02 marzo 2010

LE PAROLE DEI POETI PIUTTOSTO CHE I COMIZI


Mentre la RAI (servizio pubblico pagato da noi col canone) chiude gli spazi di approfondimento a vantaggio di una propaganda elettorale incontrollata e a reti unificate e i Minzolini scodinzolano impunemente e il parlamento si accinge a varare una serie di norme per evitare al premier di ottenere giustizia alla stregua degli altri cittadini, cento poeti italiani, giovani e meno giovani, famosi e sconosciuti, levano alta la loro voce contro la rimozione della memoria repubblicana, della cultura e della poesia nella società telecratica italiana.

Calpestare l’oblio è stata una grande operazione che dal web si è tradotta in acceso dibattito sulle principali testate giornalistiche italiane ed in un’assemblea nazionale dei poeti, che si è tenuta l’8 gennaio del 2010 al BebadoSamba di Roma.

Calpestare l’oblio vuol dire che i poeti italiani del Duemila non intendono più restare in silenzio di fronte allo sfacelo culturale del proprio Paese, sfacelo che se può essere definito sinteticamente berlusconismo, più propriamente è la Storia del trentennio dell’interruzione culturale e della colonizzazione televisiva della società italiana. Contro questo Trentennio di interruzione culturale i poeti di Calpestare l’oblio si ribellano. Essi dicono anche che l’ideologia della separazione è finita e reclamano il proprio diritto alla cittadinanza nella Polis del dibattito politico e culturale.

Io qui propongo i versi di uno dei meno noti tra questi poeti perchè mi hanno colpito profondamente; si tratta de Il risveglio di Angelo Ferrante.

Sarà una polvere di versi a seppellire
questo tempo marcio, incivile, che uccide
il vero della vita, e nel suo fluire
tra danaro, potere, indifferenza, irride
quel poco di pensiero che resiste.
Sarà pàtina, strato, a far fiorire
lemmi rigonfi d'ira, che la triste
faccia dell'ignoranza vorrebbe azzerare.
E si son dati, i servi, al migliore
del mercato, al più ricco, al più arrogante,
pestifero profeta del nulla, venditore
di vuote immagini, falso amante
di un’uguaglianza sempre più ineguale.
E parlano, sbraitano, strepitano,
in preda ad un delirio che fa male,
offendendo la vita, l'etica, la più banale
idea di dignità, di sé e degli altri. Verrà
il tempo, presto, di un nuovo decoro.
E questo è certo come certo è il vero.
La polvere dei versi perderà
molte scorie. Brilleranno di oro puro
le parole, tutte, di una nuova poesia
ritornando alla luce dalla cloaca
di questo tempo infame che le affoca.
Sveglia, allora, poeti. Lungo è stato
il sonno che ha sepolto nell’oblio
ciò che abbiamo pensato e cancellato.
È tempo di cantare. Nell’urlo
scomposto e sconcio di questa babele
che ci sovrasta, è tempo, ormai, di uscire
allo scoperto. Troppo amaro è il fiele
che intossica la forza del sentire.
Libertà. Dignità. Basta subire.
Tacere ancora è un po' come morire…


Di questo componimento mi colpisce l'analisi puntuale e severa della realtà
"E parlano, sbraitano, strepitano,
in preda ad un delirio che fa male,
offendendo la vita, l'etica, la più banale

idea di dignità, di sé e degli altri" e la certezza manifesta di un riscatto possibile
"Verrà il tempo, presto, di un nuovo decoro.
E questo è certo come certo è il vero."

Il tutto ponderato in una misura ritmica matura e consapevole.

Perciò, amici, vi consiglio di scaricare il prezioso volumetto da qui > Calpestare l’oblio, di leggerlo e farlo circolare.

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