23 agosto 2015

A TE, MATER VETUSTA (alle persone più care i miei frammenti più intimi)

Sollecitato dalla mia cara nipote Matilde, rendo fruibili a tutti i miei versi sparsi, raccolti e salvati in questo post sotto il titolo A te, Mater vetusta
Mi auguro che qualcuno li legga e ne apprezzi almeno la sincerità.

Prefazione di Matilde Fagotto
Difficile trasferire su carta - o su di una pagina virtuale, potremmo dire - la profonda emozione che mi coglie sfogliando il libriccino di poesie del caro zio Vito. Non sono un'esperta in materia, e tanto meno voglio apparire melensa, ma quei versi hanno da sempre la capacità di toccare alcune corde del mio cuore, e sono convinta che meritino una diffusione maggiore di quella che la modestia dell'autore ha loro concesso finora. E dunque, perché non farli rivivere attraverso le pagine di questo blog?
Natura e sentimenti - personalissimi eppure universali - sono qui declinati e intrecciati di volta in volta a rappresentare inquietudini e gioie, paure e coraggio, caducità e sublime bellezza che sembra destinata a non aver mai fine: dal tormentato rapporto con la terra madre, al profondo legame con la figlia, la sua "dolce bambina"; dalla schietta e toccante analisi di un vissuto sofferto, allo slancio vitale verso un futuro ignoto ma carico di nuovi auspici.
"A te Mater vetusta" é una raccolta che costituisce un piccolo ma significativo tassello di una natura umana estremamente sensibile, un dono per gli affezionati lettori di questo spazio e per chi vi si imbatterà casualmente.
Con la viva speranza che l'autore si decida a regalarci ancora qualcuna delle sue riflessioni in versi, auguro a tutti voi una buona lettura!

MATER VETUSTA
A te, mater vetusta, me redùce
calda l'eco di cantilene antiche.
Plaga assolata, tu mi desti vita         
d'incanto aprendo agli occhi miei la luce.
Risento stridule quelle cicale:
il canto rauco al cuore si figge
mentre col palpito azzurro si fonde
del mare, memore, che ti recinge.
Terra di miti e d’un sogno di luce, 
dimmi che tornano le tartarughe
quando la rupe d’Eraclea s'indora!
Dimmi le sabbie del Belice riarse,
solcate ancora da scarabei egizi!
Niun mostro omai tra Scilla e Cariddi.

SERA DI MAGGIO
Scende attesa la sera nel sereno
e perdura la luce del tramonto
che accende le balze aspre del monte
scavando solchi d’ombra nel terreno.
Sale denso il profumo delle rose,
dura a lungo la zagara fragrante
mentre gli uccelli s'attardano nei canti
aspettando la lieve notte nera.
Fanno un concerto di mille suoni, quanti,
tutti intonati alla malinconia,
come ogni sera han messo a punto in tanti
gli strumenti per la sinfonia.
Solo le piante piegano le fronde
in un applauso silenzioso e vero;
esse soltanto colgono il mistero
che accompagna il momento del tramonto,
e le campane dell’Avemaria.

A ROBERTA
Esterrefatto, muto, sonnolento,
ricordo il giorno freddo dell’addio;
insieme a me pranzasti e poi scrivendo
sulla mia agenda ed implorando Dio,
mi afferrasti ché non scappassi via.
T'accompagnai, era Sabato, all'ora 
di disegno: la destra nel taschino
e l'altra riscaldavi nella mia.
Dovetti comperarti cartoline
con bimbi che facevan l'occhiolino,
quasi pegno del mio ripensamento.
Ora star qui, senza di te, detesto
e mi divora notte e dì, lo sento, 
il rimpianto di te, il mio tormento.

PAURA DI BIMBA
Un brivido brucia la pelle,
t'afferra pei polsi,
ti stringe alla gola,
ti toglie le forze.
Il sangue raggela di colpo,
il cuore non batte,
poi pulsa più forte,
imporpora il viso
e scioglie d’un tratto
di lacrime calde
la limpida fonte.

E LA TERRA TREMÒ...
Squarci ne lacerarono le membra
e la terra patì con affanno
e lanciò ululati di morte
e rigurgitò bava schiumosa
ed ebbe sussulti inauditi.
Cielo e mare le furono solidali
e scatenarono forze selvagge
sfogando una rabbia incontenibile
sull'orgogliosa miseria dell'uomo.

SONO STANCO
Sono stanco 
di camminare
per plaghe desolate,
aride, abbandonate.
Ma anche se ritrovassi
i fiori, i colori, i suoni,
il deserto rimarrebbe nel mio cuore.

VIVO GIORNATE VUOTE
Vivo giornate vuote,
inutili, noiose:
chi ha rubato alla mia vita
il senso?

CAMMINO SENZA META
Cammino senza meta
per strade fatte
da altri
che non so dove portano.
Ma almeno la notte
vorrei riposare
e non pensarci.                                          

NON SO PERCHÉ SCRIVO
Non so perché scrivo:
tutto il dolore del mondo
le mie parole
non possono contenerlo;
neanche il mio male
ci sta intero.
                                                                                   
IL MIO CUORE
Il mio cuore
è come quel muro sgretolato,
grezzo, cadente:
solo una parvenza
di nuovo
gli darebbe l'intonaco.

L'AMORE E' COME LA LUNA
L'amore è come la luna:
risplende, sorride lontana,
ti fa sognare;
ma chi la raggiunge
non trova che terra.

SEMBRO UN RELITTO
Sembro un relitto
che ha toccato il fondo,
una larva d’uomo alla deriva
che è riemersa inerte, vuota e priva
di senso.
Mi sballottano
senza meta i venti
e le onde sconvolgono
i pensieri, la mente vaga
senza scopo e i piedi
non hanno direzione né sentieri.
In certi momenti,
disperato, prego l'onde
che coprano il mio corpo
e lo affidino al nulla più profondo.
Ma poi mi sembra di riprender fiato
e spero nel futuro e scopro il pianto.

POSARE IL CUORE
Posare il cuore
in un angolo,
fuggire per mete
lontane,
disfar la valigia:
sognare
di essere giunto
al traguardo.

OGGI MI TRADIRÒ
Oggi mi tradirò perché, sognando
mi perderò negli occhi tuoi smarrendo
il ben dell’intelletto e, sospirando,
ti chiederò di starmi ancora accanto.

DOMANI MENTIRÒ
Domani mentirò perché, parlando,
pronuncerò parole senza senso;
ma sento che dirò, in un lamento:
“Non ti scordar di me, t’ho amato tanto!”.

IL VOLO
Evviva, evviva!
Il volo
verso verdi orizzonti
ho già spiccato.
E chi potrà fermarmi!
Volano
mente e cuore,
a stento la ragione
li riprende.
E’ un attimo
e poi via, lontano,
per sentieri inesplorati,
dalle remote densità dell’abisso,
oltre la lieve chiarità
della gioia.
Io sono qui e palpito,
in mille anfratti
mi cerco e mi trovi,
mi perdo
e mi ritrovano. 
Le parole non dicono,
non spiegano:
è la vita che in me scorre, 
che a me torna per mille
rigagnoli e torrenti
irruenti; è la vita
che riprende.
Mi riverbero
e via ancora per sentieri
più vorticosi,
sopra abissi ignoti.
Il carico ho buttato
e volo! 
Fallo anche tu,
librati sulle tue ali,
reggono, se vinci
la vertigine
del vuoto.

SOGNO D’ESTATE
Fresco un ruscello
t'accarezza di notte le ciglia,
agile svetta e zampilla 
fra luci e colori
d'immagini nuove
e d'antiche promesse.

SCALPITANO CAVALLI
Scalpitano cavalli,
al vento le criniere;
folate sconvolgono
il fumo sui comignoli:
seduto l'uomo fissa
lontano punti neri,
sorride, il vento
gli carezza i pensieri.

DOLCE SIRENA
Dolce sirena del cuor mio
randagio, portami lontano
in volo planare
sulle gelide acque
lacustri dove libellule
danzano felici!

TRA CIANE E ARETUSA
Tra Ciane e Aretusa
stasera
la Luna si veste
d'argento
nel mare d'Ortigia.

MUSICA LE PAROLE
Musica... 
le parole, 
quando sgorgano
chiare, acqua fresca
di sorgente dal colle
limpida fluente
al mar 
che la riceve dolcemente...


Postfazione di A. B. 
Tristezze intessute di luci, velate di emozioni. Desiderio di esporsi lasciandosi andare, sorvegliato dall'insopprimibile urgenza di capire, mantenendo misura e distacco per mettere a fuoco. Rapporto con il passato, non solo nostalgico, e insieme voglia di vivere il presente aggrappandosi alle sensazioni suscitate dalla realtà, per altri, forse, non altrettanto positiva. Più aperta, immediata, serena nel dolore “A Roberta”, in cui domina incontrastato il sentimento, a discapito di quella  “misura” sempre mantenuta.
Dove conduce la continua fuga?  Qual è l’approdo? A. B.

          Breve nota sull'autore
Vito Raia è nato a Menfi nel 1946. Il terremoto del Belice, che lo ha visto testimone attento e critico di fatti e misfatti ormai insanabili, ha segnato profondamente la sua vita. Si è laureato in Lettere a Palermo, discutendo la tesi “Ricerche sulla situazione socio-culturale di Menfi”. Si considera discepolo di Giusto Monaco di cui ha sempre ammirato, sin dagli anni universitari, l'amore per la civiltà classica, la profonda umanità e lo stile impareggiabile. Ha insegnato per quasi un ventennio in istituti tecnici del Trentino e successivamente si è trasferito a Siracusa dove ha deciso di interrompere, almeno per qualche tempo, il suo peregrinare. Sente, infatti, sempre più potente, il legame allo scoglio di Ortigia dove il destino lo ha fatto approdare, naufrago, in cerca della “mater vetusta”.   
Queste povere, piccole cose, tessere in frantumi di un mosaico impossibile, intende donare ad Ortigia ospitale, miniatura affascinante, emblematica, della mitica madre. 

1 commento:

  1. Matilde25.8.15

    Eccole finalmente :)
    Un abbraccio, Matilde

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Ti ringrazio, Victor