Mentre Obama tenta di inasprire le tasse ai più ricchi a favore della middle class, pur essendo consapevoli che dopo la crisi del '29 e nel secondo dopoguerra le economie dei Paesi occidentali si risollevarono con incentivi al mondo del lavoro sostenuti attraverso una forte tassazione dei grandi patrimoni, Berlusconi, Salvini e i loro sostenitori hanno ancora il coraggio di proporre la flat tax impunemente e nel silenzio quasi assoluto dei mass media.
Se è vero che - anche grazie alla crisi e alle politiche di liberismo selvaggio attuali - i poveri diventano sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi, la flat tax non farebbe altro che allargare a dismisura tale divario.
Non serve essere economisti di fama mondiale per capire che occorre urgentemente una redistribuzione dei redditi, un ridimensionamento della spesa pubblica (salvaguardando, però, sanità, scuola, servizi), una tassazione più drastica dei grandi patrimoni, l'esenzione fiscale per redditi da lavoro e pensioni vicini al minimo esistenziale e una forte riduzione d'imposta per i redditi medi.
Solo scelte di tal natura potrebbero dare un po' di respiro ad un'economia languente e sostenere la produzione e la crescita. Scelte che inizialmente favorirebbero i ceti medio-bassi ma che, in tempi più lunghi, produrrebbero effetti positivi anche per gli altri.
Scelte oculate del genere non possono chiedersi a un Berlusconi qualsiasi il cui unico vero interesse da vent'anni a questa parte si è dimostrato essere la salvaguardia delle sue aziende. Nè possono entrare nel programma di Renzi (figlio politico naturale dell'ex cavaliere di Arcore) e del suo partito, forgiato ormai a sua immagine.
Rimane solo la recondita speranza che dalla costola di quel che fu il PD e dai cespugli sparsi di una sinistra vagante possa nascere una formazione seria di sinistra con un progetto credibile e sostenibile. Solo speranza vana?
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