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Amo riflettere e ragionare su quanto vedo e sento.

Benvenuto nel mio blog

Dedicato a quei pochi che non hanno perso, nella babele generale, la capacità e la voglia di riflettere e ragionare.
Consiglio, pertanto, di stare alla larga a quanti hanno la testa imbottita di frasi fatte e di pensieri preconfezionati; costoro cerchino altri lidi, altre fonti cui abbeverarsi.

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29 dicembre 2014

ANNO NUOVO. VITA VECCHIA ?

Fra poche decine di ore festeggeremo in tutto il mondo (intendo su questo nostro pianeta) il passaggio dall'anno 2014 al 2015. Lo faremo non tutti nello stesso momento ma secondo lo scaglionamento in 24 fusi orari; pertanto l'inizio dei festeggiamenti avverrà nell'arco di 24 ore nelle 24 sezioni nelle quali il nostro globo è diviso. Il capodanno islamico e il cinese non coincidono con quello occidentale fissato dal Calendario gregoriano. 
Già solo questi fatti ci dicono che il tempo storico è una pura convenzione e si calcola secondo criteri più o meno precisi di aggiustamento al tempo astronomico. 
Anche questo, però, è una formulazione scientifico-filosofica intorno alla quale fior di studiosi hanno dibattuto costruendo diverse concezioni del tempo, dalla ciclica, alla lineare fino alla spirale. 

Non mi dilungherò sulla concezione sidero-spaziale, filosofica, scientifica del tempo per la quale rinvio i miei lettori alla puntuale esposizione presente in Wichipedia
Solo un cenno al tempo storico che è quello della sistemazione cronologica e periodizzazione che gli storici fanno della loro materia. 

Mi soffermerò, invece, sul concetto di tempo individuale che è quello che a ciascuno di noi è dato da vivere e che procede secondo criteri del tutto personali e, direi, interiori. E per far ciò mi rifaccio alla teoria di Henri Bergson secondo cui per il tempo non esistono singoli istanti ma un loro continuo fluire non scomponibile; istanti vissuti nella loro durata reale nella coscienza di ognuno dove gli stati psichici non si succedono ma convivono. Diverso è quindi il tempo della scienza da quello reale che ciascuno di noi vive nella propria coscienza. 

Per questa ragione il mio/nostro tempo può contrarsi o dilatarsi. Non è un tempo scandito dallo scorrere lineare e regolare delle ore e dei giorni del calendario, ma costituito di ritagli della realtà percepita in un tempo fuori dal tempo, una durata che la memoria poi raccoglie e incasella nel tempo reale. E qui soccorre Proust che nella sua Recherche fece uso della concezione bergsoniana: Un'ora, non è solo un'ora, è un vaso colmo di profumi, di suoni, di progetti, di climi

Questa concezione del tempo legata alle nostre percezioni è affascinante, ci libera dalla costrizione nel tempo come svolgimento monotono e lineare, dalla concezione ciclica dell'eterno ritorno e sprigiona, invece, le nostre potenzialità creative perché ci dà modo di ritagliarci il nostro tempo da vivere, liberi dall'estenuante riferimento all'orologio fisico a vantaggio di quello interiore. 

Esperienze di questo tipo tutti ne abbiamo fatte. Quante volte ci accorgiamo che il tempo dell'attesa non passa mai - sembra durare più a lungo di quanto stimiamo - e guardiamo insofferenti i minuti che scorrono sull'orologio. Altre volte, invece, il tempo dell'azione e delle esperienze piacevoli sembra sfuggirci di mano, tanto passa in fretta! 
E questa percezione del tempo è comune a tutti gli uomini - occidentali, cinesi, musulmani - senza distinzione culturale o religiosa. 

Per tornare ai festeggiamenti che accompagneranno l'arrivo del 2015, anch'io allo scoccare della mezzanotte del 31 Dicembre (fuso orario di Roma) parteciperò al brindisi augurale perché mi troverò in compagnia di persone accomunate dalla stessa voglia di salutare l'anno nuovo. Altre volte, invece, mi sono ritrovato solo in casa, sono andato a dormire prima e l'anno è entrato ugualmente. 

22 dicembre 2014

... e fra due giorni è ancora Natale!

 A volte mi trovo a riflettere sulla efferatezza di certi comportamenti umani che supera di gran lunga quella degli animali più feroci. Ultimo fatto atroce che mi viene in mente è l'uccisione crudele di Loris, un bambino di otto anni, a Santa Croce Camerina. Penso poi a questo mondo, abitato da miliardi di persone in estreme difficoltà materiali ed esistenziali a fronte di una minoranza che possiede ricchezze incommensurabili. E mi chiedo che senso abbia condividere questo cielo, questo paesaggio straordinario, tanti beni che la natura è propensa ad offrire a tutti se non riusciamo a condividere gli elementi primari di sussistenza. Molti abitanti di questo pianeta non riescono neanche a godere di quello che possiedono, tanto è eccessivo e - in sostanza - superfluo, altri debbono arrabattarsi in tutti i modi per mettere insieme il pranzo con la cena. 


Non occorre nemmeno proporre la rilettura del bel saggio di Erich From, Avere o Essere, per rendersi conto di quella che sarebbe la via per realizzare la felicità universale. Basterebbe tener presenti i precetti contenuti nelle dottrine delle grandi religioni o, anche, gli insegnamenti dei grandi filosofi - da Platone a Kant - per capire che la nostra attuale società è gravemente malata. Ma l'egoismo spropositato che ci possiede non ci permette di cambiare rotta. 

Al di là di ogni altra considerazione, Il cielo stellato sopra di me, la legge morale in me - la bella frase di Kant a chiusura della sua Critica della ragion pratica - se adeguatamente considerata, oltre a lasciarci con occhi stupiti dinnanzi alla bellezza della natura, dovrebbe stimolarci a ritrovare dentro di noi, in quanto esseri umani, la primordiale distinzione tra Bene e Male, che dovrebbe guidare sempre le nostre azioni. 
Ma in un'epoca in cui il dio denaro governa gli Stati, le comunità grandi e piccole, il cuore stesso dei singoli uomini che lo adorano spesso solo per accumularlo, altre volte per soddisfare bisogni voluttuari ed effimeri, i valori primari sono passati in secondo piano a favore di una corsa distruttiva all'avere. E non voglio parlare della corruzione e degli scandali sempre attuali che coinvolgono politici ed amministratori perché non meritano neanche di essere citati in quest'occasione.

 

In questi giorni mi sono chiesto, piuttosto, come apparirà a Samantha Cristoforetti - la nostra astronauta di Missione Futura - questo nostro piccolo atomo opaco del male e quali sensazioni susciti da quelle altezze. 
Ma è già Natale e per un giorno le convenzioni e le buone maniere ci impongono di essere più buoni con il Prossimo. Con l'anno nuovo riprenderemo la forsennata corsa verso un traguardo già fissato da sempre. 

06 dicembre 2014

Il Rapporto 2014 del CENSIS



Una foto sconvolgente quella che il Censis traccia della situazione socio-economica del nostro Paese. Sembra mancarci la capacità di guardare al futuro, di fare sistema, di credere nella possibilità di uscire dalla crisi con l'impegno comune. 
Sembrano più disposti a dar credito all'Italia gli stranieri che non gli stessi italiani. 



Giunto alla 48ª edizione, il Rapporto Censis interpreta i più significativi fenomeni socio-economici del Paese nella difficile congiuntura che stiamo attraversando. Le Considerazioni generali introducono il Rapporto sottolineando come il Paese viva una profonda crisi della cultura sistemica: nella «società delle sette giare», i poteri sovranazionali, la politica nazionale, le sedi istituzionali, le minoranze vitali, la gente del quotidiano, il sommerso e la comunicazione appaiono come mondi non comunicanti, che vivono di se stessi e in se stessi. Nella seconda parte,«La società italiana al 2014», vengono affrontati i temi di maggiore interesse emersi nel corso dell'anno, descrivendo una società satura dal capitale inagito, la solitudine dei soggetti, i punti di forza e di debolezza dell'Italia fuori dall'Italia. Nella terza e quarta parte si presentano le analisi per settori: la formazione, il lavoro e la rappresentanza, il welfare e la sanità, il territorio e le reti, i soggetti e i processi economici, i media e la comunicazione, il governo pubblico, la sicurezza e la cittadinanza. 



In una società senza ordine sistemico i singoli soggetti sono a dir poco a disagio: non capiscono dove si collocano, negli anfratti o nei relitti di un assetto sistemico che essi ritengono comunque necessario; soffrono tutti gli effetti negativi, anche psicologici, della crisi radicale delle giunture sistemiche; e si sentono alla fine abbandonati a se stessi (vale per il singolo imprenditore come per la singola famiglia), in una obbligata solitudine.
Il sistema finisce per esser vissuto come cosa estranea e resta solo potenziale oggetto di rancore e di denuncia. Con la conseguenza inevitabile che tale estraneità porta a un fatalismo quasi cinico (tanto, tutto è fuori controllo e nessuno riesce a padroneggiarlo) e talvolta anche a episodi di secessionismo sommerso, ormai spesso presente in varie regioni e realtà locali, specie al Sud. 
C'è una profonda crisi della cultura sistemica. Poteri sovranazionali, politica nazionale, istituzioni, minoranze vitali, gente del quotidiano, sommerso e comunicazione sono sette mondi non comunicanti, che vivono di se stessi e in se stessi in un parallelo sobollire. La politica sia arte di guida. 

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