Per me, per i miei valori di agnostico rispettoso di ogni fede, in special modo di quella cristiana nella quale sono immerso per nascita, per formazione e per cultura, la presenza o meno del crocefisso nei locali pubblici o nelle scuole statali non cambia nulla, non incide per niente sul mio comportamento privato o sul mio rapporto con gli altri.
Sono stato sempre affascinato dal messaggio evangelico che ho cercato di proiettare, per quanto possibile, nel mio quotidiano rifuggendo, comunque, da simbologie e culti posticci.
Spesso trovo molto più aderenti alla realtà del nostro tempo le parole e gli atti di Cristo o a lui attribuiti rispetto ai dettami di una chiesa che non riesce a vivere il grande messaggio cui fa riferimento, men che meno ad interpretare il presente.
Trovo che la religiosità debba essere vissuta come un fatto profondamente intimo e spirituale e ritengo che la società italiana, che si professa cattolica, sia in linea di massima scarsamente religiosa e cristiana. Quello che si pratica nel nostro paese è, per lo più, un cristianesimo rituale e d'immagine. M'indigna, perciò, vedere gente comune, personalità politiche e formatori di opininione gridare allo scandalo per la sentenza della Corte europea che vieta l'esposizione della croce nella scuola pubblica e, poi, praticare un razzismo più o meno strisciante, condurre una vita dissoluta che contraddice in toto il messaggio cristiano, inseguire il successo, il potere e la ricchezza smodata come unici valori.
Mi commuovono, viceversa, gli atti di umanità che rasentano talvolta l'eroismo, di quegli infermieri, vigili del fuoco, suore, servitori umili dello Stato ecc., che per un modesto stipendio svolgono compiti ingrati con spirito di servizio e aderenza più o meno consapevole al comandamento cristiano. Tutti costoro non hanno bisogno di una croce sulla parete per essere uomini e donne responsabili; il messaggio di Cristo lo portano impresso nel cuore.
Per chiudere facendo riferimento a fatti di cruda attualità, considero molto più vicini a quel Gesù, morto ignominiosamente sulla croce, il povero Stefano Cucchi, massacrato di botte e lasciato morire in carcere (dove non mancano i crocefissi); Diana Blefari, suicida in carcere perchè priva del supporto psichiatrico cui aveva diritto ed estremo bisogno; le centinaia di migranti abbandonati al loro destino di morte nelle acque del Canale di Sicilia rispetto ai falsi "predicatori di buoni sentimenti" che intendono solo salvare il crocefisso sulle pareti.
Sono stato sempre affascinato dal messaggio evangelico che ho cercato di proiettare, per quanto possibile, nel mio quotidiano rifuggendo, comunque, da simbologie e culti posticci.
Spesso trovo molto più aderenti alla realtà del nostro tempo le parole e gli atti di Cristo o a lui attribuiti rispetto ai dettami di una chiesa che non riesce a vivere il grande messaggio cui fa riferimento, men che meno ad interpretare il presente.
Trovo che la religiosità debba essere vissuta come un fatto profondamente intimo e spirituale e ritengo che la società italiana, che si professa cattolica, sia in linea di massima scarsamente religiosa e cristiana. Quello che si pratica nel nostro paese è, per lo più, un cristianesimo rituale e d'immagine. M'indigna, perciò, vedere gente comune, personalità politiche e formatori di opininione gridare allo scandalo per la sentenza della Corte europea che vieta l'esposizione della croce nella scuola pubblica e, poi, praticare un razzismo più o meno strisciante, condurre una vita dissoluta che contraddice in toto il messaggio cristiano, inseguire il successo, il potere e la ricchezza smodata come unici valori.
Mi commuovono, viceversa, gli atti di umanità che rasentano talvolta l'eroismo, di quegli infermieri, vigili del fuoco, suore, servitori umili dello Stato ecc., che per un modesto stipendio svolgono compiti ingrati con spirito di servizio e aderenza più o meno consapevole al comandamento cristiano. Tutti costoro non hanno bisogno di una croce sulla parete per essere uomini e donne responsabili; il messaggio di Cristo lo portano impresso nel cuore.
Per chiudere facendo riferimento a fatti di cruda attualità, considero molto più vicini a quel Gesù, morto ignominiosamente sulla croce, il povero Stefano Cucchi, massacrato di botte e lasciato morire in carcere (dove non mancano i crocefissi); Diana Blefari, suicida in carcere perchè priva del supporto psichiatrico cui aveva diritto ed estremo bisogno; le centinaia di migranti abbandonati al loro destino di morte nelle acque del Canale di Sicilia rispetto ai falsi "predicatori di buoni sentimenti" che intendono solo salvare il crocefisso sulle pareti.
La reazione del mondo politico italiano alla sentenza che vieta l'uso del crocifisso a scuola è un esempio di quanto la religione sia strumentalizzata, fermo restando che secondo me TUTTI dovrebbero poter esporre i propri simboli religiosi...."ma noooo! guai! vade retro satana! solo la religione cattolica è quella che ci salverà, tutti gli altri son nessuno"...non credo che esista un'altra religione più arrogante di questa...
RispondiEliminaCondivido quasi tutto.
RispondiEliminaLe ultime righe proprio no.
Mi spiace sempre quando muore qualcuno, mi spiace sempre molto quando le forze dell'ordine vengono coinvolte in episodi tristissimi ove si dimentica che un essere umano è e sarà sempre un essere umano.
Ma per la Blefari non mi sento di sentire pietà, anche perchè lei, quando ha ucciso, di pietà non ne ha avuta.
Biagi non mi è stato mai simpatico, perchè con le sue teorie, messe poi in pratica, ha rovinato il mondo italiano del lavoro, ma uccidere una persona solamente per il gusto di uccidere, no, no a gran voce.
Quando uno è condannato perchè colpevole dichiarato in via definitiva, quando il verdetto che lo riguarda è passato in giudicato, la sentenza deve essere eseguita e scontata fino all'ultimo.
Ciao.
Maurizio
Caro Maurizio, sono contento che tu condivida quasi tutto il contenuto del mio post. Ma per le ultime righe, penso che tu mi abbia frainteso. Anch'io penso che la Blefari doveva scontare la pena per il grave delitto commesso, ma da essere umano e con i diritti che ad un essere umano competono. La pena inflitta non può e non deve trasformarsi o apparire vemdetta.
RispondiEliminaScuasa il ritardo.
RispondiEliminaCaro Vito,
vendetta mai, ma giustizia sì.
A certezza della pena deve corrispondere la sicurezza che essa venga, per giustizia (anche se solamente umana)scontata.
Il colpevole deve "pagare" per ciò che ha fatto, senza condoni, grazie, remissioni di pena, permessi, licenze ecc..
Il perdono giudiziale non deve e non può esistere per nessuno.
Ma lo scontare la giusta pena, come dici tu, non deve ne essere ne apparire come una vendetta.
Concludo con un ultimo commento.
L'Italia, nei confronti dei migranti, non ha mai fatto mancare il suo, molte volte anche coraggioso oltre che umano, aiuto a differenza di Malta o di qualcun altro.
Buon lavoro e che i predicatori di buoni sentimenti, come li chiami tu vadano a "dare via il c..."
Maurizio