13 dicembre 2011

Un'Italia fragile, isolata, eterodiretta nel 45° Rapporto del Censis

Alla fine di ogni anno il Censis pubblica il suo Rapporto sulla situazione socio-economica del Paese fornendo, assieme ai dati e alle analisi per settore, una visione d'insieme che focalizza, anche attraverso parole-chiave, lo stato dell'arte. 
Se nel 44° Rapporto sulla situazione sociale del Paese nel 2010 l’inconscio collettivo appare senza più legge, né desiderio, tanto che tornare a desiderare è la virtù civile necessaria per riattivare la dinamica di una società troppo appagata e appiattita, nel 45° Rapporto del 2011 la società italiana si è rivelata fragile, isolata, eterodiretta. Ma il passo lento del nostro sviluppo segue una solida traccia: valore dell’economia reale, lunga durata, relazionalità e rappresentanza.  

Il Rapporto annuale ha il grande pregio di trasformare la freddezza di numeri e dati percentuali in un quadro articolato e puntuale sostenuto da un'analisi lucida che merita attenta riflessione.  
Da qualche anno lo leggo con la passione che riesce a infondermi, assieme alla spinta che mi trasmette a fare la mia piccola parte, perché ogni granello di sabbia... 

Nelle Considerazioni generali del Rapporto 2011 si legge: Abbiamo scontato certo una triplice e combinata insipienza: aver accumulato per decenni un abnorme debito pubblico, che non ci permette più autonomia di sistema; esserci fatti trovare politicamente impreparati a un attacco speculativo che vedeva nella finanza pubblica italiana l’anello debole dell’incompiuto sistema europeo; aver dimostrato per mesi e mesi confusione e impotenza nelle mosse di governo volte alla difesa e al rilancio della nostra economia. 
E l'analisi incalza: Realismo vuole, infatti, che si prenda atto di quanto la società italiana si sia in questi ultimi mesi rivelata fragile, isolata, in parte eterodiretta. 
Per capire cosa ci sia sotto il carattere fragile, isolato ed eterodiretto della nostra attuale società occorre, con severità verso se stessi, capire perché i nostri più antichi punti di forza ‒ la collettiva capacità di continuo adattamento e i processi spontanei di autoregolazione (nel campo dei consumi come in quello del welfare, come in quello delle strategie d’impresa) ‒ non riescano più a funzionare come nel passato. E, ancora, realismo vuole che si prenda coscienza che l’adattamento e l’autoregolazione faticano a esercitarsi perché si è accentuata la dispersione delle idee, delle decisioni e del linguaggio. 

D'altra parte, non è possibile pensare che di fronte a questa regressione del nostro sviluppo sociale, economico e civile si possa restare neghittosi e immobili, rimpiangendo lo sviluppo che fu e dubitando che "in noi di cari inganni, non che la speme, il desiderio è spento".

Ecco che la crisi dura e un po’ scarnificante degli ultimi anni sta rimettendo in giuoco un carattere fondativo (anch’esso soggettivistico e antropologico) del solido “scheletro contadino”, che resta il riferimento quasi occulto delle nostre vicende di evoluzione sociale, anche se reso occulto e dimenticato dalle bolle di vacuità e banalità con cui abbiamo importato l’agiatezza e la modernità occidentali.

Del resto, il riferimento allo scheletro contadino non è solo un’esercitazione alla metafora, ma è la segnalazione della caratteristica che oggi più connota la società: l’essere cioè una realtà in cui vigono il primato dell’economia reale e il primato della lunga durata, nella costante e progressiva integrazione. 
Le Considerazioni si chiudono con la bella citazione di San Tommaso, ricavata da Aristotele, che non ratio est mensura rerum, sed potius e converso, cioè la ragione umana non è misura delle cose, piuttosto è vero il contrario. 

A proposito di Comunicazione e media, si parla di Internet come strumento contro la marginalità informativa: ogni dieci italiani, ce n’è uno che non si informa, uno che accede solo a tg e gr, tre che hanno un ventaglio più ampio di fonti da cui sono escluse però quelle che hanno a che fare con Internet, infine cinque che usano più o meno tutte le fonti intrecciandole in vari modi.
Nel capitolo Governo pubblico si rileva che le Camere sono in crisi d’identità. Delle 197 leggi approvate nel corso dell’attuale Legislatura, ben 163 sono state proposte dal Governo e solamente 34 dal Parlamento.

Leggi anche:
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Rapporto Censis 2011: ecco quello che manca, di Domenico Ciardulli
Un po' di dolore, un po' di vergogna - La descrizione di una fragile Italia da far ripartire, di Rita Piccolini
Le rivelazioni di Wikileaks e il 44° Rapporto del Censis

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