Non ci meravigli che l'Italia, unico paese dell'Europa occidentale, sia stata declassata tra i paesi "parzialmente liberi" nel rapporto sulla libertà di stampa di Freedom House.
E non reagiamo sostenendo che anche loro sono "comunisti". Il declassamento dell'Italia, nel rapporto annuale della grande agenzia americana, non è effetto di un pregiudizio antiberlusconiano ma del mancato rispetto di alcuni parametri oggettivi che valgono per tutte le nazioni. Tra questi il libero esercizio del diritto di cronaca, il rispetto del segreto professionale, la libertà di satira e la rigorosa separazione tra la politica e la gestione diretta dei media.
E non reagiamo sostenendo che anche loro sono "comunisti". Il declassamento dell'Italia, nel rapporto annuale della grande agenzia americana, non è effetto di un pregiudizio antiberlusconiano ma del mancato rispetto di alcuni parametri oggettivi che valgono per tutte le nazioni. Tra questi il libero esercizio del diritto di cronaca, il rispetto del segreto professionale, la libertà di satira e la rigorosa separazione tra la politica e la gestione diretta dei media.
L'Italia ha subito una retrocessione tra i paesi semi liberi perché il presidente del consiglio, già proprietario di un impero mediatico, esercita un diretto controllo anche sulla Rai. Da noi tutto questo è ormai considerato normale, nei paesi di lunga tradizione liberale e democratica, invece, questa anomalia è considerata una degenerazione grave ed un rischio per le istituzioni democratiche.
I Paesi più liberi dell'Europa Occidentale riguardo alla libertà di stampa sono, a giudizio di Freedom House, l'Islanda, la Finlandia e la Norvegia, la Danimarca e la Svezia (ai primi posti anche nella classifica mondiale). L'Italia è ultima in Europa, dopo la Grecia, e 62° nel mondo.
Freedom House riconosce che, in generale, in Italia "la libertà di parola e di stampa sono costituzionalmente garantite e generalmente rispettate, nonostante la concentrazione della proprietà dei media". Il punto dolente, a giudizio dell'organizzazione, rimane proprio questo, "la concentrazione insolitamente alta della proprietà dei media rispetto agli standard europei".
Assistiamo giornalmente, infatti, all'uso politico e strumentale del terremoto in Abruzzo, alla gestione privatistica del servizio pubblico, alla violazione sistematica di tutte le norme che riguardano la comunicazione politica.
E' una triste faccenda... la cosa più triste è che buona parte degli italiani è inconsapevole di questa situazione :-(
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