01 dicembre 2011

Qualche riflessione estemporanea su "Togliamo il disturbo" di Paola Mastracola

"Se non siamo più d'accordo sul fatto che sia bene studiare, allora smettiamo di farlo. Ma smettiamo tutti insieme. Io non vorrei più forzare nessuno. Lo dico più chiaro: io non vorrei più forzare i miei studenti a studiare. Non credo che sia giusto, né per i forzati né per i forzanti. [...] Sia ben chiaro: per parte mia, io vorrei che tutti quanti studiassero." Paola Mastracola


Oggi m'intriga parecchio il libro di Paola Mastracola, Togliamo il disturbo - sottotitolo: Saggio sulla libertà di non studiare. Vi ho trovato, leggendolo, un po' di saccenteria e tanta provocazione. 
Non vi è dubbio che la scuola di oggi è vissuta come una sovrastruttura e sembra non interessare nessuno: non gli studenti che la vivono come una necessità loro estranea e la riempiono solo con i loro corpi; non le famiglie che, nella migliore delle ipotesi, la intendono come un parcheggio in attesa di assicurare ai loro rampolli un futuro da calciatore o da velina o, in ogni caso, un'attività in cui fare presto la grana; non i docenti che sembrano aver rinunciato da tempo al loro ruolo di fornitori di conoscenza e, soprattutto, di metodo; non la società che non la considera più un'agenzia di formazione e men che meno di informazione. Eppure dovrebbero essere loro, i docenti, supportati da famiglie consapevoli, a coinvolgere e incuriosire i ragazzi loro affidati con tutti gli strumenti culturali e didattici a loro disposizione. Intanto dovrebbero essere padroni delle discipline che intendono insegnare e avere acquisito un metodo di lavoro. Non dovrebbero, poi, considerare i loro allievi alla stregua di sacchi da riempire ma come individualità uniche e irripetibili con le quali interagire. 
I ragazzi di ogni tempo sono l'espressione della società e delle famiglie nelle quali vivono, dell'aria che respirano, della cultura dominante e delle mode che assorbono. Sta proprio alla scuola l'onere di farne persone autonome, consapevoli e critiche. Voler cambiare la scuola senza intervenire sulla realtà sociale nella quale la stessa opera mi sembra un'operazione velleitaria e deresponsabilizzante. E poi i docenti farebbero bene ad avvicinarsi senza pregiudizio ai nuovi strumenti di comunicazione quali il pc ed internet, che non andrebbero lasciati alla mercè dei discenti ma sfruttati seriamente come potenti mezzi didattici. 
Un'ultima considerazione, piutttosto personale: fino a quando mi sono sentito come il fratello maggiore dei miei studenti, ho operato nella scuola assai positivamente producendo iniziative entusiasmanti e coinvolgenti, con enorme soddisfazione mia e dei giovani che mi venivano affidati; ancora interessante è stata l'epoca della maturità, quando mi sono sentito anagraficamente come il padre, con un approccio più responsabile ed equilibrato; quando, invece, sono diventato noioso, ripetitivo e intollerante come un nonno ansioso e insopportabile, allora ho capito che era venuto il momento di mollare.
Ergo, l'età conta, eccome, nel lavoro dell'insegnante! E non solo quella anagrafica.

Paola Mastrocola a CHE TEMPO CHE FA 

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