01 ottobre 2009

POVERA ITALIA, SVEGLIATI !





Tra le adesioni eccellenti Umberto Bossi, suo figlio Renzo e il capogruppo alla Camera Roberto Cota. Ma a far discutere sono soprattutto le amicizie illustri. Alla pagina dei leghisti della sezione veneta, infatti, hanno aderito anche il leader del Carroccio Umberto Bossi, suo figlio Renzo, e parlamentari come Erminio Boso. Nei giorni scorsi il gioco sul social network "Rimbalza il Clandestino" aveva suscitato aspre discussioni, spingendo i responsabili di Facebook ad eliminarlo dopo pochi giorni. Ma sul social network in poche ore è nato un gruppo di risposta, che si chiama "Cancelliamo la pagina della Lega Nord di Mirano" e che in poche ore ha raggiunto centinaia di adesioni.Nuova bufera in casa Lega. Come era già accaduto nella vicenda del gioco "rimbalza il clandestino" alcuni esponenti del Carroccio finiscono sotto accusa su Facebook. Tutta colpa del gruppo "Lega Nord Mirano" (paese in provincia di Venezia) che, con i suoi 400 amici, utilizza come immagine un appello chocSTOP AGLI IMMIGRATI CLANDESTINI.

Mentre Berlusconi va a mignotte l'Italia va a puttane.

Giuseppe D’Avanzo qualche mese fa su Repubblica: "Berlusconi non è una delle cause del collasso politico in Italia, bensì uno dei prodotti. E allora sorge, legittima e pungente, la domanda: di quanto altro è, il prodotto? Non condividere l’operato e le scelte berlusconiane non significa necessariamente allinearsi alla schiera degli anti-berlusconiani in toto: possiamo giudicare la sua politica e i suoi contesti secondo categorie critiche, senza votarci per forza al disprezzo disgustato della sua figura. Detto questo, eccoci l’Italia di oggi ventiquattro giugno duemilanove: non fa troppo caldo, e reduci da consultazioni sbiadite da astensionismi e quorum mancati si lavora, e si va al mare. Il premier è sulle prime pagine di tutti i giornali esteri, non su quelli italiani: un silenzio (sbigottito?) avvolge un’opinione pubblica che non è mai stata tanto vessata e accusata. Noemi che compie diciott’anni, frequentazioni dubbie, escort e colorati giardini sardi, foto scattate e pubblicate nella non troppo lontana Spagna, intercettazioni, ammissioni, dati di fatto: Silvio Berlusconi, forse, non è mai stato tanto vicino alla definitiva caduta, personale e politica. Che, parlando di lui, non possono che coincidere. Ciò che raccapriccia il cittadino pensante e libero sono, essenzialmente, due cose. Primo: forse si è davvero arrivati a un punto di non ritorno, e ben venga, forse finalmente la fanghiglia esplosiva in cui si dibatte il Paese detonerà una volta per tutte e si potrà tornare a respirare aria pulita; però come, ci siamo arrivati. Siamo un’Italia che ingoia comportamenti anti-costituzionali, soppressioni di libertà di stampa, delegittimazioni dei poteri legislativi, leggi ad personam e corruzione? Sì. Siamo capaci di chiudere gli occhi allo stesso modo davanti a variopinti scenari che ci mostrano un Presidente del Consiglio che s’intrattiene allegramente con minorenni e prostitute? No. Per cui: di cosa c’importa davvero? Qual è la decenza cui teniamo? Non, a quanto pare, la decenza del senso dello Stato. Sì, invece, quella del privato che si fa indecenza pubblica, e disgusta trasversalmente una società intera. La seconda cosa che sgomenta il cittadino pensante è il disarmante comportamento di Berlusconi davanti a tutto questo. In un altro Paese europeo, il premier avrebbe già dato le dimissioni. E invece Silvio Berlusconi s’indigna e accusa stampa e magistratura e avversari politici di un fantomatico complotto, mortificando (perché sì, questa è una mortificazione) l’intelligenza dei suoi concittadini, ritenendoli – a quanto pare – troppo stupidi per capire ciò che è accaduto. Non da ultimo, ritiene che basti una patinatissima intervista concessa a un giornale di gossip, Chi, per ripulire immagine e autorità. Ora. Ora guarderemo le evoluzioni di questo groviglio, pefettamente italiano, di cattiva politica, soldi e sesso, aspetteremo di vedere fino a che punto l’Italia potrà crogiolarsi in questa melma. Perché melma è, e bisogna dirlo ad alta voce. In questo giugno fresco di vento e abbozzi d’estate, nessuno vorrebbe vederci così: ma siamo, ormai, così. Le colpe esistono, e dovranno essere assegnate, senza buonismo gratuito, e l’Italia forse dovrà implodere davvero, per lavare via le tracce di ciò che le è stato fatto. Abbiamo perso il senso dello Stato, abbiamo distorto la vera natura della politica, della partecipazione civica: siamo diventati un popolo stanco e pessimista, e Silvio Berlusconi dovrebbe avere l’intelligenza umana e civile di ritirarsi prima che davvero l’Italia perda ogni barlume di credibilità. Intanto, se vogliamo, facciamo tutti una bella cosa: facciamoci tatuare sulla faccia cinquantasei stelline, come quella ragazza belga, Kimberly Vlaemink, e poi accusiamo il tatuatore di avercene fatte ben cinquantatrè in più. Poi ammettiamo di aver mentito, e tutto per paura della reazione dei nostri genitori. Vedremo se qualcuno, tra i vari Berlusconi e soci, avrà mai paura della nostra reazione, una volta ammesso di aver macchiato così tanto l’Italia per volontà propria, e non per pessimi scherzi di qualche capro espiatorio scelto con cura e cinismo. La battuta che gira in questi giorni, amarissima, è questa: mentre il premier va a mignotte, l’Italia continua ad andare a puttane. Mai senso dell’umorismo fu più tristemente realista".

Il segreto che l'Italia non dice: è pericoloso sostituire Berlusconi?
di Alessio Altichieri
E' passato ormai un mese da quando il vero volto di Silvio Berlusconi è stato rivelato da due fonti diverse, quanto credibili. La sua pretesa d'innocenza è stata smentita dalla sentenza che, condannando l'avvocato David Mills come corrotto non ha potuto condannare come corruttore l'altro imputato, perché protetto da una legge apposita. E il comportamento privato è stato dichiarato a tutti dalla fonte più prossima, quella di una moglie che chiede il divorzio da un marito che “frequenta minorenni” e “ha bisogno d'aiuto” per la sua salute. Che siano accuse che provocano il divorzio, oppure accuse usate per il divorzio, conta poco: il caso Noemi, com'è chiamato, parla da solo.
Da allora le rivelazioni sono state torrenziali: le feste affollate da giovani compiacenti in Sardegna, le foto nascoste dalla difesa di Berlusconi, persino l'uso dell'aereo di Stato per servizi privati. Se gl'italiani alzano le spalle, forse cinicamente pensando che tutti i potenti fanno così, la stampa internazionale si sbalordisce: un uomo con la reputazione di Berlusconi non resterebbe un'altra settimana alla guida di un grande Paese occidentale, che non sia l'Italia. Ma l'opinione più sconcertante è venuta da Tim Parks, il raffinato scrittore inglese che vive in Italia, il quale ha dichiarato al “New York Times” che Berlusconi, anche se “chiunque capisce che s'è comportato male”, è al momento insostituibile: “E' troppo pericoloso e troppo faticoso sostituirlo. Perciò conta poco quanto lo scandalo sia grave”.
Pericoloso? E quale pericolo ci sarà mai, in democrazia, a sostituire un leader impresentabile? Bettino Craxi, quando perse la credibilità per essere presidente del Consiglio, fu rimpiazzato da Giuliano Amato. E Giulio Andreotti, per storie di mafia neppure portate in giudizio, non poté salire al Quirinale. Che ci sarà mai che rende Berlusconi diverso da Craxi e da Andreotti? A che cosa allude Tim Parks, che non si possa dire pubblicamente. Che c'è, qui, di pericoloso?
Qualche giorno fa John Banville, il grande scrittore irlandese, ha pubblicato sullo “Herald Tribune” un articolo di commento allo scandalo, durato quasi un secolo, delle violenze psicologiche, fisiche e sessuali su migliaia di bambini, orfani o sottratti ai genitori, nelle istituzioni cattoliche (collegi e riformatori) del Paese. La storia è nota, un recente rapporto l'ha confermata in tutta la sua mostruosa ampiezza e stematicità, ma Banville, nell'articolo intitolato “Quando gli occhi degli irlandesi erano chiusi”, insiste non sui colpevoli, preti ed educatori, ma sulla grande maggioranza dei suoi compatrioti, che sapevano ma non denunciavano. Come sapevano? Il destino che infieriva sul suo compagno di scuola Duffy, dice Banville, era evidente. Ma c'era un patto omertoso: “Mai dire, mai ammettere, era la parola d'ordine non detta”. E poi: “Tutti sapevano, ma nessuno parlava”. Perché ci sono verità, note a tutta una collettività, che sono troppo aspre per essere ammesse: si sanno, ma si tacciono, per pudore.

Per ridere o per piangere?







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