... il prete colpevole di essersi rivolto a S.E. la Signora Prefetto di Caserta con il semplice appellativo "signora".
Ma si sono bevuti il cervello o provocano per la grande disperazione che li prende quando pensano che il loro tempo è scaduto?
Di don Maurizio mi è piaciuta la reazione serena, la capacità di subire la provocazione per potere andare oltre ed arrivare all'esposizione di quanto gli stava a cuore (mi ha fatto ripensare al confronto manzoniano tra don Rodrigo e fra' Cristoforo).
Della ministra Fornero è sempre più insopportabile la spocchia.
Del prefetto di Napoli è intollerabile la miscela esplosiva di arroganza, maleducazione e ignoranza (una chicca quel condizionale fuori posto che il signor Prefetto scarica sul povero prete che gli farebbe perdere la conoscenza dell'italiano).
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Solo due commenti tratti da youtube:
Ma da quando il termine SIGNORE e SIGNORA è un termine offensivo? Signor Prefetto, Lei potrà essere CAFONE, COGLIONE e VERGOGNOSO, ma penso proprio che non potrà essere mai un SIGNORE. Sono stato Sindaco e sono tuttora Assessore, ma MAI mi sono sentito offeso di un cittadino che mi chiama Signore. Mi sento offeso come cittadino e come Amministratore che ci siano ancora Prefetti come lei in giro!
Questo è l'esempio di come certi individui si danno tante arie per il "titolo" che portano, e dimenticano le enormi responsabilità e i grandi doveri che hanno nei confronti dei cittadini.
- da L’AMACA di oggi, di Michele Serra
Il prefetto di Napoli è stato subissato da una tale quantità di critiche e sberleffi (meritati) che si esita a infierire. Ma c'è un punto, potentemente politico, che merita una ulteriore riflessione. Il prefetto non sa che “signore” (e ovviamente “signora”) è molto di più di prefetto, eccellenza, commendatore, cavaliere, dottore. Più di signore - che vuol dire Sire, ed è il titolo onorifico di Dio - non esiste nulla. E mano a mano che un appellativo così assoluto diventa appellativo di tutti, finalmente ciascuno diventa signore di se stesso: è la democrazia. Il prefetto De Martino ha parlato nel nome di quell'inguaribile notabilato meridionale - e più in generale di quella inguaribile piccola borghesia italiana - che vive di titoli, onoreficenze, diplomi da appendere dietro la scrivania, perché non è mai stata contagiata dal virus liberatorio della con-cittadinanza.
Quel virus, che la Rivoluzione Francese tentò di esportare quasi ovunque, nel nostro povero Sud morì infilzato sui forconi della Santa Fede, ferale alleanza tra plebi servili e baronie neghittose, con la benedizione del Papato. Le conseguenze le paghiamo ancora: abbiamo molti parrucconi, pochissimi signori.
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