a casa il tuo malessere. Aspetta che passi. The time it´s on our side cantava Mike Jagger. Non ci resta che aspettare. Perché, lo sappiamo: un´altra televisione è possibile.
Da collega a collega, Silvia Resta

24 maggio 2010

UNA MAIL PER MARIA LUISA BUSI

   da Alberto,  studente di medicina alla Sapienza di Roma, da Nevia e Alfredo, due coniugi toscani, da Sabrina, da Stefano, da Andrea, da Fabio.

Carissima sig.ra Maria Luisa Busi,
mi chiamo Alberto, ho 27 anni, sono uno studente di medicina della Sapienza di Roma ma frequento a Latina. Proprio ieri sera da una mia collega ho saputo di queste sue dimissioni, di questa sua decisa presa di posizione non saprei come chiamarla, che l'ha portata ad abbandonare la conduzione del TG1.
Erano un po' di giorni effettivamente che non la vedevo in Tv la sera, sà io sono praticamente cresciuto con lei, non ha idea di quante volte l'ho vista dire - anzi dirmi - le notizie e con il passare del tempo mi ero abituato alla sua presenza fissa alle ore 20 e con il tempo sono diventato un suo ammiratore. Ho letto la sua lettera, ho letto le sue ragioni e volevo farle i complimenti davvero dal più profondo del cuore, volevo farle sapere che siamo in tanti ma davvero tanti i ragazzi in facoltà che si sono schierati con lei. Ormai sembra che le notizie importanti siano il fatto che Briatore ha chiamato suo figlio Falco (mamma mia!) e che la Bellucci sia di nuovo mamma. A quei pochi virtuosi ed esseri pensanti che sono rimasti in questo Paese non interessa vedere un altro Studio Aperto anche alle 20 sulla TV nazionale. Forse lei non leggerà mai questa mia mail ma io sentivo comunque il dovere di farle sapere che lei non è sola e mai lo sarà. Forse non se ne rende conto ma è diventata per me, come per tante altre persone, un mito, un esempio.
Siamo ormai sulla strada del declino ma nessuno se ne accorge, siamo continuamente bombardati da una TV priva di significato, contenuti, umanità e verità. Non critico tanto la TV commerciale, ma quella pubblica che negli ultimi anni ci regala programmi che sarebbero andati in onda se Hitler avesse vinto la guerra.
Programmi inutili, stupidi, volgari dove Simona Ventura adesso sembra essere la regina del parco della depravazione. Odio questa TV, questa informazione che non fa informazione. Ha ragione lei, dove sono finiti tutti i problemi dell'Italia? Nel mio piccolo ho sempre cercato di essere informato, di sapere in che modo oggi i potenti e i delinquenti mi volevano fregare. Non si è mai parlato del fatto che probabilmente il Polo universitario di Latina scomparirà tra un paio di anni causa nuova riforma Gelmini, ma in compenso si parla di chi ha vinto l'isola dei famosi! Io a questo gioco non ci sono mai stato e tanta gente è come me e non ha idea di quanto sono felice nel sapere che una persona come lei adesso è dalla MIA parte, dalla NOSTRA parte. Sappia che le sarò sempre vicino in qualunque battaglia, così come tanta altra gente. L'ammiro moltissimo. Lei ha dimostrato di essere l'unica con veri attributi maschili di tutto il giornalismo italiano, libera da stupide prese di posizione e faziosità come altri suoi colleghi rispettabilissimi, è stata coerente con sè stessa cosa ormai molto rara nelle persone. Continuerò a seguirla e a sostenerla in ogni sede. Sono solo un ragazzo che voleva farle sapere che io l'ammiro e la stimo moltissimo. Mi ha dato una grande lezione di vita, lei è un esempio da seguire per tutte quelle persone che ancora ragionano con la propria testa.
Le auguro ogni bene dal più profondo del cuore davvero, non ho mai scritto una mail così sentita e la ringrazio di avermi dato la possibilità di scrivere parole così sincere e vere per me. In bocca al lupo per tutto, tiferò per lei più che per la nazionale italiana; glielo giuro: lei ha lasciato un segno che non verrà mai dimenticato.
L'abbraccio e la saluto con il più profondo rispetto, Alberto

Cara Maria Luisa,
tutta la solidarietà da parte mia e di mio marito, purtroppo abbiamo abbandonato il TG1 e vediamo quello della 7 perchè la pensiamo proprio come te. Sei una grande donna, hai detto tutte le verità nella tua lettera che abbiamo letto solo stasera e le condividiamo in pieno, siamo tuoi grandi ammiratori per la tua onestà intellettuale, ti abbracciamo con tanto affetto, ti siamo vicini più di quanto tu possa immaginare, Nevia e Alfredo

Cara Maria Luisa, ti esprimo solidarietà per la scelta coraggiosa che hai fatto. Cerca di non abboccare alle provocazioni che riceverai di qui a qualche mese perchè le persone che fino ad ora hai avuto intorno si trasformeranno nei più terribili nemici. Non ti lasciare abbattere dalle menzogne che si inventeranno pur di non ammettere la loro pochezza che tu hai contribuito a smascherare.
In bocca al lupo. Ciao, Sabrina

Solidarietà totale e piena condivisione per la lettera di dimissioni di Maria Luisa Busi. Stefano, uno dei tanti che non vede più il tg 1

Complimenti, sei una persona da ammirare senza riserve.
Non credevo che una signora dal volto e dai modi così gentili potesse avere la tua forza. Mi sei sempre piaciuta come conduttrice, ma oggi mi piaci e ti ammiro ancopra di più, proprio perché ti credevo parte di un sistema consolidato, contro cui nessuno sembra in grado di opporsi. Hai avuto il coraggio e la determinazione che purtroppo manca a tantissimi bravi giornalisti. Sei un esempio da seguire. Mi dai ancora un po' di speranza che questo paese possa cambiare.
Il tuo è un piccolo gesto nella melma della informazione italiana, ma importantissimo proprio perché è fatto nei confronti di chi crede che gli italiani non siano più capaci di riconoscere il sano dal marcio.
E, te lo dico da uomo, congratulazioni per aver fatto vedere che le donne in TV non sono soltanto tette e culi, almeno non tutte.
Spero di rivederti ancora condurre un TG, senza bavagli e censure, con la possibilità di esprimere tutta la tua professionalità. Auguri di cuore, Andrea

Cara dottoressa Busi, immagino che abbia avuto tanti consensi e tanti apprezzamenti per questa sua scelta coraggiosa. Sono un impiegato di banca di Salerno di 53 anni e mi è capitato di leggere per caso la lettera che lei ha scritto al dott. Minzolin. “E’ STUPENDA”.
Le volevo dare tutto il mio appoggio sulla vicenda che è toccata a Lei, giornalista tra le più brave che la RAI abbia mai avuto, ed anche a tanti suoi colleghi che cercano giornalmente di dare notizie “non pilotate da altri”.
Faccio una premessa.
Sono una persona molto sensibile, mi definisco un “pessimista idealista”, forse perché, pur vedendo le cose sempre piuttosto in negativo, mi augurerei che cambi tutto e che tutto funzionasse alla perfezione (che vi sia il rispetto per le persone, il rispetto per il lavoratore – soprattutto al Sud dell’Italia -, che vi sia soprattutto il lavoro per i nostri figli – senza dover elemosinare o, peggio, vendersi -, per ottenere ciò che la nostra Costituzione prevede: il diritto al lavoro, ecc. ecc.).
Ho definito la sua lettera stupenda perché, come recitava il preambolo “Ecco una Donna” con la D maiuscola, l’ho trovata di un coraggio eccezionale in quanto oggi è molto difficile trovare persone che parlano chiaro, in una società in cui tutti pensano solo al loro interesse personale, scavalcando tutti i più elementari diritti, pur di ottenere il proprio tornaconto.
Certamente, come Lei ha scritto, c’è una parte del nostro paese in cui non funziona niente o quasi niente e di cui non si parla mai; questo perché non esiste la volontà politica di far funzionare le cose ed anche perché non vi sarebbe alcuna convenienza da parte dei nostri amministratori a far funzionare tutto e bene; un paese dove esiste la “malasanità”, il “malgoverno di tante Pubbliche Amministrazioni”, il “potere occulto di chi comanda per ottenere il proprio tornaconto”, dove le aziende sfruttano i lavoratori in nome del “DIO Budget” – che crea tanti robottini alla ricerca affannosa del pollo da spennare, in nome del suddetto Budget e tante altre situazioni che ora non mi vengono in mente ma che Lei certamente conosce meglio di me.
Nel pensare di scriverLe questa mail avevo tante cose in mente, che però ora non ricordo più, ma, mi creda, sono veramente n a u s e a t o dalla società attuale e dalla piega che sta prendendo questa nostra “Sic” amata Italia.
Sarei molto onorato se lei volesse rispondermi, per poter eventualmente avere un suo conforto ed uno scambio di idee.
Nel salutarla cordialmente, le porgo tantissimi auguri per una serena continuazione del suo lavoro con maggior libertà. Fabio

Non voglio aggiungere altro alle sentite e toccanti parole di Alberto, di Nevia e Alfredo, di Sabrina, di Stefano, di Fabio. Spero solo che Maria Luisa possa leggerle e trovare conforto in questi freschi sentimenti di stima, solidarietà e affetto, condivisi da tanti altri giovani e meno giovani che meritano di vivere in un Paese più normale.
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Quando gli Italiani sapranno dire: BASTA ?

  • Lo stato di degrado è sotto gli occhi di tutti, anche di quelli che non vogliono vederlo. Le cause sono da ricercare in: 
  • una legge elettorale che toglie ai cittadini il diritto di scegliere; 
  • una classe politica autoreferenziale che non si cura più del proprio ruolo di rappresentanza ma risponde solo a chi l'ha nominata;  
  • l'anomalia berlusconiana, cioè di un premier che non può pensare ai veri bisogni del paese, oberato com'è dalle proprie personali urgenze ecc.;
  • il tentativo di mettere il bavaglio alla stampa e le manette ai giudici.
Una via d'uscita potrebbe essere una forte presa di posizione da parte dei cittadini per chiedere:
  1. la riforma della legge-porcata;
  2. un servizio pubblico RAI non asservito al potere politico, capace di dar voce alla cittadinanza, rispettoso della verità; 
  3. una grande mobilitazione contro  il tentativo di mettere il bavaglio alla stampa e le manette ai giudici;
  4. l'unica speranza vera sta nei giovani che usano forme alternative d'informazione e sono più liberi e autonomi dei loro genitori. 
Se davvero vogliamo, forse ancora possiamo: ITALIANI SALVIAMOCI!
Da troppo tempo ci lamentiamo della politica italiana, da troppo tempo cerchiamo di reagire senza ottenere risultati, da troppo tempo noi cittadini d'Italia siamo presi in giro da quelli che governano, o che dovrebbero farlo ...
Italiani salviamoci da questa malapolitica che ci provoca questo malcontento, dobbiamo essere noi che ci alziamo dal degrado sociale in cui siamo finiti non solo per causa nostra. Ne abbiamo ancora il diritto e la possibilità! Ora è il tempo di agire, davvero ora o mai più. E' arrivato il momento di prendere in mano il futuro del Nostro Paese, che è il Nostro futuro. Se davvero vogliamo, allora possiamo, ma dobbiamo essere tutti uniti.

No alla legge bavaglio, dal Teatro dell'Angelo di Roma e dal Teatro Parenti di Milano, il dibattito sulla libertà di informazione e sui diritti costituzionali.


23 maggio 2010

A 18 ANNI DALLA STRAGE DI CAPACI

La nave della legalità ribattezzata 'Giovanni Falcone', con a bordo 1.500 studenti di tutta Italia, è salpata da Civitavecchia verso Palermo. Altri 1.000 giovanissimi salperanno da Napoli su un'altra nave, la 'Paolo Borsellino': anche loro in missione di legalità saranno domattina a Palermo per ricordare il giudice Falcone, la moglie e i 3 agenti della scorta che 18 anni fa morirono nell'attentato di Capaci e per urlare: 'no alla criminalità organizzata, sì alla legalità'. (Ansa di ieri)

Mentre si cerca ancora di far luce sulla strage di Capaci e sul precedente fallito attentato all'Addaura, Palermo commemora il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e gli agenti della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo.
Sul sito della Fondazione Falcone il Programma completo delle manifestazioni e delle inziative.

Io vorrei riflettere sulla frase attribuita a Giovanni Falcone "Gli uomini passano, le idee restano e continuano a camminare sulle gambe di altri uomini". Mi sembra densa di significati profondi alla luce, anche, di quel grande movimento giovanile che si va costruendo intorno all'opera e al ricordo di Giovanni e Paolo, che rappresenta forse l'unica vera speranza di riscatto contro tutte le mafie e per la legalità. L'arrivo oggi a Palermo di 2500 ragazzi (18 anni fa non erano ancora nati) da ogni parte d'Italia è la testimonianza fisica, concreta che il sacrificio di Giovanni Falcone e di tutti i caduti nel compimento del loro dovere al servizio del Paese e della società non è stato vano.

Un altro pensiero però mi assilla: se fossero vivi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, cosa penserebbero della legge in discussione in parlamento sulle intercettazioni? Come reagirebbero?




Vedi anche: Per non dimenticare Giovanni

P.S.: Mentre ricordiamo Giovanni e gli altri eroi caduti sul cammino della legalità e della giustizia, c'è ancora un Dell'Utri, senatore della Repubblica che, a margine dell’udienza del processo d’appello che lo vede imputato di concorso in associazione mafiosa, si permette di affermare, per l'ennesima volta, La mia vita è una tragedia, dove l’unico eroe è Vittorio Mangano.  Da Livesicilia

22 maggio 2010

LA LETTERA DI MARIA LUISA BUSI A MINZOLINI (testo integrale)

  ... che non ha bisogno di commento.

Ovvero, esempio encomiabile di giornalismo a schiena dritta.

Sono tre cartelle e mezza, affisse nella bacheca della redazione del telegiornale, indirizzate al direttore Augusto Minzolini e al cdr, e per conoscenza al direttore generale della Rai Mauro Masi, al presidente dell'azienda Paolo Garimberti e al responsabile delle Risorse umane Luciano Flussi.
«Caro direttore, ti chiedo di essere sollevata dalla mansione di conduttrice dell'edizione delle 20 del Tg1, essendosi determinata una situazione che non mi consente di svolgere questo compito senza pregiudizio per le mie convinzioni professionali. Questa è per me una scelta difficile, ma obbligata. Considero la linea editoriale che hai voluto imprimere al giornale una sorta di dirottamento, a causa del quale il Tg1 rischia di schiantarsi contro una definitiva perdita di credibilità nei confronti dei telespettatori.

Come ha detto il presidente della Commissione di Vigilanza Rai, Sergio Zavoli: "la più grande testata italiana, rinunciando alla sua tradizionale struttura ha visto trasformare insieme con la sua identità, parte dell'ascolto tradizionale". Amo questo giornale, dove lavoro da 21 anni. Perché è un grande giornale. È stato il giornale di Vespa, Frajese, Longhi, Morrione, Fava, Giuntella. Il giornale delle culture diverse, delle idee diverse. Le conteneva tutte, era questa la sua ricchezza. Era il loro giornale, il nostro giornale. Anche dei colleghi che hai rimosso dai loro incarichi e di molti altri qui dentro che sono stati emarginati. Questo è il giornale che ha sempre parlato a tutto il Paese. Il giornale degli italiani. Il giornale che ha dato voce a tutte le voci. Non è mai stato il giornale di una voce sola.

Oggi l'informazione del Tg1 è un'informazione parziale e di parte. Dov'è il paese reale? Dove sono le donne della vita reale? Quelle che devono aspettare mesi per una mammografia, se non possono pagarla? Quelle coi salari peggiori d'Europa, quelle che fanno fatica ogni giorno ad andare avanti perché negli asili nido non c'è posto per tutti i nostri figli? Devono farsi levare il sangue e morire per avere l'onore di un nostro titolo. E dove sono le donne e gli uomini che hanno perso il lavoro? Un milione di persone, dietro alle quali ci sono le loro famiglie. Dove sono i giovani, per la prima volta con un futuro peggiore dei padri? E i quarantenni ancora precari, a 800 euro al mese, che non possono comprare neanche un divano, figuriamoci mettere al mondo un figlio? E dove sono i cassintegrati dell'Alitalia? Che fine hanno fatto? E le centinaia di aziende che chiudono e gli imprenditori del nord est che si tolgono la vita perchè falliti? Dov'è questa Italia che abbiamo il dovere di raccontare? Quell'Italia esiste. Ma il tg1 l'ha eliminata. Anche io compro la carta igienica per mia figlia che frequenta la prima elementare in una scuola pubblica. Ma la sera, nel TG1 delle 20, diamo spazio solo ai ministri Gelmini e Brunetta che presentano il nuovo grande progetto per la digitalizzazione della scuola, compreso di lavagna interattiva multimediale.

L'Italia che vive una drammatica crisi sociale è finita nel binario morto della nostra indifferenza. Schiacciata tra un'informazione di parte - un editoriale sulla giustizia, uno contro i pentiti di mafia, un altro sull'inchiesta di Trani nel quale hai affermato di non essere indagato, smentito dai fatti il giorno dopo - e l'infotainment quotidiano: da quante volte occorre lavarsi le mani ogni giorno, alla caccia al coccodrillo nel lago, alle mutande antiscippo. Una scelta editoriale con la quale stiamo arricchendo le sceneggiature dei programmi di satira e impoverendo la nostra reputazione di primo giornale del servizio pubblico della più importante azienda culturale del Paese. Oltre che i cittadini, ne fanno le spese tanti bravi colleghi che potrebbero dedicarsi con maggiore soddisfazione a ben altre inchieste di più alto profilo e interesse generale.

Un giornalista ha un unico strumento per difendere le proprie convinzioni professionali: levare al pezzo la propria firma. Un conduttore, una conduttrice, può soltanto levare la propria faccia, a questo punto. Nell'affidamento dei telespettatori è infatti al conduttore che viene ricollegata la notizia. È lui che ricopre primariamente il ruolo di garante del rapporto di fiducia che sussiste con i telespettatori. I fatti dell'Aquila ne sono stata la prova. Quando centinaia di persone hanno inveito contro la troupe che guidavo al grido di vergogna e scodinzolini, ho capito che quel rapporto di fiducia che ci ha sempre legato al nostro pubblico era davvero compromesso. È quello che accade quando si privilegia la comunicazione all'informazione, la propaganda alla verifica.
Ho fatto dell'onestà e della lealtà lo stile della mia vita e della mia professione. Dissentire non è tradire. Non rammento chi lo ha detto recentemente. Pertanto:
 

1) respingo l'accusa di avere avuto un comportamento scorretto. Le critiche che ho espresso pubblicamente - ricordo che si tratta di un mio diritto oltre che di un dovere essendo una consigliera della Fnsi - le avevo già mosse anche nelle riunioni di sommario e a te, personalmente. Con spirito di leale collaborazione, pensando che in un lavoro come il nostro la circolazione delle idee e la pluralità delle opinioni costituisca un arricchimento. Per questo ho continuato a condurre in questi mesi. Ma è palese che non c'è più alcuno spazio per la dialettica democratica al TG1. Sono i tempi del pensiero unico. Chi non ci sta è fuori, prima o dopo.

2) Respingo l'accusa che mi è stata mossa di sputare nel piatto in cui mangio. Ricordo che la pietanza è quella di un semplice inviato, che chiede semplicemente che quel piatto contenga gli ingredienti giusti. Tutti e onesti. E tengo a precisare di avere sempre rifiutato compensi fuori dalla Rai, lautamente offerti dalle grandi aziende per i volti chiamati a presentare le loro conventions, ritenendo che un giornalista del servizio pubblico non debba trarre profitto dal proprio ruolo.

3) Respingo come offensive le affermazioni contenute nella tua lettera dopo l'intervista rilasciata a Repubblica, lettera nella quale hai sollecitato all'azienda un provvedimento disciplinare nei miei confronti: mi hai accusato di "danneggiare il giornale per cui lavoro", con le mie dichiarazioni sui dati d'ascolto. I dati resi pubblici hanno confermato quelle dichiarazioni. Trovo inoltre paradossale la tua considerazione seguente: "il tg1 darà conto delle posizioni delle minoranze ma non stravolgerà i fatti in ossequio a campagne ideologiche". Posso dirti che l'unica campagna a cui mi dedico è quella dove trascorro i week end con la famiglia. Spero tu possa dire altrettanto.

Viceversa ho notato come non si sia levata una tua parola contro la violenta campagna diffamatoria che i quotidiani Il Giornale, Libero e il settimanale Panorama - anche utilizzando impropriamente corrispondenza aziendale a me diretta - hanno scatenato nei miei confronti in seguito alle mie critiche alla tua linea editoriale. Un attacco a orologeria: screditare subito chi dissente per indebolire la valenza delle sue affermazioni. Sono stata definita "tosa ciacolante - ragazza chiacchierona - cronista senza cronaca, editorialista senza editoriali" e via di questo passo. Non è ciò che mi disse il Presidente Ciampi consegnandomi il Premio Saint Vincent di giornalismo, al Quirinale. A queste vigliaccate risponderà il mio legale. Ma sappi che non è certo per questo che lascio la conduzione delle 20. Thomas Bernhard in Antichi Maestri scrive decine di volte una parola che amo molto: rispetto. Non di ammirazione viviamo, dice, ma è di rispetto che abbiamo bisogno. Caro direttore, credo che occorra maggiore rispetto. Per le notizie, per il pubblico, per la verità. Quello che nutro per la storia del Tg1, per la mia azienda, mi porta a questa decisione. Il rispetto per i telespettatori, nostri unici referenti. Dovremmo ricordarlo sempre. Anche tu ne avresti il dovere».
La replica di Minzolini: "Se ha questa convinzione, è giusto che abbia preso questa decisione. Se non si riconosce, ha fatto bene. Ma sono motivazioni che non condivido".

Ci mancherebbe che condividesse! Dovrebbe lasciare immantinente e mettersi una maschera se non l'ha fatto ancora!

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21 maggio 2010

OGGI 21 MAGGIO - MANIFESTAZIONE A ROMA CONTRO LEGGE-BAVAGLIO

PIAZZA DEL POPOLO - ore 14

Costituzione degli Stati Uniti d'America, I emendamento
Congress shall make no law respecting an establishment of religion, or prohibiting the free exercise thereof; or abridging the freedom of speech, or of the press; or the right of the people peaceably to assemble, and to petition the Government for a redress of grievances. 
Il Congresso non farà leggi che favoriscano qualsiasi religione, o che ne proibiscano la libera professione, o che limitino la libertà di parola, o di stampa; o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea, e di fare petizioni al governo per riparazione di torti.

Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, Art. 10
Ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto include la libertà d'opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera.


Costituzione italiana, Art. 21
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
In realtà, come sa il lettore di questo giornale ma non sa il 90% degli italiani minzolianamente disinformato, non si tratta di una legge per difendere la nostra privacy. Il controllo illegale, il caimano lo ha sempre incoraggiato e premiato. La legge dovrebbe chiamarsi perciò "criminali liberi" visto che molti di loro senza l’irrinunciabile strumento delle intercettazioni non saranno mai scoperti. E ancor più "giornalisti in galera", visto che questo accadrà per chi vorrà ancora raccontare ai suoi lettori qualche frammento di verità scomoda.
Da Legge bavaglio, Fini scelga: fascismo o democrazia liberale, di Paolo Flores d’Arcais

Non per essere catastrofisti, ma la libertà di stampa e il diritto di cronaca sono cose serissime. Quando si comincia a vietare la pubblicazione di alcune notizie, poi si continua imponendo di pubblicarne altre, quelle gradite al potere. E a quel punto finiamo dritti al Minculpop.
E’ un’esagerazione? Lo speriamo di tutto cuore. Ma chi può, le opposizioni e anche i settori più sensibili della maggioranza, facciano quel che devono fare per scongiurarla.

Da Tutti in piazza contro il Bavaglio, di Patrizia Rettori
Introducono l’omertà di stato. La denuncia di Attilio Bolzoni
NO BAVAGLIO: più ancora che come giornalista, mi sento offesa come cittadina, di Bice Biagi


Il giudice Casson spiega la legge sulle intercettazioni



PROF. RODOTA' - ALLARME LEGGE INTERCETTAZIONI

20 maggio 2010

UNA NOTA DI PIPPO POLLINA SU FACEBOOK E L'EDITORIALE SUL FATTO DI OGGI DI ANTONIO PADELLARO - Il mio viatico per i giorni che verranno!

Siamo davvero messi male se siamo costretti a ricercare nella memoria di un passato più o meno recente le figure cui ispirarci per dare un senso alla nostra vita, e all'impegno di un fotoreporter che muore in Thailandia negli scontri tra esercito e camicie rosse per trovare la forza e il coraggio civile di dire NO! Purtroppo siamo a questo, perché i modelli che abbondano nel nostro quotidiano sono quelli di servi, venduti, ladri, profittatori e affini.
Mentre ringrazio Pippo e Antonio per le pagine di autentica denuncia dei guasti che produce giornalmente questa classe politica al governo del Paese, mi dico certo che l'ultima infamia perpetrata (il bavaglio) non passerà perchè il vaso è già colmo e questa, che non è solo una goccia, lo farà traboccare.
Pippo Pollina - Quello che mi manca -
Sono donne e uomini. Sono pietre sicure su un cammino pieno di vento e di bugie distese al sole. Sono gli interpreti di utopie vecchie come il mattino che verrà. Sono gli occhiali di osso scuro di Pier Paolo Pasolini e le sue eresie in bianco e nero, le sue parole prestate all'arte senza un perchè...
È il canto della terra di Mercedes Sosa, madre di ogni madre, voce dei disperati e di ogni dolore che recita la pioggia al contraio nei barrios sperduti dell'America latina...
È la sigaretta di Leonardo Sciascia, tormentata dalle sue dita colore di seppia, col suo cinismo tenero e oscuro presagio di un desiderio irredimibile e morboso.
È l'occhio smorto di Borgès, la sua cecità inveroconda da oracolo, dove l'incenso ridiventa tempio e il tempio ridiventa radura.
È il ventre sporto di De Moraes, la sua sensualità sboccata che nutre la poesia come il fiore appanza l'ape nell'orgia della primavera.
È il sorriso antico della Magnani, italiana d'Italia tutta, risparmiata alla guerra e alle recite spergiure che vennero dopo il suo precoce addio.
È il naso adunco di Gesualdo Bufalino, chè ascoltarlo parlare aumentava il rimorso di non avere vissuto l'adolescenza a Comiso, a studiare il latino all'ombra di un ficus Magnoliens.
Sono i calciatori con la barba, come Paolo Sollier per gli antidiluviani o come quello della Roma, di recente passato e del quale non ricordo il nome ma l'animo gentile.
Ciò che mi manca è sentire il coraggio per le strade di questo mondo, di questa gente, di questa società di cartone. Il coraggio come un desaparecido, scappato via da ogni anima, da ogni vocabolario, da ogni galateo, da ogni gesto...
Mi manca la parola strascicata di Piero Ciampi, il suo sorriso avvinazzato, la bestemmia toscana a penzolare dal suo labbro tremante.
Mi mancano Berlinguer e Almirante, chè almeno chiamavano le cose con nome e cognome e sull'altare del danaro non c'erano servi a cantare un bordone in maggiore.
Mi mancano le telecronache di Bruno Pizzul (Baggio scende in campo con fiero cipiglio!) che da quando non commenta più l'Italia vince più spesso ma gioca da cani.
Tutto questo mi manca.
Perchè non è vero che si stava meglio quando si stava peggio.
Si stava meglio prima perchè prima era meglio. Punto.

Antonio Padellaro - Non gli daremo tregua -
Molti di noi hanno cominciato a fare i giornalisti spinti da un ideale giovanile.
Dicevamo a noi stessi: troverò le notizie che gli altri non hanno, racconterò le verità che gli altri non raccontano e, se ne vale la pena, rischierò pure la pelle.
Come tutti gli ideali coltivati a vent’anni non sempre sono durati abbastanza e qualche volta la vita con le sue necessità materiali ha reso più astratto il nostro sogno di perfezione. Non è stato così per Fabio Polenghi il fotoreporter italiano caduto a Bangkok. Lui, come centinaia di altri giornalisti uccisi in prima linea, mentre cercavano di cogliere quella immagine o raccontare quella scena che nessun altro avrebbe pubblicato.
L’infamia di una legge sulle intercettazioni voluta da un tirannello borioso per nascondere certe sue vergogne e votata da parlamentari che si nascondono come ladri nella notte, consiste certamente nella violazione del diritto dei cittadini di sapere e del dovere dei giornali di informare, come ha detto Ezio Mauro nell’intervista a Silvia Truzzi. Ma c’è qualcosa che è forse peggio della soppressione di una libertà ed è la spinta alla rassegnazione, all’accettazione supina di un arbitrio. Negli anni abbiamo imparato a conoscere il personale di cui si serve il premier per le sue malefatte. Si tratta di gente che in cambio di denaro e poltrone si è venduta dignità e reputazione. Sono gli eunuchi del sultano, manutengoli sazi e appagati ma con il cruccio che non tutti siano ridotti come loro. Per esempio. Ci sono dei giornalisti che vogliono raccontare le risate degli sciacalli del terremoto o come un senatore si è venduto ai boss o l’affaire di un ministro a cui comprarono la casa sul Colosseo?
Spezziamogli la penna, mettiamogli paura finché si convincano che l’unica informazione possibile in questo Paese è quella autorizzata dall’alto. Naturalmente, è una violenza che non può essere accettata. Naturalmente, se la legge infame passerà, assieme ai tanti giornalisti liberi che ancora ci sono, noi del Fatto ricorreremo a tutte le forme possibili di disobbedienza civile. Lo diciamo ai nostri lettori ed è bene che lo sappiano gli eunuchi di Palazzo: non gli daremo tregua.
Se per una fotografia c’è chi si fa ammazzare, per una notizia si può anche rischiare un po' di galera.

19 maggio 2010

Perchè ricordare Edoardo Sanguineti


Per averci lasciato Laborintus
un ponte teso tra passato e futuro, una testimonianza dolorosa che ancora ci coinvolge.

Per averci lasciato romanzi come Capriccio italiano e Il gioco dell’oca.
 
Per i suoi studi su Dante.
 
Per i suoi aforismi:
Sarei tentato di dire che non esistono cattivi maestri, ma solo cattivi scolari.
La nozione di chiarezza, per nostra disgrazia, pare essere intrinsecamente e fatalmente oscura.
È impossibile separare la scienza dal suo contesto storico sociale concreto. L'immagine dello scienziato chiuso in laboratorio che fa la grande scoperta è un po' comica. A promuovere la scienza sono innanzitutto i gruppi interessati a usarne le ricadute: l'università, l'industria sempre più immateriale, i grandi centri medici e farmacologici, l'esercito. La portata ideologica della scienza lievita dentro questi interessi.
La poesia non è una cosa morta, ma vive una vita clandestina.
Per me la scienza è fatalmente portatrice di valori. Pensando al discorso sul metodo mi viene in mente Galileo e le sue ragioni metodologiche. Non credo che la sua scienza fosse innocua, neutrale, innocente. Per la semplice ragione che le sue ricerche misero in crisi una prospettiva ideologica forte: quella fino ad allora sostenuta dalla Chiesa e dall'autorità scientifica appoggiata dal cardinal Bellarmino.
Uno sguardo vergine sulla realtà: ecco ciò ch'io chiamo poesia.
In cinquant'anni molte cose sono profondamente cambiate, la poesia è cambiata, ma non è cambiato il compito dei poeti, quello di disegnare il profilo ideologico di un'epoca.
La virtù principale del capolavoro, se vogliamo continuare a chiamarlo così, è quella di creare un nuovo modo di guardare le cose. 


Perchè non lo ricorda la ministra all'Istruzione, Università e Ricerca (perchè non sa chi sia?).

Il Gruppo 63, quarant'anni dopo, di Umberto Eco
Per una nostalgia del futuro, Intervista a Sanguineti
Edoardo Sanguineti, biografia
Sanguineti muore durante l'intervento
Sanguineti il poeta guastatore, di Mario Baudino

"Dove l'uomo ha lavorato bene..."


PER I SUOI MODI SEMPLICI E GENTILI.
GRAZIE, PROFESSORE!

18 maggio 2010

SE FANNO PERDERE LE STAFFE ANCHE A CARLA FRACCI ...

Irriconoscibile ieri Carla Fracci all'Opera di Roma, durante l'attacco al sindaco Alemanno.
Donna gentile, minuta e di grande equilibrio la Fracci che ho conosciuto personalmente, qualche decennio fa, al Teatro Politeama di Palermo. Accompagnavo una classe liceale ad uno spettacolo di balletto con lei etoile nel Lago dei cigni; è stata superba in scena manifestando una grandissima professionalità, frutto della sua adesione totale ad una forma d'arte che esprimeva al massimo livello.
Ha colpito anche i miei studenti la sua disponibilità a riceverci nel suo camerino alla fine dello spettacolo; ha accettato con un luminoso sorriso il fascio di rose che le abbiamo offerto ed è stata prodiga di consigli con i ragazzi mentre firmava gli autografi che le avevano richiesto. Con estrema naturalezza e affabilità ha invitato i suoi giovani ospiti ad impegnarsi nella vita in qualcosa che desse loro piacere e soddisfazione consigliandoli a non volere bruciare le tappe ma a tendere sempre verso la perfezione, qualsiasi scelta professionale avessero intrapreso. È sembrata a tutti una vera stella senza le leziosità tipiche delle dive e l'incontro con lei si è rivelato una grande lezione di vita!

Mi è sembrata, dunque, irriconoscibile la Carla Fracci che ieri ha perso il controllo all'opera di Roma, usando nei confronti del sindaco Alemanno espressioni assai dure e ingiuriose.
La verità è che questi signori che ci governano sono così sprezzanti dell'arte e della cultura, così volgari nella loro spocchia che sarebbero capaci di far scendere Cristo stesso dalla croce. Altro che far perdere il controllo a Carla Fracci!

CARLA FRACCI SI SCAGLIA CONTRO IL SINDACO ALEMANNO


Gli artisti delle Fondazioni liriche protestano al Teatro dell'Opera di Roma contro i tagli allo spettacolo previsti dal decreto Bondi. Carla Fracci improvvisa un valzer.


Carla Fracci attacca Alemanno, su la Repubblica
Carla Fracci insulta Alemanno, su La Stampa

17 maggio 2010

DUE INTERVISTE ILLUMINANTI: a Roberto Saviano e a Serena Dandini

Oggi due interviste: una in video a Roberto Saviano della RSI - tv svizzera - e l'altra a Serena Dandini sull'Unità di ieri.
In ambedue si sente il peso di un potere illiberale che tende a soffocare tutte le voci fuori dal coro ma anche il coraggio, la forza e la leggerezza di chi crede in quello che fa e semina non tanto per l'oggi, piuttosto per costruire il domani. Gente che sa rispondere con un sorriso e un'alzata di spalle all'ottusità di chi pensa di avere posto un'ipoteca sulla vita e sul futuro del nostro Paese.

L'intervista concessa da Roberto Saviano alla televisone svizzera riporta il discorso sulle critiche di Berlusconi allo scrittore, reo di aver fatto un favore alla mafia scrivendo il libro Gomorra. Saviano critica il comportamento di Berlusconi e del governo, colpevole di voler metter il bavaglio anche a chi, meritoriamente, parla dei meccanismi mafiosi e dei loro risvolti sociali ed economici. Saviano parla di invito al silenzio da parte di Berlusconi sull'argomento e ribadisce che solo attraverso una giusta informazione e l'approfondimento del fenomeno mafioso si potrà contribuire alla formazione di una coscienza civica che l'Italia pare aver perso.




Serena Dandini è estremamente dotata di un sottile senso dell’umorismo e di una comicità innata che la rendono perfetta per trasmissioni fresche e divertenti come Parla con me.
Berlusconi si irrita, pazienza. Figuriamoci, alla mia età, se mi spavento. Non lascia, dall’anno prossimo raddoppia. In seconda serata e anche in prima. Il direttore ha confermato la programmazione di Parla con me da fine settembre. Poi ci ha chiesto anche di provare la prima serata su Rai tre, un esperimento. Gli potevo dire di no?

Per Concita De Gregorio, parlare per strada con Serena Dandini, persino in un giorno di pioggia torrenziale, è uno spettacolo. Si fermano come pellegrini. Il postino, la ragazza, l’anziana coppia. Una signora in età: Ma perché le cose interessanti le date la notte? Signora ci sarà una ragione. Sì, ma poi di giorno tutte 'ste cosce, poi dice che gli uomini si buttano dall’altra parte, e basta co' 'ste cosce. Lei ride spegne la sigaretta a metà: Adoro le donne. Le adoro.
 
Scalfaro, Rodotà, Zagrebelsky coi ragazzi in studio che fanno il tifo: questa cosa dei giovani che applaudono i vecchi è importante. Adesso torna, Scalfari: tra pochi giorni.
Amo i pagatori di canone. Ormai mi mandano le mail e si firmano così: pagatore di canone. E sulla par condicio: se mi danno un manualetto di istruzioni precise io procedo. Mi dicano: Fini al momento è di destra o di sinistra? E Rutelli? Ecco, sono pronta. Poi: tv pubblica, cosa vuol dire lo sanno? No perché non vuol dire di governo. Pubblica è quella che rappresenta la varietà di gusti e di stili presenti nel paese, spirito critico compreso.

16 maggio 2010

Se questo signore è un giornalista ...

... io potrei essere Santa Teresa d'Avila.

"Roberto Saviano, sempre lui, ma non è lui che ha scoperto la lotta alla Camorra, non è lui il solo che l'ha denunciata, ci sono registi e giornalisti come lui ... e che sono morti ... lui invece è ancora protetto, superprotetto, però non se ne può più di sentire che lui è l'eroe, qualcuno gli ha pure offerto la cittadinanza onoraria... di che cosa? Non si capisce. Ha scritto libri sulla Camorra, e l'ha fatto tanta altra gente, senza andare sulle prime pagine, senza fare tanto clamore, senza rompere - ehm senza disturbare la riflessione della gente - un Paese come il nostro è Contro la Mafia, non c'è bisogno che ci sia Roberto Saviano"



Il tipo di cui sopra - che imbastisce in questo modo il suo TG(?) e poi risponde nel modo che segue alle domande che gli vengono poste io proposito - ha tante probabilità di essere confuso con un giornalista, quante ne ho io di essere scambiato per Santa Teresa D'Avila.

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