13 dicembre 2008

13 Dicembre – SANTA LUCIA

Oggi voglio dedicarmi solamente al ricordo di questa Vergine martire, la ricorrenza della cui nascita è celebrata in vario modo, non solo in Italia – da Venezia a Siracusa – ma in diverse aree del Nord Europa. Particolarmente cara a tutti i Siciliani, essendo nata e avendo subito il martirio a Siracusa, è la santa patrona della vista e delle persone sofferenti di questo organo. E’ ricordata sia nella chiesa cattolica che in quella protestante e ortodossa. Amata anche dagli Svedesi che la onorano con una festa tradizionale e dei biscotti preparati per l’occasione. In Sicilia e in molte regioni del sud è tradizione, per onorarne la memoria, mangiare per il 13 dicembre solo la cuccìa, un piatto che si affida a una lontanissima tradizione. Ricordo che quando ero bambino non vedevamo l’ora che le nostre mamme ci chiamassero per dirci che la cuccìa era pronta. La mangerò anche oggi perché mia mamma ci ha invitati a casa sua e ci rimarrebbe male se non andassi. E’ un piatto nato povero, nelle case del popolo, ma adesso si può trovare anche nelle pasticcerie siciliane più rinomate, a prezzi scandalosi. Ho riscontrato che fanno qualcosa di simile anche in Polonia come una delle 12 portate di Natale, ed è chiamata kutia. Se trovate il frumento e non trovate il vino cotto, al posto di quest’ultimo si può aggiungere cioccolato amaro tagliato finissimo o anche miele. Il frumento e i ceci sono la base indispensabile.


A Siracusa

Nacque a Siracusa, ma non si conosce con certezza la data. La sua vita d'altra parte è intessuta di elementi leggendari, che stanno a testimoniare l'enorme venerazione di cui la santa ha goduto e gode. La sua passio afferma che Lucia subì il martirio sotto Diocleziano, per cui si è voluto fissare la data di nascita al 283. Il più antico documento che la riguarda è un'iscrizione del V secolo in cui si parla di una certa Euskia. Secondo la passio la
giovane apparteneva a una ricca famiglia siracusana, promessa sposa a un pagano. Per una malattia della madre compì un viaggio a Catania, per visitare il sepolcro di S. Agata, sul quale pronunciò il voto di conservare la verginità. Distribuì perciò i beni ai poveri e rinunciò al matrimonio. Arrestata su denuncia del fidanzato, fu sottoposta a diverse torture: condotta in un lupanare, trascinata da una coppia di buoi, cosparsa di pece bollente, posta sulla brace ardente. Per sfuggire al carnefice si strappo gli occhi. e solo dopo questi tremendi tormenti cadde sfinita e morì. Le sue ossa non si trovano a Siracusa in quanto, come pare, trafugate dai bizantini, furono portate a Costantinopoli, da dove furono saccheggiate dai Veneziani. L'iconografia risente fortemente dell'episodio dello strappo volontario degli occhi in quanto la santa è raffigurata con una tazza in mano su cui sono posti gli occhi. Altri attributi possono essere una spada oppure anche una tazza da cui esce una fiamma. A Siracusa le stampe popolari riproducono la santa su un fercolo d'argento, con un mazzo di spighe in mano, la tazza con gli occhi e un pugnale conficcato in gola. La sua festa cade il 13 dicembre. Prima dell'introduzione del calendario moderno (1580) si celebrava il 21 dicembre il giorno del solstizio invernale, da cui il detto "S. Lucia il giorno più corto che ci sia". La festa è caratterizzata da pratiche devozionali di tipo magico-esorcistico e solare-agrario. Si confezionano in questo giorno pani a forma di occhi che, benedetti, si mangiano con lo scopo di preservarsi da malattie oculari. A lei si offrono anche ex voto d'argento a forma di occhi, che vengono appesi sulla "vara" il giorno della festa. I fuochi accesi la vigilia della festa sono l'indicazione più evidente che ci troviamo in presenza di rituali festivi legati al trapasso stagionale più delicato dell'anno, col progressivo scemare della luce, per cui occorre esorcizzare, il pericolo del non ritorno della luce. La Santa è stata più volte messa in relazione con la dea greca Demetra o con la romana Cerere, i cui attributi principali erano il mazzo di spighe e la fiaccola. I fedeli recano come offerta frumento bollito, cibo cerimoniale che veniva consumato anche nei misteri della dea greca. "Luce degli occhi, della vista", "luce del mondo", "luce cosmica": le espressioni rivelano non solo una chiara simbologia spirituale di grandissima intensità, ma soprattutto quella visione cosmologica delle civiltà passate e delle moderne culture contadine in cui s'alternano luce e notte, vita e morte, in un percorso che nella sua circolarità è garanzia di un eterno fluire e ritornare delle cose.



A Verona
La testimonianza più antica del culto a Verona risale all’anno 973, quando è attestata, in documento testamentario, la presenza di un oratorio officiato da un sacerdote “Sadalbertus presbyter de oratorio Sanctae Luciae”. L’oratorio, già popolare tanto da essere oggetto di un importante lascito, fa ritenere che il culto nel Veronese risalga ad epoche più antiche.
Nel documento non viene precisato dove si trovasse esattamente, ma è legittimo ritenere che fosse lungo l’attuale corso Porta Palio, dove nel XXII° secolo è presente una comunità di “Frati di Santa Lucia” con una chiesa ed un convento. Nello stesso secolo un altare della Basilica di San Zeno venne consacrato a Santa Lucia. La comunità di frati possedeva anche un piccolo convento, una chiesa ed un ospedale sulla via Postumia, fuori dalla città in direzione di Mantova. Nel 1200 vi erano quindi a Verona due chiese dedicate alla Santa che vennero successivamente chiamate Santa Lucia Intra e Santa Lucia Extra. Intorno al 1260 gli edifici di Santa Lucia Extra vennero distrutti dalle scorribande di Ezzelino da Romano e la zona venne abbandonata. Nel 1308 un ricco possidente di nome Pace, figlio di Giovanni, “drappiere” (commerciante di drappi di lana), collaboratore di Cangrande della Scala, ottenne l’istantanea miracolosa guarigione da una grave e mortale cancrena alla gamba, per l’intercessione di Santa Lucia di cui era devoto. Per voto fece “rifabbricare in onore di Santa Lucia la Chiesa insieme co'l Monasterio ora per le guerre ruinati, e distrutti”. Le opere vennero completate nel 1319 ed ospitarono una comunità di monache benedettine col nome di Santa Lucia: questo insediamento è il primo nucleo del moderno borgo di Santa Lucia. Estinta nel frattempo la comunità dei frati, le monache divennero proprietarie anche di Santa Lucia Intra con i suoi annessi, estendendo così la loro importanza per la città. Nel 1517, a causa della “spianata” militare decretata dai Veneziani per un miglio veneto attorno alla città, gli edifici costruiti da Pace vennero distrutti e le monache si stabilirono a Santa Lucia Intra. Paradossalmente è in questo secolo che il culto alla Santa si espande ulteriormente, con l’edificazione di nuovi oratori e chiese in tutta la provincia e con la dedicazione di molti altari in diverse chiese cittadine. E’ il periodo in cui artisti rinascimentali e manieristi, veronesi e non, le dedicano innumerevoli opere. Nella zona di Santa Lucia Extra, ma più lontano dalla città, venne costruita dagli abitanti una piccola chiesa che avrebbero voluto intitolare alla Santa ma, per l’opposizione delle monache, fu dedicato alla Visitazione (chiamata anche Santa Elisabetta in campagna). Le monache costruirono poco dopo nella zona un oratorio di Santa Lucia, ma la popolazione continuò a chiamare “Santa Lucia” la chiesetta dedicata alla Visitazione. Nel 1649 la chiesa della Visitazione nella contrada di Santa Lucia Extra, venne eretta parrocchia. Anche altre chiese dedicate alla santa divennero successivamente parrocchie ed oggi sono cinque nel territorio veronese (quattro nella diocesi) a venerala quale patrona. Santa Lucia Intra ed il suo monastero vennero invece soppressi dal decreto napoleonico del 1806 e la chiesa della Visitazione ebbe finalmente anche il titolo di Santa Lucia.
Durante la prima guerra di indipendenza, il 6 maggio 1848, Santa Lucia Extra fu investita dalla furia bellica durante la battaglia che è ricordata con il suo nome. Da allora questo borgo è noto anche con il toponimo di Santa Lucia della Battaglia.
La figura di Santa Lucia ha ispirato artisti, poeti e scrittori di ogni epoca, in Italia prima di tutto, dove il culto è molto diffuso e fortemente radicato fin dall’inizio, ma anche in ogni paese europeo e in tutto il mondo. Un segno della sua grande popolarità, che non conosce flessioni, è testimoniata dalla diffusione del suo nome in ogni lingua, dai numerosissimi toponimi ed anche dai vari siti internet che ne parlano; ad esempio http://www.santiebeati.it/ in cui la classifica dei santi più visitati vede Santa Lucia al nono posto. Unitamente al culto e ai diversi patronati (es. i ciechi), anche le leggende legate alla sua vita e le numerose diverse tradizioni contribuiscono a mantenere vivo il fascino di una Santa da sempre molto amata. Uno dei suoi più famosi devoti è Dante che in Lucia trova la sua guida nel viaggio attraverso l’inferno, il purgatorio e il paradiso nella Divina Commedia:


"Or ha bisogno il tuo fedele
di te, e io a te lo raccomando
Lucia, nimica di ciascun crudele,
si mosse, e venne al loco dov'i' era…"

Le immagini più antiche si trovano in alcune chiese rupestri in Sicilia mentre risale al VI secolo il raffinato mosaico a San Apollinare Nuovo in Ravenna. Di grande rilievo è l’affresco del XIV secolo di Altichiero nell’oratorio di San Giorgio a Padova con le “scene del martirio di Santa Lucia”. Famosi sono “Il martirio di Santa Lucia” dipinto nel XVI secolo da Paolo Veronese e conservato nel museo di New York, “Santa Lucia trainata dai buoi” di Leandro Bassano della stessa epoca, così come “La sepoltura di Santa Lucia” del XVII secolo, opera del Caravaggio conservata nella basilica di Santa Lucia al sepolcro di Siracusa. Anche G.B. Tiepolo ha dipinto una bella “Comunione di Lucia” nel XVIII secolo, collocata nella chiesa dei SS. Apostoli a Venezia.
Della stessa epoca è la “Santa Lucia morente” di Gregorio Tedeschi che si trova nel tempietto eretto sulle catacombe di Santa Lucia a Siracusa. L’elenco, che si dilata fino ai nostri giorni, sarebbe interminabile. Nelle rappresentazioni più antiche la Santa è solitamente proposta in ricche vesti (a simboleggiare l’agiatezza della famiglia), con un ramo di palma in mano (simbolo del martirio) ed una lucerna nell’altra (simbolo evangelico di luce spirituale). A partire dal XV secolo la lucerna viene spesso sostituita da un piatto recante gli occhi, iconografia più immediata per la Protettrice della vista. Alcune volte è presente anche un pugnale conficcato nella gola, per ricordare la modalità del martirio, come nel grande “Simulacro di Santa Lucia” in argento realizzato nel 1600 da Pietro Rizzo e conservato nella Cattedrale di Siracusa. Alcune pale e sculture, considerate disperse da vari autori o cadute nel completo oblìo, sono state ritrovate recentemente e riportate alla originale bellezza per mezzo di accurati restauri. Si trovano nella parrocchiale di Santa Lucia Extra in Verona e rappresentano solo una parte della copiosa produzione di opere d’arte che in tutto il territorio sono dedicate alla Santa più cara ed amata dai Veronesi. Singolari coincidenze quali il culto assai diffuso, simbologia della luce, 13 dicembre antico solstizio ed usanze precristiane ad esso legate, favorirono il nascere, fin da epoche antiche, di numerose e diversificate tradizioni popolari intorno alla figura di Santa Lucia, molte delle quali sopravvivono ancor oggi con inalterata genuinità. Il detto popolare “Santa Lucia il giorno più corto che ci sia” o meglio “… la notte più lunga che ci sia” ha origine antica e si riferisce al calendario giuliano che con numerosi adattamenti fu utilizzato fino alla fine del ‘500, quando venne sostituito da quello gregoriano. Il 13 dicembre coincideva anticamente con il solstizio d’inverno, momento in cui, in epoca precristiana, la gente si scambiava doni augurali in vista della nuova stagione.

La notte tra il 12 e il 13 dicembre era la più lunga dell’anno. Ma dal mattino del 13, festa di Santa Lucia, il sole riprendeva a splendere di più: in maniera quasi impercettibile all’inizio (a Santa Lussia na’ ponta de ùcia), ma sempre un po’ di più passando i giorni (da Santa Lussia a Nadal on passo de gal). Anche il nome Lucia, singolare coincidenza, è collegato alla promessa di giorni più chiari, di nuova luce fisica e spirituale. Alcune espressioni legate al mondo dei non vedenti sono molto antiche come il detto augurale del mendicante cieco “Santa Lucia ti conservi la vista” da cui è nata la scherzosa risposta “perché l’appetito ce l’hai”.
Una bella tradizione è tutt’oggi viva in Danimarca e Svezia, sopravvissuta alla riforma protestante: il 13 dicembre una ragazza, vestita di bianco e con una corona di sette candele sul capo, percorre le strade dei villaggi scortata da compagne ugualmente vestite (chiamate “le lucie”) e distribuisce doni alle persone bisognose. E’ difficile stabilire quanto l’usanza precristiana abbia influito su questa ed altre tradizioni, certamente forte influenza ha avuto la vita stessa di Santa Lucia che, per vivere più coerentemente lo spirito del Vangelo, aveva distribuito tutti i suoi beni ai poveri di Siracusa. Tradizioni diverse sono presenti in varie regioni italiane, in tanti paesi d’Europa e del mondo. “Gli occhi di Santa Lucia”: pasta, dolciumi, pane, molluschi portano questo nome e sono legati a tradizioni di vari paesi mediterranei.
Anche Verona ha una suggestiva e dolce tradizione con protagonista Santa Lucia: è lei che, accompagnata dal Castaldo e aiutata dall'asinello (musseto), la notte tra il 12 e 13 dicembre, porta i doni ai bambini buoni (ma anche carbone e una significativa bacchettina a quelli più birbanti!) entrando nelle case attraverso i camini. L’origine è antica, come testimoniano poesie e filastrocche in dialetto arcaico, tradizioni orali mai interrotte, avvenimenti provenienti da un lontano passato ma ancor oggi in essere. Vari storici dei secoli scorsi fanno concordemente risalire la tradizione al XIII secolo, quando si diffuse a Verona una pericolosa malattia agli occhi che colpiva soprattutto i bambini. Genitori e familiari invocarono l’intervento di Santa Lucia, protettrice della vista, per far cessare l’epidemia, promettendo (facendo voto) di portare ogni 13 dicembre i loro figli in pellegrinaggio a piedi scalzi alla sua chiesa. Ottenuta la guarigione rimase la tradizione dell’annuale pellegrinaggio votivo, inizialmente nella chiesa di Santa Lucia Intra e poi in piazza Bra nella chiesa di Santa Agnese (demolita nel 1837 per far posto all’attuale municipio), in cui era conservata una pala di Bernardino India con le Santa Agnese e Lucia. La stagione fredda non invogliava certo ad una passeggiata a piedi nudi e non era facile convincere i bambini a lasciare scarpe e calze a casa! Ma l’arguzia dei genitori superava la ritrosìa dei figli: con la promessa che Santa Lucia avrebbe riempito scarpe e calze di doni e dolciumi, li convincevano a partecipare al pellegrinaggio.
Un’antica filastrocca è testimone di questa tradizione:


“Santa Lussia, mama mia
porta conse in scarpa mia,
se la mama no gh’in mete
reste ude le scarpete
s’el bupà no’ghe ne porta
resta ‘uda anca la sporta”


A partire dal XIV secolo l’usanza si estese alle città dominate dagli Scaligeri ed ebbe ulteriore impulso dal XV secolo quando i Veneziani, inclusa Verona nella Repubblica Veneta, estesero via via il loro dominio ad altre città, diffondendo anche le nostre tradizioni ben oltre i confini della Repubblica. Ancor oggi sono diverse le zone del nord Italia in cui è viva questa bella usanza, così come alcune aree dell’Austria e della Cecoslovacchia. Non sappiamo quando cessarono i pellegrinaggi a piedi scalzi, ma l’abitudine di accompagnare i figli nella chiesa di Piazza Bra continuò fino alla sua soppressione. L’affluenza di tanti bambini e genitori riuniti nella piazza più grande di Verona, richiamava la presenza di venditori di dolciumi e giocattoli da ogni parte del Veneto e, oggi, d’Italia. Così è nata la “Fiera di Santa Lucia” specialsta in dolciumi e giocattoli, che il 12 dicembre di ogni anno riempie piazza Bra di colori, suoni e profumi indimenticabili. Passeggiando fra i “bancheti” sembrano ancora risuonare i versi in vernacolo del grande Berto Barbarani, insuperato cantore della Verona del passato.


“I l’à fati su de note,
co le asse e col martel
co le tòle mese rote
piturade da cortel,
co ‘na tenda trata sora
co i lumeti trati là
l’è così che salta fora
i bancheti de la Bra!”
.........
Ed ecco spiegato perché Santa Lucia è così cara ai Veronesi, cantata in ogni epoca da bambini, poeti e “pori cani”, amata da tutti ieri e oggi, dolce sogno di grandi e piccini.


Dai paesi del Nord Europa ….
Il re Canuto di Svezia proclamò che il Natale sarebbe durato un mese, dal 13 dicembre - all'epoca giorno del solstizio d'inverno - fno al 13 gennaio, giorno appunto in cui veniva festeggiato San Canuto. Non conosciamo i motivi per cui Lucia, una santa siciliana del IV secolo, fosse cosi onorata nella lontana e fredda Svezia. Si racconta che avesse visitato personalmente il Paese oppure che furono i missionari cristiani a parlare di lei al popolo e a diffonderne il culto. comunque, qualunque sia l’origine, gli svedesi dimostrarono subito molto amore per Lucia, ”colei che porta luce”, festeggiata proprio il giorno del ritorno del sole e della vita. Nel 1927 poi un quotidiano di Stoccolma decise di bandire un concorso per eleggere la cosidetta “Lucia di Svezia” che, con una corona di sette candele e vestita di una tunica bianca, doveva raccogliere le offerte e i doni da distribuire ai poveri e ai bisognosi in occasione delle feste natalizie. L’iniziativa ebbe un successo clamoroso che persiste tutt’oggi, tanto che, a Stoccolma, ad incoronare la prescelta è il vincitore del premio Nobel per la letteratura.



.... a Siracusa
Dal 1950 la festa svedese è collegata a quella siciliana, così la Lucia svedese si reca a Siracusa per partecipare alla processione che conclude i festeggiamenti in onore della Santa. "Alle ore 16,30 di giovedì 13 dicembre 2007 l’Ospedale ha ricevuto una simpaticissima visita, che veniva da un grande paese del Nord Europa, ricco di storia: la Svezia. Era la Santa Lucia “svedese” con le sue damigelle. Gli ospiti dell’ospedale hanno gustato per un’ora una rappresentazione artistica, piena di freschezza e poesia: con la leggerezza di un sogno che diffondeva serenità. Nella grande palestra-basket sette bravissime adolescenti italo-svedesi si sono esibite in una raccolta e gioiosa processione. Vestite di una lunga veste candida: al centro Lucia, con in capo una luminosa corona di candele, cinta con una fascia rossa (ricordando il martirio della Santa); intorno a lei le altre sei con una candela accesa in mano. Il simpatico corteo, in semicerchio con Lucia in mezzo, ha eseguito con leggerezza e… compostezza la canzone napoletana di Santa Lucia in italiano e svedese ed altri suggestivi canti natalizi della tradizione svedese. La celebrazione svedese di Santa Lucia, che abbiamo goduto in ospedale la sera di giovedì 13, nasce da un suggestivo simbolismo della natura fondendosi poi con la memoria storica di Santa Lucia, adolescente vergine e martire, vissuta a Siracusa e morta nel 304 dopo Cristo. Lucia, festeggiata dal nord al sud dell’Europa, è dovunque riconosciuta come simbolo della luce che illumina gli occhi del corpo e dello spirito"




Chiedo scusa agli autori dei blog da cui ho tratto le notizie, miscelate in questa pagina, per non averli potuto citare; li ringrazio.

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