Si potrebbe essere d'accordo, in linea di massima, all'equiparazione dell'età pensionabile fra uomo e donna. L'aspettativa di vita si allunga e le donne vivono mediamente più a lungo degli uomini.
Ben venga dunque la parità portando a 65 anni l'uscita dal lavoro per le donne?
Ma neanche per sogno! Sarebbe vergognoso che la parità si realizzasse solo per "bastonare" ancora le donne. Prima occorre che venga riconosciuta parità di salario; che vengano istituiti su larga scala i servizi sociali che consentano alle donne di emanciparsi dalle attività domestiche e dalla cura assillante dei figli e degli anziani; che venga riconosciuto e remunerato il doppio lavoro; che venga favorito senza penalizzazioni il par-time. Poi faremo in modo di accontentare l'imprenditore Brunetta "datore di lavoro" di 3.500.000 dipendenti (Verebbe da fare una pernacchia a questo .... che non riesce a considerarsi lui un dipendente al nostro servizio). Lo farebbe per adeguare la legislazione italiana alle direttive europee? Quanta ipocrisia in questa motivazione! Dovrebbe spiegarci, prima, come mai le direttive Europee debbano funzionare quando colpiscono diritti acquisiti dei lavoratori e mai quando colpiscono il "padrone delle ferriere" come nel caso della rinuncia a rete 4, sancita da diversi interventi della Corte Costituzionale e da una direttiva europea.
E' diventato insopportabile e disgustoso questo modo di porre i problemi nella convinzione che i cittadini non abbiano la testa per pensare e giudicare.
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