Il governo dei tecnici, condizionato da questi politici, ha offerto di sè una prova modesta e spesso controproducente. In tutti i suoi provvedimenti ha mostrato un atteggiamento da puro contabile che, nel tentativo di ridurre gli sprechi, ha tagliato servizi essenziali; allo scopo di far cassa, ha aumentato tasse, imposte e accise colpendo di preferenza i ceti più deboli e bisognosi di sostegno; ha continuato, un giorno sì e l'altro pure, a parlare di crescita senza avere un'idea, un modello di sviluppo per il Paese. Sembra aver agito con l'unico scopo di salvare le banche e mostrare numeri migliori all'Europa della Merkel, spesso senza neanche riuscirci, e portando l'economia reale in una condizione di gravissima recessione.
L'unico merito che gli si può, senz'altro, attribuire è quello di avere messo nell'angolo un personaggio da barzelletta, spernacchiato in tutti i consessi internazionali, mostrando all'estero finalmente il volto della serietà e della sobrietà. Salvo, però, avergli dato fiato con le scelte impopolari, spesso anche inadeguate, compiute.
Se a parlare di macelleria sociale nelle scelte del governo non sono i sindacati, i rossi comunisti o i cittadini tartassati, ma addirittura il vertice della Confindustria, i sobri tecnici se ne adombrano e tirano in ballo lo spread. Se gli industriali fanno intravedere la possibilità di ricorrere ad una patrimoniale che colpisca le grandi ricchezze consolidate, fanno finta di non sentire.
I politici, da parte loro, continuano a giocare a rimpiattino e, mentre annunciano una riforma costituzionale complessa e inattuabile, non riescono a produrre uno straccio di legge elettorale decente che ci porti alle urne in un clima sereno con programmi chiari per il futuro. Intanto quella che chiamano antipolitica cresce assieme alla rabbia e all'indignazione dei cittadini.
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