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27 maggio 2010

IL POLLO E LA STATISTICA


La statistica per sua natura ci offre modelli e schemi di analisi su insiemi. Essa studia i modi in cui una realtà complessa può essere sintetizzata e quindi compresa. Dati e statistiche si possono manipolare per tentare di dimostrare questa o quella tesi, ipotesi o preconcetto. La più "proverbiale" osservazione a proposito delle medie statistiche è quella per cui se qualcuno mangia un pollo, e qualcun altro no, in media hanno mangiato mezzo pollo. (vedi La statistica di Trilussa).
Più seriamente Aldous Huxley ci ha insegnato che "nella vita reale non c’è alcun uomo medio". La media, comunque calcolata, è un concetto astratto. Una delle poche certezze assolute della statistica è che ciò che è "medio" non esiste. Ogni cosa si colloca necessariamente sopra o sotto il dato "medio".

Sebbene, dunque, i dati singoli, spesso drammatici di persone in carne ed ossa non vengano e non possano essere contemplati, dal Rapporto annuale dell'ISTAT sulla situazione del Paese nel 2009 si rilevano alcuni dati assai significativi relativamente alla congiuntura economica e al dispiegarsi della recessione, alle dinamiche e alle caratteristiche del sistema produttivo italiano e all'impatto della crisi sul lavoro, sugli individui e sulle famiglie.

Nell'illsustrazione del Rapporto da parte del presidente Enrico Giovannini emerge che:
"se il biennio 2008-2009 è stato straordinariamente difficile per l’economia mondiale e il sistema economico italiano, il 2010, avviatosi sotto il segno di una ripresa della produzione e degli scambi internazionali, presenta ancora forti rischi di instabilità. In Italia la caduta del prodotto è stata molto accentuata e più forte di quella registrata negli altri grandi paesi industrializzati: il Pil è tornato ai livelli dell’inizio degli anni Duemila”.
“Le imprese hanno cercato di fronteggiare la crisi riorientando le produzioni ela presenza sui mercati internazionali. Le piccole e medie imprese, nonché quelle più efficienti, hanno gestito meglio le difficoltà rispetto alle grandi e alle micro (fino a 9 addetti). Nonostante la gravità della recessione, molte imprese manifatturiere hanno aumentato l’occupazione e le esportazioni, mostrando la vitalità di importanti segmenti del sistema produttivo italiano."
"nel marzo 2010, il numero di occupati è inferiore di oltre 800 mila unità rispetto al massimo di marzo 2008 e vicino a quello registrato a fine 2005. Il tasso di disoccupazione e l’inattività sono cresciuti. Il reddito disponibile delle famiglie in termini reali, dopo essere aumentato molto lentamente negli anni Duemila, è diminuito per due anni consecutivi: il reddito disponibile annuo pro capite è oggi inferiore di circa 360 euro rispetto a quello del 2000. In questo scenario recessivo, tuttavia, il rallentamento dell’inflazione e la discesa dei tassi d’interesse hanno contribuito a rendere meno difficile la quadratura dei bilanci familiari. Le famiglie italiane hanno ridotto la propensione al risparmio, che ha raggiunto i livelli minimi dagli anni Novanta".
"Le politiche economiche hanno sostenuto il reddito disponibile e cercato di contenere l’impatto della recessione sull’occupazione, incoraggiando l’uso della cassa integrazione guadagni. La perdita di occupazione ha riguardato soprattutto i giovani che vivono in famiglia, rendendo meno duro l’impatto complessivo della crisi sulle condizioni dei bilanci familiari."
"Alla vigilia dell’adozione della nuova Strategia Europa 2020, è necessario comprendere come orientare le risorse disponibili al fine di creare le condizioni economiche, sociali e ambientali che determinano la qualità della vita in un Paese. La solidità di ampi segmenti del sistema produttivo e della posizione patrimoniale di tante famiglie non possono far dimenticare le fragilità che la crisi dell’ultimo biennio ha confermato o accentuato."

I punti critici che Giovannini ha individuato:
- la scarsa propensione delle imprese alla ricerca e all’innovazione;
- la presenza di due milioni di giovani che non studiano e non lavorano, nonché un tasso di disoccupazione giovanile salito quasi al 25 per cento;
- la bassa quota di investimenti pubblici e il ritardo infrastrutturale di cui soffre il Paese;
- le debolezze del sistema formativo delle giovani generazioni e degli adulti, il quale non solo non fornisce le competenze necessarie per svolgere le attività richieste dalla società della conoscenza, ma conserva le diseguaglianze sociali di partenza;
- il sottoutilizzo delle risorse femminili;
- il sottoinquadramento sul posto di lavoro che interessa oltre quattro milioni di persone e configura uno spreco di capitale umano inaccettabile;
- un miglioramento dell’efficienza energetica e ecologica che non procede ai ritmi necessari per assicurare la sostenibilità ambientale.
Secondo il presidente dell'ISTAT "aiutare il Paese a preparare gli anni a venire è altrettanto importante quanto gestire le emergenze attuali: tra i due obiettivi non c’è alcuna contraddizione".
La sostenibilità economica, sociale e ambientale si costruisce oggi, facendo scelte di investimento e di impiego delle risorse disponibili coerenti con una visione a lungo termine del progresso della nostra società.
Queste considerazioni conclusive del presidente dell'ISTAT meritano un'attenta riflessione.
Forse è l'incapacità di guardare al futuro e di progettarlo la pecca maggiore che si può attribuire alla classe politica attuale. La mancanza di una visione in prospettiva futura, di un piano di sviluppo e di crescita, di un quadro di riforme serio e condivisibile ha fatto ripiegare il potere politico nella mera gestione dell'esistente e privato il paese di quello slancio vitale in grado di far fronte alle difficoltà sociali ed economiche con una marcia in più. Come è un vero peccato non avere nell'agenda politica, come temi prioritari, quello dei giovani e del loro futuro, delle donne e della loro totale equiparazione, della concorrenza e delle liberalizzazioni.

Relativamente al debito pubblico, c'è un dato che fa riflettere: 
Nel quinquennio 2001-2005 (Governo Berlusconi - ndr)  si sono registrati livelli d’indebitamento netto pari o superiori al 3 per cento del Pil. Nel corso del biennio successivo (2006-2007 - Governo Prodi) il saldo del bilancio pubblico ha mostrato un forte recupero, per tornare a peggiorare significativamente negli ultimi due anni (Governo Berlusconi ndr) in conseguenza della crisi economica e finanziaria.
E tuttavia l'attuale capo del governo continua a ripetere (l'ultima volta ieri, durante la conferenza stampa per l'illustrazione della manovra) che il dissesto finanziario sarebbe stato prodotto dal "governo delle sinistre" e nessun giornalista presente gli ha fatto notare la falsità della dichiarazione. Se poi il premier si riferisce ai governi precedenti la sua discesa in campo, allora farebbe bene a parlare di governi a guida democristiana e socialista che erano ben altra cosa dal "governo delle sinistre". 

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