15 marzo 2013

Grillo e il grillismo. J'Accuse lucido e appassionato di Pietro Orsatti


Ho letto con grande interesse La Rivoluzione Presunta, la bella analisi di Pietro Orsatti sul fenomeno Grillo, un ebook gratuito che puoi scaricare qui

Di essa riprendo l'appassionata e lucida conclusione, un J'Accuse…!, circostanziato e condivisibile che non assolve nessuno e ci stimola a prendere coscienza del piano inclinato sul quale allegramente ma pericolosamente ci stiamo muovendo. 

La ripropongo qui per quanti volessero riflettere seriamente sui propri errori e su quanto ci rimane da fare per emendarli. 
Se c'è ancora qualcosa da fare! 

Ma come è possibile che milioni di italiani si siano fatti incantare ancora da Berlusconi e dalle sue balle? E come è possibile che altri milioni di italiani si siano fatti incantare dal guru Grillo, dalle sue panzane, dai suoi toni violenti e fascistoidi, dai suoi banalissimi slogan? È di questo che voglio parlare e non del risultato definitivo del voto e della composizione del governo. Perché una situazione del genere rischia non solo di non farci uscire dalla crisi economica, culturale e morale causata dal ventennio di berlusconismo. Anzi, questo voto rischia di farci precipitare in una crisi ben peggiore, profonda e irreversibile. E questa situazione ha dei responsabili. 
Accuso gli italiani di pigrizia, ignoranza e opportunismo. Pigrizia perché non si informano, non comprano i giornali, non cercano riscontri su internet, non escono dal loro bar dove sentenziare banalità come “destra e sinistra sono tutti uguali”, “il più pulito ha la rogna”, “è tutto un magna magna”. Ignoranza dolosa perché ignorano di esserlo, e se ne vantano. Essere consapevoli dell’essere ignoranti già sarebbe un passo avanti, ma neanche quella consapevolezza si intravede nella penisola. Opportunismo perché l’italiano mette in vendita tutto se stesso, tutto quello che ha e anche quello che non è suo ma è di chi lo circonda per un beneficio materiale anche misero, piccolo, volatile come una promessa elettorale bufala come la restituzione dell’Imu, la cancellazione della casta, la rivoluzione salvifica dietro l’angolo, l’uscita dall’Euro come se bastasse. Già metà di questo paese per vent’anni aveva dato ampia dimostrazione di questo “carattere” affidando a Berlusconi il destino dell’Italia per un condono ogni tanto, una “leggina comoda anche per me” e una manciata di bufale. Ora c’è un altro pezzo di Italia che in più ha buttato via il proprio voto preferendo le macerie alla ricostruzione, il “capo” alla mobilitazione, il “pensiero unico” alla critica, la faida alla democrazia.  
Accuso quegli italiani, e in particolare quegli elettori di sinistra delusi che si sono ubriacati di chiacchiere e slogan telefonati, insulti facili e voglia di appartenere al branco offerti da Grillo e dai suoi sodali, di aver contribuito dolosamente a mandare a rotoli i sacrifici, le idee, i sogni di un paese sfiancato da un ventennio berlusconiano e da una crisi economica mai così drammaticamente vissuta in epoca repubblicana. Gente che ha dismesso idee e intelligenza, senso e progetto, anima e cultura per affidare il proprio voto al nulla. Al figlio spurio della cultura berlusconiana, a chi ha saputo veicolare e condizionare e soprattutto manipolare il web dopo vent’anni di ubriacatura e lavaggio del cervello televisivo messo in atto da Berlusconi. Che non si sentano migliori di chi ha tenuto in piedi Berlusconi. Sono a loro strettamente imparentati. Loro i primi pigri, i più responsabili. Che non si sono informati, che si sono bastati nel sentirsi parte della folla plaudente, trasformati in massa manipolata dall’alto e non in collettività e movimento. Come scrive sul suo blog lo scrittore Sandrone Dazieri “Perché il pensiero di un movimento, è, appunto, la sintesi del pensiero di una moltitudine, non la moltiplicazione del pensiero di un singolo”. Qui sta la differenza fra un movimento e una setta. Rinunciando alla fatica della costruzione di un pensiero collettivo, maturato, attento e rinunciando a informarsi, criticare, mettere in discussione se stessi e la propria visione del mondo nel confronto con gli altri (e tutta l’azione politica di M5S si è fondata sull’assioma del “non riconoscimento” dell’avversario, della critica, della stampa, dell’informazione non “ufficialmente riconosciuta” da Grillo o dai suoi sodali). Loro, gli ex elettori di sinistra che hanno incenerito il proprio voto votando Grillo (che rappresenta un’idea di società e di paese lontana galassie perfino dall’ombra di un pensiero di sinistra sociale, solidale e progressista), sono i principali responsabili di questo crollo non politico ma sociale e culturale e umano che la fase di incertezza e di scontro che ora sarà inevitabile provocherà. 
Accuso i partiti e gli esponenti della sinistra di non aver saputo rinnovarsi, di essere rimasti aggrappati alle proprie cariche (o presunte tali) e alle proprie faide interne. Li accuso di aver trascorso gli ultimi vent’anni sulla difensiva (davanti al marketing dei sogni irrealizzabili di Berlusconi) senza trovare un nuovo modo di comunicare, di vivere la politica anche sul piano personale. Anche loro pigri, ignoranti e opportunisti. Hanno perso di vista le idee gettando via le ideologie, hanno perso il contatto con la realtà cercando ossessivamente un punto di ricaduta, un accordo possibile. Con chi? Con Berlusconi e con il suo irreale nuvolone di promesse. Per ottenere cosa? La sopravvivenza, anche personale. Soprattutto personale. Alleandosi anche con quel centro “della pagnotta”, dei poteri economici che si sperava “accettabili”. Si sperava. Ci si illudeva. O peggio, si sapeva. 
Accuso il Pd, poi, per aver accettato di sostenere la “ricetta” Monti. Si poteva andare al voto, si poteva vincere a mani basse, si poteva ridare respiro al paese dissanguato dal ventennio berlusconiano. Ma si è preferito prima risolvere le faide interne e fare apparente pulizia. Cercando, con risibili risultati, di normalizzare anche il rottamatore Renzi senza capire che Renzi, figlio di questo ventennio, il partito se lo prenderà mettendo in archivio perfino quel po’ di odore di sinistra sopravvissuto non a vent’anni di Berlusconi ma a vent’anni di D’Alema e Veltroni e Rutelli e Bindi e Fioroni etc etc. 
Accuso Bersani di non aver detto una cosa che fosse una di sinistra in questa campagna elettorale come la necessità di fare una patrimoniale seria sulle rendite finanziare, di rifondare profondamente e facendone uscire la politica dalle fondazioni bancarie, di puntare sul lavoro e sulle tutele del lavoro e sui tagli reali e non tardivamente e confusamente annunciati a una settimana dal voto delle spese militari. Tutto per correre dietro a Monti e Fini e Casini. E Ichino. E ICHINO! E ancora. 
Accuso i sindacati di non aver saputo pensare un modello diverso di lavoro e di società mentre il lavoro e la società mutava. Anche loro sulla difensiva davanti al modello neo liberista. Anche loro pigri e impauriti dall’uscire dai particolarismi. 
Accuso l’informazione di pigrizia criminale, di opportunismo corporativistico e di presunzione di essere, nella forma attuale, indispensabile. E fra gli opportunisti non metto solo i giornali e i giornalisti che per anni hanno cercato di appattarsi con la politica, ma anche quei finti rigorosi rivoluzionari della libera informazione che intanto si inchinavano ai nuovi potenti che emergevano: parlo di Travaglio e di Santoro. 
Accuso Giorgio Napolitano, il politico e non l’istituzione del Presidente della Repubblica, di essere uno dei principali responsabili di questa drammatica fase economica che stiamo vivendo. E dell’imbarbarimento culturale e sociale che stiamo subendo. Ha scelto per anni di fare il semplice notaio del peggior saccheggio mai messo in atto in questo paese. I quattro anni di governo Berlusconi. Per poi mettere in atto e guidare una congiura di palazzo che ha portato al governo Mario Monti e il tecnicismo inumano dei teorici del neo liberismo. E lo accuso di esserne talmente consapevole da scegliere di essere all’estero (e non a caso in Germania) al momento del voto e soprattutto dello spoglio delle schede elettorali. Per non rispondere, nell’immediato, a quello che è uscito dalle urne.
Accuso questo popolo che non si merita questo paese ma questa politica (vecchia e nuova) si.
E spero di poter sopravvivere alla nausea che mi travolge al solo pensare a questa fase che si prospetta da oggi in poi. Alla ricerca del consenso dei nuovi potenti.
In una delle ultime interviste rilasciate Indro Montanelli diceva che gli italiani non avevano un carattere nazionale. In realtà sapeva benissimo di mentire (come spesso ha fatto nella sua lunga carriera) perché un carattere nazionale l’italiano medio lo ha inciso nel DNA a fuoco e si fonda principalmente su un “valore” ben definito e diagnosticabile: l’opportunismo. La storia italiana è un incredibile succedersi di collettivi atteggiamenti opportunistici. Interi pezzi della società si smuovono, dopo decenni di stasi, grazie a spinte opportunistiche. Ci si deve garantire la pagnotta, anche se presunta, anche se minimale. E si scommette sul vincitore possibile di volta in volta anche e soprattutto se quel vincitore sembra intenzionato a calpestare l’orticello da cui si è sempre bene o male mangiato. E la stampa italiana, ovviamente, non è immune dal gene dell’opportunismo alla faccia del ruolo e della deontologia professionale.
Ieri pomeriggio. Genova. Non sono ancora le 16. Una folla di cronisti bivacca da ore davanti alla villa dell’unico vincitore di queste elezioni, Grillo. Lui esce e i cronisti si precipitano, accendono microfoni e telecamere, lo circondano. Lui esordisce con un pistolotto su quello che i giornalisti “devono” capire, su quale presunta notizia “devono” puntare, di fatto su quali domande “devono” fare. Dopo venti anni di Berlusconi niente di nuovo. E il cronista di SKY (credo che sia stato lui anche se nella concitazione è difficile esserne certi) dice: “Se non le faccio domande sulle coalizioni risponde a qualche domanda?”. Cioè, rinuncio a fare l’unica domanda sensata dopo il voto per avere due battute due da spendermi. Il vincitore, benevolo, accondiscende. 
Basta farsi un giro su Twitter in queste ore per avere ulteriore conferma. Dopo anni di critiche feroci oggi fior di penne indipendenti sembrano essersi iscritte a fare del volontariato all’ufficio stampa di Grillo. Sarà perché il vincitore minaccia da anni di tagliare i fondi pubblici all’editoria? Sarà perché si spera di essere uno dei graziati dalla mattanza occupazionale che quei tagli provocheranno? Il DNA non mente mai. 

La Rivoluzione Presunta di Pietro Orsatti 
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2 commenti:

  1. Leggendoci nel pensiero.
    Grazie, copio citandoti
    Cristiana

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    1. Grazie Cristiana, speriamo che cresca la consapevolezza dei nostri connazionali!

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Ti ringrazio, Victor