06 maggio 2011

Apologia del padre e schizzi di fango nell'intervista di Marina Berlusconi al Corriere

Faccio mio questo commento trovato sotto il servizio riportato dal Fatto Quotidiano: la Signora ci dovrebbe parlare un po’ di cos’era la banca Rasini, dovrebbe raccontare da dove venivano i miliardi serviti per fondare la fininvest o chi era Mangano che lei ha avuto in casa per un paio di anni. Di come ci si sente ad essere presidente di una società ottenuta con la corruzione. Ci dovrebbe parlare del conto All Iberian e dei miliardi a Craxi. Della P2 e dei finanziamenti del MPS. Di chi è Frank Farouk Agrama e cosa rappresenta per loro. Lei non prova imbarazzo per i festini del padre ma ci dovrebbe spiegare cosa pensa di un vecchietto di 74 anni che paga una quarantina di ragazzine per ballare mezze nude, se non peggio, di fronte a lui e a quell’altra lenza di Emilio Fede.

E siccome la Signora è una donna intelligente e parla di una quasi ventennale anomalia, potrebbe porsi la domanda su ciò che rappresenta una vera anomalia da 17 anni nella politica italiana, e perché.
Capisco che è difficile schierarsi contro i padri, specialmente quando si deve loro tutto quanto si possiede. Quando, grazie alle loro spericolate operazioni, si può sedere sopra una montagna di denaro accumulato con modalità a dir poco discutibili.
Ma provi la signora Marina a mettere da parte, per un attimo, la sua filiale devozione e, utilizzando gli efficaci strumenti di ricerca e d'indagine a sua disposizione, si domandi:
  • perché Berlusconi è sceso in politica nel 1994?
  • come ha gestito la cosa pubblica durante i suoi governi?
  • quante leggi da lui volute sono figlie di urgenze personali, aziendali e lobbistiche?
  • quante soddisfano realmente il programma elettorale?
  • quante rispondono ai reali bisogni di liberalizzazione, sviluppo e crescita del sistema socio-economico italiano?
  • in quale altro Paese democratico è presente una concentrazione di potere economico e politico così smisurata?
  • in quale altro Paese democratico un uomo pubblico, solo sospettato di crimini tanto gravi e infamanti, rimarrebbe un minuto di più al governo?
  • in quale altro Paese democratico un uomo pubblico, accusato di gravi reati, utilizzerebbe la propria carica istituzionale per vilipendere tutte le istituzioni che considera a lui avverse?
Dopo avere risposto a tali domande, la Signora Marina comprenderà da sola quello che ha provato a spiegarle Ezio Mauro, direttore di Repubblica: che una cosa è pensare e fare leggi nel proprio interesse, piegando spudoratamente la cosa pubblica alle proprie personali esigenze; un'altra, invece, l'utilizzazione di una norma dello Stato da parte di un cittadino o di un gruppo.

O vorrebbe addirittura che le leggi ad personam e ad aziendam valessero esclusivamente per chi le confeziona?
Non ci siamo ancora ma, di questo passo, forse ci arriveremo! Elettori permettendo.

Vai all'intervista sul Corriere della Sera

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